Gabriele Barli, un ragazzo già impegnato come volontario nella “Missione” di Sarzana, partecipa in pandemia alla gestione di una “mensa da campo” organizzata dalla Caritas alla Spezia e ne fa – sul portale specialolympic.it il 16 ottobre 2020 – il racconto che riporto nei commenti.
Gabriele volontario a una mensa dell’emergenza Covid
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Provvisti della sola mascherina. Durante il periodo di lockdown tra aprile e maggio, mi è stato richiesto di dare disponibilità presso una mensa da campo alla Spezia, realizzata per offrire un pasto caldo a persone senza fissa dimora, italiani e non. Si trattava concretamente di mettere a rischio la propria salute esponendosi in prima persona; all’inizio la paura, poi la preoccupazione per i miei familiari, infine una decisione: partire. Il campo era gestito dalla Caritas diocesana con la capacità di accogliere fino a centottanta persone al giorno, garantendo per tutto il periodo di servizio, colazione, pranzo e cena alle persone in difficoltà. Le preoccupazioni erano molte, a partire dai mezzi di protezione individuale, inadeguati per l’emergenza. Un mascherina di stoffa era tutto ciò che ci separava dal virus, e presto avremmo avuto i primi contatti con tre positività nel campo di cui un decesso. Lo sapevamo, era previsto e largamente preventivato, non potevamo fare nulla se non continuare e andare avanti, mantenendo il servizio.
Prima i bisognosi. In quel momento ci fu la consapevolezza che avevamo iniziato insieme e insieme avremmo finito, qualunque cosa fosse accaduta, le persone bisognose venivano prima di tutto. Di questa esperienza mi ha colpito in modo particolare la generosità della gente, che nella difficoltà ha saputo donare molto sostenendoci nello sforzo di aiutare i più bisognosi, ma non solo, le varie associazioni che hanno donato cibo e beni di prima necessita come vestiti e scarpe, i sacerdoti che sono rimasti al nostro fianco, chi ha cucito a mano e portato mascherine di stoffa da distribuire ai nostri ospiti. O chi semplicemente è rimasto per confortare e ascoltare la gente che aveva bisogno di parlare, di non essere abbandonata, di un abbraccio dato con gli occhi perché fisicamente non si poteva, così come solo il calore umano può fare.
https://www.specialolympics.it/gabriele-volontario-special-olympics-candidato-per-il-premio-del-volontariato-internazionale-2020/
Cinquantatre storie. Questa di Gabriele Barli è la cinquantatreesima vicenda da Covid – 19 che racconto nel blog. Per vedere le altre vai al capitolo 22 “Storie di pandemia” della pagina “Cerco fatti di Vangelo” elencata sotto la mia foto:
http://www.luigiaccattoli.it/blog/cerco-fatti-di-vangelo/22-storie-di-pandemia/