Nuova parola chiara del Papa sulla guerra di Ucraina: “una superpotenza intende imporre la sua volontà contro il principio dell’autodeterminazione dei popoli”. E’ contenuta nel messaggio per la giornata mondiale dei poveri pubblicato stamane. Nei commenti i brani sulla guerra e altre affermazioni papali in materia di pace contenute in una conversazione con i direttori delle riviste culturali dei Gesuiti pubblicata da Civiltà Cattolica.
Francesco: “Una superpotenza intende imporre la sua volontà contro l’autodeterminazione dei popoli”
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Dalla pandemia alla guerra. Qualche mese fa, il mondo stava uscendo dalla tempesta della pandemia, mostrando segni di recupero economico che avrebbe restituito sollievo a milioni di persone impoverite dalla perdita del lavoro. Si apriva uno squarcio di sereno che, senza far dimenticare il dolore per la perdita dei propri cari, prometteva di poter tornare finalmente alle relazioni interpersonali dirette, a incontrarsi di nuovo senza più vincoli o restrizioni. Ed ecco che una nuova sciagura si è affacciata all’orizzonte, destinata ad imporre al mondo uno scenario diverso.
La guerra in Ucraina è venuta ad aggiungersi alle guerre regionali che in questi anni stanno mietendo morte e distruzione. Ma qui il quadro si presenta più complesso per il diretto intervento di una “superpotenza”, che intende imporre la sua volontà contro il principio dell’autodeterminazione dei popoli. Si ripetono scene di tragica memoria e ancora una volta i ricatti reciproci di alcuni potenti coprono la voce dell’umanità che invoca la pace.
Insensatezza della guerra. 2. Quanti poveri genera l’insensatezza della guerra! Dovunque si volga lo sguardo, si constata come la violenza colpisca le persone indifese e più deboli. Deportazione di migliaia di persone, soprattutto bambini e bambine, per sradicarle e imporre loro un’altra identità. Ritornano attuali le parole del Salmista di fronte alla distruzione di Gerusalemme e all’esilio dei giovani ebrei: «Lungo i fiumi di Babilonia / là sedevamo e piangevamo / ricordandoci di Sion. / Ai salici di quella terra / appendemmo le nostre cetre, / perché là ci chiedevano parole di canto, / coloro che ci avevano deportato, / allegre canzoni i nostri oppressori. / […] Come cantare i canti del Signore / in terra straniera?» (Sal 137,1-4).
Sono milioni le donne, i bambini, gli anziani costretti a sfidare il pericolo delle bombe pur di mettersi in salvo cercando rifugio come profughi nei Paesi confinanti. Quanti poi rimangono nelle zone di conflitto, ogni giorno convivono con la paura e la mancanza di cibo, acqua, cure mediche e soprattutto degli affetti. In questi frangenti la ragione si oscura e chi ne subisce le conseguenze sono tante persone comuni, che vengono ad aggiungersi al già elevato numero di indigenti. Come dare una risposta adeguata che porti sollievo e pace a tanta gente, lasciata in balia dell’incertezza e della precarietà?
Su Kirill. Alle riviste dei Gesuiti 1. Ho avuto una conversazione di 40 minuti con il patriarca Kirill. Nella prima parte mi ha letto una dichiarazione in cui dava i motivi per giustificare la guerra. Quando ha finito, sono intervenuto e gli ho detto: «Fratello, noi non siamo chierici di Stato, siamo pastori del popolo». Avrei dovuto incontrarlo il 14 giugno a Gerusalemme, per parlare delle nostre cose. Ma con la guerra, di comune accordo, abbiamo deciso di rimandare l’incontro a una data successiva, in modo che il nostro dialogo non viene frainteso. Spero di incontrarlo in occasione di un’assemblea generale in Kazakistan, a settembre. Spero di poterlo salutare e parlare un po’ con lui in quanto pastore.
Sulla guerra. Alle riviste dei Gesuiti 2. Per rispondere a questa domanda [sulla guerra] dobbiamo allontanarci dal normale schema di «Cappuccetto rosso»: Cappuccetto rosso era buona e il lupo era il cattivo. Qui non ci sono buoni e cattivi metafisici, in modo astratto. Sta emergendo qualcosa di globale, con elementi che sono molto intrecciati tra di loro. Un paio di mesi prima dell’inizio della guerra ho incontrato un capo di Stato, un uomo saggio, che parla poco, davvero molto saggio. E dopo aver parlato delle cose di cui voleva parlare, mi ha detto che era molto preoccupato per come si stava muovendo la Nato. Gli ho chiesto perché, e mi ha risposto: «Stanno abbaiando alle porte della Russia. E non capiscono che i russi sono imperiali e non permettono a nessuna potenza straniera di avvicinarsi a loro». Ha concluso: «La situazione potrebbe portare alla guerra». Questa era la sua opinione. Il 24 febbraio è iniziata la guerra. Quel capo di Stato ha saputo leggere i segni di quel che stava avvenendo. Quello che stiamo vedendo è la brutalità e la ferocia con cui questa guerra viene portata avanti dalle truppe, generalmente mercenarie, utilizzate dai russi. E i russi, in realtà, preferiscono mandare avanti ceceni, siriani, mercenari. Ma il pericolo è che vediamo solo questo, che è mostruoso, e non vediamo l’intero dramma che si sta svolgendo dietro questa guerra, che è stata forse in qualche modo o provocata o non impedita. E registro l’interesse di testare e vendere armi. È molto triste, ma in fondo è proprio questo a essere in gioco.
https://gpcentofanti.altervista.org/non-ce-qui-ancora-un-profeta-del-signore-da-consultare/
Mi riferisco nel testo sopra a questo intervento di Francesco: https://www.laciviltacattolica.it/articolo/papa-francesco-in-conversazione-con-i-direttori-delle-riviste-culturali-europee-dei-gesuiti/