Aprendo ieri in Vaticano un Simposio internazionale “Per una teologia fondamentale del sacerdozio”, promosso dal cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, Francesco ha avuto alcune sobrie parole sul celibato dei preti, mirate a segnalare che la fedeltà a esso può risultare meno drammatica se vissuto in una sana relazione amicale nell’ambito della comunità presbiterale. Quelle parole sono state interpretate dai media come una risposta anticipata al Sinodo della Chiesa tedesca, che sollecita l’ammissione al sacerdozio di uomini maturi (viri probati) viventi nel matrimonio. Nei commenti riporto le parole del Papa, nego che siano una risposta al Sinodo tedesco, le inquadro nell’insieme della vasta riflessione – anche autobiografica – proposta ieri da Francesco, richiamo la mia posizione sul celibato dei preti, esposta più volte qui nel blog, che consiste nell’adozione di una disciplina mista, celibe e sposata, del sacerdozio anche nella Chiesa latina.
Francesco: “Il celibato è un dono che la Chiesa latina custodisce”
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Queste le parole del Papa. Mi spingo a dire che lì dove funziona la fraternità sacerdotale, la vicinanza fra i preti, ci sono legami di vera amicizia, lì è anche possibile vivere con più serenità anche la scelta celibataria. Il celibato è un dono che la Chiesa latina custodisce, ma è un dono che per essere vissuto come santificazione necessita di relazioni sane, di rapporti di vera stima e di vero bene che trovano la loro radice in Cristo. Senza amici e senza preghiera il celibato può diventare un peso insopportabile e una contro-testimonianza alla bellezza stessa del sacerdozio.
Non è una risposta ai tedeschi. Dicendo che la Chiesa latina custodisce il dono del celibato, il Papa non intende dirimere la questione posta dal Sinodo tedesco, e che si pone ripetutamente nell’insieme della cattolicità ormai da settant’anni: infatti nessuno propone l’abbandono sic et simpliciter del celibato sacerdotale. Per come vedo io l’insieme del problema, rimando a questo post pubblicato dodici anni addietro (assai prima che arrivasse Papa Bergoglio): http://www.luigiaccattoli.it/blog/pedofilia-prevedo-una-disciplina-mista-per-il-celibato/. In esso presagivo per un tempo non lontano la compresenza – anche nella Chiesa latina – di un clero celibatario, che resterà numericamente maggioritario, e di un clero sposato e sussidiario per garantire la celebrazione dell’Eucarestia nelle comunità che non potranno disporre di un sacerdote celibe.
Quattro vicinanze. L’insieme della riflessione sulla vita dei preti, offerta ieri dal Papa, è di grande ricchezza. L’ha presentata come una sintesi di quanto ha maturato in oltre mezzo secolo di vita sacerdotale: “Ringrazio per l’opportunità di condividere con voi questa riflessione, che nasce da quello che il Signore mi ha via via fatto conoscere durante questi più di 50 anni di sacerdozio. Non voglio escludere da questo ricordo grato quei preti che, con la loro vita e la loro testimonianza, fin dalla mia infanzia mi hanno mostrato ciò che dà forma al volto del Buon Pastore. Ho meditato su che cosa condividere della vita del sacerdote oggi e sono arrivato alla conclusione che la miglior parola nasce dalla testimonianza che ho ricevuto da tanti sacerdoti nel corso degli anni. Ciò che offro è frutto dell’esercizio di riflettere su di essi, riconoscendo e contemplando quali erano le caratteristiche che li distinguevano e davano ad essi una forza, una gioia e una speranza singolari nella loro missione pastorale”.
Francesco ha diviso la sua riflessione in quattro punti: “Credo che queste quattro colonne, queste quattro ‘vicinanze’ di cui parlerò adesso possono aiutare in modo pratico, concreto e speranzoso a ravvivare il dono e la fecondità che un giorno ci sono stati promessi, a mantenere vivo quel dono. Prima di tutto la vicinanza a Dio, poi la vicinanza al vescovo, la vicinanza tra presbiteri, infine la vicinanza al popolo”. L’accenno al celibato è nella trattazione della vicinanza tra presbiteri.
https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2022/02/17/0114/00234.html
Vi sono limiti spirituali, culturali e formativi che ostacolano discernimenti più adeguati e favoriscono logiche variamente formalistiche e di apparato. Senza una grazia specifica ricevuta e accolta si può verificare una cecità nel vedere i problemi più in profondità, una sordità verso strade che possono contribuire a sciogliere i nodi…
https://gpcentofanti.altervista.org/guide-spirituali-vie-concrete-per-un-oltre/
Menomale che il papa ha ricordato come PRIMO compito dei sacerdoti la vicinanza con Dio, la preghiera, la vita spirituale.Un prete non riceve altra autorità: che l’ autorita’ spirituale, non una autorita’ mondana, politica, sociologica, sociale, mediatica
La vicinanza al popolo e’ messa come quarta vicinanza non come prima. Purtroppo oggi vediamo preti molto ” vicini al popolo” ma molto lontani da Dio. Lontani perche’ trascurano o danno per scontato il rapporto con Dio, la preghiera, la vita spirituale. Protesi al ” fare” ,protesi all’ “apparire” , protesi alla pubblicita’ e autopunblicita’, iproteso alla politica, alla mediatixzazione con le sue etichette ,ipreti contro,i preti scomodi, i preti di strada, i preti di uesyo o di quello . No dovrebbero essere preti di Dio, punto e basta
Di preti che possediano tutte insieme le caratteristiche tratteggiate con finezza estrema alle 14,09 ne esiste uno e uno solo: Carlo Maria Viganò.