Giulia e Antonio Thellung testimoni dell’amore sponsale morti per Covid

Giulia se ne era andata il 20 marzo, Antonio l’ha seguita ieri, ambedue per Covid, ambedue novantenni. Sposati da 65 anni, indivisibili. Tre figli, otto nipoti, quattro pronipoti. Miei amici carissimi dal 1998. Antonio molto presente nel blog. Le ultime due telefonate: in dicembre per il mio Covid e il 20 marzo per dirmi che Giulia l’aveva lasciato. Nei commenti qualche memoria comune tra le tante accumulate. 

11 Comments

  1. Luigi Accattoli

    Un creativo. Antonio Thellung, creativo amico romano, da sempre frequentatore di questo blog, ha fatto l’attore, il pilota di automobili da corsa e l’autore di manuali sulla guida dell’automobile, il pittore e lo scultore, il fondatore e l’animatore di comunità, l’assistente di malati terminali. Era scrittore e conferenziere, autore di versi e di epigrammi. “Di mestieri ne ho fatti tanti e alcuni non li ricordo neppure più” diceva di sè con ironia.

    8 Aprile, 2021 - 17:14
  2. Luigi Accattoli

    Imparare a morire. Antonio ha pubblicato circa 25 libretti. Io andavo sempre alla presentazione dei suoi e lui veniva a quella dei miei. Uno dei libretti, in vista del quale avemmo un lungo scambio, è intitolato: Sto studiando per imparare a morire (Altrimedia editore, 2016). Quando lo veniva lavorando, volle aprire nel suo sito un brainstorming che presentò così: “Mi sento felice di essere vecchio – ma non ho ancora imparato a morire e mi piacerebbe tanto imparare – per questo ho deciso di tentare un percorso di studio per imparare ad accogliere sorella morte con allegra serenità, quando verrà a trovarmi”. Raccomandava ai visitatori di partecipare a questo “libero corso di studi” sull’ardua materia senza il “drammatico pathos” abituale ma con “serenità e, perché no, con allegria”. Antonio era fatto così. Persino la telefonata con cui mi diceva della morte di Giulia non era immalinconita. “Anch’io sono positivo – mi disse – e so che mi devo preparare”. Il mio amico non era mai banale ma non prendeva mai cappello. Lo interessava tutto ma si appassionava solo a come incarnare il Vangelo nella vita quotidiana e di fronte a ogni scommessa dell’esistenza. Non aveva paura della morte. Già al nostro primo incontro, che fu al Bar delle Antille, in via Tomacelli, parlammo dell’imparare a morire: puoi vederne un richiamo nell’ultimo dei commenti che qui dedico al mio amico.

    8 Aprile, 2021 - 17:25
  3. Luigi Accattoli

    Ci conoscemmo nel 1998 quando mi chiese di scrivergli una prefazione a uno dei suoi libretti, intitolato Accanto al malato… sino alla fine.
    Assistere i malati terminali in casa: esperienze e testimonianze
    [Ancora editore]. Leggendo il dattiloscritto mi appassionai alla sua interminata ricerca, d’intelletto e d’azione, sulla sofferenza e sulla felicità secondo il Vangelo. Nei commenti che seguono riporto per intero quella prefazione. E qui mando l’ultimo bacio ad Antonio.

    http://www.luigiaccattoli.it/blog/prefazioni-e-capitoli/accanto-al-malato/

    8 Aprile, 2021 - 17:32
  4. Luigi Accattoli

    Mia prefazione 1. Antonio Thellung ci assicura – in questo libro – di essere, per tanti versi, un egoista e un mediocre. E gli crediamo facilmente: se è davvero così, ci somiglia. Ma dice anche
    una cosa rara sulla terra: «Ho imparato a essere felice». Anzi una cosa rarissima, dal momento che precisa di aver imparato quell’arte assistendo i malati terminali.
    Trattandosi di un messaggio così raro, conviene leggere il libro. In esso non vi è alcun inganno, né di lingua né di sentimenti. E non c’è neanche la propaganda cristiana che un laico potrebbe temere. C’è un cristiano comune che racconta la sua storia e quella storia è anche una testimonianza di fede.
    Lo stesso vale per l’atteggiamento di fronte al male: egli non è un medico, non vende cure o utopie, non combatte battaglie sul fronte degli ospedali. È soltanto un uomo che – in gruppo con altri uomini e donne – si offre da anni per l’accompagnamento dei malati gravi «fin sulla soglia».
    Possiamo dunque affidarci alla narrazione dell’avventura pienamente umana vissuta da questa persona che offre – come tanti fanno, ma pochi raccontano – una parte del suo tempo a chi è nella necessità. E svolge quell’impegno con atteggiamento quotidiano, da simile verso il simile.

    8 Aprile, 2021 - 17:39
  5. Luigi Accattoli

    Mia prefazione 2. Ho detto che la sua è un’avventura pienamente umana perché egli ci racconta sì di aver imparato in essa la felicità, ma soprattutto ci dice di aver capito che «felicità e angoscia non sono in alternativa, che possono convivere». E questa seconda
    affermazione ci convince ancor più della prima. Egli dice più di una volta che il suo volontariato accanto a chi soffre lo aiuta a «coltivare felicità». Ma ci dice anche che si tratta di «una felicità paradossalmente intrecciata a sofferenza e angoscia». Non è così la vita?
    Anche a me è capitato, una volta, di sentire felicità e angoscia insieme, accompagnando una persona che moriva. Mi ritrovo dunque nelle affermazioni di Antonio. Credo di capire le sue parole, quando racconta la prima esperienza di accompagnamento, quella del fratello Eugenio, da cui vengono tutte le altre, e che conclude così: «1 tre mesi dedicati a Eugenio erano stati tra i più belli della mia vita: per quanto gli avessi dato, avevo certamente ricevuto molto di più».
    Se qualcuno che mi legge fosse tentato di considerare eccessiva la forza di queste parole, accetti un consiglio, prima di chiudere il libro: legga le ventitré storie della prima parte, che hanno il fascino dei fatti vissuti e narrati senza secondi fini. Vedrà quanta vita coglie lo sguardo dell’autore! Quelle storie preparano il lettore ad ascoltare le parole della seconda parte.

    8 Aprile, 2021 - 17:40
  6. Luigi Accattoli

    Mia prefazione 3. E quanti bambini ci sono in questo libro! Si affacciano sulla porta dei malati, vanno con Antonio a comperare fiori per la mamma, qualche volta decidono di andare con lui a vederla composta sul letto. Si direbbe – ed è bello pensarlo – che egli, mentre si occupa dei malati, sia ancor più attento con i loro bambini. Dice che hanno «grandi capacità» di affrontare il dramma della morte. E anche questo so che è vero.
    Provo gratitudine per quello che racconta, oltre che per quello che fa. Egli ci trasmette la speranza che vi sia sempre una possibilità di essere uomini e donne, per drammatica che sia la situazione: se non altro, la possibilità di vivere umanamente la morte.
    La storia dove questa speranza è meglio narrata è l’ultima, quella di Francesco, che è stato, «tra tutte le persone assistite», quella che più l’ha «coinvolto». Coinvolto nel senso pieno della parola: impegnandolo cioè a «prepararsi insieme alla morte». È l’assistente a proporlo, il malato l’accetta. Ne viene un «seminario verso l’infinito», come lo chiamano. Lo tengono due volte alla settimana. A esso partecipa anche Vera, la moglie di Francesco. Vanno avanti sei mesi. Poco importa che l’uno abbia una previsione di vita «più breve» dell’altro: il momento arriva per tutti. C’è anche l’audacia di portarsi all’altezza della propria morte, in questo libro. Buona lettura.

    8 Aprile, 2021 - 17:41
  7. Teobaldo Mattioli

    Agli incontri di Oreundici, a quelli con Maggi, con Accattoli e ancora…
    quante occasioni per fermarmi a parlare con Antonio e salutare Giulia….

    la vecchiaia in progress mette in conto la probabilità di “eventi avversi” …. come ora pare essere chiamata la morte,

    ma fino a che non si è palesata la pandemia covid,

    per me era così ovvio aspettarmi di rivedere Antonio e, interagire con lui e ascoltarlo mi era un balsamo.

    Mi rimangono dentro l’animo la vivacità di Antonio e la dolcezza di Giulia.

    Alla sua straordinaria età, Antonio, continuava a porre domande e continuava ad essere concreto, concreto.

    Mancherà in questo mio percorso di vita….

    9 Aprile, 2021 - 0:40
  8. ada

    Da quando ci hai parlato di lui mi ha molto colpita la sua “preparazione” alla morte. Si vede che ci è davvero riuscito. Grande testimonianza di uomo cristiano .
    Ada Murkovic

    9 Aprile, 2021 - 0:58
  9. Luigi Accattoli

    Buongiorno Ada e Teobaldo lettori miei notturni. Sull’imparare a morire e anche sulla vivacità avrei molti aneddoti. Ne metto uno per ciascuno dei due filari.

    Imparare a morire. Nell’ultimo decennio, cioè dopo il compimento degli ottanta, andava annotando le “cose” che avvertiva come ultime, per esempio quando ridipinse la staccionata intorno al giardino: “Lo facevo ogni dieci anni: di sicuro questa ridipintura sarà l’ultima”.

    Vivacità. Quando divenne bisnonno mi chiamò al telefono spiazzatissimo dall’evento: “Ora mia figlia è nonna, capisci il ribaltone?”

    9 Aprile, 2021 - 7:44
  10. “imparare ad essere felici” è una perla, intonata a questa Ottava di Pasqua.
    Auguriamoci che sia perla non troppo rara.

    9 Aprile, 2021 - 9:51
  11. Ricordo i suoi commenti qui. Mi dispiace molto. Sincere condoglianze, caro Luigi.

    10 Aprile, 2021 - 23:31

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