Il mio abbraccio a Luca Serianni – grammatico e filologo – maestro della parola

Ero stamane a Ostia, nella chiesa Regina Pacis, alla messa di addio per Luca Serianni, grammatico e storico della lingua italiana, docente per tanti anni alla Sapienza, dove ieri si era tenuta la Camera ardente alla quale aveva partecipato anche il Presidente della Repubblica. Morto il 21 luglio, a 74 anni, essendo stato investito tre giorni prima da un’auto a Ostia, mentre attraversava la strada sulle strisce pedonali. Era un cattolico praticante. Ho avuto la fortuna di conoscerlo e nei commenti voglio dire qualcosa della sua grande cultura e del suo modo di essere maestro a tante generazioni di studenti e ai tantissimi lettori delle sue opere.

4 Comments

  1. Luigi Accattoli

    Il ricordo del vescovo. “La domenica sera il professor Luca Serianni veniva ad ascoltare la messa e si sedeva sempre allo stesso posto. È stato un uomo amante della parola e di ascolto della parola di Dio”: così nell’omelia di stamane il vescovo Dario Gervasi, ausiliare di Roma per il settore Sud.
    In parrocchia Serianni teneva anche conferenze. Uomo riservatissimo e credente laicissimo, nei suoi tanti testi non parla mai della fede e quasi neanche del cristianesimo. Posso dare quattro ragguagli minimi:
    – nel volumetto Parola (Il Mulino 2016) c’è un capitolo rivelatore intitolato “Dal Vangelo alla lingua comune”, dove tratta della “origine cristiana del vocabolo parola”, che fa risalire al termine evangelico “parabola” e di cui illustra la proiezione universale e millenaria;
    – sempre il quel volumetto, in un altro capitolo intitolato “Le parole sono importanti”, così segnala questa rilevanza nell’universo religioso: «L’importanza della parola, che può essere fonte di vita o di morte, di giustizia e di ingiustizia, di illuminante sapere o di cieca ignoranza è ben presente nelle tre religioni rivelate, che non a caso si definiscono ‘religioni del libro’, perchè si fondano letteralmente, sulle parole ispirate (per ebrei e cristiani) o scritte direttamente (nel caso del Corano islamico) da Dio. Nella Bibbia il tema è centrale e, per questa via, permea la tradizione medievale e moderna»;
    – un breve testo sull’italiano di Papa Luciani – che si può leggere nel sito linguistico della Treccani: Giovanni Paolo I, l'”io” umile [https://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/speciali/papale/4_Serianni.html]
    – un saggio un poco più consistente sull’uso della lingua italiana nella Città del Vaticano e nella Santa Sede, comparso in un volume miscellaneo una decina di anni addietro. Non lo ritrovo nei miei scaffali disordinati ma posso rimandare a due testi analoghi che rintraccio in Internet: un articolo intitolato “Chiesa e lingua italiana. Storia di un’alleanza”, Vita e Pensiero 1/2007 (mette in rilievo il ruolo avuto dalla predicazione e dal catechismo nell’unificazione linguistica del Paese); un testo del 2011 su “L’italiano nel mondo”, nel quale segnala la “condizione di lingua veicolare di fatto (anche se non di diritto) dell’italiano nella Chiesa cattolica” [https://www.viv-it.org/sites/default/files/u80/Serianni.pdf].

    27 Luglio, 2022 - 0:39
  2. Luigi Accattoli

    Il ricordo di Riccardi. “Serianni il ‘francescano’ ricco solo della parola” è il titolo di un ricordo di Andrea Riccardi pubblicato da Avvenire il 21 luglio. In esso Riccardi – che ha conosciuto bene Serianni in quanto presidente della Dante Alighieri di cui Serianni era vicepresidente – segnala la miglior dote dello scomparso: “Luca Serianni ha dato tutto se stesso nell’insegnamento, con una comunicatività eccezionale verso i suoi allievi, cui contagiava il desiderio di studiare e capire di più”. Ho buona conoscenza di questa pedagogia da docente ad allievi, una vera e propria fascinazione che appariva come una meraviglia in un uomo così sobrio e schivo. La grande chiesa della messa di addio, stamane, era gremita di giovani e ancor piò lo era stata ieri l’Aula magna della facoltà di Lettere, sede della Camera ardente. Aveva fiducia nei giovani: “Chi si dedica all’insegnamento non può essere pessimista”, diceva. Stabiliva un rapporto di viva paternità intellettuale con i laureandi, che accompagnava in biblioteca per aiutarli nella ricerca, ai quali telefonava a casa per facilitare gli appuntamenti. Serianni leggeva Dante e i Socials con lo stesso impegno conoscitivo dei segreti della lingua e sempre sapeva argutamente attualizzare le questioni che si trovava ad affrontare. Era grande nell’umiltà: sempre insegnava, mai montava in cattedra. Una volta che lo cercai per chiedergli una consulenza “sull’uso dell’accento al posto dell’h iniziale nelle quattro forme del verbo avere ò, ài, à e ànno”, scusandomi per il porgli una questione così piccola, mi rispose “piccolo è tutto ciò di cui mi occupo , ahimè”. In questa umiltà e nell’attenzione alla lingua comune, a quella dei giornali e del cinema, dei blog, io vedo una ragione del fascino che ha esercitato. Che era anche un dono. E del quale lo ringrazio.

    27 Luglio, 2022 - 1:03
  3. Antonio Finazzi Agro

    Caro Luigi, ho avuto il privilegio indiretto, attraverso la testimonianza di amici e compagni di studi a Lettere e , di conoscere e apprezzare Luca Serianni. Insieme a Tullio De Mauro, di cui invece sono stato immeritatamente allievo, ha formato il nerbo intellettuale della Facoltà, ed espresso il meglio in termini di servizio intellettuale alla società. Ora se ne sono andati entrambi, e il senso di perdita che avverto è davvero grande. Vorrei aggiungere alle tue righe di commiato un paio di passaggi molto toccanti, uno in avvio e uno in chiusura, della sua lectio magistralis di commiato dall’insegnamento, pronunciata il 14 giugno 2017 in Aula 1 presso la Facoltà di Lettere de La Sapienza:
    “È pur vero che chi abbia scelto di fare l’insegnante ha scommesso sui propri scolari, e in generale sui giovani, sulla loro capacità di apprendere, quale che sia il punto di partenza, e sul loro percorso di maturazione. E insomma, chi ha scelto di fare l’insegnante non può prendersi il lusso di essere pessimista”.

    “Proprio ai miei studenti di quest’anno ho ricordato il costante riferimento nella mia attività professionale quotidiana al secondo comma dell’art. 54 della Costituzione, che mi piace interpretare andando forse oltre la lettera ma ne sono convinto non fraintendendone lo spirito. Ho chiesto loro, con una mossa lo confesso da vecchio retore: «Sapete cosa rappresentate per me? Immagino che non lo sappiate… Voi rappresentate lo Stato!»”

    28 Luglio, 2022 - 11:42
  4. Importanza della Parola! Studiando qualcosa di sanscrito, il nostre professore Ambrosini ci fece leggere un passo dei Veda, che dice: Aham rudre-bhir vasu-bhish charami aham adityeir uta visvadevaih. E’ la Parola che parla, e che si muove con tutti gli dèi. Non per nulla dichiamo di qualche animale particolarmente intelligente: “gli manca solo la parola”.
    Mi sto avvicinando a Serianni ora, che ho accettato di aiutare delle suore di clausura (ma non quelle di prima) nello studio della lingua italiana. E quando la Parola non basta? Allora si canta2con giubilo”, come dice Sant’Agostino.

    29 Luglio, 2022 - 21:13

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