Propongo oggi il monito rivolto ieri dal Papa ai sinodali perchè cerchino con “slancio missionario” e con “prudenza audace” i “nuovi cammini” necessari alla Chiesa dell’Amazzonia. Domani mi occuperò della relazione d’apertura tenuta oggi dal cardinale Hummes. Vado con un giorno di ritardo, dovuto a impegni distraenti, ma prometto ai visitatori che presterò buona attenzione a questo Sinodo, del quale mi sono già occupato studiandone lo “strumento di lavoro” e dando un’occhiata alla composizione dell’assemblea. L’audacia chiesta da Francesco va interpretata sia come invito a prendere sul serio le necessità di quella Chiesa sia come risposta a quanti hanno svolto da giugno a oggi (cioè dalla pubblicazione dello “strumento”) un fuoco di sbarramento contro ogni proposta di novità. Il Papa ieri ha detto che l’innovazione va saggiata senza precipitazione ma anche senza spavento. – Nei commenti riporto quattro brani dell’omelia di apertura dell’assemblea.
Amazzonia: il Papa invita il Sinodo a “prudenza audace”
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Pastorale di mantenimento. Il fuoco non si alimenta da solo, muore se non è tenuto in vita, si spegne se la cenere lo copre. Se tutto rimane com’è, se a scandire i nostri giorni è il “si è sempre fatto così”, il dono svanisce, soffocato dalle ceneri dei timori e dalla preoccupazione di difendere lo status quo. Ma «in nessun modo la Chiesa può limitarsi a una pastorale di “mantenimento”, per coloro che già conoscono il Vangelo di Cristo. Lo slancio missionario è un segno chiaro della maturità di una comunità ecclesiale» (Benedetto XVI, Esort. ap. postsin. Verbum Domini, 95). Perché la Chiesa sempre è in cammino, sempre in uscita, mai chiusa in sé stessa. Gesù non è venuto a portare la brezza della sera, ma il fuoco sulla terra.
Prudenza è virtù di vita. Qualcuno pensa che la prudenza è la virtù “dogana”, che ferma tutto per non sbagliare. No, la prudenza è virtù cristiana, è virtù di vita, anzi, la virtù del governo. E Dio ci ha dato questo spirito di prudenza. Paolo mette la prudenza all’opposto della timidezza. Che cos’è allora questa prudenza dello Spirito? Come insegna il Catechismo, la prudenza «non si confonde con la timidezza o la paura», ma «è la virtù che dispone a discernere in ogni circostanza il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati» (n. 1806). La prudenza non è indecisione, non è un atteggiamento difensivo. È la virtù del Pastore, che, per servire con saggezza, sa discernere, sensibile alla novità dello Spirito. Allora ravvivare il dono nel fuoco dello Spirito è il contrario di lasciar andare avanti le cose senza far nulla. Ed essere fedeli alla novità dello Spirito è una grazia che dobbiamo chiedere nella preghiera. Egli, che fa nuove tutte le cose, ci doni la sua prudenza audace; ispiri il nostro Sinodo a rinnovare i cammini per la Chiesa in Amazzonia, perché non si spenga il fuoco della missione.
Colonizzazione anzichè evangelizzazione. Il fuoco di Dio, come nell’episodio del roveto ardente, brucia ma non consuma (cfr Es 3,2). È fuoco d’amore che illumina, riscalda e dà vita, non fuoco che divampa e divora. Quando senza amore e senza rispetto si divorano popoli e culture, non è il fuoco di Dio, ma del mondo. Eppure quante volte il dono di Dio non è stato offerto ma imposto, quante volte c’è stata colonizzazione anziché evangelizzazione! Dio ci preservi dall’avidità dei nuovi colonialismi.
Alle tombe dei missionari. Cari fratelli, guardiamo insieme a Gesù Crocifisso, al suo cuore squarciato per noi. Iniziamo da lì, perché da lì è scaturito il dono che ci ha generato; da lì è stato effuso lo Spirito che rinnova (cfr Gv 19,30). Da lì sentiamoci chiamati, tutti e ciascuno, a dare la vita. Tanti fratelli e sorelle in Amazzonia portano croci pesanti e attendono la consolazione liberante del Vangelo, la carezza d’amore della Chiesa. Tanti fratelli e sorelle in Amazzonia hanno speso la loro vita. Permettetemi di ripetere le parole del nostro amato Cardinale Hummes: quando arriva in quelle piccole città dell’Amazzonia, va nei cimiteri a cercare la tomba dei missionari. Un gesto della Chiesa per coloro che hanno speso la vita in Amazzonia. E poi, con un po’ di furbizia, dice al Papa: “Non si dimentichi di loro. Meritano di essere canonizzati”. Per loro, per questi che stanno dando la vita adesso, per quelli che hanno speso la propria vita, con loro, camminiamo insieme.
Dalle piume al tricorno. Francesco lunedì mattina parlando a braccio ad avvio della prima plenaria del Sinodo: Ieri mi ha fatto tristezza ascoltare un commento, un po’ scherzoso, su un signore che ha portato l’offerta [alla celebrazione d’apertura] e aveva le piume in testa. Ma che differenza c’è tra il portare le piume in testa e il “tricorno” che usano alcuni officiali dei nostri Dicasteri?
http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2019/10/07/0784/01598.html
Non disciplinare ma inculturarsi. Francesco lunedì mattina parlando a braccio ad avvio della prima plenaria del Sinodo: Ci avviciniamo ai popoli dell’Amazzonia in punta di piedi, rispettando la loro storia, le loro culture […]. Oggi è così comune questa tendenza a disciplinare i popoli amazzonici, disciplinare la loro storia, la loro cultura. Questo no. Questa volontà di addomesticare i popoli nativi, no. Quando la Chiesa ha dimenticato di come dovrebbe avvicinarsi a un popolo, non si è inculturata, arrivando anche a disprezzarne alcuni. E quanti fallimenti di cui oggi ci pentiamo, pensiamo a De Nobile in India, Ricci in Cina e tanti altri. Il centralismo omogenizzante e omogenizzatore non lasciò che si manifestasse l’autentica cultura dei popoli.
Rif. 8 ottobre, 13.10 – Piume e tricorni
Eccellente spirito di umorismo del papa, in riferimento per di più ad “alcuni officiali dei nostri dicasteri”.