Leggo sul mio Corsera che l’assegno di “mantenimento” chiesto da Veronica sarebbe di tre milioni e mezzo di euro al mese e che Silvio avrebbe rifiutato offrendo 200 mila euro «trattabili» fino a 300 mila. Come già per la lite tra gli eredi Agnelli io dico: troppi soldi, troppo insulto ai bisognosi, troppa inavvertenza del pericolo della ricchezza.
Il divorzio di Veronica e l’eredità di Gianni
69 Comments
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Caro Luigi,
ma sai che con 3’500’000€ (e non al mese, ma una volta soltanto), la mia famiglia e io saremmo a posto per tutta la vita? Mia moglie e io non avremmo più bisogno di lavorare, ma potremmo (faccio per dire) girare per le parrocchie d’Italia per insegnare a fare siti e blog, i nostri figli li manderemmo a studiare in America, quando tornano gli faremmo trovare una casa per sposarsi…
E a quella signora ne servono altrettanti, tutti i mesi, per… mantenersi???
Non ti preoccupare, non sarò io a riempire di parolacce il tuo blog 😉
Già, è stato sempre così e ogni tanto la Storia la lasciato che il popolo degli esclusi si prendesse qualche soddisfazione in questa vita. Quando è accaduto non è stato mai in modo pacifico: è un dato di fatto, nulla di più.
Eh già, povera Margherita Agnelli che vuole i conti visto che ha ceduto le azioni Fiat quando la Fiat era alla canna del gas e chiuso la questione con un concordato tombale, salvo poi mangiarsi i gomiti quando Marchionne ha riciclato la Fiat come industria automobilistica.
Povera Veronica, certo, mi dispiace tanto tanto. Le darei un poco del mio sussidio di disoccupazione, se fosse possibile. Tremilioniemezzoalmese, in altre parole: SETTEMILIARDI DI VECCHIE LIRE, signori vi rendete conto? Che Italia di m…
Un ricercatore universitario , laureato ,che magari scopre il vaccino contro l’AIDS guadagna 1500- 2000 euro al mese.(Rita Levi Montalcini quando era ricercatrice era così povera che mangiava le uova dei suoi polli da esperimento)
Un trans guadagna 2000 euro a botta.
c’est la vie.
da che mondo è mondo è sempre stato così, perchè scandalizzarsi?
MC
OT
leggo che Marrazzo avrebbe scritto una lettera al Papa “Santità, mi perdoni per tutto quello che ho fatto..”
ma , o mi sbaglio, l’assoluzione da una colpa per quanto grande sia non la concede l ‘uomo ma solo Dio.
quindi confessarsi da un povero parroco che non conta (umanamente) niente
o dal Papa in persona, non cambia nulla. perchè chi da’ l’assoluzione non la da’ per sua “potenza personale” ma in nome di Dio.
quindi che senso ha che Marrazzo chieda persodo al Papa in persona?
forse abituato negli ambienti politici, pensa che più uno è potente , più sta in “alto” più “vale” la sua assoluzione? Che assurdità!
MC
…. Io avrei una caldaia di una delle 4 chiese che fa le bizze… ma non è bello volere un pezzo della torta nuziale fatta a pezzi, vero?
Il Male riduce a numeri (666), ecco che dove spuntano i numeri si avverte la coda del divisore!
Forse è così, ma forse potrebbe essere uno dei tanti che sono stati colpiti dalla persona di Benedetto XVI, dalla sua mite e forte saggezza di vero pastore, dalla sua così manifesta bontà, e provano dunque un po’ meno vergogna a rivolgersi a lui, piuttosto che al proprio parroco.
Su Miriam Bartolini, in arte Veronica Lario in (ahilui) Berlusconi: il ridicolo, come sempre, è di quella sinistra che per un certo tempo ne aveva fatto un’eroina. Due considerazioni: lui, almeno, i soldi li ha fatti (come, non si sa: ma le grandi ricchezze sono tutte almeno un po’ disoneste) e dunque, conoscendone il valore: fissa una cifra cospicua ma ragionevole; lei li ha solo spesi, e si vede.
Seconda considerazione: a lui gli sta come una camicia nuova (dalle mie parti si dice così, solecismo compreso). Ha voluto infrangere il sacro vincolo del matrimonio, lasciando la prima (e unica) legittima moglie (che deve essere una donna più che rispettabile dato che non se ne sa nulla)? Si è messo con una concubina (come avrebbe detto mons. Fiordelli)? È stato anche così coglione da sposarla? Ben gli sta.
“È stato anche così coglione da sposarla?”
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Ma come non siamo in presenza di un grande statista, di un genio dell’imprenditoria, del salvator patriae, di un grande della storia dell’umanità, candidato al premio Nobel?
Il dramma è che almeno la metà dei cittadini italiani, ad esclusione di Leonardo, è ostaggio di questo saltimbanco, chansonnier di crociere.
Fatte le proporzioni De Benedetti avrebbe dovuto avere dopo 20 anni non 750 ma 850 milioni di euro.
Fossi in lui ricorrerei per una revisione della somma.
Bruttissime pagine.
De Benedetti dovrebbe avere ben altro che dei soldi da chicchessia! Ma questo fa parte della doppia morale vigente, per cui certuni, a quanto pare, sono puri per definizione. E l’altra metà dei cittadini italiani, incluso Nino, non se ne accorge.
…….
Noi non ci conosciamo, qua sopra siamo soltanto dei nomi, nella maggior parte dei casi. Parlo di me, che potrei essere, che ne so, sposato in seconde nozze oppure omosessuale, o avere dei figli che manifestano con la tanto vituperata sciarpa arcobaleno. Un conto è esprimere considerazioni anche fortemente negative su questioni che riguardano il nostro sistema sociale (per esempio la grande ricchezza di alcuni contrapposta alla povertà di molti), un conto è divertirsi a usare la parola disprezzando le persone e giudicandone il loro comportamento nella sfera privata. Fra l’altro, c’è chi lo sa fare meglio.
Chi chiede rispetto per le proprie convinzioni non può esimersi dal darlo a quelle degli altri.
Quanto a Marrazzo, neppure io capisco molto il suo rivolgersi al papa, peraltro senza darne lui notizia, ma è una sua scelta e in fondo è un uomo che ha ricoperto un’importante carica pubblica. Del resto, per farsi battezzare Magdi Allam non è certamente andato da un parroco di campagna.
Leonardo il saggio
Non è prosciutto, è di Parma!
C’è chi lo gusta a tavola e chi ne fa bende sugli occhi.
Se così piace a te…
Se penso alla mia piccola allieva alla quale insegnavo catechismo verso la metà degli anni 80, ora una giovanne donna e mamma di due piccoli di 5 e 2 anni rimasta vedova Venerdì scorso: un aneurisma improvviso, inesorabile ha spaccato il cuore del giovane marito stroncandolo di netto. E’ rimasta sola- oltre al dolore- in un mare di guai: mutuo da pagare e due creature da crescere. Lavorava in polizia il giovane sposo: due lire di dispendio, e due lire di pensione che arriveranno a “babbo morto”…intanto è la fame. “Rimboncarsi le maniche e andare avanti” , non c’è tempo per le lacrime, non ci si può adagiare, bisogna mettere assieme il pranzo con la cena, i bambini hanno fame tutti i giorni. Questa è la situazione della maggior parte delle donne separate o, peggio ancora, vedove! Basterebbe distribuire una sola mensilità di questa cifra stratosferica per risolvere tante situazioni penose, e dare la serenità a tanta umanità sofferente. Nel nostro piccolo abbiamo raccimolato una cifretta…per la vedova…per permettergli di tirare avanti, poi…la Divina Provvidenza farà la Sua parte.
Grazie, Orsobruno! Sei un mito!
So che parrebbe impossibile, so che sarebbe quasi come un miracolo dietro le quinte, ma chi ci garantisce che la signora in questione non usi questi soldi proprio per dei casi come dice Clodine, o per caldaie come dice don Luca, o che ne so per che altro?
Chi lo può escludere? D’altra parte se lo facesse pubblicamente partirebbe inesorabile un “dagli all’untore” … quindi chi può escludere che davvero usi questi soldi (che proprio puliti non sono) per aiutare anche se la signora li chiede per “mantenersi” …
E’ un po’ la stessa storia del Crocifisso rubato …
E anch’io con quei soldi, anche una sola volta nella vita, potrei aiutare in famiglia chi non riesce a trovare lavoro … Non “ogni tanto”, ma anche una sola volta.
Forse…ma io continuo a creder che il ricco… questo povero, misero, infelice ricco, ha una sfortuna il cui peso credo sia insopportabile: quello di non saper riconoscere né incontrare Cristo povero e sofferente. Vedi Marta, la ricchezza segue un tragitto ben preciso: dalle mani -come ci arrivino lo possiamo intuire, senza indagare- al cuore: nodo strategico,sorgente delle azioni, il quale, quando è posseduto dalla ricchezza si svuota di Dio. Dal cuore al cervello poi il passo è breve..”O DIO o le ricchezze”, non c’è alternativa, entrambi non possono convivere, c’è un peccato originale del ricco: quello di fare di Dio un lusso, non una NECESSITA’….chi è ricco non comprende che sono i poveri che fanno camminare la storia, che provocano il cambiamento di intere strutture e fanno avanzare la giustizia.La ricchezza è per il cervello un cancro galoppante che occupa ogni anfratto strategico, alla fine sfratta l’ex padrone di casa “espelle l’uomo” (come direbbe Mounier) e vi insedia una mostruosa caricatura: l’egoismo. Dal cuore, quindi, agli occhi: essi vedono il povero in modo sbagliato poiché o viene ignorato con fastidio, o se ne servono elargendo elemosine: un prezzo per lavarsi la coscienza, comprarsi finanche il paradiso, lasciando, di fatto, il povero tale a prima senza promuoverlo o procurandogli un lavoro valorizzandone i talenti. Per il ricco l’essere umano è visto come un mezzo, a ragione del fatto che è “privo” dell’altro. chi è ricco è senza prossimo, senza Dio e privo di se stesso. Chi è più sfortunato del ricco?..
@Clodine … eppure Matteo ce l’ha fatta e ce l’ha fatta così bene che è diventato un evangelista.
La potenza dell’amore di Dio non conosce ricco o povero e si posa su tutti, poi – ovviamente – c’è la libertà di seguirLo o meno, di lasciare tutto o meno, ma i miracoli succedono … magari dietro le quinte, ma succedono.
E’ verissimo quello che tu dici ed è verissimo che spesso si fà carità senza esserlo, ma ci sono poveri che nel loro “condannare” i ricchi sono peggio dei ricchi stessi perchè davvero hanno il cuore occupato da altro.
Spesso ho letto più disprezzo negli occhi dei poveri che non quello dei ricchi, dove, a volte ciho visto pure la misericordia, il vero aiuto che non passa dai loro soldi, ma dal loro tempo “sprecato” e pure di nascosto.
Ci fermiamo sempre troppo all’immagine che abbiamo delle persone, specie se pubbliche, mentre dovremmo pensare che – comunque sia – è una persona che Dio – comunque – ama.
Posso sperare che sia così? Posso sperare che anche in questa signora ci sia il bene puro? Posso sognare senza essere – per questo – ipocrita e dire che “tutto va bene”?
Credo, anzi sono convinta, che la salvezza del ricco consista, fondamentalmente, nel dovere della furbizia. Ossia scoprire che le chiavi del Paradiso sono nelle mani del povero: deve chiedere al povero il permesso di entrare. Perché i poveri sono i clienti privilegiati del Regno (Lc,6,20)…mentre loro appartengono -proprio per essere tali- al seguito del mondo, stranieri per il regno di Dio, intrusi nel Regno e a motivo di ciò, se vuole salvarsi, deve riconoscere il diritto privilegiato dei poveri che sono “gli aventi diritto”…ma non lo dico io, lo dice il Signore…basti andarsi a leggere il discorso della Montagna: la magna carta del cristiano! Se il ricco si vorrà salvare, dovrà rispettare i poveri, non beneficarli. Onorarli, non fargli la carità. Amarli, che è altro dal riempirgli lo stomaco. Chiedergli con umiltà, non dargli altezzosamente. Diceva Agostino “nessuno insuperbisca perché dà al povero. non dica in cuor suo:” io dò, lui riceve; io lo accolgo, lui non ha un tetto, poiché lui ha bisogno di un tetto, tu del cielo; lui non ha denaro, ma a te manca la giustizia”…
Leggo a tarda ora, di rientro da una conferenza – e apprezzo e ringrazio – tutti e Clodine su tutti.
Discepolo: “da che mondo è mondo è sempre stato così, perchè scandalizzarsi?” – Scandalizzarsi può significare “meravigliarsi” e allora hai ragione: se è sempre stato così, di che ti meravigli? – Ma può significare “indignarsi”, e allora hai torto: mi indigno perchè qualcosa qui deve cambiare.
Posso citare Martin Luther King ai giovani? “Vi prego, vi scongiuro, abbiate sempre la forza di indignarvi”.
Quoto Tonizzo aggiungendo un’altra frase tosta di Che Guevara:
Hay que endurecerte pero sin perder la ternura, jamás!
Siate realisti: domandate l’impossibile
Soyez réalistes : demandez l’impossible.
Che Guevara! Dimmi, hai anche il poster, nella tua cameretta?
Elogio ai ricchi
E con ciò- prevenuto in anticipo
che fra me e te ci sono- miglia!
che mi annovero fra gli stracci,
che è onesto il mio posto nel mondo:
sotto le ruote di tutti gli eccessi-
tavola di mostri, di storpi, di gobbi…
E con ciò- dal tetto del campanile
dichiaro: ‘amo’ i ricchi!
Per la radice loro, putrida e precaria,
che dalla culla coltiva una piaga,
per quell’imbarazzata abitudine:
fuori dalla tasca e daccapo in tasca.
Per la silenziosissima preghiera delle loro labbra,
eseguita come una gridata ingiunzione:
E perché non li fanno entrare in paradiso.
e perché non ci guardano negli occhi.
Per i loro segreti -sempre per “espresso”!
Per le loro passioni -sempre con i fattorini!
Per lee notti che gli vengono imposte
(E baciano e bevono per forza!)
E perché fra inventari, tedio,
dorature, sbadigli, ovatta,
proprio me, sfrontata, non comprano-
confermo dunque: ‘amo’ i ricchi!
E ancora, nonostante le facce sbarbate,
la sazietà, le bevute (strizzo l’occhio- e spendo!)
per un certo- improvviso- loro avvilirsi,
per una certa loro occhiata cagnesca,
dubitosa…
-Non farò da cardine
agli zeri? Non è balorda la bilancia?
E perché fra tutti i reietti
non c’è simile orfanezza al mondo!
C’è quella favola cattiva:
come i cammelli attraversarono un ago.
…Per lo sguardo loro, stupito a morte,
che chiede scusa di una malattia,
come di una bancarotta…”Presterei…
sarei lieto…Ma…”
Per quel sommesso, dalle labbra serrate:
“Ho fatto il conto sui carati, sono stato un fratello…”
Io lo giuro: ‘amo’ i ricchi!
Marina Cvetaeva
@Clodine … poveri in spirito, però.
Poveri di tutto, persino della comprensione come dice la più terribile delle beatitudini.
I soldi, credimi, sono il minore delle ricchezze.
Quanto astio, quanto sdegno, quanto disprezzo e quanti giudizi e giudizi spietati che fanno dire senza batter ciglio che i ricchi – senza possibilità alcuna – sono condannati.
Ma chi siamo noi per dire questo? E siamo sicuri che, se per un caso fortuito, diventassimo ricchi di colpo rimarremmo come siamo adesso? Siamo proprio sicuri? Non mi importa cosa faccia la signora Veronica Lario, non mi importa i soldi che chiede, non mi importa un accidenti di niente perchè di “schiaffi alla povertà” si vedono tutti i giorni senza approdare a questo gossip berlusconiano.
Di disprezzo ai poveri di qualsiasi genere (e a volte proprio da altri poveri) si vedono e si sentono ad ogni momento, di superiorità sull’altro ne è piena l’aria e forse non ci accorgiamo che siamo proprio noi a fare questo mentre siamo qui a disquisire sull’assegno di mantenimento.
Che poi infastidisca vedere certe cifre buttate al lusso è vero, ma posso avanzare anche l’ipotesi che sia invidia e mi piacerebbe proprio sentire qualcuno dire molto semplicemente “Embé, lo confesso … sono un po’ invidioso” .. (in qualche modo Orsobruno lo ha fatto ed anche don Luca).
Tutti possono diventare ricchi e tutti possono diventare poveri, ma qualcuno – per Grazia, non sarà mai né l’uno né l’altro semplicemente perchè è libero nel Signore.
Con questo non voglio dire che mi piaccia vedere e sentire queste cose, ma cerco di imparare per me stessa su cose – a mio avviso – orribili e quindi non punto l’indice accusatore, ma mi metto in discussione.
E, tranquilli tutti, in quanto ad indignazione posso tranquillamente dire che sono nella top ten, ma non solo sulle ricchezze di soldi, non solo che – ripeto – sono le ricchezze meno dannose. Ma con gioia spero sempre di meravigliarmi a vedere … un ricco che entra nel Regno dei cieli come un cammello che entra nella cruna di un ago e che, Gesù stesso ha detto che E’ DIFFICILE, MA NON IMPOSSIBILE.
Marta09: “se per un caso fortuito diventassimo ricchi di colpo rimarremmo come siamo adesso?” – Sarebbe un grande dono, quasi un prodigio. Perchè la ricchezza è pericolosa. “Troppa inavvertenza del pericolo della ricchezza” scrivevo nel post. E questo vale per tutti: per chi è ricco e per chi gioca alla lotteria per diventarlo.
“La ricchezza è pericolosa: dobbiamo fare attenzione a usarla per la nostra felicità e per una maggiore giustizia, affinchè non diventi un peso. Gesù ha espresso questa concreta preoccupazione con le parole: ‘E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel Regno dei Cieli’” (Carlo Maria Martini, Conversazioni notturne a Gerusalemme, Mondadori 2008, p. 13).
Vedi Marta09 io credo che della ricchezza dovremmo parlare – per quanto possibile e come qui sopra insegna Martini – alla prima persona plurale: “Noi ricchi dobbiamo fare attenzione a usare questa nostra ricchezza…”. Perchè chi sta in questa parte del mondo e ha un lavoro e usa internet e ha tempo per conversare in un blog non è un povero. Così faccio mia la tua riflessione.
Ciò non toglie la possibilità di dire che nel divorzio Berlusconi e nella lite delle donne di casa Agnelli sull’eredità di Gianni si manifesta in modo clamoroso il “pericolo” della ricchezza, nel pieno dispiegamento della sua potenza.
“un ricco che entra nel Regno dei cieli come un cammello che entra nella cruna di un ago e che, Gesù stesso ha detto che E’ DIFFICILE, MA NON IMPOSSIBILE.”
No, direi che è proprio impossibile che un cammello possa entrare nella cruna di un ago…La documentazione che troviamo sui Vangeli in merito alla ricchezza è davvero agghiacciante: non lascia spazio a perplessità. La storia che riguarda i ricchi, o quanto meno la ricchezza terrena, si svolge tra due poli: la tristezza su questa terra ( ..” e il giovane se ne andò rattristato”..) e l’infelicità eterna…(“..c’era un uomo ricco, il quale vestiva di porpora e di bisso, un povero di nome Lazzaro giaceva ai suoi piedi. Morì il ricco, e fu sepolto nell’ADE tra i tormenti…e gridava : “spasimo in questa fiamma”). Dunque c’è poco da essere invidiosi, purtroppo si è sempre tentato con argomentazioni artificiose di smentire la diagnosi del Vangelo e di produrre una controdocumentazione. Ancora oggi, nonostante la cronaca ce ne dimostri la tragica realtà, nell’immaginario collettivo la ricchezza è associata ai palazzi, alle crociere, alla gioia spensierata, al potere, alle ville, ai piaceri più vari e raffinati e a tutto ciò si da un nome: felicità,che la si gode sotto lo sguardo biego, cattivo, malevolo e invidioso di chi tutti i giorni si alza alle cinque per mettere insieme il pranzo con la cena. Questa invidia nei confronti dei beni altrui…Invero, non è che una escamotage di chi recita una falsa felicità, una parodia della felicità, una maschera della felicità, tolta la quale si scorge un’ anima avvilita, costretta a subire l’oltraggio di trovarsi soffocata dall’ingombro dell’avere, umiliata di vedere la crescita dell’essere impedita dalla preponderanza schiacciante dell’ “avere” . Questo è ciò che prova l’ANIMA (se si crede nella sua vitalità ed esistenza). Ebbene, per l’anima nulla è più mortifero della ricchezza. Il ricco, proprio per avere tutto, sperimenta un vuoto abissale, noia e tristezza confinata. Ho sempre letto con grande timore la parabola del ricco epulone: quella strada sbarrata è terrificante. Provo profonda pena per i ricchi. Se non si convertiranno decidendosi a spogliarsi dentro e fuori, spingendosi oltre, troveranno la porta del paradiso sprangata e su di essa spiccherà un vistoso “off limits” firmato dal Cristo. Dunque, non ci illudiamo…come disse un grande filosofo di cui ora mi sfugge il nome :” i ricchi chiederanno aiuto agli industriali perché confezionino un ago smisurato attraverso la cui cruna vi possa passare -largo come sotto un arco di trionfo- un cammello!” …nessuna invidia…ci mancherebbe! lascio ben volentieri i ricchi a meditare sulle parole di Cristo, se ci riescono, io me ne sto ben volentiri con la mia povertà e il mio Evangelo!
Ti abbraccio Luigi! Forte forte…
La vera aggravante in questo e in altri casi è l’accumulo, la stratificazione che non forma più una ricchezza seppur sfacciata ma in qualche modo sopportabile in confronto alla media.
Qui si tratta di patrimoni personali che sfiorano il PIL di 3-4 stati del terzo mondo con milioni di abitanti.
Secondo una recente indagine a riguardo i primi 10 del mondo cumulano ricchezze pari al PIL di 65-70 stati di paesi in via di sviluppo, praticamente dell’intera Africa.
Leonardo,
nella mia cameretta tengo in bella mostra il manifesto del film Apocalypse now e uno straordinario poster da una rara fotografia del ventennio che ritrae il Duce che , mani ai fianchi e mascella volitiva, arringa la folla radunata a piazza Venezia.
Scusate, vorrei fare un piccola puntualizzazione sul tema della ricchezza.
Penso che la ricchezza sia uno status mentale, ossia il servirsi del denaro come mezzo e non come fine per soddisfare i propri bisogni. Ognuno di noi ha un concetto di “vivere alla grande” e cerca del denaro per raggiungerlo. Io, per esempio, mi accontenterei di una casa (costo 190.000 euro se va bene), una villetta da 50.000 nelle Langhe, una in Sicilia zona Mondello (oltre 100.000) e una Fiat 130 3.200 berlina in garage rigorosamente colore blu (costo 4.500). Ora, a malapena uno la mattina si alza, si guarda nello specchio e si sputa in un ecchio come diceva Arbore: però questi “obiettivi” uno cerca di raggiungerli in qualche modo lecito e goderseli. Questa secondo me è la ricchezza.
Come potete ben vedere è un concetto soggettivo e relativo. Magari per Leonardo la ricchezza è un L3 in giardino e un 18BL in garage, dico per dire ;-), per Nino sarà andare a suonare con gli Inti Illimani e così via. In questo, come vedete, non c’è differenza tra noi e Gianni Agnelli, perché anche per noi il vil denaro è un mezzo e soddisfatti i nostri desideri, satolli e appagati nell’anima ci sentiamo pieni o, quantomeno, realizzati.
Poi ci sono gli arricchiti. Quelli sono riconoscibilissimi perché vanno alla Scala malvestiti di lusso e si chiedono perché da ore quei disgraziati cercano di segare in due il violino e non ci riescono. Sono quelli che “ma tanto ho più soldi di te e ti pesto sotto i piedi”, possibilmente in sandali Gucci. Ecco, questi vedono il denaro come fine e status symbol. E io ho molta nostalgia dei cumenda dei bei tempi andati, quelli che si erano fatti da soli. Perché erano arricchiti, sì, ma con quella giusta dose di semplicità che li rendeva ancora umani. Questi, scusate il termine, sono solo degli stronzi.
Sul “pericolo della ricchezza”, G. Bernanos:
“Sui sacchi di scudi, Nostro Signore ha scritto di sua propria mano: ‘pericolo di morte’, come fa l’amministratore delle acque sui piloni dei trasformatori elettrici, e si vorrebbe che…”
E, sul “pericolo della povertà”, una qualsiasi delle lettere di Marina Cvetaeva. Per esempio, questo brano da una del 1934:
“Anche ‘questo’ dirò a Dio il giorno del Giudizio. Peccati ? Pentimento?
Altro-o-o-ché!”
Grazie Tonizzo e grazie Luigi … non importa da che “posizione” guardiamo il povero e la povertà, quello che importa è che lo guardiamo con il cuore e non con il portafoglio che comunque serve, ma deve “servire” ovvero mettersi al servizio del uomo e non renderlo schiavo. Ripeto non mi piace rovesciare olio bollente sui ricchi, ma non mi piace neppure esentare da ogni colpa (la stessa) i poveri.
@Clodine … scusami, ma Gesù ha detto “E’ più facile che un cammello …” non ha detto “E’ impossibile che un cammello …” E’ parola di Gesù e Gesù come tutta la Trinità ama esagerare tanto, anche esagerare nell’amore e nel perdono e non preclude a nessuno di poter entrare nel Regno dei Cielo, dove, saranno altre le ricchezze che ci verranno chieste, anzi, ci verrà chiesto quanto abbiamo arricchito di speranza, misericordia, comprensione, lealtà ecc. il nostro prossimo. Questa è la ricchezza che ci verrà chiesta e credo che siano i talenti che noi dobbiamo trafficare oggi.
Fiorenza “pericolo della povertà” è una tua sintesi, o c’è nei testi di Marina Cvetaeva? Io quelle tre parole in quella disposizione non le ho mai incontrate.
Tonizzo, che cosa sono un L3 e un 18 BL? Automobili, immagino dal contesto, ma di che tipo e di che marca?
Gran bella cosa la povertà, ma guai a essere poveri su serio. (Mi pare che qualcosa di simile, a proposito della solitudine, dicesse Pio Baroja y Nessi)
Quanto ai cammelli e alle crune, a parte il fatto che ci ha già pensato l’esegesi storico-critica a ridimensionare un po’ le cose spiegando che non di cammelli ma di gomene si tratta, non ricordo più che ha detto che i capitalisti si sarebbero impegnati a produrre cammelli piccolissimi e crune enormi, in modo da andare d’accordo col vangelo e continuare a fare affari.
Comunque, fa una bella differenza esser poveri per scelta o esservi costretti. Nel primo caso è un colpo di genio: chi lo capisce, chi ci arriva (come quell’altro colpo di genio di non sposarsi e consacrarsi nella verginità) fa davvero la “bella vita”. Gli altri, che non ci sono arrivati, si dovranno arrangiare come possono, tra mogli lagnose e cartelle delle tasse, per farsi santi anche loro.
Ma la povertà subita per forza (la miseria, se preferite) è solo brutta, e farci sopra della poesia a pancia piena è immorale. Come diceva quell’antipatico di Giovenale? «Satur est cum dicit Horatius “Euhoe”».
non vorrei essere nei panni di Veronica (e di sicuro non ci sarò…). Chissà che mal di testa a dover decidere come spendere 3 milioni (il mezzo meglio metterlo via, non si sa mai) ogni mese…
Povertà non è sinonimo di miseria…la miseria è quanto di più infame l’essere umano possa sperimentare…anzi, al riguardo se c’è qualcuno che spinge alla dignità, e nel suo massimo grado, quello è proprio Gesù. La vocazione dell’uomo non è quella di possedere, ma di distribuire, è questo il punto: farsi perdonare il “diritto” al possesso con l’impegno della distribuzione, con il dovere della “moltiplicazione”. Per quanto il diritto alla proprietà sia lo spazio vitale dell’uomo nessuno in questo mondo può sentirsi “padrone”, semplicemente perché lo è di nulla, nè potrà mai esserlo : soltanto Dio è padrone, noi al massimo siamo “depositari”, nulla di più. Quel miracolo famoso della moltiplicazione dei pani contiene moltissime indicazioni: è un miracolo che dobbiamo continuare su questa terra. Per il resto..tutte gli interventi fatti finora…eccetto Leonardo e Tonizzo e Nino…non condivido neppure una parola
ma, a parte gli scherzi, prima ancora che pericolosa, direi che la ricchezza è iniqua. Finchè qualcuno non avrà da vestire, o da mangiare, o morirà perchè non potrà comprare una medicina che gli salvi la vita, finchè qualcuno resterà schiavo dell’ignoranza e sarà sfruttato per questo, non potendo pagare una scuola, i mezzi per andarci… in tanti saremo troppo ricchi e iniqui, perchè useremo di ciò che non ci appartiene veramente fino in fondo.
Ma il Signore è misericordioso: non ci dice di spogliarci automaticamente di tutto, sa che siamo deboli e limitati, spesso incapaci di “eroismo” e radicalità… allora ci dice : “procuratevi amici con la disonesta ricchezza”. Ed è curioso che nella parabola, l’amministratore non fa questo dando ai poveri, ma rimettendo i debiti. Perchè la tentazione della ricchezza è quella di essere indulgenti verso di sè e severi verso gli altri.
Qualche esempio: forse non riusciremo a dare tutti i nostri beni ai poveri dell’Africa. Ma quando un povero dell’Africa viene lui da noi, attraversa il mare e gira per le nostre strade… lo sentiamo come nostro debitore. Usa e abusa della nostra “civiltà”, delle nostre tasse, dei nostri ospedali e della nostra scuola… noi, i debitori, passiamo per i creditori. E invece Gesù: “procuratevi amici con la disonesta ricchezza”. Quei poveri che bussano sono un’opportunità, un pizzico di onestà che possiamo infondere alla nostra disonesta ricchezza. Sono gli amici, quelli che ci fanno un favore a venire a girare come pezzenti, sporchi e affamati, nelle nostre strade. Sono un dono di Dio per noi. Peccato che molto spesso non ce ne accorgiamo.
Luca 16 e Matteo 6: “Non potete servire Dio e la ricchezza“. La vecchia traduzione diceva: “Non potete servire a Dio e a Mammona” e qualsiasi incantato tipo me poteva dire: “Chi lo conosce mai questo Mammona”. La ricchezza invece la conosciamo. Lodo la nuova traduzione.
Separato vince un milione e la moglie: «Ora dividiamo». Scopre che il marito ha vinto oltre un milione di euro al Superenalotto e chiede 500 mila euro o un vitalizio di ottomila al mese. http://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/cronaca/2009/27-novembre-2009/separato-vince-milione-moglie-ora-dividiamo–1602071260127.shtml
Leonardo: L’L3 era una tankette, un piccolo carro armato molto agile e veloce, di concezione britannica, sviluppato nel primo dopoguerra dall’Ansaldo e dalla Vickers, se non ricordo male. Pesava 3 tonnellate ed era classificato come carro leggero. Poteva toccare i 40 e andava a benzina, motore FIAT che si avviava a manovella. E se si spegneva in combattimento, siccome la manovella era fuori dal carro, significava che i due carristi si giocavano a morra la morte di uno dei due. Con due mitragliere leggere e 13mm di corazzatura, era (udite, udite!) il nerbo della “ferrea mole” italiana nella II guerra mondiale. Inutile dire che sappiamo com’è andata, specialmente contro i carri di Montgomery. Dopo la guerra alcune unità vennero riciclate per la polizia, se non ricordo male. I carri medi arrivarono a guerra iniziata, il pesante arrivò nel ’43 in 26 esemplari, troppo tardi.
Il 18BL, da cui il Duce fece ricavare negli anni ’30 anche un’opera teatrale e cinematografica, era invece un camion FIAT per i reparti autieri della I guerra mondiale. Aveva i cerchioni foderati di gomma piena per evitare forature. Se ti servono altre news fatti vivo.
Luigi: Che dire… piove sempre sul bagnato.
Tonizzo, da bambino giocavi a soldatini e facevi i modellini?
Assolutamente no. Però mi piace la militaria, anche se non sono ai livelli di un mio amico demonologo che ha le uniformi d’epoca, fregi, distintivi, modellini e quant’altro. E che accendeva un lumino la sera sotto il ritratto del Duce…
“Lodo la nuova traduzione” dice il padrone di casa.
Io, no!
Quella pagina del Vangelo è tuta giocata sulla forte antitesi tra “il Dio vero” e “il dio falso”.
Invece che la traduzione del termine Mammona con “ricchezza” suona demitizzante e perde di verve icastica.
Non si capisce Mammona? (criterio pericoloso: come tradurre il Vangelo per il Grande Fratello?) Si sarebbe dovuto trovare altro: qualcosa come “Denaro” o “dio-Denaro” (come sardo, conosco un’espressione similare per altro analogo idolo: dio-Petrolio).
Concordo. Per quel che sento nelle letture della messa, la nuova traduzione è quasi sempre inutile e talvolta dannosa (così a mente, di migliorativo ricordo solo i “contadini” al posto dei “vignaioli” nella parabola). Fatta, secondo me, per dimostrare che c’era bisogno dei traduttori.
Ma anche la riforma liturgica, in gran parte, fu fatta dai liturgisti per giustificare la loro esistenza. E anche il novanta per cento di quel che ci piove addosso dall’Europa dipende dalla necessità di autogiustificazione di una delle più costose e nocive burocrazie della storia. È l’organo che crea la funzione, inventandosi il bisogno.
Concordo con Leonardo e Lyco
Bentornate, Clodine e Marta09 !
Non serve dirvi quanto volentieri v’ho letto e quanto abbia ammirato la vostra capacità di sviluppare interventi così belli su di un argomento (il divorzio del nostro Capo del Governo) così miserabile.
Buona serata !
Roberto 55
concordo con Luigi (e con i traduttori, certamente più esperti di me) circa la nuova traduzione.
E non condivido le critiche rivolte. Infatti la parola “mammona” nella lingua di Gesù non era necessariamente personificata, indicando piuttosto una sicurezza generica derivante dalla ricchezza, dai beni materiali. La radice probabile del termine è la stessa di “amen” che indica sicurezza, certezza, affidamento. Nell’ebraico antico “mammona” non è identificato con un demone, cosa che avviene solo più tardi in epoca cristiana (III secolo).
In ogni caso la traduzione va letta per intero, perchè la personificazione del male e il carattere idolatrico non è affatto persa traducendo mammona con ricchezza, perchè è l’intera frase che indica il significato complessivo del termine, indicando la ricchezza come un Signore (“padrone” nel testo) alternativo a Dio, quindi come un idolo e uno spirito cattivo, quindi satanico. E se da un lato questo senso non viene affatto perso, al contrario si guadagna una chiara identificazione della ricchezza come potenziale strumento di Satana. Come giustamente dice Luigi, la parola mammona per noi non è esplicita.
Va infine ricordato che in molti altri passi Gesù parla della ricchezza come male senza usare il termine mammona e senza un riferimento esplicito a Satana: “guai a voi ricchi”, “come è difficile per un ricco entrare nel Regno dei Cieli”, Epulone era il prototipo del ricco e del giovane che non lo segue dice che “era molto ricco”.
Luigi, se tu dici “pericolo della ricchezza”, si può ben dire anche “pericolo della povertà”: due realtà che vanno pensate insieme. Dice, Marina:
“Due nemici ho io a questo mondo,
due gemelli -indissolubilmente fusi:
la fame degli affamati e la sazietà dei sazi.”
Lo stesso dice il “disperato sarcasmo” (così lo definisce Serena Vtale) della poesia “Elogio ai ricchi” che ho trascritto più sopra. Lo stesso dice tutta la vita di Marina che, essendo poeta, anzi il Poeta, possedeva in sommo grado lo spirito di povertà ( “Se un’anima è nata con le ali, /cos’è per lei il palazzo e cos’è la capanna! “). Che era, in altre parole, come l ‘ha descritta in una lettera sua figlia, “milionaria nell’anima”. Due realtà che, nel male e nel bene, (nel pericolo e nella gloria ) vanno pensate insieme.
Da una lettera del febbraio 1931:
“Caro N.C.
Non vi avanzano per caso un po’ di franchi? Stiamo morendo di fame.”
Da “Il Poeta”:
Ci sono al mondo i vuoti, i presi a spintoni,quelli che restano muti: letame
….
ci sono al mondo i Giobbe, che Giobbe
invidierebbero se non fosse che:
noi siamo i poeti – e rimiamo con i paria”.
Su “ricchezza” e “Mammona”:
questo Mammona, che non si capiva chi fosse, da piccola mi riempiva di terrore quando compariva, in quella frase, nella sua indeterminatezza, nella sua arcana grandiosità. Poi il prete o la mia maestra, che era una suora, ci spiegavano che era la riccheza. Il mio odio per la ricchezza è nato così. Grazie a Dio.
Anna Maria Ortese traduceva “Mammona” con ” il Grande Denaro”. Diceva, in un’intervista raccolta in “Corpo celeste”:
” Odio il denaro! Non il piccolo denaro dato alla tua fatica, con il quale compri un libro, o un giardino… ma il grande, l’infinito denaro col quale compri ‘tutte’ le città e i campi che vuoi, e anche “questa siepe, che da tanta parte / dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”. Oggi, non c’è più libro che possa essere comprato da te, se il Grande Denaro giudica che i libri (che ‘quel’ libro) è inutile, e nessuna “siepe” ti separerà dall’infinito – se ti fa male- o te lo concederà, se lo ami, perché non solo la ‘siepe’ è comprata, ma lo stesso infinito è già nelle mire dell’onnipossente signore del nuovo mondo… Ma che importano, al Denaro, offesa e agonia di qualcuno, o anche di moltitudini? Il Denaro ‘non è l’uomo’ e non può tener conto dell’uomo”.
Ecco, dunque, Luigi, una buona “traduzione” di quel mio ” pericolo della povertà”: “offesa e agonia di qualcuno, o anche di moltitudini”.
Grazie a Cherubino per la dotta difesa della traduzione. Ciò non toglie che l’operazione “nuovo lezionario” contenga luci ed ombre; la renitenza degli organi preposti a fornire un documento illustrativo di materiali e metodi, opzioni e conclusioni, mi lascia alquanto perplesso. Gli atti di fede sono per le verità rivelate.
C’è poi un discorso generale, tralasciato inopportunamente. Il lezionario non è un libro ad uso della critica biblica, è un testo che va letto, proclamato, cantato. Più opera di veggenti e poeti (grazie Fiorenza!), che di burocrati del lessico.
Ciò ha rilevanza a livello dello stile: NO alla verbosità e genericità, SI a ciò che è lapidario e conclusivo; cito quanto scrisse altrove il nostro FRANCESCO73:
«Io avrei lasciato Mammona, e anche Ave. C’è una inattualità del linguaggio che è molto simbolica, figurativa e suggestiva. La preghiera non vuole solo la prosa, ma anche e soprattutto la forza dell’ordine evocativo.
Mammona evoca molto di più di “ricchezza”. Quando vado nelle Marche, nella piccola chiesolina del cimitero di campagna, la Messa comincia sempre con il canto “Al tuo santo altar”. E’ una composizione semplice, direi quasi elementare, una nenia infantile. A un certo punto le strofe dicono “dal Maligno mi salvi il Tuo amor”. Ci pensate a quanto è oggi fuori contesto parlare di “Maligno”? Ma quanto è evocativa, quanto è impattante, quanto ti entra dentro questa dolcezza elementare e innocente?».
Ma ha rilevanza anche a livello di contenuto: dal testo va spemuta la Verità che la Chiesa proclama, non l’ultima dissolvente Obiezione di questo o quel “biblista”.
Lycopodium: “la renitenza degli organi preposti a fornire un documento illustrativo”. Io conosco questo: http://www.rai.it/dl/docs/%5B1217339739635%5D2008_nuova_traduzione_Bibbia_CEI.pdf
Fiorenza grazie di ogni aiuto. La mia domanda se “pericolo della povertà” fosse tuo o di altri era ammirativa, non contestativa.
Grazie del link, che se non erro contiene la famosa conferenza introduttiva di mons. Betori. Non speravo fosse on-line. Ciò attenua il mio giudizio; ma non tanto poi, visto che servirebbe un sussidio molto più corposo e “sinoptico”. E visto, anche, che si glissa (cfr. qui: http://piccolozaccheo.splinder.com/post/21451583/Qualche+lume+sulla+nuova+Tradu ) sull’effetto ineluttabilmente mocciano di certe espressioni.
ringrazio a mia volta Luigi per il documento di Betori e Lycopodium per l’ulteriore commento (che mostra anche come cercando di ascoltarsi a vicenda si progredisca nella verità).
Condivido sul fatto che non sempre la traduzione è perfetta e talvolta è poco felice. Condivido anche sull’assenza del termine “Maligno”, che per esempio nel Padre Nostro andrebbe rafforzata (“a Malo”).
Il punto però mi sembra un altro: il rapporto tra testo scritto e predicazione, tradizione orale. Noi viviamo in una sovranità della scrittura (anche se viviamo un ritorno dell’oralità, anzi di una nuova forma di oralità, cfr. Ong), e questo ci fa dimenticare che il testo scritto vive solo nel lettore e riceve il suo senso nella comunità dei parlanti. Esso, specie quello biblico, è destinato alla proclamazione, alla lectio e alla condivisione. Vive del commento, dell’esegesi che non è solo studio scientifico ma vera interazione con il significato e con la vita che di esso si nutre e che esso genera, in un rapporto circolare.
Allora si capisce che qualsiasi traduzione della Sacra Scrittura, anche quella latina, e persino l’originale ebraico o greco, non possono fermarsi alla lettura individuale, ma ricevono senso dallo Spirito Santo che parla attraverso il munus docendi della Chiesa che passa per ogni sacerdote che “spezza” la Parola e ogni fedele che la incarna nelle opere di questa vita.
Perchè infatti, a cosa serve dire ricchezza o mammona, se le parole non sono conversione e non producono frutti di fede, speranza e carità ?
Gesù era decisamente preoccupato di ciò. Infatti disse una delle più belle parabole: “colui che ASCOLTA la mia parola, MA non la mette in pratica è come un uomo che ha fondato la sua casa sulla sabbia…”.
Quindi il primo passo è l’ascoltare, non solo individuale, ma dalla viva voce del predicatore (fides ex audito) inviato dalla Chiesa. Il secondo è “mangiare quel libro” come Geremia perchè divenga “profezia” (da pro femì, parlare per), parola profetica sulle nostre labbra e azione profetica nella vita.
Dai commenti al link proposto: “Malachia 1,11 ha il singolare sia nel testo ebraico che nella versione greca, mentre il plurale, ma guarda un po’, compare nella Nuova Riveduta dei Valdesi… “
Condivido l’indignmazione. Mi inmdigna il comportamento di Berlusconi (che pensa di poter comprare tutto); ma mi indigna anche il comportamento della signora Veronica, che è stata presentata da taluni quasi come un’eroina solo perché, dopo tanto tempo e tante umiliazioni, ha trovato il coraggio di chiedere il divorzio da un marito che la tradiva da tempo. Salvo poi “monetizzare” il tutto… Non avrebbe mostrato più dignità accontentandosi di vivere dei proven ti delle azioni che possiede? E la signora Maria Laqtella, giornalista dei pettegolezzi, non aveva meglio da fare che scrivere un libro su di lei? Che squallore!
Raffaele, tu dici cose perfettamente dotate di buon senso. Se però non fossimo in Italia. Perché qua ahimé come vedi la portineria, più o meno alta, è regola. Veronica, prima odiata e poi fatta santa dalla sinistra per le lettere su Repubblica, è una donna che si è servita dei nemici del marito per alzare la voce e scatenare questo putiferio per i suoi interessi. Ed è vergognoso che si parli di SETTE MILIARDI, lo ripeto per chi si fosse sintonizzato ora, del vecchio conio, come assegno di mantenimento MENSILE. Che si deve manutenere, la Reggia di Caserta?
bè, alla Reggia di Caserta ci farei un pensierino… sai che invidia ad Arcore !
Cherubì, manco sanno come si scrive “Reggia di Caserta”. Un simbolo di cultura e classe che trema la terra.
Comunque, vi dedico questa filastrocca calabrese datasi la giornata: chi riesce a tradurla vince un invito a cena del sottoscritto. Nel senso che vengo io a mangiare da voi.
Andrea porta la nova: ca u 6 è di Nicola, l’8 di Maria, ‘u 13 di Lucia e ‘u 25 d’u Messia.
Buon Avvento!
grazie, tonizzo, quella calabrese non la sapevo, è carina. Quanto alla Reggia non so se sai che ci hanno girato alcune scene di Guerre Stellari… mi chiedo ad Arcore quale film potevano ambientare… (qualche ipotesi ce l’ho, ma non la dico…)
Tonizzo vado matto per le traduzioni: “Sant’Andrea (che si festeggia il 30 novembre) porta la nuova mesata, dove San Nicola ha la festa il 6, Maria Immacolata l’8, Santa Lucia il 13 e il Messia il 25”. Ho gtradotto giusto?
Clodine, intanto grazie a te. Davvero questa cosa non la sapevo. Ricambio con “il Papocchio” di Renzo Arbore, anche se non sono certo allo stesso livello.
Luigi, c’eri quasi. “Sant’Andrea porta la notizia: che il 6 festeggia Nicola…” così via. La nova in questo caso è intesa proprio come new, notizia, nuova.
Attenzione: nuovo calabroquiz. E’ uso per San Nicola incitare i bambini a lasciare la pantofola davanti al caminetto. Ma, a qualsiasi costo, devono invocare il Santo con “Santu Nicola Santu Nicola, pigghia la vecchia e dammi la nova”. Detta frase si applica anche nel caso di caduta di denti. Chi traduce correttamente vedrà che San Nicola, come coi bimbi, non sarà affatto avaro di dolciumi e regalini. Aggiungo che negli anni ’80 San Nicola regalava 10.000 lire per un dentino, oggi le quotazioni mi parlano di un 5-10 euro scarsi.
meno male che quella della vecchia e della nova non la dicono i mariti…