Francesco: La donna è immagine della Chiesa madre

Invitare a parlare una donna sulle ferite della Chiesa è invitare la Chiesa a parlare su se stessa, sulle ferite che ha. E questo credo che sia il passo che noi dobbiamo fare con molta forza: la donna è l’immagine della Chiesa che è donna, è sposa, è madre: ha parlato così ieri il Papa, intervenendo al summit sugli abusi dopo aver ascoltato la relazione di Linda Ghisoni, sotto-segretario del “Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita”. Nei commenti le parole del Papa e brani della relazione Ghisoni.

5 Comments

  1. Luigi Accattoli

    Ho sentito la Chiesa. Francesco ieri nell’Aula del Sinodo. Ascoltando la dottoressa Ghisoni ho sentito la Chiesa parlare di se stessa. Cioè tutti noi abbiamo parlato sulla Chiesa. In tutti gli interventi. Ma questa volta era la Chiesa stessa che parlava. Non è solo una questione di stile: il genio femminile che si rispecchia nella Chiesa che è donna.
    Invitare a parlare una donna non è entrare nella modalità di un femminismo ecclesiastico, perché alla fine ogni femminismo finisce con l’essere un machismo con la gonna. No. Invitare a parlare una donna sulle ferite della Chiesa è invitare la Chiesa a parlare su se stessa, sulle ferite che ha. E questo credo che sia il passo che noi dobbiamo fare con molta forza: la donna è l’immagine della Chiesa che è donna, è sposa, è madre. Uno stile. Senza questo stile parleremmo del popolo di Dio ma come organizzazione, forse sindacale, ma non come famiglia partorita dalla madre Chiesa.
    La logica del pensiero della dottoressa Ghisoni era proprio quella di una madre, ed è finita con il racconto di cosa succede quando una donna dà alla luce un figlio. È il mistero femminile della Chiesa che è sposa e madre. Non si tratta di dare più funzioni alla donna nella Chiesa – sì, questo è buono, ma così non si risolve il problema – si tratta di integrare la donna come figura della Chiesa nel nostro pensiero. E pensare anche la Chiesa con le categorie di una donna. Grazie per la Sua testimonianza.

    http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2019/02/22/0152/00313.html

    23 Febbraio, 2019 - 9:24
  2. Luigi Accattoli

    Linda Ghisoni 1. In ginocchio: questa sarebbe la postura adeguata per trattare gli argomenti di questi giorni. In ginocchio davanti al Padre misericordioso, che vede lacerato il corpo di Cristo, la sua Chiesa, e ci invia a farci carico, come suo Popolo, delle ferite e a curarle con il balsamo del Suo amore: così ha avviato Linda Ghisoni la sua relazione, che era intitolata: “Communio: agire insieme”. In questo summit a donne sono affidate tre delle nove relazioni. Linda è stata la prima. «Comincia il tempo delle donne», ha detto il padre Lombardi dandole la parola.
    Al commento seguente alcuni passaggi della relazione Ghisoni.

    23 Febbraio, 2019 - 9:25
  3. Luigi Accattoli

    Linda Ghisoni 2. «Sarà vitale per i vescovi avvalersi del contributo, del consiglio e discernimento di cui tutti nella sua Chiesa, inclusi i laici, sono capaci, non soltanto per se stessi e per le scelte personali, ma come Chiesa e per il bene della Chiesa nell’hic et nunc in cui sono chiamati a vivere […] Da donna laica debbo onestamente constatare che indistintamente tra i sacerdoti, tra i religiosi, come tra i laici vi possono essere e vi sono persone non libere, disposte a coprire aprioristicamente, asservite a qualcuno invece di essere al servizio amorevole, intelligente e libero della Chiesa e fedeli alla loro propria vocazione […] Non ho nulla da insegnare a lei, Santità, a loro, eminenze, eccellenze reverendissime, alle reverende Madri e ai reverendi padri qui convocati, credo piuttosto che insieme, nell’ascolto reciproco e fattivo, ci impegniamo a lavorare affinché in futuro non desti più tanto clamore un evento come questo meeting, e la Chiesa, Popolo di Dio, si prenda cura, in modo competente, responsabile e amorevole, delle persone coinvolte, di quanto accaduto, affinché la prevenzione non si esaurisca in un bel programma, ma divenga atteggiamento pastorale ordinario […]. Non di rado avverto insofferenza nella Chiesa per l’attenzione che si dedica alla questione degli abusi sessuali sui minori. Un sacerdote, qualche giorno fa, ha esclamato: “Ancora si continua a parlare di abusi? È esagerata l’attenzione che la Chiesa riserva a questo tema!”. Ma anche una signora praticante mi ha detto candidamente: “Meglio non parlare di questi argomenti, perché altrimenti crescerà sfiducia verso la Chiesa. Parlarne offusca tutto il bene che si fa nelle parrocchie. Se la vedano il Papa, i vescovi e i preti tra loro”. Il parlarne, o non piuttosto gli abusi stessi – di coscienza, di potere, sessuali – offuscano il bene che si vive nelle parrocchie? A queste persone – e prima ancora a me stessa – dico che prendere coscienza del fenomeno e rendere conto della propria responsabilità non è una fissazione, non è un’azione inquisitoria accessoria per soddisfare mere esigenze sociali, bensì un’esigenza scaturente dalla natura stessa della Chiesa come mistero di comunione fondato nella Trinità, come Popolo di Dio in cammino, che non evita, ma affronta, con sempre rinnovata consapevolezza comunionale, anche le sfide legate agli abusi occorsi al suo interno a danno dei più piccoli minando e spaccando questa comunione […]. La Chiesa si rende visibile e operante nella sua natura comunionale se ciascun battezzato vive e compie ciò che gli è proprio, se la diversità di carismi e ministeri si esprime nel necessario coinvolgimento di ciascuno, pur nel rispetto delle differenze […]. I laici, i consacrati non sono chiamati ad essere meri esecutori di quanto disposto dai chierici, ma tutti servitori nell’unica vigna […]. Occorrerà rivedere l’attuale normativa sul segreto pontificio, in modo che esso tuteli i valori che intende proteggere, ossia la dignità delle persone coinvolte, la buona fama di ciascuno, il bene della Chiesa, ma nello stesso tempo consenta lo sviluppo di un clima di maggiore trasparenza e fiducia, evitando l’idea che il segreto venga utilizzato per nascondere problemi anziché per proteggere i beni in gioco».

    23 Febbraio, 2019 - 9:25
  4. Clodine-Claudia Leo

    L’immagine di “donna” attribuita alla Chiesa non mi convince fino in fondo, lo dico sommessamente nel senso che, leggo in questo termine,”donna”, più un archetipo, un modo di pensare la corporeità, il genere maschile/femminile e per converso “il sesso” , la “conoscenza” della donna da parte dell’uomo in senso biblico quasi a sottolineare soprattutto l’attività di quest’ultimo.
    Tra l’altro non sempre la donna è resa madre, e questo fa riflettere. Tutte le matriarche descritte nella Rivelazione furono sterili, rese Madri in virtù di una speciale predilezione dell’Altissimo e quasi tutte in vecchiaia. Da Sara a Rachele piuttosto che Rebecca eppoi Anna madre del profeta Samuele, ed Elisabetta madre del Battista. Una sterilità pesante come un macigno, un vero stigma che queste donne di fede e di preghiera, vittime di contumelie da parte di mogli fertili in un concubinato che aggravava la condizione della sterile, dovettero subire.Non credo che donna e Madre siano sinonimi, ma questo è un mio pensiero, nel senso che non necessariamente una donna è anche madre, né una madre è tale solo perché da alla luce un figlio, per converso….

    25 Febbraio, 2019 - 9:30
  5. Clodine-Claudia Leo

    Secondo me la Chiesa è Madre, solo Madre, non donna. La frase :”che c’è tra me e te o donna” riferita alla Beata Vergine Maria alle nozze di Cana è emblematica, a motivo di ciò manipolata nel corso delle dispute dai protestanti per decretare, della Madre di Gesù ,la cessazione di ogni compito in cielo e in terra e in ogni luogo, deprivando di un attributo imprescindibile : la Verginità.
    Al contrario la Chiesa che è sotto l’egida della Madre di Dio lo è in virtù della misteriosa connessione che lega una madre al figlio ed è perciò che dello Spirito del Figlio ne percepì, in quel di Cana, tutta la Potenza. La stessa dell’Eterno Padre e probabilmente, forse, ne anticipò la missione.
    In quel brano, secondo Giovanni, “la si trovava la Madre di Gesù e Sua Madre Gli disse”. Non scrive Giovanni che c’era Maria, ma che ” c’era sua Madre” a sottolineare che Nostro Signore era Dio e uomo: come Dio non aveva madre, ma come uomo l’aveva. Maria, quindi, è madre e Vergine, della carne di lui della sua umanità e anche debolezza che presuppone l’essere carnale..
    Donna perciò non è sinonimo di madre, semmai lo è di femmina, o gentil sesso o sesso debole, consorte ma anche concubina, signora ma anche domestica, casalinga e massaia ma anche donna di malaffare.
    Donna non è conforme, come attribuzione, secondo me, alla Chiesa, come può esserlo invece Madre, intesa nella sua specificità: “grembo”, dal latino “gremium” evocatore di ventre, seno dal quale sgorgano “fiumi di acqua viva”

    25 Febbraio, 2019 - 9:30

Lascia un commento