Francesco all’angelus ha detto con otto parole il suo dolore per Santa Sofia che tornerà moschea il 24 luglio: “Penso a Santa Sofia, e sono molto addolorato”. Nel primo commento metto il contesto delle parole del Papa. A seguire la mia interpretazione di questo doloroso silenzio ed elementi informativi sulla vicenda di Santa Sofia. Ma dico subito che saluto con soddisfazione le otto parole che Francesco ha aggiunto al testo scritto, pronunciandole con lunghe pause dopo le parole “Istanbul” e “Santa Sofia”. E’ poco ed è tardi ma certo era difficile fare prima e di più.
Francesco: “Penso a Santa Sofia e sono molto addolorato”
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Il pensiero mi porta a Istanbul. Cari fratelli e sorelle, in questa seconda domenica di luglio ricorre la Giornata Internazionale del Mare. Rivolgo un affettuoso saluto a tutti coloro che lavorano sul mare, specialmente quelli che sono lontani dai loro cari e dal loro Paese. Saluto quanti sono convenuti stamattina nel porto di Civitavecchia-Tarquinia per la celebrazione eucaristica. E il mare mi porta un po’ lontano col pensiero: a Istanbul. Penso a Santa Sofia, e sono molto addolorato.
https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2020-07/papa-angelus-marittimi-mare-lavoro-solidarieta.html
Già per Hong Kong. E’ il secondo caso, dopo quello di Hong Kong, per il quale il Papa non può parlare e non può tacere. Nel primo caso ha fatto diffondere ai media un testo con embargo per il dopo-angelus di domenica 5 luglio che poi non ha pronunciato: ha così ottenuto il risultato (modesto e controverso) di mandare il messaggio senza aprire un conflitto diplomatico. Nel secondo caso, cioè oggi, ha fatto sapere che piange sulla decisione di Ankara.
Sono due casi nei quali il Papa – un Papa – non può parlare perchè le sue parole metterebbero in pericolo la comunità cattolica coinvolta nella questione. Per Hong Kong Francesco si trova nella fase di rinegoziazione dell’accordo dello scorso settembre sulla nomina dei vescovi, accordo che ha sul piatto cinese della bilancia il riconoscimento dell’autorità papale sui vescovi cui fa da contrappeso sul piatto vaticano l’impegno a non interferire negli affari cinesi. Un forte intervento papale su Hong Kong costituirebbe nè più nè meno una causa sufficiente per la caduta dell’accordo, o per la rinuncia a portarlo a compimento.
Già per il genocidio armeno. Per la Turchia e per Santa Sofia vale il precedente del “genocidio armeno”. Pronunciando quella parola – primo Papa a farlo senza giri di parole – Francesco già rischiò due volte [nel 2015 e nel 2016] la completa rottura con il governo turco, che reagì con dichiarazioni risentite e richiamando l’ambasciatore. In gioco non vi sono soltanto i buoni rapporti con un governo del mondo musulmano, ma la sorte della piccola comunità cattolica turca che non gode di riconoscimento giuridico e la cui sorte, per ogni aspetto della sua vita ordinaria, dipende dall’atteggiamento delle autorità amministrative dei singoli luoghi dove si trovi un santuario, una chiesetta, la casa abitata da un prete o da un vescovo.
Protesta dei patriarchi. La decisione turca di riportare Santa Sofia da museo – quale è dal 1931 – a moschea, annunciata venerdì aveva già provocato la protesta del mondo ortodosso, che ovviamente è più direttamente coinvolto nella questione rispetto a quello cattolico. “Una decisione che spingerà milioni di cristiani in tutto il mondo contro l’islam” aveva detto il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I: “In virtù della sua sacralità, in Santa Sofia si abbracciano Oriente e Occidente e la sua riconversione in luogo di culto islamico sarà causa di rottura tra questi due mondi”. Nel XXI secolo è “assurdo e dannoso che Hagia Sophia, da luogo che adesso permette ai due popoli di incontrarsi e ammirare la sua grandezza, possa di nuovo diventare motivo di contrapposizione e scontro”.
Ancora più forte è stata la protesta della Chiesa ortodossa russa, che ha accolto con “grande pena e dolore” la decisione turca. Il portavoce del Patriarca Kirill ha lamentato che “la preoccupazione di milioni di cristiani non sia stata ascoltata”. Per l’arciprete Nikolai Balashov, vicecapo delle relazioni esterne, “questo è un evento che potrebbe avere serie conseguenze per l’intera civiltà umana”.
Noticina storica. Cattedrale ortodossa dal 537 al 1453, Santa Sofia fu trasformata in moschea nel 1453, dopo la conquista ottomana di Costantinopoli e tale rimase fino al 1934, quando un decreto del fondatore della Turchia moderna, Mustafa Kemal Ataturk, ne fece un museo proprio per sottrarla alle dispute confessionali e per farne un biglietto da visita della Turchia laica nel mondo.
ATTENZIONE, UN VANGELO CHE PARLA ALLE CITTÀ
https://commentovangelodelgiorno.altervista.org/commento-vangelo-14-luglio-2020/
Io che non sono il Papa, e, dunque, posso serenamente non ritenermi soggetto a tutte le sacrosante valutazioni di realpolitik della Santa Sede, mi limito, dal mio ultimo banco, a dire che la decisione del Governo di Erdogan è una vergogna.
L’ennesima.
Buona notte a tutti.
Roberto Caligaris
https://commentovangelodelgiorno.altervista.org/commento-vangelo-15-luglio-2020/
Francesco la Cina e la Turchia. Pio XII e il Nazismo. Condizionamenti della storia.
Rif. 13.25 – Condizionamenti storici
Una considerazione simile (Pio XII e “ebrei” più che nazismo, Papa e fatti di oggi) l’ho avviata anche io e non da oggi. E richiederebbe comunque molti passaggi. Mi limito a uno, il più facile. Papa Francesco ha parlato molto esplicitamente (più di altri, o forse il solo ) del genocidio armeno, cosa che ha scatenato le proteste turche. E su Santa Sofia parole chiare e immediate (e poche) le ha dette.