Nei diciassette giorni che ci separano dall’atto della rinuncia compiuto l’11 febbraio abbiamo assistito al dipanarsi di un paradosso: quello di un Papa che lascia e con ciò modifica l’immagine papale più di quanto non l’abbiano fatto tutti i suoi predecessori dell’epoca moderna sommati insieme. Non ha soltanto stabilito il precedente della rinuncia per età e salute, già di suo così incisivo da costituire il primo motivo per cui gli altri Papi restavano al loro posto anche quand’era infermi, ma ha creato – con le disposizioni sul proprio futuro – la figura fino a oggi inedita del “Papa emerito”, che non porta più le Chiavi del governo della Chiesa ma resta “nel recinto di San Pietro” e accompagna “nel servizio della preghiera” il ministero del successore. – E’ un brano di un mio articolo pubblicato oggi dal “Corriere della Sera” che può essere letto qui.
Esce dalla storia ma resta nel recinto di San Pietro
38 Comments
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Condivido le riflessioni di Luigi Belteneboroso Accattoli, e torno a ringraziarlo per l’aiuto che ce ne viene. Ho particolarmente apprezzato, nel suo articolo, l’accenno ad una linea di tendenza presente nella storia della chiesa, che va in direzione di una crescita dell’importanza della figura del papa e non – aggiungo io – in quella di una sua diluizione “democraticista” come volevano (e tuttora vorrebbero) i novatores postconciliari. È verissimo che i paragoni con il medioevo, ma direi perfino con i papi prima di Pio IX, non si possono fare perché nella chiesa di oggi il papa è molto di più di quel che fosse allora.
Il punto è che di questa tendenza storica ormai secolare si deve dare una lettura teologica. L’agire di Benedetto XVI ha segnato un enorme contributo all’approfondimento teologico della questione.
Gli esponenti della Rivoluzione francese che deportarono Pio VI e Napoleone che fece arrestare Pio VII si stupivano perché le folle si inginocchiavano davanti a loro …
Al di la
della convinzione che Benedetto XVI, da ieri Papa Emerito, abbia inserito nel corso del suo pontificato tanta di quella teologia che ci vorranno secoli per studiarla e capirla tutta, lasciatemi fare un considerazione personale, piccola piccola, magari non condivisile, ma per me importante.
Vedo in Benedetto XVI un novello Abramo il quale, ad un certo punto della sua missione di successore di Pietro, “sente” la voce di Dio che lo chiama a “salire sul monte”.
Lui è uno che, non solo “ascolta” la voce di Dio, ma “obbedisce” (dal latino “ob audire”, cioè dopo aver ascoltato, la mette in pratica): è un umile servo del Signore il quale, così ome aveva accettato “l’obbedienza” della voce che gli diceva di condurre la barca di Pietro, così ora ascolta la voce che gli ordina: “Vattene dal tuo paese…” (Gen 12,1-3).
E lui parte e va senza sapere dove lo vorrà condurre lo Spirito: perché è sicuro che lo Spirito continuerà a guidarlo al meglio, come ha sempre fatto fino ad ora.
Se non è fede questa…
Mi permetto di suggerire la lettura e meditazione di un aureo libretto di P: Mazzoalri: “Anch’io voglio bene al papa” (EDB) risalente al 1942 (25° di episcopato di Pio XII). Lo acquistai a fine anni ’80 riponendolo nel dimenticatorio, da cui emerse nella memoria del cuore ad aprile 2005 e ora di nuovo; pagine vecchie di 70 anni ormai, come se fossero scritte… un’ora fa.
Mazzolari… pardon!
“esce dalla Storia”
direi che al contrario con il suo gesto è “entrato nella Storia”. Non è mai stato tanto “nella storia” quanto adesso!!!! Perchè della Storia si ricordano le novità e gli strappi, chi, tranne gli specialisti di storia del papato ricorda oggi i nomi dei tre papi prima di Celestino V? Ma Celestino V lo ricordano tutti!!
Luigi, scusa l’off topic, ma stanotte ho sognato che entravo in una grande villa vicino a Roma in un grande noccioleto e tu eri il padrone di casa che mi ospitava calorosamente. Al momento non ricordo più nulla… non mi era mai successo di sognare Luigi Accattoli… che strano!!!
Difatti quasi nessuno ricorda Celestino II, allievo di Abelardo e pontefice di mentalità aperta, di origine tifernate (Città di Castello). Ha relagalato alla nostra città uno stupendo paliotto d’altare, vero capolavoro dell’orificeria dell’epoca.
http://www.museoduomocdc.it/sala2.htm
Celestino II (Guido Guelfucci) pontefice nel 1143 – 1144 è il primo citato dalle profezie di Malachia col motto: “Ex castro Tiberis”.
@ Luigi e @ Mattlar
ma lo vedi Luigi, che cosa combini a cambiare la tua foto? 😀
Cambiare la foto nel blog è come lanciarsi con il paracadute…
A proposito di foto non riesco a capire chi mi ricorda, qualche personaggio da film ma nello sguardo anche Freud e Pirandello.
Diego Abatantuono ?
Buona notte a tutti !
Roberto 55
P.s.: da stasera, però, siamo tutti un pò più orfani …………
Abatantuomo è ok ma non sono sicura che fosse lui quello a cui pensavo.
Interessante il paliotto linkato da Antonella.
Interessante anche come metafora dell’oggi. com’è che una cosa così bella è finita in museo e non sta più dove deve stare?
Caro lyco, quando ero ragazzina il paliotto stava in una stanza della sacrestia del Duomo; era “il tesoro del Duomo”. Ora il “tesoro” è diventato un Museo, ma sempre accanto alla Cattedrale. Prima, per vederlo, si doveva chiedere al sacrista che aprisse la stanza; ora tutti lo possono vedere. Tenuto conto che il Museo ha anche una bella sala dove si tengono conferenze, e che c’è spesso gente, tutto sommato non è male che il paliottodi Celestino II sia nel Museo.
Celestino II fu un papa di larghe vedute; si mostrò tollerante verso Abelardo e Arnaldo da Brescia, scontrandosi a tal proposito con Bernardo da Chiaravalle; come papa tolse l’interdetto alla Francia, comminata dal suo predecessore a Luigi VII che gli aveva disobbedito.
Alla propria sorella, suora in un monastero cittadino, regalò la preziosa reliquia di un braccio dell’apostolo S. Andrea, e l’altare che conserva o conservava questa reliquia si trova ancora nella nostra chiesa di San Francesco. E’ proprio vero, in Italia abbiamo troppa storia e … non sappiamo più dove metterla!
E ormai che sono partito continuo: Celestino II si chiamava Guido Guelfucci, ed io abito proprio in via Guelfucci; la sua casa era qui! Però, quanto si muovevano anche nel Medioevo! Guido Guelfucci fu legato pontificio nel 1143 in Boemia e Moravia.
Et nunc de hoc satis!
Condivido lo stupore di Lyco per gli arredi liturgici che finiscono nei musei, anche se vi sono esigenze pratiche che giustificano quella soluzione. Ho visto il paliotto di Celestino II un giorno guidato da Antonella e condivido che è sistemato bene. Ho un altro esempio di buona sistemazione ma comunque allontanante dal luogo della preghiera che mi tocca da vicino: il presepe di Arnolfo che si trova a Santa Maria Maggiore, cioè a meno di cento metri da casa mia. Da cinque anni è nel Museo della Basilica e non più nella Cripta della Cappella Sistina. E’ sistemato meglio, è meglio fruibile, ma non è più nella Basilica…
Vedi un po’ quanta storia ti ho fatto vedere in mezza giornata, caro Luigi!
Cara la mia signorina Antonella, in Italia non sappiamo neanche dove mettere il presente!!!! Ogni riferimento a persone/situazioni di questi giorni e’ “causalmente” voluto.
Se cominciassimo da li’…
Si ma nelle epoche passate non ci si è mai fatti scrupoli di cambiare, restaurare, rimodernare e anche abbattere pezzi di Chiese e rifarle a capo.
Sarà invece segno dei tempi questa “conservazione delle belle arti” per cui guai a toccare che insorgono questi e quelli.
A volte sembra che l’unico tempo che non si possa dare un suo stile e un suo approccio estetico è il nostro e debba rimanere imprigionato a schemi del passato.
Questa riflessione di Sant’Ambrogio, tratta dall’Ufficio delle Letture di oggi mi sembra particolarmente adatta a commentare la vicenda di papa Benedetto:
“Fuggiamo di qui. Anche se sei trattenuto dal corpo, puoi fuggire con l’anima, puoi essere qui e rimanere presso il Signore se la tua anima aderisce a lui, se cammini dietro a lui con i tuoi pensieri, se segui le sue vie nella fede, non nella visione, se ti rifugi in lui; perché è rifugio e fortezza colui al quale Davide dice: In te mi sono rifugiato e non mi sono ingannato (Sal 76, 3).”
Così la “fuga” di papa Benedetto dal Vaticano è stata vista dall’impareggiabile Giannelli:
http://www.corriere.it/foto_del_giorno/giannelli/13_febbraio_28/giannelli_1fb6f6fa-816e-11e2-aa9e-df4f9e5f1fe2.shtml
A proposito dei musei eccelsiastici, segnalo:
LE GIORNATE DEI MUSEI ECCLESIASTICI 2-3 marzo 2013
Sabato 2 e domenica 3 marzo si svolgerà in tutta Italia la prima edizione delle “Giornate Nazionali dei Musei Ecclesiastici”, un’iniziativa ideata dall’AMEI per promuovere la conoscenza di questa peculiare categoria di musei.
http://www.amei.biz/notizie/le-giornate-dei-musei-ecclesiastici
Motu proprio
🙂
OT……ma com’è sto prodigio, che ogni giorno la tua fotina mi appare sempre un po’ piu’ luminosa ,Luis?
🙂
M’illumino
d’immenso.
Il congedo del Papa, una pagina di cinema
Resterà come uno dei momenti più struggenti della nostra tv
L’elicottero del Papa in volo verso Castel Gandolfo (Omniroma)L’elicottero del Papa in volo verso Castel Gandolfo (Omniroma)
Il momento era solenne, il cerimoniale aiutava molto, la location faceva il resto, ma il congedo da Roma di Benedetto XVI, dal punto di vista puramente televisivo, resterà come uno dei momenti più struggenti della nostra tv. Prima c’è stato il commiato dai cardinali e la memoria si è messa a rincorrere altre immagini, dai vecchi reperti in bianco e nero dei padri conciliari fino al film di Nanni Moretti «Habemus papam». Poco dopo le 17, però, dopo un saluto commosso ai suoi più stretti collaboratori, il Papa ha raggiunto in auto l’eliporto. E qui è iniziata una sequenza senza precedenti.
LA SCENA – Il volo su Roma del Pontefice, relativamente a bassa quota, mentre le campane suonavano a distesa, è qualcosa che esce da codici cerimoniali o da regie preventivate: «Spiritus ubi vult spirat», dice l’evangelista Giovanni. Sembra più frutto di una di quelle concomitanze celesti che ogni tanto si manifestano: un elicottero che inquadra un altro elicottero che volteggia a fianco del Cupolone, sorvola il Tevere, punta il Colosseo, dove normalmente si celebra la Via Crucis, il Venerdì Santo, e poi passa sopra le case di Roma, la gente che guarda in alto e saluta. In meno di venti minuti, l’elicottero atterra a Castel Gandolfo. L’ultimo saluto dal balcone, la piazza gremita.
I GESTI – Più delle parole contano i gesti. Il Papa si ritira, una guardia svizzera, prima di cedere il comando alla gendarmeria, appoggia l’alabarda al muro e, alle 20 in punto, chiude il portone, con un effetto cinematografico a nero. The End. Il pontificato di Benedetto XVI è stato meno mediatico del precedente, più incentrato sul valore della parola. E qui si gioca il senso profondo della parola carisma, ai tempi della tv. Esiste il carisma mediatico o è una contraddizione in termini? Il Papa del logos si è congedato con una pagina di grande cinema.
Aldo Grasso
http://www.corriere.it/spettacoli/13_marzo_02/congedo-del-papa_281d4a2c-82fb-11e2-839d-17a05d1096bb.shtml
Sara1 (chiunque tu sia, pentamurti docens).
Questa nostra epoca ha un proprio stile, ma inadeguato all’oggetto, tanto inadeguato che l’assenza di stile sembra quasi una benedizione.
Sarà senz’altro colpa mia, ma la partenza in elicottero a me non è piaciuta per niente (cinematograficamente parlando, si capisce; tanto per stare al giochino di Aldo Grasso). Gli elicotteri fanno un brutto effetto, sia quando arrivano che quando partono: quando arrivano, è subito Apocalypse Now, quando partono … a quelli della mai generazione vengono in mente gli americani che scappano da Saigon, oppure Ceausescu.
“mai generazione” per “mia generazione” è troppo bello per essere solo un lapsus. Un’ispirazione dall’alto, forse?
L’Unità l’ha paragonato a questa scena.
http://www.youtube.com/watch?v=RReJMvPMneg
A me giuro si è stretto il cuore per tutto il “cerimoniale”.
Lyco tendenzialmente il nostro stile non lo trovo poi così male, poi è anche questione come il solito di attitudine, personalmente mi viene da preferire la Chiesa del Santo Volto di Torino a molti edifici barocchi.
Per dire.
Come raro torinese che ama il Santo Volto (vissuta come un estraneo in città), ringrazio ” commosso” Sara . Ma lo stile cattolico dei torinesi continua a risentire della cupola geometrica della Sindone del Guarini o del barocco meringato della Consolata… mentre il loro vero cuore batte all’unisono nei chiesoni periferici e senza particolari valori artistici dell’ Ausiliatrice di don Bosco e del Cottolengo confinante….
La Consolata mi è piaciuta quando l’ho vista: un caso raro perchè in genere detesto il barocco. E’ così “luminosa” nella sua esagerazione che mi ha colpito moltissimo.
Il Santo Volto però è un altra cosa, unisce circolarità e verticalità, e quel campanile che ricorda il passato industriale sembra farne una basilica paleocristiana moderna. Il cristianesimo che si incultura in un contesto che sembrava quasi ostile e ne plasma il volto.
Bella, bella bella. (anche se non l’ho vista dal vivo).
Sui chiesoni periferici tutto il bene del mondo.
un’altra scusate.
🙂
Alla scena dell’elicottero preferisco la vignetta di Giannelli dal titolo “Motu proprio”.
Sara1, i chiesoni periferici assolvono un ruolo sociale, ma non certo artistico. Comunque, preferisco la loro bruttezza alla vuota magniloquenza delle opere degli archistar, che piacciono tanto ad un meforio di nostra conoscenza.
ops: “delle archistar”