Oggi Francesco ha battuto due colpi, uno leggero e uno forte. Quello forte riguarda la pena di morte: “E’ in sé stessa contraria al Vangelo perché viene deciso volontariamente di sopprimere una vita umana che è sempre sacra agli occhi del Creatore e di cui Dio solo in ultima analisi è vero giudice e garante”. Quello leggero è sull’idea che la fede cristiana comporti rassegnazione ai mali della vita e del mondo: “La rassegnazione non è una virtù cristiana”. Nei commenti le parole del Papa e infine un mio inutile commento.
Francesco: no alla pena di morte e no alla rassegnazione
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Non è virtù cristiana. Udienza generale 1: Dopo aver conosciuto Gesù, noi non possiamo far altro che scrutare la storia con fiducia e speranza […]. Dio non delude mai. La sua volontà nei nostri confronti non è nebulosa, ma è un progetto di salvezza ben delineato: «Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità» (1 Tm 2,4). Per cui non ci abbandoniamo al fluire degli eventi con pessimismo, come se la storia fosse un treno di cui si è perso il controllo. La rassegnazione non è una virtù cristiana. Come non è da cristiani alzare le spalle o piegare la testa davanti a un destino che ci sembra ineluttabile. Chi reca speranza al mondo non è mai una persona remissiva.
Il cristiano rischia. Udienza generale 2: La persona remissiva, non è un costruttore di pace ma è un pigro, uno che vuole stare comodo. Mentre il cristiano è costruttore di pace quando rischia, quando ha il coraggio di rischiare per portare il bene, il bene che Gesù ci ha donato, ci ha dato come un tesoro […]. In ogni giorno della nostra vita, ripetiamo quell’invocazione che i primi discepoli, nella loro lingua aramaica, esprimevano con le parole Marana tha, e che ritroviamo nell’ultimo versetto della Bibbia: «Vieni, Signore Gesù!» (Ap22,20). È il ritornello di ogni esistenza cristiana: nel nostro mondo non abbiamo bisogno di altro se non di una carezza del Cristo. Che grazia se, nella preghiera, nei giorni difficili di questa vita, sentiamo la sua voce che risponde e ci rassicura: «Ecco, io vengo presto» (Ap 22,7)!
Contraria al Vangelo. Francesco in occasione del XXV anniversario dell’uscita del Catechismo della Chiesa Cattolica 1: Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che «tutta la sostanza della dottrina e dell’insegnamento dev’essere orientata alla carità che non avrà mai fine” (n. 25). In questo orizzonte di pensiero mi piace fare riferimento a un tema che dovrebbe trovare nel Catechismo della Chiesa Cattolica uno spazio più adeguato e coerente con queste finalità espresse. Penso, infatti, alla pena di morte. Questa problematica non può essere ridotta a un mero ricordo di insegnamento storico senza far emergere non solo il progresso nella dottrina ad opera degli ultimi Pontefici, ma anche la mutata consapevolezza del popolo cristiano, che rifiuta un atteggiamento consenziente nei confronti di una pena che lede pesantemente la dignità umana. Si deve affermare con forza che la condanna alla pena di morte è una misura disumana che umilia, in qualsiasi modo venga perseguita, la dignità personale. E’ in sé stessa contraria al Vangelo perché viene deciso volontariamente di sopprimere una vita umana che è sempre sacra agli occhi del Creatore e di cui Dio solo in ultima analisi è vero giudice e garante.
Anche nello Stato Pontificio. In occasione 2: Mai nessun uomo, «neppure l’omicida perde la sua dignità personale» (Lettera al Presidente della Commissione Internazionale contro la pena di morte, 20 marzo 2015), perché Dio è un Padre che sempre attende il ritorno del figlio il quale, sapendo di avere sbagliato, chiede perdono e inizia una nuova vita. A nessuno, quindi, può essere tolta non solo la vita, ma la stessa possibilità di un riscatto morale ed esistenziale che torni a favore della comunità. Nei secoli passati, quando si era dinnanzi a una povertà degli strumenti di difesa e la maturità sociale ancora non aveva conosciuto un suo positivo sviluppo, il ricorso alla pena di morte appariva come la conseguenza logica dell’applicazione della giustizia a cui doversi attenere. Purtroppo, anche nello Stato Pontificio si è fatto ricorso a questo estremo e disumano rimedio, trascurando il primato della misericordia sulla giustizia. Assumiamo le responsabilità del passato, e riconosciamo che quei mezzi erano dettati da una mentalità più legalistica che cristiana. La preoccupazione di conservare integri i poteri e le ricchezze materiali aveva portato a sovrastimare il valore della legge, impedendo di andare in profondità nella comprensione del Vangelo.
E’ difesa della vita. In occasione 3: Tuttavia, rimanere oggi neutrali dinanzi alle nuove esigenze per la riaffermazione della dignità personale, ci renderebbe più colpevoli. Qui non siamo in presenza di contraddizione alcuna con l’insegnamento del passato, perché la difesa della dignità della vita umana dal primo istante del concepimento fino alla morte naturale ha sempre trovato nell’insegnamento della Chiesa la sua voce coerente e autorevole. Lo sviluppo armonico della dottrina, tuttavia, richiede di tralasciare prese di posizione in difesa di argomenti che appaiono ormai decisamente contrari alla nuova comprensione della verità cristiana. D’altronde, come già ricordava san Vincenzo di Lérins: «Forse qualcuno dice: dunque nella Chiesa di Cristo non vi sarà mai nessun progresso della religione? Ci sarà certamente, ed enorme. Infatti, chi sarà quell’uomo così maldisposto, così avverso a Dio da tentare di impedirlo?» (Commonitorium, 23.1: PL 50). E’ necessario ribadire pertanto che, per quanto grave possa essere stato il reato commesso, la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona.
Trovo buoni i due colpi. Sulla rassegnazione sempre ho avvertito un sentimento di ribellione leggendo Leopardi, Stendhal, Nietzsche, Camus – per dirne solo quattro – che polemizzavano con la pedagogia cristiana della rassegnazione e dicevo tra me “non è vero”. Una parola chiave del Vangelo per me è “alzate il capo perché la vostra liberazione è vicina” (Luca 21). Sulla pena di morte, chi visita il blog da qualche anno sa che sono tra quelli che hanno aspettato le parole di Francesco. Senza sapere che nome avrebbe avuto il Papa che le avrebbe pronunciate, ma sapendo che sarebbero arrivate. Che il Papa atteso si chiami Francesco mi pare perfettamente rispondente.
E’ importante e significativo aver ribadito che cattolici non si rassegnano mai.
In certe situazioni la perseveranza è un atto di profonda carità, specialmente quando occorre andare controcorrente.
Della serie: come ti leggo le parole a modo mio. Secondo il mio criterio di giudizio.
Tutto da ridere….
Qualcuno si chiedeva oggi, in altra parte,dove mai fosse la continuità tra Bergoglio e i suoi predecessori……
Eccone scodellato di giornata un bell’esempio.
Questo deciso passo di condanna radicale della pena di morte è il logico e naturale proseguimento degli interventi, sempre più precisi e decisi sull’argomento, da parte di GPII e di Benedetto.
Eccone qui di seguito un bel riepiloghino – datato 2012, quindi siamo in piena era a.p,, ante Pampero – di quelli più significativi:
http://www.lastampa.it/2012/11/30/vaticaninsider/ita/vaticano/non-uccidere-la-chiesa-contro-la-pena-di-morte-7YHcIqSoWolJPRhON74u3J/pagina.html
Grazie Federico per il contributo. Perseveranza è una qualità del cristiano.
Importante. Il Vangelo di oggi ce lo ricorda.
Sulla condanna della pena di morte poco da dire. Uno Stato che si mette alla pari con chi ha tolto la vita a qualcuno, non è uno Stato di uomini civili ma un carnefice, un esecutore, collettivamente inteso, di omicidio, che si rifà pari pari all’antico codice di Hammurabi, il primo legislatore-giudice della storia umana. Quel codice prescriveva la “legge del taglione”, ed è detto tutto. Ma ancora si era agli albori della civiltà, e Cesare Beccaria era di là da venire.
La pena di morte non risolve niente di niente, ed è un crimine bello e buono targato “Stato”. Giustissimo quel che ha detto il Papa sulla dignità di ogni persona umana, anche di chi sembra averla perduta per i crimini commessi. Molti di noi sputerebbero addosso a certe persone La persona umana è sempre creatura di Dio, buona o cattiva che sia, come lo era Caino l’uccisore di suo fratello Abele. E anche al peggiore dei criminali si deve dare il tempo per capire l’atrocità del suo atto di morte, se riuscirà e vorrà capirlo.
Mi sembra interessante, e anche molto, quel che il Papa ha detto circa la rassegnazione che non è da ritenersi virtù cristiana. Non è “un colpo debole” come lo definisce Luigi. Per me è forte ed incisivo, invece, se ci si riflette un po’.
Se è vero che nella catechesi papa Francesco parla di “perseveranza” nella fede, è vero anche–ed è notevole– che smentisce, a mio parere giustamente, che la remissività e la rassegnazione siano da includere tra le virtù cristiane.
Per molti essere “remissivi” ancora significa essere “umili”, significa abbassare la testa di fronte ai soprusi con cui i potenti schiacciano i deboli o di fronte a chi ti scaglia addosso pietre micidiali che ti uccidono dentro. Magari perché non sei allineato con il loro pensiero. E in questo, in verità, concorrono anche la malafede e il travisamento, anche o soprattutto voluto, delle parole altrui. Abbassa la testa, dunque, se vuoi essere umile, cioè remissivo. Non peccare di orgoglio se vuoi che Dio sia con te. Prenditi in santa pace le botte che qualcuno ti dà, se vuoi costruire la pace.
No, non è così. Di fronte alle ingiustizie e alle cattiverie mai piegare la testa. Di fronte a chi non ti permette di vivere dignitosamente mai accettare con remissività che ti tolgano il lavoro o te lo paghino due soldi.
Di fronte a chi ti vuole impedire di esprimere il tuo pensiero in piena libertà, mai cedere alla tentazione di chiudere la bocca per amore di pace.
La remissività non è umiltà; è invece rinuncia a quel che spetta, rinuncia a mostrare ad altri quel che tu vedi giusto, è soprattutto passività imbelle.
C’è stato un tempo in cui certa Chiesa–mi dispiace dirlo, ma è così– predicava ai popoli asserviti ai governanti di altro ricco paese la “virtù” della rassegnazione, portando come avallo certi versetti evangelici male interpretati. E perpetuando in questo modo una schiavitù fattuale. Un “destino ineluttabile” a cui non ci si doveva sottrarre. La via sicura, in carrozza, per il Paradiso.
Da qualche tempo, da quando cioè si è capito, dove prima dove dopo, che la vita in cammino apre orizzonti nuovi a cui è lecito e giusto accedere, si cominciano a vedere le cose sotto diversa luce.
Anche questo è un bel segno di tempo nuovo, grazie a Dio.
La “carezza del Cristo” si avverte anche così. E di carezze abbiamo tutti bisogno.
Lo Stato Pontificio non è mai stato una “teocrazia” ( e non lo è tutt’ora, e auspicabilmente, non lo sarà mai) – cioè uno stato nel quale la legge vigente è quella religiosa. (Come nei paesi mussulmani nei quali vige la Sharia ).
Che negli Stati Pontifici vigesse la pena di morte non è cosa della quale ci si debba “scusare”.
Il compito primario degli Stati è quello di difendere le vite e i beni dei suoi sudditi/cittadini. Ovviamente questo deve essere fatto in modo “proporzionato”.
Oggi esistono – spesso ma non sempre – condizioni che consentono di mettere le persone in posizione di non nuocere per dare loro il tempo di maturare un sempre possibile ravvedimento. (E quindi appare corretto richiamare il concetto che fare giustizia non equivale a vendicarsi.) Ma un tempo non era così. A mio parere giudicare “moralmente” la storia è un modo improprio di considerare la storia.
“Perseveranza è una qualità del cristiano.”
Mica solo del cristiano, a onor del vero.
” Ma un tempo non era così. A mio parere giudicare “moralmente” la storia è un modo improprio di considerare la storia.”
Un tempo non era così perché ancora non si era capito, o non si voleva capire, che il deterrente della pena di morte non serve a nulla.
Nello Stato pontificio, poi, non capire ( non aver capito) le parole del Vangelo è di una gravità pazzesca.
In ogni caso, quel che dice il Papa oggi è rivolto a quei paesi dove ancora vige la pena di morte.
E vedere lucidamente le cose come erano in passato, non significa usare dei criteri morali. Serve a non ripetere gli errori del passato.
Sul punto della non virtù della rassegnazione (udienza papale di ieri) mi pare che non ci siano opposizioni laceranti. Perseverare in ciò che si ritiene giusto affrontare e difendere, va bene. E anche – e soprattutto – non rassegnarsi a ciò che sembra “destinato”, soprattutto se, con grande equivoco, si pensa sia destinato o voluto o permesso da Dio.
Circa il secondo punto (pena di morte – esplicitazione della dottrina cattolica) i commenti si sono collocati nel post precedente. Mi adeguo.
Convengo che la pena di morte come deterrente a commettere crimini particolarmente gravi non serve. Come dice il catechsmo vale solo come mezzo estremo di autodifesa di una società quando non è in condizioni di usare altri modi per evitare che il soggetto commetta nuovamente gli stessi crimini. Una forma cioè di “legittima difesa”.
Socci oggi diceva che lui era d’accordo che ai gerarchi nazisti fosse stata comminata la pena di morte. Io no.
Caro Beppe: la questione delle richieste di perdono, in cui anche questa di Bergoglio si inscrive a pieno titolo, impostata in tutta pienezza e potenza da Giovanni Paolo II nel Giubileo del 2000, è stata oggetto di una apposita Commissiione Teologica Pontificia internazionale che ha prodotto un bellissimo documento- Memoria e Riconciliazione- a firma di Ratzinger, presidente della Commissione stessa e allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede.
http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_con_cfaith_doc_20000307_memory-reconc-itc_it.html
L’intuizione provvidenziale di GPII, approfondita teologicamente da Ratzinger in tutte le sue sfaccettature, non si poggia su una lettura etica a posteriori della storia compiuta, che non sarebbe possibile ( anche se viene messa in conto la necessità di un ” discernimento etico” che affianchi un lavoro storico il più possibile rigoroso e non ideologico in nessun senso), quanto sulla “purificazione” della memoria, che,unica, può permettere di rompere le gabbie e le catene del passato e di aprire prospettive in direzioni nuove.
In questo senso, e nella logica delle richieste di perdono fatte dal Vescovo di Roma cioè
” un atto di coraggio e di umiltà nel riconoscere le mancanze compiute da quanti hanno portato e portano il nome di cristiani “, che si fonda sulla convinzione che ” per quel legame che, nel corpo mistico, ci unisce gli uni agli altri, tutti noi, pur non avendone responsabilità personale e senza sostituirci al giudizio di Dio, che solo conosce i cuori, portiamo il peso degli errori e delle colpe di chi ci ha preceduto “. Giovanni Paolo II aggiunge: ” Come successore di Pietro, chiedo che in questo anno di misericordia la Chiesa, forte della santità che riceve dal suo Signore, si inginocchi davanti a Dio e implori il perdono per i peccati passati e presenti dei suoi figli “.(1) Nel ribadire, poi, che ” i cristiani sono invitati a farsi carico, davanti a Dio e agli uomini offesi dai loro comportamenti, delle mancanze da loro commesse “, il Papa conclude: ” Lo facciano senza nulla chiedere in cambio, forti solo dell”amore di Dio che è stato riversato nei nostri cuori’ (Rm 5,5) “.(2)
” Memoria e Riconciliazione, paragrafo secondo della introduzione).
“Socci oggi diceva che lui era d’accordo che ai gerarchi nazisti fosse stata comminata la pena di morte. Io no.”
Socci mi guarderei bene dal leggerlo,sig. Beppe, tanto è lontano dalle ragioni del Vangelo. Lo lasci alla Venturi che ci sguazza negli articoli di Socci.
Si guardi bene dal leggere Socci , caro Beppe Zezza, se vuol far parte del consesso illuminato dei moderni farisei tutti giusti e tutti puri , che si tengono ben lontani dalll’appestato lebbroso….
Legga piuttosto Scalfari “il canuto pagliaccio” come l’ha ben definito padre Cavalcoli, che tanto è amico del papa da voler , dopo aver fondato repububbilca, passare alla storia come il ri-fondatore insieme a Bergoglio di una nuova chiesa, una nuova religione, una nuova teologia:
http://isoladipatmos.com/quel-canuto-pagliaccio-di-eugenio-scalfari-continua-ad-offendere-il-sommo-pontefice-mentre-la-santa-sede-continua-a-tacere-anziche-smentire/
“È nostro sacro dovere difendere il Successore di Pietro, al quale è richiesto di essere maestro di sapienza e di prudenza. Noi possiamo anche smascherare i giochi di Scalfari, ma non possiamo omettere di prendere atto che il Santo Padre si manifesta a volte imprudente. Se non ammettessimo questo, un esercito di fedeli smarriti, feriti e addolorati, ci porrebbe questo quesito al quale non sarebbe facile rispondere: ammesso che Scalfari affermi e scriva scempiaggini attribuite al Santo Padre, chi è che lo riceve e che ci parla, se non il Santo Padre stesso? E dopo che Scalfari ha fatto certe sparate, come mai, i competenti organi informativi della Santa Sede, non lo smentiscono? E rispondere a un simile quesito, non è purtroppo facile.
Signora Venturi, lei ha omesso di chiudere con virgolette quel bel brano scritto da non so chi.
Potrebbe dirci chi lo ha scritto? Noi “moderni farisei tutti giusti e tutti puri” ci terremmo a saperlo.
Quanto al “canuto pagliaccio”, io farisea, non giusta e non pura, lo stimo parecchio; lo confesso con piena consapevolezza di fronte ai lefebvriani duri e crudi, anche un po’ cafoni, come lei e qualche altro.
Sono certo che la signora Boe ha tuonato contro la istituzione dell’ indice dei libri proibiti!
La chiesa l ‘ha abolito da qualche tempo.
Lei ne auspica il ripristino ( forse non se rende conto )
A Cuffini stato pontificio e chiesa sono realtà diverse.
È molto opportuno non fare confusione.
Vero, sig. Beppe: la signora Boe in effetti tuona (quasi) sempre contro le proibizioni.
Ma lei vorrebbe spiegarle l’arcano dell’auspicio?
Certo Beppe, due cose diverse.
Ma il papa E’ CONTEMPORANEAMENTE CApo della Chiesa e Capo di Stato.
Non è che si possa tagliare in due con il trinciapolli.
O che possa fingere di ignorare quello che la mano destra sua ( il capo di stato) nei secoli passati soprattutto ha fatto “all’insaputa” della mano sinistra….
Molte delle “scuse” chieste da GPII , naturalmente e giustamente, si facevano carico di entrambi i comportamenti tenuti.
Comunque, la pena di morte nello ” stato ” del vaticano, venne abolita formalmente solo da Paolo VI, che è cosa che , sia pur formale, fa sempre una certa impressione.
Perlomeno a me.
Ottima la preoccupazione di quelli dell’Isola dei Famosi.
Vediamo se ne dimostreranno altrettanta di qui in avanti, nei confronti del loro papa, trattato fin qui come un punching ball.
Moooooooooolto devotamente, si capisce, moooooooooooooooooolto velenosamente, si capisce altrettanto.
Ma sono un cicinin goffi, e la puzza di veleno si sente a mo’ di nuvoletta di acido muriatico, anche nel commentino che Venturi posta, ritenendolo forse oltremodo significativo.
E , in un senso opposto a quello da lei voluto, lo è.
Adesso si vota per chi dei quattro mandare in nomination?
🙂 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂
Mi dispiace sono in totale disaccordo con te.
GPII ha chiesto,perdono per i peccati della Chiesa , non per quelli dello Stato Pontificio.
Ora la Chiesa ha rigetatto la guerra come modo per risolvere i conflitti.
Aspettiamo le richieste di perdono per Lepanto, la Reconquista spagnola, la difesa di Vienna. Perdonateci: non abbiamo accettato di farci massacrare e abbiamo usato le armi! MA per favore!!!!
Victoria
Lei ha tutta una lista di siti e autori all’INDICE : Socci, Valli, Magister, Tosatti , la nuovabq, il Timone, Alleanza Cattolica eccc
Guai a frequentarli o leggerli!
Esatto. Quei siti sono chiaramente schierati contro il Papa, quindi non mi piacciono per niente. E lo dico convintamente.
Non mi piacciono e non ci vado.
Nessun problema che tu sia in totale disaccordo con me, caro Beppe.
Il totale disaccordo, però, indirizzalo alla Chiesa.
Non è certo una trovata estemporanea di Bergoglio, questa richiesta di perdono.
Affondando le radici saldamente nel Concilio, Giovanni Paolo II pronuncio’ richieste di perdono unilaterali circa un centinaio di volte, oltre a quelle, nella forma più solenne,pronunciate in occasione del Giubileo del 2000, e di cui non mi pare che tu abbia ritenuto alcuna traccia.
Forse ti risulteranno più convinventi le parole di Accattoli, che certo non manca in documentazione:
“Potremmo continuare: sono ormai un centinaio i testi in cui Giovanni Paolo II invita a riflettere sulle ‘pagine oscure’ della storia della chiesa, più di venti quelli in cui chiede perdono.
Ha parlato delle crociate medievali e dell’ ‘acquiescenza’ dei cattolici alle dittature del nostro secolo, delle divisioni tra chiese e del maltrattamento delle donne, della persecuzione degli ebrei e del caso Galileo, delle guerre di religione e della partecipazione dei cristiani alle guerre di Hitler, del comportamento dei credenti con gli indios e i neri, dei tribunali dell’Inquisizione.
La ‘resistenza’ dei cristiani al nazismo, che sterminava gli ebrei, ‘non è stata quella che l’umanità era in diritto di aspettarsi’: l’ha detto il papa il 31 ottobre scorso, parlando ai sessanta specialisti chiamati in Vaticano per studiare ‘le radici dell’antisemitismo in ambiente cristiano’. Nel giugno di due anni fa, da Berlino, Giovanni Paolo II aveva riconosciuto che quanto fecero i cristiani in opposizione al nazismo – quel giorno aveva beatificato due sacerdoti ‘martiri’ dei lager – era stato ‘troppo poco’.
L’agosto scorso, a Parigi, durante la veglia della Giornata mondiale della gioventù, che cadeva nella Notte di San Bartolomeo (tra il 23 e il 24), ricordò la ‘strage’ degli ugonotti protestanti, compiuta dai cattolici in quella stessa notte, a Parigi e in varie città della Francia, 425 anni prima, definendola ‘un atto che il Vangelo condanna’.
Nell’aprile del 1995, nella Repubblica Ceca aveva fatto questa solenne richiesta di perdono per le guerre di religione: ‘Oggi io, papa della chiesa di Roma, a nome di tutti i cattolici, chiedo perdono dei torti inflitti ai non cattolici nel corso della storia tribolata di queste genti’.
http://www.papaboys.org/perdono-giovanni-paolo-ii/
Come si dice: ubi maior, minor cessat.
Non difetta nemmeno in obiettività, Mr. Accattoli, che fa le due parti in commedia, e si pone anche le domande che già allora avevano sconquassato gli scontenti del cd “perdonismo” (?!).
“Dove vuole arrivare il papa? Non avverte il disagio che questa sua insistenza provoca in una parte della comunità cattolica? Qual è in particolare il suo proposito con la questione ebraica, cui era dedicato il ‘colloquio’ che si è tenuto in Vaticano lo scorso autunno? E che vuol fare in materia di ‘Inquisizione’, che è l’argomento sul quale si farà un altro ‘colloquio’ il prossimo autunno?
Giovanni Paolo II non ha inventato la ‘richiesta di perdono’ che tanto lo impegna. Questi suoi atti hanno una chiara derivazione ecumenica, conciliare e montiniana.
….
l precedente più diretto – di un papa che parla a nome della chiesa – è la richiesta di perdono ai fratelli separati pronunciata da Paolo VI ad apertura della seconda sessione del Vaticano II, nel settembre del 1963. Nell’enciclica Ut unum sint (Perché siano una cosa sola, del 1995) l’attuale pontefice cita quell’atto di papa Montini, e a proposito della divisione tra le chiese scrive: ‘Per quello che ne siamo responsabili, con il mio predecessore Paolo VI imploro perdono’.
….
C’è, dunque, una storia dietro questi pronunciamenti papali. Ma due sono le novità apportate ad essa da Giovanni Paolo II: l’estensione dell’atteggiamento autocritico dalla materia ecumenica ai vari aspetti della vita della chiesa (e questa estensione inizia nel 1979, con la revisione del caso Galileo); la proposta – in vista del giubileo – di un ‘esame di fine millennio’, avanzata con la lettera Tertio millennio adveniente (Avvicinandosi il terzo millennio). Quell’esame dovrebbe portare a un riconoscimento ‘penitenziale’ delle controtestimonianze date dai ‘figli della chiesa’ negli ultimi dieci secoli.”
……
Quanto all’insistenza del papa sui mea culpa: egli certo avverte il disagio di alcuni, anche cardinali e vescovi, ma ritiene doveroso riconoscere le ‘deviazioni’, ed è convinto che un tale riconoscimento ‘non danneggerà in alcun modo il prestigio morale della chiesa, che anzi ne uscirà rafforzato, per la testimonianza di lealtà e di coraggio nel riconoscere gli errori commessi’ (Promemoria ai cardinali, del 1994).
Ma perché il mea culpa andrebbe fatto in vista del giubileo? Il comunicato finale del ‘colloquio’ sull antigiudaismo risponde così: ‘Il giubileo sarà un grande rendimento di grazie a Dio per il dono di Gesù Cristo… [ma] per essere pieno e totale, tale rendimento di grazie dev’essere preceduto da un esame di coscienza: laddove non abbiamo risposto al disegno di Dio, si rende necessario un impegno di conversione; gli errori e le mancanze del passato non devono più ripetersi nel futuro… [e] la prima tappa di un impegno di conversione è il leale riconoscimento dei fatti’. Che può comportare un atto riparatore: ‘Saper perdonare, così come saper chiedere e ricevere il perdono, è una condizione che rende liberi. Così la memoria non è più portatrice di tormenti, ma ritrova il suo legame, che è la memoria di Dio’.
http://www.papaboys.org/perdono-giovanni-paolo-ii/
Difficile poter affermare che le richieste di scuse siano fatte ” a nome della Chiesa” e non dello stato pontificio. Che si vorrebbe dire? Che le richieste solenni di perdono riguarderebbero solo il campo dello spirito e dello
spirituale? Che non riguarderebbero le ” guerre sante”?
Potrebbe sembrare più “consono” e “tranquillizzante”, ma GPII non lo ha fatto.
Se già nel 1995, a proposito delle crociate, affermò in modo perentorio ”
Bisogna riconoscere che anch’essa [ Santa Caterina] era figlia del suo tempo allorché, nel pur giusto zelo per la difesa dei luoghi santi, faceva sua la mentalità allora dominante, secondo cui tale compito poteva esigere persino il ricorso alle armi. Oggi dobbiamo essere grati allo Spirito di Dio, che ci ha portati a capire sempre più chiaramente che il modo appropriato, e insieme più consono al Vangelo, per affrontare i problemi che possono nascere nei rapporti tra popoli, religioni e culture, è quello di un paziente, fermo quanto rispettoso dialogo [12 dicembre 1995].
Sfogliando questo monumentale e provvidenziale ” esame di coscienza” fatto a nome di noi tutti, mi sono imbattuto in una affermazione molto precisa che mi ero dimenticata del tutto.
E che giova rispolverare oggi, quando siamo nel 500esimo della Riforma, e delle polemich(inine) scatenate sul perfido Bergoglio protestantizzante e luteranoide che porta la Chiesa alla deriva.
Sta un po’ a sentire cosa diceva a proposito di Lutero Giovanni Paolo II, il Santo & il Magno( per dirla con Sodano) :
“Oggi, 450 anni dopo la morte di Martin Lutero, il tempo che è passato permette di comprendere meglio la persona e l’opera del riformatore tedesco e di essere più equi con lui… La richiesta di riforma della chiesa fatta da Lutero, nel suo intento originario, era un appello alla penitenza e al rinnovamento. Molti sono i motivi per i quali da quell’inizio si è poi arrivati a questa scissione. Tra questi vi sono la non corrispondenza della Chiesa cattolica… [22 giugno 1996].
Più di vent’anni fa, altro che trovata di Bergoglio.
E infine, caro Beppe, relativamente al tuo , umanissimo e comprensibilissimo fin che vuoi, “Perdonateci: non abbiamo accettato di farci massacrare e abbiamo usato le armi! MA per favore!!!!” , sull’argomento Benedetto XVI , a Colonia è arrivato ad affermare:
“Quante pagine di storia registrano le battaglie e le guerre affrontate invocando, da una parte e dall’altra, il nome di Dio, quasi che combattere il nemico e uccidere l’avversario potesse essere cosa a Lui gradita. Il ricordo di questi tristi eventi dovrebbe riempirci di vergogna, ben sapendo quali atrocità siano state commesse nel nome della religione. Le lezioni del passato devono servirci ad evitare di ripetere gli stessi errori. Noi vogliamo ricercare le vie della riconciliazione e imparare a vivere rispettando ciascuno l’identità dell’altro. La difesa della libertà religiosa, in questo senso, è un imperativo costante e il rispetto delle minoranze un segno indiscutibile di vera civiltà.”
http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2005/august/documents/hf_ben-xvi_spe_20050820_meeting-muslims.html
Chiedere scusa per le colpe storiche collettive dei cristiani del passato e’una attivita’che potrebbe andare avanti all’infinito, arrivando fino ai tempi dei primi cristiani, che distrussero i templi pagano e fecero a pezzi meravigliose statue greco-romane.
Ma pensiamo piuttosto quando tra due o tre secoli dovranno chieder scusa per le nostre di colpe, per le nostre ATTUALI colpe storiche e collettive di cristiani dell’anno 2017.
E ce ne sono tante, la piu’spaventosa e’la colpa di OMISSIONE nel denunciare il male che colpisce e uccide tanti inermi ,dai bambini.mai nati, ai cristiani perseguitati ed uccisi nell’indifferenza e nel silenzio di noi occidentali che non osiamo neppur nominare col loro nome gli aguzzini dei nostri fratelli cristiani orientali.
E allora invece di chieder scusa per colpe del passato , perche’non cerchiamo di non essere responsabili di fronte alla Storia di colpe del.presente?Si chiede scusa perche’lo Stato Pontificio aveva la pena di morte, perche’ non si fa nulla invece per i tanti omicidi autorizzati dalle leggi “democratiche” che vigono nei nostri stati “democratici” e votate da parlamenti pieni di sedicenti cattolici con l’indifferenza della Chiesa? IN certi paesi non nascono piu’bambini Down perche’tutti condannati a morte prima di nascere.
Perche’laChiesa non chiede scusa a Dio di questa orribile eugenetica moderna? Perche’andare a rimestare sempre e solo.nel passato, le crociate, l’Inquisizione,la pena capitale, e non parlare e non chiedere scusa della colpevole acquiescenza e in certi casi complucita’al male del presente? Forse perche’si crede che solo i cattolici del passato potessero sbagliare mentre noi oggi, i moderni, abbiamo raggiunto quello stadio dell’evoluzione che ci rende esenti da errori ed ORRORI?
La richiesta di perdono non riguarda affatto solo le colpe del passato.
A meno che uno , come da programma, si metta le belle fette di salame sugli occhi come fa abitualmente, per potersi raccontare le cose come piacciono a lui.
In particolare, relativamente ai bambini mai nati et dolentissime similia, nella preghiera giubilare di perdono una recitava:
Preghiamo per tutti gli esseri umani del mondo,
specialmente per i minorenni vittime di abusi,
per i poveri, gli emarginati, gli ultimi;
preghiamo per i più indifesi,
i non-nati soppressi nel seno materno,
o persino utilizzati a fini sperimentali
da quanti hanno abusato
delle possibilità offerte dalla bio-tecnologia
stravolgendo le finalità della scienza.
Preghiera in silenzio.
Il Santo Padre:
Dio, Padre nostro,
che sempre ascolti il grido dei poveri,
quante volte anche i cristiani non ti hanno riconosciuto
in chi ha fame, in chi ha sete, in chi è nudo,
in chi è perseguitato, in chi è incarcerato,
in chi è privo di ogni possibilità di autodifesa,
soprattutto negli stadi iniziali dell’esistenza.
Per tutti coloro che hanno commesso ingiustizie
confidando nella ricchezza e nel potere,
e disprezzando i « piccoli », a te particolarmente cari,
noi ti chiediamo perdono:
abbi pietà di noi ed accogli il nostro pentimento.
Per Cristo nostro Signore.
http://www.maranatha.it/Testi/TestiVari/Testi17Page.htm
Fuori bersaglio .
Per non parlare delle ripetute richieste di perdono, fatte da Benedetto prima e da Francesco poi per i tanti uomini di chiesa coinvolti negli scandali e nelle schifezze della pedofilia; le scuse di Francesco per l’indifferenza verso i migranti; ecc ecc ecc…..
Grazie alla desta memoria da elefante (elettronico) di Cuffini, ore 3.22, si è potuto rileggere anche il discorso di Benedetto XVI, dell’agosto 2005, a Colonia. Così scopriamo che, con il suo linguaggio chiaro, il suo periodare un po’ paludato (clericale?) – “il rispetto mutuo e la comprensione non sempre hanno contraddistinto….”; “il ricordo di questi tristi eventi dovrebbe riempirci di vergogna…” – con la sua terminologia rispettosa, anche Papa Benedetto è entrato nel solco profondo, avviato da papa Wojtyla, della richiesta di “perdono storico”. E pure ai musulmani.
Con buona pace dei “discontinuisti” e di quelli che “riforme sì ma senza offendere le orecchie dei pii”, anche su questo tema della domanda di periodo, variamente modulata, c’è grande continuità tra gli ultimi tre Papi (dando per certo come papa anche quello eletto nel 2013).
Ma no, padre Amigoni, lei sbaglia( forse senza rendersene conto, mi perdoni). Quello eletto nel 2013 è uno pseudo-papa. Almeno, così viene detto da chi si intende davvero di queste cose di Chiesa e ogni tanto sparge con disinvoltura manciate di semi di idiozia nel blog.
Il vero papa è un altro.
E poi, a proposito di guerre, non è forse vero che Stato pontificio è altra cosa rispetto a chi è papa?
Un papa non può parlare di guerre; uno Stato pontificio sì che può parlarne. Questa distinzione c’è nel Vangelo, lo sanno tutti.
Faccio una domanda, così, tanto per dire: se i successori di Pietro non avessero voluto ambire, in passato, ad un potere temporale, non è forse vero che oggi non esisterebbe uno Stato pontificio, e che la guida suprema della Chiesa cristiano-cattolica avrebbe ugualmente potuto operare nel senso e nei modi indicati dal Cristo?
Ricordo che un certo Gesù ebbe a dire:” date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”. Non credo che volesse dire che Pietro e i suoi successori dovessero aspirare ad essere altrettanti Cesari anche loro.
Ma forse, a questo punto sono io a sbagliare di brutto, e chiedo scusa.
A Lorenzo Cuffini
Veramente tu credi che a Colonia papa Benedetto XVI stesse chiedendo perdono da parte della Chiesa per avere salvato l’Europa dall’assalto islamico a Lepanto e avere attivato la difesa di Vienna ? Marco D’aviano è stato fatto beato nel 2003 da Giovanni Paolo II ( prefetto della dottrina della fede il cardinale Ratzinger ).
Proprio schizofrenica questa Chiesa la quale da un lato beatifica il valoroso promotore della difesa di Vienna e dall’altro chiede perdono per averlo fatto!
E inoltre in tutti i testi che hai copiaincollato GPII fa SEMPRE riferimento ai peccati della CHIESA – che per lui Chiesa e Stato Pontificio fossero la stessa cosa è , a mio parere, una tua deduzione priva di legittimità
Era proprio questo il timore che molti avevano avanzato a GPII quando fece tutte quelle richieste di perdono: che si andasse molto al di là di quelle che erano le ragioni delle sue richieste di perdono.
Comunque ribadisco il concetto: Lo Stato Città del Vaticano (ora, e lo Stato Pontificio allora ) NON si identifica con la Chiesa.
Non sono la stessa cosa. (fino a prova contraria , che se hai, puoi produrmi)
Anche in questo occorre “discernimento” : non si può fare di tutta l’erba un fascio.
Ti dirò di più ( in particolare a Victoria Boe) : se noi oggi in Italia godiamo di libertà religiosa e di (larga) indipendenza dal potere civile lo dobbiamo alla esistenza PROVVIDENZIALE dello Stato Pontificio, che si è comportato come uno Stato DEVE comportarsi. (Gli ortodossi sono stati proni alla volontà degli imperatori di Oriente prima e agli zar poi – gli anglicani alla corona inglese, – i luterani al principe)
(Mi guardo bene dal dire che TUTTO quello che ha fatto sia stato storicamente fatto bene – ma altro è il giudizio storico e altro il giudizio morale )
Quello che credo io, Beppe , ha nessunissima importanza.
Resta il fatto che, se è ovvio che nessuno vuole riscrivere la storia, nessuno degli ultimi papi mostra -chiaramente- di volerci rimanere prigioniero .
E quando Ratzinger dice : il ricordo di questi tristi eventi dovrebbe riempirci di vergogna…dice una cosa che è aldilà di ogni retropensiero e interpretazione…..altrimenti nulla gli sarebbe costato muovere le specificazioni che introduci tu ora.
Problematiche affrontate in modo approfonditissimo, peraltro, nel documento a sua firma che si occupa proprio della questione( compresa quella storica) in occasione del Perdono Giubilare richiesto nel 2000.
Se quello che pensi tu non ha nessuna importanza, mi chiedo perché scrivi sul blog.
Ri sei forse auto-nominato “bollettino ufficiale del pensiero cattolico ortodosso”?
Io scrivo quello che penso . Per fortuna nella nostra religione i “dogmi” che siamo chiamati a credere sono pochi e ci viene assicurata larga libertà di pensiero.
I papi fanno centinaia e centinaia di discorsi. Se sei bravo , estrapolando qua e là ci puoi trovare tutto e il contrario di tutto. E tu, devo riconoscere, sei bravissimo nella ricerca .
Un conto è “rimanere prigioniero della storia” – che significa : nelle presenti circostanze non mi sento vincolato dal,passato nello scegliere il modo di agire – un conto è dire : nel passato abbiamo sbagliato a comportarci così ( Se io ci fossi stato mi sarei comportato diversamente ).
Ribadisco comunque che il mio intervento era fondato sulla distinzione tra Chiesa e Stato Vaticano. Lo Stato Vaticano ( e precdenti ) non è mai stato uno stato “teocratico” nel quale la Legge civile era la legge del Vangelo. I cattolici non sono mai stati come gli islamici – per fortuna aggiungo io!
La disitinzione sta in piedi, ovvio.
Ma è una foglia di fico.
Le ragioni storiche dei comportamenti passati ci sono tutte, e sono materie della storia. Ma Giovanni Paolo II, Benedetto e Francesco dicono espressamente e proprio così: nel passato abbiamo sbagliato a comportarci così.
Certo non dicono : io mi sarei comportato diversamente.
Dicono qualcosa di molto più impegnativo e coinvolgente tutta la cattolicità:
” per quel legame che, nel corpo mistico, ci unisce gli uni agli altri, tutti noi, PUR NON AVENDONE RESPONSABILITA’ PERSONALE E SENZA SOSTITUIRCI AL GIUDIZIO DI DIO , che solo conosce i cuori, portiamo il peso degli errori e delle colpe di chi ci ha preceduto “. Giovanni Paolo II aggiunge: ” Come successore di Pietro, chiedo che in questo anno di misericordia la Chiesa, forte della santità che riceve dal suo Signore, si inginocchi davanti a Dio e implori il perdono per i peccati passati e presenti dei suoi figli “.(1) Nel ribadire, poi, che ” i cristiani sono invitati a farsi carico, davanti a Dio e agli uomini offesi dai loro comportamenti, delle mancanze da loro commesse “, il Papa conclude: ” Lo facciano senza nulla chiedere in cambio, forti solo dell”amore di Dio che è stato riversato nei nostri cuori (GPII)
“…ben sapendo quali atrocità siano state commesse nel nome della religione. Le lezioni del passato devono servirci ad evitare di ripetere gli stessi errori.” (BXVI).
Cosa rafforzata dalla radicalità, dalla unilateralità, dalla mancanza di contropartite, e di se e di ma.
Quelli, se ci aggrada, possiamo sempre metterglieli noi, ad abundantiam.
Ma resta una nostra iniziativa personale.:)