Francesco per “un mondo senza armi nucleari”

“Dobbiamo chiederci quanto sia sostenibile un equilibro basato sulla paura, quando esso tende di fatto ad aumentare la paura e a minare le relazioni di fiducia fra i popoli”: è un passo del messaggio del Papa inviato oggi alla “Conferenza delle Nazioni Unite finalizzata a negoziare uno strumento legalmente vincolante per proibire le armi nucleari in vista della loro totale eliminazione”. Nei commenti alcuni passaggi del testo papale.

10 Comments

  1. Luigi Accattoli

    Approcci miopi. La pace e la stabilità internazionali non possono essere fondate su un falso senso di sicurezza, sulla minaccia di una distruzione reciproca o di totale annientamento, sul semplice mantenimento di un equilibrio di potere. La pace deve essere costruita sulla giustizia, sullo sviluppo umano integrale, sul rispetto dei diritti umani fondamentali, sulla custodia del creato, sulla partecipazione di tutti alla vita pubblica, sulla fiducia fra i popoli, sulla promozione di istituzioni pacifiche, sull’accesso all’educazione e alla salute, sul dialogo e sulla solidarietà. In questa prospettiva, abbiamo bisogno di andare oltre la deterrenza nucleare: la comunità internazionale è chiamata ad adottare strategie lungimiranti per promuovere l’obiettivo della pace e della stabilità ed evitare approcci miopi ai problemi di sicurezza nazionale e internazionale.

    28 Marzo, 2017 - 22:13
  2. Luigi Accattoli

    Tutto è connesso. In tale contesto, l’obiettivo finale dell’eliminazione totale delle armi nucleari diventa sia una sfida sia un imperativo morale e umanitario. Un approccio concreto dovrebbe promuovere una riflessione su un’etica della pace e della sicurezza cooperativa multilaterale che vada al di là della “paura” e dell’“isolazionismo” che prevale oggi in numerosi dibattiti. Il conseguimento di un mondo senza armi nucleari richiede processi di lungo periodo, basati sulla consapevolezza che “tutto è connesso”, in un’ottica di ecologia integrale (cfr. Laudato si’, 117, 138). Il destino condiviso dell’umanità richiede di rafforzare, con realismo, il dialogo e costruire e consolidare meccanismi di fiducia e di cooperazione, capaci di creare le condizioni per un mondo senza armi nucleari.

    28 Marzo, 2017 - 22:13
  3. Luigi Accattoli

    Ne siamo capaci. La crescente interdipendenza e la globalizzazione significano che qualunque risposta diamo alla minaccia delle armi nucleari, essa debba essere collettiva e concertata, basata sulla fiducia reciproca. Quest’ultima può essere costruita solo attraverso un dialogo che sia sinceramente orientato verso il bene comune e non verso la tutela di interessi velati o particolari; questo dialogo dovrebbe essere il più inclusivo possibile di tutti: Stati nucleari, Paesi non possessori di armi nucleari, settore militare e quello privato, comunità religiose, società civile, Organizzazioni internazionali. L’umanità ha la capacità di lavorare insieme per costruire la nostra casa comune; abbiamo la libertà, l’intelligenza e la capacità di guidare e dirigere la tecnologia, così come di limitare il nostro potere, e di metterli al servizio di un altro tipo di progresso: più umano, più sociale e più integrale.

    28 Marzo, 2017 - 22:13
  4. maria cristina venturi

    Consiglio di leggere “Le ambiguità del pacifismo” della giornalista dell’Unità
    Gabriella Mecucci:

    “Era una luminosa giornata di settembre del 1961 quando quindicimila persone percorsero i 21 chilometri che distano fra Perugia e Assisi. La prima marcia della pace fu l’atto di fondazione del pacifismo italiano. In testa a quel lungo serpentone c’era l’animatore e l’inventore di quella manifestazione: il filosofo nonviolento Aldo Capitini. Con lui giovani e intellettuali (da Bobbio a Calvino), rappresentanti dei partiti – anche se non tutti aderirono, vedi la Dc – e intere famiglie operaie e contadine col vestito buono e i loro bravi cartelli. Non che prima di allora non ci fossero stati gruppi pacifisti: c’erano i sedicenti partigiani della pace, figli del Pci, e alleati di Mosca, c’erano piccole aggregazioni di nonviolenti. Ma il 24 settembre del 1961 nacque il pacifismo come movimento di massa. Un buon esordio, ma subito dopo iniziarono scontri e strumentalizzazioni.
    Capitini, ghandiano doc non riuscì ad organizzare una seconda marcia Perugia-Assisi, paralizzato dai veti incrociati. L’iniziativa rispuntò dieci anni dopo la sua morte con caratteristiche profondamente diverse. Con alcune luci e tante ombre. Ne nacque un movimento largamente egemonizzato dal Pci. Silenzioso verso le violazioni dei diritti umani nell’Est comunista e caratterizzato da un forte spirito antiamericano: manifestò contro gli euromissili degli Stati Uniti, ma non proferì verbo contro gli SS20 sovietici che erano stati istallati prima della decisione di Carter di mettere i Pershing e i Cruise in Europa. Il governo italiano però – Cossiga e Craxi in testa – fece una scelta nettamente filoccidentale e il pacifismo “a senso unico” subì una secca sconfitta. E, prim’ancora, la dura critica di alcune sue componenti: i radicali. Oltrechè antiamericano, il movimento ha assunto anche connotati antisraeliani e filoarabi. L’equidistanza, il neutralismo del suo fondatore è stato più volte calpestato. Capitini – come attesta un suo carteggio in parte con Lucio Lombardo Radice – guardava con simpatia allo stato di Israele. Il libro è una storia critica – nel cinquantenario della prima marcia – del pacifismo e delle sue ambiguità. Su tutto una domanda: il pacifismo è utile? Può essere vincente? Se si, quando e come può esserlo? E quando invece può diventare sbagliato e pericoloso? ”

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    29 Marzo, 2017 - 11:05
  5. Lorenzo Cuffini

    Ma quello che scrive Maria Cristina, riportando uno stralcio molto bello e condivisibile, cosa dovrebbe mai c’entrare con le parole di Bergoglio?!!
    Le quali non sono una delle presunte scandalosissime novità del”nonpapa” ( fantasiosa definizione pescata su un sito solito noto) ma ,al contrario, in piena e costante sintonia e continuità con quanto detto da Chiesa e papi sull’argomento, almeno da Giovanni XXIII in poi.
    O l’assunto è: ” vista l’ambiguità del pacifismo, la Chiesa deve smetterla di indicare la priorità assoluta della pace “.?

    29 Marzo, 2017 - 11:52
  6. Victoria Boe

    Credo sia la seconda che hai detto, Lorenzo Cuffini.

    29 Marzo, 2017 - 16:02
  7. Victoria Boe

    “L’umanità ha la capacità di lavorare insieme per costruire la nostra casa comune; abbiamo la libertà, l’intelligenza e la capacità di guidare e dirigere la tecnologia, così come di limitare il nostro potere, e di metterli al servizio di un altro tipo di progresso: più umano, più sociale e più integrale.”

    L’umanità ha la capacità ma non la volontà.
    Innanzi tutto perchè la “nostra casa comune” è un concetto estraneo alla mentalità di molti, per i quali la casa è soltanto la propria, e fanno di tutto per potenziarla il più possibile con ogni mezzo per configurarne un primato che, in alcuni casi, dovrebbe imporre la sottomissione degli altri Paesi.
    Una manìa di grandezza che è dura a morire.
    Basti guardare alla politica del bieco Trump, che prende sottogamba la questione del clima come fosse una fantasia di cui ridere. E chiude le frontiere agli immigrati. Atteggiamento condiviso in pieno da alcuni Stati europei e parzialmente anche da noi italiani.
    Troppi nazionalismi si oppongono all’idea della “casa comune”. Dubito fortemente che si arriverà a concepirla come il Papa auspica e chiede costantemente.

    29 Marzo, 2017 - 16:31
  8. Enrico Usvelli

    Chissà se questa conferenza servirà a qualcosa, con Trump che vuole ammodernare l’arsenale nucleare e Putin che, ho scoperto oggi in rete, già da un po’ ci sta lavorando.

    29 Marzo, 2017 - 19:39
  9. roberto 55

    Grazie all’amico Lorenzo per aver riproposto il memorabile “passaggio” dell’Omelia di Papa Giovanni Paolo II del 2003.

    Buona notte !

    Roberto Caligaris

    29 Marzo, 2017 - 22:10

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