Francesco Cusaro: “La luce c’è ma dobbiamo accenderla”

“Un’esperienza devastante che deve aiutarci a passare dall’idea di concorrenza a quella di soldiarietà»; e che dovrebbe “farci responsabili verso chi soffre”: parla così Francesco Maria Cusaro, novarese di 58 anni, sposato e con un figlio, ricoverato per Covid l’8 marzo 2020 e dimesso il 18. Dirigente in un’azienda di ingegneria aerospaziale a Milano, animatore della memoria degli Alpini italiani in Russia (dove perse il papà), racconta la malattia sulla sua pagina Facebook, in un’intervista con Elena Mittino per “La Voce di Novara” del 24 Marzo 2020 e in un’altra con Laura Politi per i “Settimanali della diocesi novarese” del 17 aprile. Nei commenti riporto parti di questi due colloqui omettendo le domande e i dati di cronaca.

5 Comments

  1. Luigi Accattoli

    Grandissima paura. Alla Voce di Novara 1. L’isolamento non è solo fisico, è psicologico. Sei soltanto tu, il tuo pigiama, tutte le emozioni che circolano nella tua mente e se sei fortunato hai un cellulare con te. Ricordo che la prima notte avevo visto un aggiornamento sui dati, che fanno quasi “ridere” in confronto a quelli odierni: 300 ammalati, circa 15 morti, zero guariti. Ho provato una grandissima paura. Domenica 2 marzo ho iniziato ad accusare tosse secca e continua, avevo febbre, che oscillava tra i 37 e i 38 gradi. Una settimana prima ero stato a una serata con il Coro degli Alpini. Domenica 8 ho avuto forti crisi respiratorie e abbiamo chiamato il 118. Mi hanno portato nel reparto di Malattie infettive e un angelo di infermiera mi ha raccontato tutta la situazione rendendomi consapevole che era davvero tosta, mi ha detto che di armi precise non ne avevano, che non era certa la reazione del mio corpo e che avrei sofferto. Sono state delle sberle, ma che con il senno di poi mi sono servite. E’ stata un’esperienza devastante, che dovrà essere educativa per me prima di tutti, ma anche per gli altri e per questo ogni giorno su una pagina Facebook dedicata a Cerano scrivo qualcosa di mio, per raccontare. E’ una situazione che ti ferisce negli affetti: oltre a me a Melzo sono state contagiate altre sette persone e tre di queste sono morte. Il compagno di stanza a Novara, con cui ho legato molto, non sta molto bene e non lo sento da qualche giorno.

    11 Settembre, 2020 - 14:48
  2. Luigi Accattoli

    Sarà un vero dopoguerra. Alla Voce di Novara 2. C’è un aiuto, che arriva dal personale medico e paramedico, che è dato dalle loro espressioni positive, dai sorrisi che si potevano percepire. In quei giorni mi sono sentito novarese vero e sono loro, medici e personale, che sono la nostra Italia, tutti sono stati splendidi, chiunque sia entrato nella nostra stanza. Poco per volta la febbre è scesa, la tosse è diminuita. Ma anche in questo caso è stato difficile, perché non è andata allo stesso modo per il mio compagno di stanza, e ti senti come in una burrasca e tu sei sulla nave salvo e i tuoi compagni stanno affogando. Certo che ora dobbiamo stare a casa. Dico da alpino che ha giurato di essere fedele al suo Paese sempre, è un giuramento che tutti dovrebbero fare. Siamo in guerra e conta solo essere compatti, se un ufficiale dà disposizioni tu ti devi fidare totalmente. Fai parte di un esercito che ascolta. In questo forse le persone sono diseducate o non educate. La risposta deve essere compatta. E terza cosa: ora si deve essere solo italiani, non sentirsi di un partito o di un altro, è un atto vile e vigliacco. La luce in fondo al tunnel c’è già, ma la dobbiamo accendere. Il Covid crea problemi immediati che riguardano i contagi, ma anche problemi lunghi, il nostro sarà un vero dopoguerra, se non cambia l’approccio culturale saremo morti. Dobbiamo passare dall’idea di concorrenza a quella di soldiarietà.

    https://www.lavocedinovara.com/cronaca/ceranese-guarito-dal-covid-esperienza-devastante-sei-solo-con-le-tue-emozioni/

    11 Settembre, 2020 - 14:49
  3. Luigi Accattoli

    Aggrapparsi agli occhi. Ai Settimanali della diocesi di Novara. Ciò che si vede sui giornali è poca cosa rispetto a ciò che si prova sulla propria pelle. E’ qualche cosa che spinge ad aggrapparsi agli occhi di medici e infermieri. Dico agli occhi, perchè tutti coloro che ti assistono sono completamente coperti. Mi ricordo proprio lo sguardo di un infermiere che in ogni momento di paura o di sofferenza, allungava verso di me la mano e un sorriso, aiutandomi ad ogni ostacolo. Mi ha trasmesso il messaggio che era al mio fianco, era lì per sorreggermi e per farmi risalire alla vita. Il momento più difficile nella fase della guarigione è stato distogliere il mio sguardo da quello del mio compagno di stanza, prendere le mie cose, lasciare la nostra stanza per tornare a casa. Ma ora so che anche lui ce l’ha fatta e sono felice. La sofferenza responsabilizza verso chi soffre. Una sofferenza per me positiva: mi ha aperto gli occhi con nuovi sguardi. Tutti noi tendiamo a guardare in alto, a desiderare, a cercar di raggiungere qualche cosa di più, scordandoci di quante cose abbiamo già e di quanto utili potremmo essere a chi non possiede quanto abbiamo noi.

    https://www.sdnovarese.it/2020/04/17/fino-alle-soglie-del-precipizio-il-covid-19-e-francesco-cusaro/

    11 Settembre, 2020 - 14:49

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