Monito del Papa alla Curia sull’urgenza del rinnovamento missionario della Chiesa: lo ha formulato nell’incontro per gli auguri di Natale, l’ha argomentato in riferimento alla riforma della Curia e l’ha concluso invitando i collaboratori a lasciarsi interrogare dalle parole dette in morte dal cardinale Martini: “La Chiesa è rimasta indietro di duecento anni: come mai non si scuote?”. Nei commenti riporto alcuni passaggi del discorso del Papa, mettendo infine un mio lapidario commento.
Francesco evoca Martini sulla “Chiesa rimasta indietro”
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Quel mondo non esiste più. Quando la Congregazione per la Dottrina della Fede e la Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli furono istituite, si era in un’epoca nella quale era più semplice distinguere tra due versanti abbastanza definiti: un mondo cristiano da una parte e un mondo ancora da evangelizzare dall’altra. Adesso questa situazione non esiste più. Le popolazioni che non hanno ancora ricevuto l’annuncio del Vangelo non vivono affatto soltanto nei Continenti non occidentali, ma dimorano dappertutto, specialmente nelle enormi concentrazioni urbane che richiedono esse stesse una specifica pastorale. Nelle grandi città abbiamo bisogno di altre “mappe”, di altri paradigmi, che ci aiutino a riposizionare i nostri modi di pensare e i nostri atteggiamenti: Fratelli e sorelle, non siamo nella cristianità, non più! Oggi non siamo più gli unici che producono cultura, né i primi, né i più ascoltati […]. Non siamo più in un regime di cristianità perché la fede – specialmente in Europa, ma pure in gran parte dell’Occidente – non costituisce più un presupposto ovvio del vivere comune, anzi spesso viene perfino negata, derisa, emarginata e ridicolizzata.
Cambiamento d’epoca. A volte ne ho parlato con alcuni di voi: penso a cinque Paesi che hanno riempito il mondo di missionari – vi ho detto quali sono – e oggi non hanno risorse vocazionali per andare avanti. E questo è il mondo attuale […]. Tutto questo comporta necessariamente dei cambiamenti e delle mutate attenzioni anche nei suindicati Dicasteri, come pure nell’intera Curia. Alcune considerazioni vorrei riservarle pure al Dicastero per la Comunicazione, di recente istituzione. Siamo nella prospettiva del cambiamento di epoca, in quanto «larghe fasce dell’umanità vi sono immerse in maniera ordinaria e continua. Non si tratta più soltanto di “usare” strumenti di comunicazione, ma di vivere in una cultura ampiamente digitalizzata che ha impatti profondissimi sulla nozione di tempo e di spazio, sulla percezione di sé, degli altri e del mondo, sul modo di comunicare, di apprendere, di informarsi, di entrare in relazione con gli altri. Un approccio alla realtà che tende a privilegiare l’immagine rispetto all’ascolto e alla lettura influenza il modo di imparare e lo sviluppo del senso critico» (Esort. ap postsin. Christus vivit, 86).
Tentazione della rigidità. Legata a questo difficile processo storico, c’è sempre la tentazione di ripiegarsi sul passato (anche usando formulazioni nuove), perché più rassicurante, conosciuto e, sicuramente, meno conflittuale. Anche questo, però, fa parte del processo e del rischio di avviare cambiamenti significativi. Qui occorre mettere in guardia dalla tentazione di assumere l’atteggiamento della rigidità. La rigidità che nasce dalla paura del cambiamento e finisce per disseminare di paletti e di ostacoli il terreno del bene comune, facendolo diventare un campo minato di incomunicabilità e di odio. Ricordiamo sempre che dietro ogni rigidità giace qualche squilibrio. La rigidità e lo squilibro si alimentano a vicenda in un circolo vizioso. E oggi questa tentazione della rigidità è diventata tanto attuale.
Il Cardinale Martini nell’ultima intervista, a pochi giorni della sua morte, disse parole che devono farci interrogare: «La Chiesa è rimasta indietro di duecento anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio? Comunque la fede è il fondamento della Chiesa. La fede, la fiducia, il coraggio. […] Solo l’amore vince la stanchezza». Il Natale è la festa dell’amore di Dio per noi. L’amore divino che ispira, dirige e corregge il cambiamento e sconfigge la paura umana di lasciare il “sicuro” per rilanciarci nel “mistero”.
Mio commento. E’ la prima volta che Francesco evoca – e direi invoca – quelle parole di Martini. Parole testamento e parole programma. Testamento del cardinale gesuita Carlo Maria Martini e programma del Papa gesuita Francesco.
Curioso, effettivamente, che questa sia stata la prima volta che Papa Francesco cita il grande Cardinale Martini: però, Luigi, mi piace pensare che, invece, vi sia un sottile ma solidissimo filo rosso che unisce queste due straordinarie figure della Chiesa di Roma.
Un caro saluto a tutti !
Roberto Caligaris
Auguri a tutti!
O Rex Gentium,
et desideratus earum,
lapisque angularis,
qui facis utraque unum:
veni, et salva hominem,
quem de limo formasti.
O Re delle genti,
atteso da tutte le nazioni,
pietra angolare che riunisci i popoli in uno,
vieni, e salva l’uomo che hai formato dalla terra.
Roberto non è la prima volta che Francesco cita Martini: è la prima volta che cita le parole sui duecento anni di ritardo.
Non si può non essere d’accordo con il Papa quando afferma che “Non siamo più nella cristianita’ “. ( anche se, in verità questa non è più una “notizia” in quanto cosa già nota da tempo a un qualunque osservatore attento ).
Vero anche che bisogna cambiare i modi di approccio e le chiusure “rigide”.
Le perplessità nascono quando si scende nel concreto delle cose da “abbandonare” : si deve abbandonare la esplicita affermazione della fede in Gesu’ Cristo per non offendere coloro che credono in altre religioni? Si deve evitare di invitare non credenti ad ascoltare Gesu’ “in vista della conversione” , per non cadere nel “proselitismo”? Si deve evitare di dire che noi crediamo fermamente che Gesu’ Cristo è “IL” ( articolo determinativo) SALVATORE ( dato che non si capisce bene da cosa ci abbia “salvato” in cosa consista la “salvezza” e se, pertanto, non la si possa conseguire anche in altro modo ). Si deve pensare che aderire ” letteralmente” al Credo Apostolico costituisca una delle “rigidità” che è necessario abbandonare? così come è necessario abbandonare la affermazione della “indissolubilità del matrimonio cristiano” ( che resta “indissolubile”, perché con il divorzio non lo si scioglie ma lo si dichiara “morto” a motivo della “morte dell’amore” che ne aveva costituito il fondamento) ?
Grazie, Luigi!
Roberto Caligaris
Caro Luigi, anzitutto Auguri con tutto il cuore, per te e per i tuoi cari.
Poi aggiungo una parola di commento, anzi di domanda:
“La Chiesa è rimasta indietro di duecento anni”. Tu come le interpreti esattamente queste parole: La Chiesa segue il suo Capo che è Cristo.
Dunque quella frase vorrebbe dire che “Da duecento anni Cristo cammina su sentieri così nuovi che noi Chiesa non riusciamo a tenerne il passo”.
Ancora Auguri
Ho sbagliato la punteggiatura ma il senso generale della domanda al nostro caro padrone di casa dovrebbe essere chiaro.
“La Chiesa è rimasta indietro di duecento anni”. Tu, caro Luigi, come le interpreti esattamente queste parole?
Ho aggiunto una mia interpretazione, forse non è corretta. Forse la frase vuol dire che da duecento anni la parola di Cristo, attraverso la predicazione e l’azione della Chiesa, non riesce a raggiungere i suoi destinatari?
Il cardinale Martini intendeva dire – io credo – che la Chiesa Cattolica continua a operare e a comprendersi in relazione all’umanità di oggi come fossimo ancora in regime di cristianità, cioè in un mondo che non c’è più da secoli.
Da persona che non firma ricevo questo messaggio:
Caro Luigi, quella frase di Martini è emblematica di una situazione di perenne arretratezza della Chiesa cattolica rispetto alla vita umana. La Chiesa resta ancorata ai paradigmi del passato ignorando i “segni dei tempi”. Di certo Gesù il Cristo resta il Signore del nostro piccolo mondo terreno ma non ammette chiusure ed esclusivismi. Egli chiama gli uomini, suoi fratelli, ad amare tutti gli altri uomini esistenti senza volerli reprimere nella coscienza e nelle loro espressioni religiose, né nel loro libero pensiero. Questa è la vera CONVERSIONE, che molti non hanno ancora capito. Non vuole, Gesù, omologazioni. Egli vuole soltanto AMORE e non moralismo. Amore che supera la Legge.
La dottrina, invece, è in gran parte ingessata in un moralismo che ancora oggi guida molti cristiani convincendoli che è “peccato” non seguirla in tutti i suoi assunti, compresi certi dogmi oggettivamente non accettabili alla luce della maggiore consapevolezza e della maturità raggiunte oggi dall’umanità sempre in cammino. Quando la Chiesa pretende che i cattolici seguano una dottrina in gran parte superata perché non tiene conto della complessità della vita umana, che non può essere schematizzata in un “questo sì” e “questo no”, resta indietro di alcuni secoli. E la cosa più grave è che colpevolizza, e vuol condizionare, chi non le sta dietro. Nega quel discernimento messo in primo piano, con grande intelligenza, dal Papa attuale. Peggio: alimenta una colpevole divisione fra cattolici conservatori e cattolici pensanti, che con mente aperta sono in grado di leggere la vita nel suo divenire. E che vedono in azione Dio, lo Spirito, nella vita di ogni giorno. Perché il Dio di Gesù, che è il nostro, non è una statua immobile, ma anzi è una continua epifania. Mentre la Chiesa vuol rimanere chiusa in una bolla atemporale, dove gli uomini non riescono a vedere più né Dio né sé stessi in relazione con Dio.
Mi colpisce in questo commento la definizione di una nuova categoria : i ” cattolici pensanti ” . Quale la differenza con i “cattolici adulti” che andavano di moda qualche tempo fa?
Io penso ( sono forse un “cattolico conservatore pensante”? ) che la grande differenza stia tra coloro che guardano al “mondo” alla luce della Sacra Scrittura e quelli che guardano alla Sacra Scrittura alla luce del mondo. Due visioni difficilmente compatibili.
« O Emmanuel,
Rex et legifer noster,
expectatio gentium,
et Salvator earum:
veni ad salvandum nos,
Domine, Deus noster. »
O Emmanuele, nostro re e legislatore,
speranza e salvezza dei popoli:
vieni a salvarci, o Signore nostro Dio.
Il messaggio della persona che non firma è un messaggio che si sente ripetere spesso, quando ci si confronta con il “mondo”.
Ogni volta mi lascia basito, perché quella non è la Chiesa che conosco io. Non è l’insegnamento che ho ricevuto io, non sono i miei preti, i miei curati, i miei parroci.
Eppure spesso sento dire che “la Chiesa pretende che i cattolici seguano una dottrina in gran parte superata perché non tiene conto della complessità della vita umana, che non può essere schematizzata in un “questo sì” e “questo no””.
Mi chiedo dove sia l’errore. Sono i preti – e i cristiani – che non sanno spiegarsi? Eppure con me ci sono riusciti bene. Sono stato fortunato io? Può darsi. C’è anche una componente di mancato ascolto da parte del “mondo”? Probabilmente sì.
L’impressione è che “questo sì, questo no” si riferisca sempre ai peccati de sestio. Non è una visione molto limitata dell’insegnamento della Chiesa? A volte mi verrebbe da dire: sì, ma tutto il resto? Hai provato a vivere secondo Cristo, almeno per il resto? Poi magari capirai anche quello. Altre volte non capisco se è davvero quello il punto, o se è una scusa per non affrontare tutto il tema del divino, del soprannaturale.
Il mondo è complesso? Certo. Il mondo è incompatibile col Vangelo? Mi permetto di dubitarne, finché ci sono tante persone che con fatica provano e tante volte riescono a dimostrare il contrario. E allora come si fa a affermare così fortemente parole così? I (tanti) fallimenti non cancellano i successi di chi ci dà esempio di riuscita. Mah.
Affido tutte queste perplessità al Bambino nascente stanotte.