Stamane Francesco, nel terzo e ultimo giorno della visita in Romania, ha proclamato beati e martiri sette vescovi della comunità greco-cattolica morti in carcere sotto il comunismo, tra il 1950 e il 1970: Iuliu Hossu, Vasile Aftenie, Ioan Balan, Valeriu Traian Frentiu, Ioan Suciu, Tit Liviu Chinezu, Alexandru Rusu. Con una forte omelia, il Papa ha invitato i cattolici romeni a fare tesoro della memoria dei martiri per resistere alle “colonizzazioni ideologiche” di oggi, atee come quelle del regime comunista che li perseguitò. Nei primi tre commenti alcuni passi dell’omelia, che è chiarissima nella condanna dell’oppressione comunista ma che non usa mai la parola “comunismo”.
Francesco proclama sette vescovi martiri del comunismo
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Regime dittatoriale e ateo. Omelia 1. Di fronte alla feroce oppressione del regime, essi dimostrarono una fede e un amore esemplari per il loro popolo. Con grande coraggio e fortezza interiore, accettarono di essere sottoposti alla dura carcerazione e ad ogni genere di maltrattamenti, pur di non rinnegare l’appartenenza alla loro amata Chiesa. Questi Pastori, martiri della fede, hanno recuperato e lasciato al popolo rumeno una preziosa eredità che possiamo sintetizzare in due parole: libertà e misericordia […]. I nuovi Beati hanno sofferto e sacrificato la loro vita, opponendosi a un sistema ideologico illiberale e coercitivo dei diritti fondamentali della persona umana. In quel triste periodo, la vita della comunità cattolica era messa a dura prova dal regime dittatoriale e ateo: tutti i Vescovi, e molti fedeli, della Chiesa Greco-Cattolica e della Chiesa Cattolica di Rito Latino furono perseguitati e incarcerati.
Senza parole di odio. Omelia 2. L’altro aspetto dell’eredità spirituale dei nuovi Beati è la misericordia. Alla tenacia nel professare la fedeltà a Cristo, si accompagnava in essi una disposizione al martirio senza parole di odio verso i persecutori, nei confronti dei quali hanno dimostrato una sostanziale mitezza. È eloquente quanto ha dichiarato durante la prigionia il Vescovo Iuliu Hossu: «Dio ci ha mandato in queste tenebre della sofferenza per donare il perdono e pregare per la conversione di tutti». Queste parole sono il simbolo e la sintesi dell’atteggiamento con il quale questi Beati nel periodo della prova hanno sostenuto il loro popolo nel continuare a confessare la fede senza cedimenti e senza ritorsioni. Questo atteggiamento di misericordia nei confronti degli aguzzini è un messaggio profetico, perché si presenta oggi come un invito a tutti a vincere il rancore con la carità e il perdono, vivendo con coerenza e coraggio la fede cristiana.
Atee come nel passato. Omelia 3. Anche oggi riappaiono nuove ideologie che, in maniera sottile, cercano di imporsi e di sradicare la nostra gente dalle sue più ricche tradizioni culturali e religiose. Colonizzazioni ideologiche che disprezzano il valore della persona, della vita, del matrimonio e della famiglia e nuocciono, con proposte alienanti, ugualmente atee come nel passato, in modo particolare ai nostri giovani e bambini lasciandoli privi di radici da cui crescere […]. Vorrei incoraggiarvi a portare la luce del Vangelo ai nostri contemporanei e a continuare a lottare, come questi Beati, contro queste nuove ideologie che sorgono. Possiate essere testimoni di libertà e di misericordia, facendo prevalere la fraternità e il dialogo sulle divisioni, incrementando la fraternità del sangue, che trova la sua origine nel periodo di sofferenza nel quale i cristiani, divisi nel corso della storia, si sono scoperti più vicini e solidali.
Cardinale in pectore. Iulia Hossu – il primo nell’elenco dei sette proclamati – Paolo VI lo aveva creato Cardinale “in pectore” nel 1969: ed era il primo romeno a essere fatto cardinale nella storia. Papa Montini rese pubblica la nomina nel 1973, tre anni dopo la morte del vescovo. Nel commento seguente le parole con cui Paolo VI parlò di Hossu nel concistoro del 5 marzo 1973, lo stesso nel quale fu fatto cardinale il patriarca Albino Luciani, futuro Papa Giovanni Paolo I.
Iulia Hossu. Paolo VI nel concistoro del 5 marzo 1973 così parla del cardinale in pectore romeno Iulia Hossu oggi fatto beato da Francesco: “Un altro annuncio singolare noi dobbiamo ora proferire: vogliamo riferirci all’annuncio che demmo nel precedente Concistoro del 28 aprile 1969, circa la creazione di due membri del Sacro Collegio che ci riservammo allora «in pectore». Ci è ora gradito annunciare che il primo di essi è il ven. Fratello Stefano Trochta, Vescovo di Litomerice in Cecoslovacchia […]. La nostra scelta si era fermata su un altro insigne servitore della Chiesa, altamente benemerito per la sua fedeltà e per le prolungate sofferenze e privazioni di cui essa gli fu causa; simbolo e rappresentante egli stesso della fedeltà di molti Vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli della Chiesa romena di rito bizantino: il ven. Fratello Giulio Hossu, Vescovo di Cluj-Gherla, venuto a mancare il 28 maggio 1970. Fu lui stesso a farci giungere – conosciuta la nostra determinazione – l’ardente preghiera di non darvi seguito: con ragioni di tale dignità, di tale edificante distacco dalla sua persona e di commovente spirito di servizio alla sua Chiesa, che ci sentimmo obbligati a rispettare il suo desiderio, almeno nel senso di non annunciare allora la sua elevazione alla Porpora. Essendo ora egli scomparso dalla scena del mondo, che ancora conserva però commosso il suo ricordo, ci reputiamo quasi in dovere di far sì che la Chiesa intera, e quella romena in ispecie, conosca, a conforto e ad incoraggiamento, e quale sia stata la nostra volontà, e quali motivi per i quali essa non è stata resa nota prima d’oggi”.
Luigi, ci puoi dire, secondo te, perché il papa evita di usare il vocabolo “comunismo”, con il quale viene indicato, universalmente, il “regime illiberale e coercitivo” del quale parla nella sua omelia?
Beppe non ho una risposta competa. Non si può dire che Francesco eviti di usare le parole “comunismo” e “comunista”, ma le usa raramente. Ecco tre esempi di uso che ho memorizzato:
Ai vescovi polacchi – 27 luglio 2016 – Voi, che avete sofferto il comunismo, l’ateismo, lo sapete: sono stati i nonni, sono state le nonne a salvare e a trasmettere la fede.
Omelia di Santa Marta – 4 marzo 2014 – Pensiamo ai tanti cristiani che sessant’anni fa erano rinchiusi nei campi, nelle prigioni dei nazisti, dei comunisti: tanti, solo perchè erano cristiani.
Intervista a televisa del 28 maggio (cinque giorni addietro): Bisogna capire certi atteggiamenti di Giovanni Paolo II perché veniva da un mondo chiuso, dalla cortina di ferro, dove ancora vigeva tutto il comunismo.
Magari durante il volo di rientro i colleghi faranno questa domanda al Papa e così sapremo di più.