“A un certo momento ti trovi solo con te stesso. Se ci penso, quello che più mi ha aiutato in quella fase è stato mettermi completamente nelle mani del Signore. E devo dire che da quel momento ho provato una serenità totale”: parole di Giorgio Franceschi a Diego Andreatta di “Vita Trentina”. Nei commenti riporto brani dell’intervista pubblicata l’8 aprile e una scheda su Franceschi.
Giorgio Franceschi: mi sono sentito solo e mi sono affidato
4 Comments
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.
Solo e disorientato. “Quando, a seguito di una radiografia e del tampone, è arrivata la diagnosi col ricovero a Rovereto, mi sono preoccupato, mi sentivo completamente impreparato. Devo molta gratitudine a mia moglie e ai miei familiari, ma anche al mio medico di base che mi ha preso per mano, mi ha seguito passo passo, chiamandomi quasi ogni giorno. E poi al personale sanitario dell’ospedale di Rovereto. Ho visto in loro tanta tenerezza, tanti atteggiamenti d’incredibile disponibilità. Ognuno di noi lì dentro si sentiva solo, disorientato, ma non ci facevano mancare la vicinanza umana, pur nella frenesia operativa, quella di un gruppo d’instancabili formichine. ‘Vuole provare a mangiare almeno uno yogurt?’ mi ricordo bene quest’invito da parte di un’infermiera che non conoscevo e che mi ha raccontato del suo ritorno alla sera a casa, senza poter però avvicinare i familiari. Questi gesti di rara sensibilità fanno la differenza in certi momenti della vita. Me li porterò dentro a lungo. Sono stato seguito bene in ogni momento, ogni giorno ricevo una telefonata per una verifica delle miei condizioni”.
Serenità totale. “Nonostante la possibilità di scrivere messaggi a casa, ad un certo momento ti trovi solo con te stesso, con le tue paure e le tue domande. Se ci penso, quello che più mi ha aiutato in quella fase è stato mettermi completamente nelle mani del Signore. Mi sono deciso di affidarmi completamente a Lui e devo dire che da quel momento ho provato una serenità totale, di fondo, che mi ha accompagnato. Quando, dopo dodici giorni di terapia all’ospedale di Rovereto, sono tornato finalmente a casa fra i miei, ho provato la vera gioia, una felicità indimenticabile. Ora per me, ma penso per tutti, dovranno cambiare molte cose. Pensavamo di essere invincibili e invece abbiamo fatto i conti con la nostra fragilità. L’incertezza ci porterà a ripensare alle cose essenziali della vita, a rivedere quella gerarchia di valori che era forse sbagliata. Direi un ultimo aspetto-chiave: dovremo scoprire un nuovo senso del limite, perché stavamo andando oltre. Dobbiamo riflettere anche per trovare nuovi modelli di sviluppo e di convivenza, anche a livello globale”.
Giorgio Franceschi, 60 anni, amministratore delegato di ISA (Istituto Atesino di Sviluppo), ha sperimentato la malattia tra il 10 marzo e la prima settimana di aprile. Il manager è anche consulente di APSA, l’organismo centrale delle finanze vaticane retto dall’arcivescovo Nunzio Galantino. Ha quattro figli, una dei quali è medico in Galles. L’intervista a Diego Andreatta può essere letta qui:
https://www.vitatrentina.it/2020/04/08/giorgio-franceschi-dopo-lospedale-una-pasqua-speciale/
Ventitré storie. Questa di Giorgio Franceschi è la ventitreesima vicenda da Covid – 19 che racconto nel blog. Per vedere le altre vai al capitolo 22 “Storie di pandemia” della pagina “Cerco fatti di Vangelo” elencata sotto la mia foto:
http://www.luigiaccattoli.it/blog/cerco-fatti-di-vangelo/22-storie-di-pandemia/