“Il futuro del Myanmar dev’essere la pace, una pace fondata sul rispetto della dignità e dei diritti di ogni membro della società, sul rispetto di ogni gruppo etnico e della sua identità, sul rispetto dello stato di diritto e di un ordine democratico che consenta a ciascun individuo e ad ogni gruppo – nessuno escluso – di offrire il suo legittimo contributo al bene comune”: parole dette oggi dal Papa al Myanmar International Convention Center di Nay Pyi Taw, dove ha incontrato le autorità, la società civile e il corpo diplomatico. Nei commenti altri due passaggi del discorso.
Francesco al Myanmar sul “rispetto di ogni gruppo etnico”
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Religioni e riconciliazione nazionale. Francesco al Myanmar 2: Nel grande lavoro della riconciliazione e dell’integrazione nazionale, le comunità religiose del Myanmar hanno un ruolo privilegiato da svolgere. Le differenze religiose non devono essere fonte di divisione e di diffidenza, ma piuttosto una forza per l’unità, per il perdono, per la tolleranza e la saggia costruzione del Paese. Le religioni possono svolgere un ruolo significativo nella guarigione delle ferite emotive, spirituali e psicologiche di quanti hanno sofferto negli anni di conflitto. Attingendo ai valori profondamente radicati, esse possono aiutare ad estirpare le cause del conflitto, costruire ponti di dialogo, ricercare la giustizia ed essere voce profetica per quanti soffrono. È un grande segno di speranza che i leader delle varie tradizioni religiose di questo Paese si stiano impegnando a lavorare insieme, con spirito di armonia e rispetto reciproco, per la pace, per soccorrere i poveri e per educare agli autentici valori religiosi e umani. Nel cercare di costruire una cultura dell’incontro e della solidarietà, essi contribuiscono al bene comune e pongono le indispensabili basi morali per un futuro di speranza e prosperità per le generazioni a venire.
Fratelli e sorelle cattolici. Francesco al Myanmar 3: Signora Consigliere di Stato, cari amici! In questi giorni, desidero incoraggiare i miei fratelli e sorelle cattolici a perseverare nella loro fede e a continuare a esprimere il proprio messaggio di riconciliazione e fraternità attraverso opere caritative e umanitarie, di cui tutta la società possa beneficiare. È mia speranza che, nella cooperazione rispettosa con i seguaci di altre religioni e con tutti gli uomini e le donne di buona volontà, essi contribuiscano ad aprire una nuova era di concordia e di progresso per i popoli di questa amata nazione. Lunga vita al Myanmar! Vi ringrazio per la vostra attenzione e, con i migliori auguri per il vostro servizio per il bene comune, invoco su tutti voi le benedizioni divine di saggezza, forza e pace. Grazie.
Con Aung San Suu Kyi. Per inquadrare quanto detto oggi dal Papa possono essere utili i primi tre miei commenti al post dell’altro ieri sul viaggio papale: http://www.luigiaccattoli.it/blog/lunedi-27-mattina-sono-a-tv2000-per-il-papa-in-myanmar/
L’incontro con le autorità, nel quale il Papa ha tenuto il discorso riferito sopra, è stato introdotto dal Consigliere di Stato e Ministro degli Affari Esteri Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace 1991. La signora al termine del discorso ha salutato Francesco in italiano.
Bambini Rohingya. Il Papa nel discorso non ha nominato i Rohingya, il popolo apolide che il Myanmar caccia e il Bangladesh non accoglie, indicandoli con l’espressione “ogni gruppo etnico nessuno escluso”. Da Roma Francesco più volte in questi anni li aveva nominati. Così l’ultima volta, durante l’omelia del mattino al Santa Marta: «Pensiamo soltanto a un caso: a duecentomila bambini Rohingya nei campi profughi. Lì ci sono ottocentomila persone, duecentomila sono bambini. Appena hanno da mangiare, malnutriti, senza medicine. Anche oggi succede questo, non è una cosa che il Signore dice di quei tempi: no, oggi!» (il Papa in quell’omelia commentava il monito di Gesù contro “ogni cupidigia”, di Luca 12, 13, argomentando che l’idolo del denaro affama i poveri).
Nostri fratelli Rohingya. All’angelus del 27 agosto ne aveva parlato così: Sono arrivate tristi notizie sulla persecuzione della minoranza religiosa i nostri fratelli Rohingya. Vorrei esprimere tutta la mia vicinanza a loro; e tutti noi chiediamo al Signore di salvarli e suscitare uomini e donne di buona volontà in loro aiuto, che diano loro i pieni diritti. Preghiamo anche per i fratelli Rohingya.
Caro Luigi, credo che tutti pensiamo che sia stato prudente non parlare dei Rohingya in Birmania, ma ricordo male o anche quando è andato da Castro non ha detto una parola sui dissidenti cubani perseguitati? Più in generale, non pensi si possa dire che è una sua scelta quella di non parlare direttamente dei problemi con le persone interessate? (In effetti, neppure col cardinale Caffarra ha voluto parlare faccia a faccia).
A Lugaresi.
Siamo nel 2012
Viaggio di Benedetto XVI a Cuba
Il papa ha incontrato 2 volte Fidel Castro ma non i dissidenti cubani.
Non pensa il Lugaresi che si possa dire che è una scelta di Benedetto XVI quella di non parlare direttamente dei problemi con le persone interessate?
Segnalo che oggi a Radio Maria è stato nominato questo blog, come fonte di informazioni sulle vite delle “madri che danno la vita” ( cerco fatti di Vangelo). L’argomento, sempre attuale, era quello del valore della vita sin dal concepimento.
Buona notte.