Chiudendo a San Paolo la settimana per l’unità dei cristiani, Papa Francesco ha ricordato che l’impegno ecumenico è ormai “proprio del Successore di Pietro” grazie al lavoro svolto in questa direzione dai suoi predecessori: “Mi piace pensare in questo momento all’opera del beato Giovanni XXIII e del beato Giovanni Paolo II. Entrambi maturarono lungo il proprio percorso di vita la consapevolezza di quanto fosse urgente la causa dell’unità e, una volta eletti Vescovi di Roma, hanno guidato con decisione l’intero gregge cattolico sulle strade del cammino ecumenico […]. Ad essi associo anche Papa Paolo VI, altro grande protagonista del dialogo, di cui ricordiamo proprio in questi giorni il cinquantesimo anniversario dello storico abbraccio a Gerusalemme con il Patriarca di Costantinopoli Atenagora. L’opera di questi Pontefici ha fatto sì che la dimensione del dialogo ecumenico sia diventata un aspetto essenziale del ministero del Vescovo di Roma, tanto che oggi non si comprenderebbe pienamente il servizio petrino senza includervi questa apertura al dialogo con tutti i credenti in Cristo. Il cammino ecumenico ha permesso di approfondire la comprensione del ministero del Successore di Pietro e dobbiamo avere fiducia che continuerà ad agire in tal senso anche per il futuro”.
Francesco: il Papa lo capisci nell’Ecumene
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http://vaticaninsider.lastampa.it/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/koch-cristiani-cristianos-christians-31395/
http://www.news.va/it/news/il-papa-chiude-la-settimana-per-lunita-dei-cristia
Papa Benedetto aveva parlato del Papa nell’Ecumene in questo passo del volume Luce del mondo (2010): “”Già oggi il Vescovo di Roma fino a un certo punto parla a nome di tutti i cristiani, semplicemente per la posizione che la storia gli ha attribuito” (pagina 135). Poco prima, nello stesso volume, aveva affermato di sè: “Il Papa stesso è attento, quando affronta certi argomenti, a parlare per i cristiani e a non mettere in risalto in maniera specifica la dimensione cattolica; per quest’ultima vi è un altro posto”.
Parole sacrosante quelle di papa Ratzinger. Molti cattolici dovrebbero tenerle a mente.
Significative della lucida consapevolezza che rivendicare il primato della religione cattolica porterebbe ad allargare il divario fra i cristiani di diversa professione. Il che ostacolerebbe quella unità di cui sempre si parla, a ragione, come necessaria per la fedeltà autentica al Cristo e al suo universale messaggio di pace.
Noi nella Galilea delle genti. Oggi il Papa all’angelus: “La Galilea assomiglia al mondo di oggi: compresenza di diverse culture, necessità di confronto e necessità di incontro. Anche noi siamo immersi ogni giorno in una “Galilea delle genti”, e in questo tipo di contesto possiamo spaventarci e cedere alla tentazione di costruire recinti per essere più sicuri, più protetti. Ma Gesù ci insegna che la Buona Novella, che Lui porta, non è riservata a una parte dell’umanità, è da comunicare a tutti. È un lieto annuncio destinato a quanti lo aspettano, ma anche a quanti forse non attendono più nulla e non hanno nemmeno la forza di cercare e di chiedere“.
Dio parte dagli ultimi. Ancora dall’angelus: “Partendo dalla Galilea, Gesù ci insegna che nessuno è escluso dalla salvezza di Dio, anzi, che Dio preferisce partire dalla periferia, dagli ultimi, per raggiungere tutti. Ci insegna un metodo, il suo metodo, che però esprime il contenuto, cioè la misericordia del Padre. «Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata. Uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 20)“.
Passa per questa piazza. Sempre Francesco all’angelus: “Cari amici e amiche, il Signore chiama anche oggi! Il Signore passa per le strade della nostra vita quotidiana. Anche oggi in questo momento, qui, il Signore passa per la piazza. Ci chiama ad andare con Lui, a lavorare con Lui per il Regno di Dio, nelle “Galilee” dei nostri tempi. Ognuno di voi pensi: il Signore passa oggi, il Signore mi guarda, mi sta guardando! Cosa mi dice il Signore?“
Delle forza autenticamente “rivoluzionaria” del messaggio ecumenico (e non solo di quello) di Papa Giovanni XXIII s’è già tanto detto: ma credo che non sarà mai abbastanza ricordato anche l’impegno per l’unità dei cristiani speso da Papa Paolo VI, e non bene ma benissimo ha fatto il nostra Papa Francesco a riproporne alla memoria di noi tutti il suo viaggio di 50 anni or sono ed il suo incontro con il Patriarca Atenagora.
Bella l’immagine regalataci oggi dal nostro Papa sulla “Galilea delle genti”: credo sia proprio di suo conio (non ricordo, almeno, che altri Pontefici l’avessero, prima di lui, ideata); puoi confermarlo, Luigi ?
Buona domenica sera al “pianerottolo” !
Roberto 55
Sì credo proprio che la designazione della modernità come Galilea delle Genti l’abbiamo sentita oggi per la prima volta.
La Galilea somiglia al nostro mondo. “Il Vangelo di questa domenica racconta gli inizi della vita pubblica di Gesù nelle città e nei villaggi della Galilea. La sua missione non parte da Gerusalemme, cioè dal centro religioso, centro anche sociale e politico, ma parte da una zona periferica, una zona disprezzata dai giudei più osservanti, a motivo della presenza in quella regione di diverse popolazioni straniere; per questo il profeta Isaia la indica come «Galilea delle genti» (Is 8,23). E’ una terra di frontiera, una zona di transito dove si incontrano persone diverse per razza, cultura e religione. La Galilea diventa così il luogo simbolico per l’apertura del Vangelo a tutti i popoli. Da questo punto di vista, la Galilea assomiglia al mondo di oggi: compresenza di diverse culture, necessità di confronto e necessità di incontro. Anche noi siamo immersi ogni giorno in una ‘Galilea delle genti’, e in questo tipo di contesto possiamo spaventarci e cedere alla tentazione di costruire recinti per essere più sicuri, più protetti. Ma Gesù ci insegna che la Buona Novella, che Lui porta, non è riservata a una parte dell’umanità, è da comunicare a tutti. È un lieto annuncio destinato a quanti lo aspettano, ma anche a quanti forse non attendono più nulla e non hanno nemmeno la forza di cercare e di chiedere”.
Il problema del nostro mondo contemporaneo non è secondo me “la tentazione di costruire recinti” ma il VERO problema è che oggi nel cuore della cristianità (che potrebbe essere paragonato a Gerusalemme del tempo di Gesù), come anche nel CUORE di ciascuno di noi non si crede più alla Buona Novella.
. Una religione millenaria si è ESTINTA proprio nel cuore della sua terra: l’Europa. L’Europa è sempre più scristianizzata e Roma, sede del papato è ormai tutto fuorchè cristiana. Noi siamo tutto fuorchè cristiani. troppo pessimista? ma guardiamo la realtà!
Ai tempi di Gesù se non c’era Gerusalemme , col suo Tempio e la sua Religione, non avrebbe potuto esserci neppure un Galilea.
Se non vi è un Centro non vi può essere neppure una Circonferenza. Se non vi è una nazione o un credo, non vi può essere neppure una Frontiera.
Infine se non vi è una Fede non ci può essere neppure un Annuncio.
Tutti questi richiami ad evangelizzare sono fuori tempo massimo: chi dovrebbe evangelizzare chi?
Gli scristianizzati siamo NOI, nati e cresciuti in seno , nel cuore della cristianità, a Roma a Milano e in Europa.
Se noi stessi non abbiamo più la fede come possiamo evangelizzare?
A meno di non spacciare la nostra mancanza di fede, il nostro relativismo le nostre teorie antropocentrice per ” fede cristiana”.
Possiamo farlo e lo facciamo , di spacciare le nostre teorie a-religiose per “fede cristiana”
con quali risultati si vede.
A Gerusalemme vi era il Tempio. Gesù e i suoi seguci dopo aver predicato in Galilea andarono a Gerusalemme.
Gerusalemme simbolizza il Centro del MOndo , la Città di DIO.
Ripeto il culto delle frontire del “limes” , come anche l’esaltazione dei border-line , ha un senso solo se c’è un CENTRO, magari anche da combattere e da abbattere .
se non vi sarà più alcun Centro ne’ simbolico , ne’ dottrinale, se tutto diventerà terra di confine , frontiera, border-line, allora non avremo più nulla se non un indistinta e amorfa terra di nessuno. in questa terra di nessuno, condannata ad essere sempre terra di frontiera perchè non vi è più un Centro, vedrete che gli uomini finiranno per uccidersi e mangiarsi fra loro.
E poi, dopo un periodo di secoli bui, di nuovo, di nuovo costruiranno giubilanti un Tempio, un Centro, un simbolo., la Città Santa, e ad essa ascenderanno con canti di gioia!.
perchè l’essere umano non è fatto per vagare all’infinitp nell’indeterminato e nelle” terre di confine”, ma per tendere a un Centro, dottrinale, spirituale, umano , affettivo, simbolico.
Viva Gerusalemme, viva il Tempio, viva la Città di Dio, viva il Sancta Sanctorum! Viva tutto questo che è DENTRO il nostro CUORE,dentro il cuore di ciascuno di noi, e non fuori, come pensano i profani.
http://www.ilfoglio.it/soloqui/21636
Direi che l’unico problema , qui, è quello di raccontare banalmente le cose come sono, o raccontarsi un film che sta esclusivamente dentro la nostra testa.
Non bastano le maiuscole apodittiche per dare verità a dei pareri personali.
Le cose come sono sono queste.
C’è una Chiesa di Gesù Cristo , c’è un capo di questa Chiesa, ci sono dei vescovi di questa Chiesa: che agisce in continuità apostolica ininterrotta da duemila anni circa. C’è tutto un popolo di Dio che ignora completamente le profezie di sventura, gli arzigogoli intellettualistici, le fughe indietro o in avanti, le diatribe bislacche storico simboliche da qualsiasi parte provengano…. e, semplicemente, banalmente, su quella ” buona NovellA” ci spende tutta la sua stessa vita , senza tante storie.
Poi uno puo’ dire che non crede alla Chiesa, che non crede al papa, che non crede ai vescovi e che non crede al popolo di Dio.
Si puo’ dire tutto, ma proprio tutto quello che si vuole.
Basta che non lo si contrabbandi per verità.
“Infine se non vi è una Fede non ci può essere neppure un Annuncio.”(discepolo)
Potrebbe essere il contrario, invece.
L’Annuncio può creare un varco per la fede.
Cara discepolo, da dove deriva la sua fede?
La mia fede ha avuto inizio da un annuncio, quello fattomi dai genitori innanzi tutto.
Altrimenti non ci sarebbe stata alcuna fede.
Ma poi quella fede va maturata poco per volta, non lasciata così come era al primo annuncio. Senza porsi domande a cui cercare risposte plausibili. Certo, anche questo può essere faticoso, ma la fede vera–non la fede-favola– esige un convincimento che si radica su interrogativi per i quali è possibile una risposta.
Altrimenti è poco più che fumo pronto a dissolversi al primo venticello avverso.
I tradizionalisti il più delle volte non si discostano dal primo annuncio. Questo è il loro errore (grave) e non se ne rendono conto.
Questa–direbbe qualcuno–è ignoranza non concepibile in persone non ingenue.
Lacrime della storia. Papa Francesco, nella Giornata della Memoria, ha inviato una lettera al suo amico rabbino di Buenos Aires, Abraham Skorka, che il rabbino ha poi letto in serata al Parco della Musica di Roma, ad apertura del Concerto “I violini della speranza”. Nella lettera il Papa auspica che quanti ascolteranno questa musica struggente “possa immedesimarsi in quelle lacrime storiche, che oggi giungono a noi attraverso i violini, e senta il forte desiderio di impegnarsi perché mai più si ripetano tali orrori, che costituiscono una vergogna per l’umanità”. Il pubblico, dice ancora, ascolterà musiche di Vivaldi, Beethoven e altri grandi compositori, “ma il cuore di ciascuno dei presenti sentirà che dietro il suono della musica vive il suono silenzioso delle lacrime storiche, lacrime di quelle che lasciano traccia nell’anima e nel corpo dei popoli”.
L’unzione fa la forza. Commentando stamane la prima lettura del giorno, che narra l’unzione di Davide a re d’Israele, Francesco ha così spiegato il significato sacramentale dell’unzione:.”Quello che fa la Chiesa, quello che dà l’unità alla Chiesa, è la persona del vescovo, in nome di Gesù Cristo, perché è unto, non perché è stato votato dalla maggioranza. Perché è unto. E in questa unzione una Chiesa particolare ha la sua forza”.
Grazie a Luigi che ha riportato le parole di Francesco nel giorno della memoria, e ha così ” fatto memoria” di quello stesso giorno, che noi avevamo passato sotto silenzio.
Eppure quella memoria ci riguarda da vicinissimo, noi che siamo di Cristo: Cristo l’ebreo, figlio di ebrei, senza il cui popolo non avremmo avuto né Cristo, né Chiesa.