Vivissima conversazione del Papa con i giornalisti stamane, durante il volo di rientro dall’Iraq: ha detto che questo viaggio “è stato per me rivivere”, ma ha ammesso che stavolta si è “stancato molto di più” perchè “gli 84 anni non vengono soli”. Sui rischi pandemici del contatto con le folle ha confidato che si è rimesso alla protezione divina. Ha risposto anche a domande sulla pace e le armi, sul perchè non va in Argentina, sulle migrazioni e sulle donne. Nei commenti riporto nove domande e nove risposte.
Bergoglio: questo viaggio è stato per me rivivere ma mi sono stancato molto
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Santità, due anni fa ad Abu Dhabi c’è stato l’incontro con l’Imam Al Tayyeb di Al Azhar e la firma sulla Dichiarazione sulla fratellanza. Tre giorni fa lei si è incontrato con Al Sistani: si può pensare a qualcosa di simile anche con il versante sciita dell’Islam? Possiamo dire che questo sarebbe il secondo e ce ne saranno altri. È importante il cammino della fratellanza. Il documento di Abu Dhabi ha lasciato in me l’inquietudine della fratellanza, e poi è uscita “Fratelli tutti”. Ambedue i documenti si devono studiare perché vanno nella stessa direzione, sulla via della fratellanza. L’Ayatollah Al Sistani ha una frase che cerco di ricordare bene: gli uomini sono o fratelli per religione o uguali per creazione. Nella fratellanza è l’uguaglianza, ma sotto l’uguaglianza non possiamo andare. Credo che sia una strada anche culturale. Pensiamo a noi cristiani, alla guerra dei Trent’anni, alla notte di san Bartolomeo, per fare un esempio. Come fra noi cambia la mentalità: perché la nostra fede ci fa scoprire che è questo, la rivelazione di Gesù è l’amore e la carità e ci porta a questo: ma quanti secoli per attuarli […]. Il Concilio Vaticano II ha fatto un passo grosso in questo […]. Tu sei umano, sei figlio di Dio e sei mio fratello, punto! Questa sarebbe l’indicazione più grande, e tante volte si deve rischiare per fare questo passo. Lei sa che ci sono alcune critiche: che il papa non è coraggioso, è un incosciente che sta facendo dei passi contro la dottrina cattolica, che è a un passo dall’eresia, ci sono dei rischi. Ma queste decisioni si prendono sempre in preghiera, in dialogo, chiedendo consiglio, in riflessione. Non sono un capriccio e anche sono la linea che il Concilio ha insegnato.
In che misura l’incontro con Al Sistani era anche un messaggio verso i capi religiosi dell’Iran? Io credo che sia stato un messaggio universale. Ho sentito il dovere di fare questo pellegrinaggio di fede e di penitenza, e di andare a trovare un grande, un saggio, un uomo di Dio: soltanto ascoltandolo si percepisce questo. Parlando di messaggi, direi che è un messaggio per tutti, e lui è una persona che ha quella saggezza e anche la prudenza. Mi diceva: “Io da 10 anni non ricevo gente che viene a visitarmi con altri scopi politici e culturali… soltanto religiosi”. E lui è stato molto rispettoso, molto rispettoso nell’incontro. Io mi sono sentito onorato. Anche al momento del saluto, lui mai si alza… Si è alzato per salutarmi, per due volte, un uomo umile e saggio, a me ha fatto bene all’anima questo incontro. È una luce, e questi saggi sono dappertutto perché la saggezza di Dio è stata sparsa in tutto il mondo. Succede lo stesso con i santi che non sono solo coloro che sono sugli altari.
Ritornerà una volta in Argentina? Una domanda che capisco ed è legata al libro del mio amico giornalista Nelson Castro, medico. Lui aveva fatto un libro sulle malattie dei presidenti e io una volta gli ho detto: ma se vieni a Roma, devi farne uno sulla malattia dei Papi, perché sarà interessante conoscere le loro malattie, almeno di alcuni degli ultimi tempi. Mi ha fatto un’intervista, ed è uscito il libro: mi dicono che è buono, io non l’ho visto. Lui mi ha fatto una domanda: “Se lei si dimette tornerà in Argentina o rimarrà qui?” Io ho detto: non tornerò in Argentina, ma rimarrò qui nella mia diocesi. Ma in quella ipotesi, la risposta va unita alla domanda. Quando vado in Argentina o perché non ci vado… io rispondo sempre un po’ ironicamente: sono stato 76 anni in Argentina, è sufficiente no? C’è una cosa che, non so perché, non si dice: era stato programmato un viaggio in Argentina nel novembre del 2017. Si cominciava a lavorare, si faceva Cile, Argentina e Uruguay. Era per la fine di novembre… Ma poi in quel tempo il Cile era in campagna elettorale, in quei giorni a dicembre è stato eletto il successore di Michelle Bachelet, e io dovevo andare prima che cambiasse il governo. Non potevo andare. Avevamo pensato di fare così: andiamo a gennaio in Cile e poi Argentina e Uruguay… Ma non era possibile, perché gennaio è come luglio-agosto per i due Paesi […]. Ma questo io voglio dirlo perché non si facciano fantasie di “patriafobia”: quando ci sarà l’opportunità si potrà fare, perché c’è Argentina, l’Uruguay, e il sud del Brasile.
Sta per compiere l’ottavo anno del suo pontificato, continua a pensare che sarà corto? Devo fare così? (il Papa incrocia le dita in segno scaramantico, ndr). Non so se i viaggi [di cui alla risposta precedente] si realizzeranno o no, solo vi confesso che in questo viaggio mi sono stancato molto di più che negli altri. Gli 84 anni non vengono soli, è una conseguenza… ma vedremo. Adesso dovrò andare in Ungheria alla Messa finale del Congresso Eucaristico internazionale, non una visita al Paese, ma soltanto per la messa. Ma Budapest è due ore di macchina da Bratislava, perché non fare una visita in Slovacchia? È così che vengono le cose…
Questo viaggio ha avuto uno straordinario significato per persone che hanno potuto vederla, ma è stata anche un’occasione per la diffusione del virus, in particolare con le persone che erano insieme ammassate. Lei è preoccupato che possano ammalarsi e morire per aver voluto vedere lei? Come ho detto precedentemente, i viaggi si “cucinano” nel tempo nella mia coscienza, e questa è una delle cose che mi faceva forza. Ho pensato tanto, ho pregato tanto su questo e alla fine ho preso la decisione che veramente veniva da dentro. E io ho detto che Quello che mi dà di decidere così, si occupi della gente. Ma dopo la preghiera e dopo la consapevolezza dei rischi. Dopo tutto.
Domanda sugli iracheni costretti a migrare. La migrazione è un diritto doppio: diritto a non migrare, diritto a migrare. Questa gente non ha nessuno dei due, perché non possono non migrare, non sanno come farlo. E non possono migrare perché il mondo ancora non ha preso coscienza che la migrazione è un diritto umano. L’altra volta mi diceva un sociologo italiano parlando dell’inverno demografico in Italia: entro quarant’anni dovremo “importare” stranieri perché lavorino e paghino le tasse delle nostre pensioni […]. Ma la migrazione la si vive come un’invasione. Ieri ho voluto ricevere dopo la messa, perchè lui lo ha chiesto, il papà di Alan Kurdi, questo bambino, che è un simbolo […], un simbolo di civiltà che muoiono, che non possono sopravvivere, un simbolo di umanità. Servono urgenti misure perché la gente abbia lavoro nei propri Paesi e non debba migrare. E poi misure per custodire il diritto di migrazione. È vero che ogni Paese deve studiare bene la capacità di ricevere perché non è soltanto la capacità di ricevere e lasciarli sulla spiaggia. È riceverli, accompagnarli, farli progredire e integrarli.
Secondo lei, adesso con tutto l’attuale regime sanitario, si possono ricominciare le udienze generali con la gente, con fedeli, come erano prima? Io mi sento diverso quando sono lontano dalla gente nelle udienze. Vorrei ricominciare le udienze generali al più presto. Speriamo che ci siano le condizioni, in questo io seguo le norme delle autorità. Loro sono i responsabili e loro hanno la grazia di Dio per aiutarci in questo, sono i responsabili nel dare le norme […]. Adesso ho ricominciato con l’Angelus in piazza, con le distanze si può fare. C’è la proposta di piccole udienze generali, ma non ho deciso finché non si rende chiaro lo sviluppo della situazione. Dopo questi mesi di prigione, davvero mi sentivo un po’ imprigionato, questo viaggio è stato per me rivivere. Rivivere perché è toccare la Chiesa, toccare il santo popolo di Dio, toccare tutti i popoli.
Che cosa ha provato dall’elicottero vedendo la città distrutta di Mosul e poi pregando nelle rovine di una chiesa. Mi sono fermato davanti alla chiesa distrutta, non avevo parole. Da non credere, da non credere… Non solo quella chiesa ma anche le altre chiese, anche una moschea distrutta. Si vede che non era d’accordo con questa gente. Da non credere la crudeltà umana nostra. In questo momento, non voglio dire la parola, si ricomincia: guardiamo l’Africa. E con la nostra esperienza di Mosul queste chiese distrutte e tutto, si crea l’inimicizia, la guerra, e anche ricomincia ad agire il cosiddetto Stato Islamico. Questa è una cosa brutta, molto brutta. Una domanda che mi è venuta in mente nella chiesa era questa: ma chi vende le armi a questi distruttori? Perché le armi non le fanno loro a casa. Sì qualche ordigno lo faranno… Ma chi vende le armi? Chi è il responsabile? Almeno chiederei a questi che vendono le armi la sincerità di dire: noi vendiamo le armi. Non lo dicono. È brutto.
Visto che è la festa della donna, volevo fare una piccola domanda anche sulle donne: cosa pensa del fatto che una donna musulmana innamorata non può sposarsi un cristiano senza essere scartata dalla famiglia o peggio ancora? Le donne sono più coraggiose degli uomini, ma quello è sempre stato così. Ma la donna anche oggi è umiliata, andiamo a quell’estremo: una di voi mi ha fatto vedere la lista dei prezzi delle donne (preparata dall’Isis che comprava le donne cristiane e yazide, ndr). Io non potevo credere: se la donna è così, di tale età costa tanto… Le donne si vendono, le donne si schiavizzano […] e dobbiamo lottare, lottare, per la dignità delle donne. Sono coloro che portano avanti la storia, questa non è una esagerazione […]. Pensare che in un posto è stata fatta una discussione se il ripudio alla moglie deve essere dato per scritto o soltanto orale. Neppure il diritto di avere l’atto di ripudio! Ma questo succede oggi, ma per non allontanarci pensiamo al centro di Roma, alle ragazze che sono rapite e sono sfruttate. Credo di aver detto tutto su questo.
https://gpcentofanti.altervista.org/la-vera-solidarieta/
Cronaca molto puntuale. Grazie!
“Nella citta’natale di Abramo nessun ebreo e’stato invitato”intitola La Repubblica.
In effetti i primi discendenti di Abramo sono gli ebrei.
Le bugie hanno le gambe corte:fratelli tutti? Tutti figli di Abramo ? Cerimonia interreligiosa dei figli di Abramo ? E gli ebrei? Si , in teoria , nei discorsi ufficiali, ma, pero’..poi in pratica…gli ebrei in Iraq non sono graditi.
Nella città natale di Abramo, non c’era un ebreo, né è stata menzionata una comunità di 2.500 anni, oggi estinta”. Tzionit Fattal, ricercatrice che ha pubblicato un romanzo sulla storia degli ebrei iracheni, pubblicato anche in arabo nel 2017, esprime amarezza per ciò che “è parte del percorso di cancellazione della storia ebraica in Iraq: dai libri di storia, dai nostri luoghi di culto, convertiti in moschee, ridotti a discariche, o distrutti dall’Isis come la tomba del profeta Giona a Mosul”. Fattal intrattiene una fitta rete di contatti con ricercatori in Iraq che sostengono che “la sorte dei cristiani sarà quella degli ebrei”. La comunità ebraica contava 150 mila anime fino agli ’50. Anche il parlamentare liberale Faiq Sheikh Ali ha criticato su Twitter la decisione del governo di escludere gli ebrei: “Codardia, negazione e disprezzo verso gli ebrei iracheni è ciò che ha impedito che venissero invitati”.
rif. maria cristina venturi ore 12.01
che li non ci siano più ebrei e che non siano stati invitati degli ebrei non è certo colpa del papa. Ha fatto un viaggio in cui è andato a trovare cristiani che molto hanno sofferto e i cristiani sono stati felici della visita , questo è importante e di questo ringrazio Francesco.
cristina Vicquery