Fine dell’indipendenza e sovranità economica e finanziaria della Segreteria di Stato: i beni che gestiva passeranno all’Apsa, non avrà più ruoli di controllo sulle attività economiche di altre amministrazioni, la sua previsione di spesa sottostarà alle procedure di programmazione, approvazione e controllo come quella di ogni altro organismo della Santa Sede. L’ha riaffermato ieri il Papa in una riunione della quale ha dato oggi notizia il portavoce Matteo Bruni. Nei commenti la dichiarazione del portavoce, i passaggi essenziali della lettera del Papa al cardinale Parolin che già l’agosto scorso dettava questo percorso, una mia nota interpretativa.
Fine della sovranità economica della Segreteria di Stato
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Dichiarazione del Direttore della Sala Stampa Matteo Bruni. Il Santo Padre, nella serata di ieri 4 novembre 2020, ha presieduto una riunione alla quale hanno partecipato Sua Eminenza il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato; Sua Eccellenza Mons. Edgar Peña Parra, Sostituto della Segreteria di Stato; Sua Eccellenza Mons. Fernando Vergez, Segretario generale del Governatorato dello Stato Città del Vaticano; Sua Eccellenza Mons. Nunzio Galantino, Presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica; Padre Juan Antonio Guerrero Alves, Prefetto della Segreteria per l’Economia. Oggetto della riunione era promuovere l’attuazione di quanto chiesto dal Santo Padre con lettera (in allegato) al Segretario di Stato, in data 25 Agosto 2020, sul passaggio della gestione amministrativa dei fondi della Segreteria di Stato alla Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica e del loro controllo alla Segreteria per l’Economia.
Nella stessa riunione il Papa ha costituito la “Commissione di passaggio e controllo”, che entra in funzione con effetto immediato, per portare a compimento, nei prossimi tre mesi, quanto disposto nella lettera al Segretario di Stato. Detta Commissione è costituita da Sua Eccellenza Mons. Edgar Peña Parra, Sostituto della Segreteria di Stato; Sua Eccellenza Mons. Nunzio Galantino, Presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica; Padre Juan Antonio Guerrero Alves, Prefetto della Segreteria per l’Economia.
http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2020/11/05/0574/01335.html
Lettera del Papa inviata il 25 agosto 2020 al cardinale Parolin. “Nel quadro della riforma della Curia ho riflettuto e pregato sull’opportunità di dare un impulso che permetta una sempre migliore organizzazione delle attività economiche e finanziarie, continuando nella linea di una gestione che sia, secondo i desideri di tutti, più evangelica”. Francesco definisce “di somma importanza” che sia definita in maniera chiara la missione di ciascun ente economico e finanziario “al fine di evitare sovrapposizioni, frammentazioni o duplicazioni inutili e dannose”.
La lettera spiega che “la Segreteria di Stato è senza ombra di dubbio il Dicastero che sostiene più da vicino e direttamente l’azione” del Papa “nella sua missione, rappresentando un punto di riferimento essenziale nella vita della Curia e dei Dicasteri che ne fanno parte. Non sembra, però, necessario, né opportuno che la Segreteria di Stato debba eseguire tutte le funzioni che sono già attribuite ad altri Dicasteri. È preferibile, quindi, che anche in materia economica e finanziaria si attui il principio di sussidiarietà, fermo restando il ruolo specifico della Segreteria di Stato e il compito indispensabile che essa svolge”.
Alla luce di ciò, Francesco ha stabilito che la Segreteria di Stato “trasferisca all’APSA la gestione e l’amministrazione di tutti i fondi finanziari e del patrimonio immobiliare, i quali manterranno in ogni caso la propria finalità attuale. Una particolare attenzione – si legge nella lettera – meritano gli investimenti operati a Londra e il fondo Centurion, dai quali occorre uscire al più presto, o almeno, disporne in maniera tale da eliminarne tutti i rischi reputazionali”.
Ancora, il Papa ha stabilito che “tutti i fondi che finora sono stati amministrati dalla Segreteria di Stato siano incorporati nel bilancio consolidato della Santa Sede” e che in materia economica e finanziaria la Segreteria di Stato operi “per mezzo di un budget approvato attraverso i meccanismi abituali, con le procedure proprie richieste a qualsiasi Dicastero, salvo per ciò che riguarda le materie riservate che sono sottoposte a segreto, approvate dalla Commissione nominata a questo scopo”.
Il controllo e la vigilanza spettano alla Segreteria per l’Economia su tutti gli Enti della Curia Romana. La Segreteria di Stato, in materia di vigilanza economica e finanziaria. “non avrà responsabilità di vigilanza e controllo di nessun Ente della Santa Sede, né di quella ad essa collegati”. Tenendo conto che “La Segreteria di Stato non dovrà amministrare né gestire patrimoni, sarà opportuno che ridefinisca il proprio Ufficio amministrativo, oppure valuti la necessità della sua esistenza”.
Conclusione: “Al più presto possibile, il segretario di Stato convochi una riunione a cui partecipino il Sostituto, il Presidente dell’Apsa e il Prefetto della Segreteria per l’economia, con l’obiettivo di preparare la transizione, in modo che i cambiamenti che ho delineato vengano realizzati prima dell’1 novembre p.v.”.
https://drive.google.com/file/d/1btUdXGo5HTru1NjjfG7YvzqJMxtQ3RLB/view
Mia nota. Quanto stabilito dal Papa fin da agosto – e riaffermato ieri con l’indicazione di modalità e tempi d’attuazione obbliganti – costituisce una vittoria in differita del cardinale Pell, che questo ridimensionamento economico della Segreteria di Stato aveva perseguito all’avvio della riforma dell’economia vaticana, nel 2014, scontrandosi in particolare con il sostituto Becciu ma anche – in parte – con il cardinale Parolin. Il fatto che la volontà espressa dal Papa in quella lettera abbia dovuto essere riaffermata ieri segnala che la resistenza dell’apparato alla riforma in oggetto è ancora viva. Nell’intervista del 30 ottobre all’AdnKronos Francesco aveva annunciato – con riferimento all’economia vaticana – che “tante cose molto presto cambieranno”: questo di ieri, annunciato oggi, è un vero cambiamento. Il piglio papale è da vedere nell’ultimo paragrafo della lettera a Parolin e nella decisione di renderla pubblica: la pubblicazione del testo segnala l’inadempienza temporale da parte del destinatario della direttiva, di dare cioè attuazione ai “cambiamenti delineati” entro il 1° novembre.
Caro Luigi.
Banale dirlo, ma questo è un cambiamento epocale.
Temo, ma non spetta a me giudicare, poichè io devo badare ai miei di peccati che forse quell’inferno dei sacerdoti e religiosi apparso a Santa Veronica Giuliani andrà un po’ a riempirsi.
(Absit inura verbis)
Preghiamo e ripariamo.
Un caro saluto.
Iniura**
https://gpcentofanti.altervista.org/un-racconto-breve-habemus-papam/
Fine anche del potere dei vescovi di riconoscere, all’interno delle loro diocesi, nuove forme di vita consacrata (vedi il motu proprio Authenticum charismatis). I vescovi sempre più considerati come direttori della filiale di un’azienda. Eppure nell’autorità di un vescovo in rapporto alla sua diocesi ci sarebbe ben più sostanza teologica di quanta ce ne sia nella segreteria di stato …
Prossima fine anche dell’ordine di Malta, dove la nomina a delegato del neocardinale Tomasi forse spiega anche qualcosa della caduta del semicardinale Becciu, che sarà anche stato quel furfante che ora tutti dicono ma che forse aveva anche contrariato un certo gruppo di potere all’interno dello SMOM. Proprio in questi giorni si elegge il nuovo Gran Maestro, con la maggioranza degli elettori impossibilitati a partecipare alle votazioni. Lì non c’è voto postale, ma si teme un altro “effetto Biden”.
Insomma, di roba che finisce ce n’è parecchia: sarai contento, caro Luigi. Che cosa nasca, invece, non si sa, ma come è noto l’importante è “acciare processi”.
Rif. 7 novembre ore 16.41 – Frammentazioni e serietà.
E’ difficile non riconoscere che nella vita religiosa le frammentazioni, le rivalità spirituali, i duplicati per risolvere antagonismi, i protagonismi per differenziarsi siano, da sempre, pagine e capitoli molto opachi (si sa che il preciso numero degli istituti, soprattutto femminili, è uno dei misteri che non controlla nemmeno il Padre eterno). Poi negli ultimi anni si sono aggiunte anche “le nuove forme di vita consacrata” a cui non raramente han dato vita (e scandalo) santoni e ciarlatani vari, di solito dotati di gusti iperconservatori. Vita consecrata di Giovanni Paolo II (1996) aveva promesso di vagliare e vigilare su tutto, specie su quelle esperienze “che attendono di essere ufficialmente riconosciute dalla Sede Apostolica, alla quale solo compete l’ultimo giudizio” (n. 12). Poi – sempre in quegli anni – si era messo anche il Pontificio Consigli dei laici ad approvare, in tema di istituti, forme vecchie, forme nuove, forme miste, forme riciclate. E le cose non sono complessivamente migliorate. E riguardo alle “nuove forme di vita evangelica” ai vescovi era chiesto un buon lavoro di discernimento “valutando con saggezza eventuali debolezze e attendendo con pazienza il riscontro dei frutti” (n. 62). E forse questo buon lavoro c’è stato raramente.
Menare scandalo perché viene modificato il canone 579 (e non viene toccato il canone 605) è eccessivo e sa di pre-giudizio. Quando ai vescovi si vuol togliere la capacità di sapere formulare qualche preghiera liturgica si invoca la garanzia del super potere ispirante del Vaticano; quando ai vescovi si ricorda di non essere faciloni nell’etichettare come carismi alcune “eccentricità personali” si richiama, con fine ortodossia, il potere parallelo degli “autentici maestri”. Ancora una volta: saggio Papa.