Amici belli vi invito all’ultima serata di Pizza e Vangelo dell’anno 2022, che faremo ancora via Zoom: arrivati in vista del Natale, faremo un’eccezione e invece di leggere un brano dal capitolo 9 di Marco, come toccherebbe, leggeremo il racconto della nascita di Gesù e dell’adorazione dei pastori che è nel capitolo 2 del Vangelo di Luca. Ci impegneremo ad ascoltare questa storia, che quasi sappiamo a memoria, con l’emozione di chi l’ascolta per la prima volta. O almeno con l’anima aperta a cogliere significati che l’abitudine può averci fino a oggi nascosto. Prenderemo come fulcro del racconto la mangiatoia. Nei commenti trovate la scheda di presentazione della lectio. Invito tutti a collegarsi. Chi non l’ha mai fatto mi mandi una mail in privato e io gli indicherò come fare.
Eccoci a Betlemme: fulcro del racconto di Luca è la mangiatoia
12 Comments
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.
Qui irrompe la novità cristiana. Dobbiamo a Luca la narrazione della nascita di Gesù in una stalla e della visita – o “adorazione” – che gli fanno i pastori. Questo racconto è alla base della sensibilità e della cultura relative alla nascita e ai bambini che si sono sviluppate nel mondo cristiano e che ancora oggi in gran parte caratterizzano l’Occidente.
Propongo una sola riprova del riconoscimento moderno della fecondità storica del racconto di Luca: la nascita di Gesù in una stalla fa parte di quel realismo innovatore dei testi evangelici che è stato studiato da Erich Auerbach, il grande filologo romanzo, in Mimesis, dove ce lo indica come esemplarmente rappresentato “dall’incarnazione divina in un uomo di basso rango sociale, dal suo passaggio sulla terra fra uomini e cose ordinarie, dalla sua passione ignominiosa secondo concetti terreni” (volume primo, Einaudi 1964, p. 49). Se Dio nasce in una stalla, allora non vale più il criterio classico che commisura la dignità con il livello sociale. Una mangiatoia può essere il luogo più nobile dell’universo, dei pastori possono rappresentare l’umanità che accoglie Dio, un ladrone crocifisso può assurgere a primo degli eletti.
Colpisce la sobrietà delle informazioni evangeliche sulla nascita di Gesù, che sono state poi arricchite dagli apocrifi del Nuovo Testamento e dalla pietà popolare, nonché dall’iconografia e dall’arte dei presepi. Ma se stiamo all’unica fonte canonica che è quella lucana sappiamo solo che Gesù fu “avvolto in fasce e posto in una magiatoia perché per loro non c’era posto nell’alloggio”.
Maria e Giuseppe sono in viaggio, c’è l’affluenza straordinaria del censimento, non trovano posto nelle camere del caravanserraglio e si sistemano nella stalla, o in un angolo del cortile dove sono mangiatoie e animali. Ma siamo pur sempre in Betlemme e non nei campi. Infatti i pastori che sono nei campi dicono “andiamo fino a Betlemme”. Faremo una lettura mirata a ricostruire l’informazione essenziale sull’ambiente di quella nascita, che è forse un po’ diversa dall’idea campagnola che a volte ci si fa.
Luca 2, 1-20. In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. 2Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. 3Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. 4Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. 5Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. 6Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. 7Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. 8C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. 9Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, 10ma l’angelo disse loro: “Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: 11oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. 12Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”. 13E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: 14″Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”. 15Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: “Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”. 16Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia.
Censimento di tutta la terra. v. 1: un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Luca ha lo scrupolo di collocare storicamente l’evento. Con il primo capitolo l’ha collocato nella storia di Israele, ora lo colloca nella storia del mondo. La datazione di questo “censimento” è molto discussa ed è legata ovviamente alla datazione della nascita di Cristo. Ai fini di questa lectio possiamo limitarci a dire che censimento e nascita di Gesù potrebbero essere avvenuti – come tendono a concludere gli studiosi – nel 6 avanti Cristo.
v. 4: Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme. Circa 150 chilometri, tre o quattro giorni di cammino in carovana, con soste in caravanserragli dov’era possibile trovare dei letti e delle mangiatoie per le cavalcature. Da Luca 2, 44 [“Pensando che egli fosse nella comitiva”] sappiamo che salendo a Gerusalemme Maria e Giuseppe fanno il cammino unendosi a una carovana.
v. 7: diede alla luce il suo figlio primogenito. Per noi un figlio è “primogenito” solo se ce ne sono altri. Per gli antichi no, perché era predominante l’attenzione alla dignità e agli obblighi legali del primo nato.
v. 7: Lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’alloggio. Dunque nasce in una stalla, o comunque in un luogo dove sono animali: potrebbe essere un angolo del carravanserraglio, che era una “stazione” per carovane dove venivano ospitati uomini e animali. Non ci sono il bue e l’asino (che vengono dai vangeli apocrifi), ma c’è l’essenziale del nostro presepio. Notare la sobrietà dei dati narrativi: non viene fornito nessun particolare superfluo.
E’ nato per voi un Salvatore. v. 8: C’erano in quella regione alcuni pastori. Gli angeli, che in cielo stanno davanti a Dio, ora si rivolgono ai pastori, che erano gli ultimi della società: dei senzacasa, impuri per la loro vita a contatto con gli animali. Dal punto vi vista letterario, prosegue l’accostamento degli opposti che aveva già caratterizzato l’evocazione di Cesare Augusto che dispone il censimento e il fatto minimo di due ebrei che per esso lasciano il loro paese e vanno verso Betlemme.
v. 11: Oggi è nato per voi un salvatore, che è il Cristo Signore. Per l’ebraismo “salvatore” era un titolo riservato a Jahvè. Qui l’angelo rende esplicito il significato del nome Gesù: “Dio salva”. Cristo: cioè “unto”, cioè Messia. “Signore” nell’ebraismo è l’equivalente del tetragramma YHWH, pronunciato Adonay. Luca è l’unico autore del Nuovo Testamento che unisce insieme i due titoli di Cristo e Signore. Anche negli Atti [che hanno lo stesso autore del Vangelo di Luca] troviamo l’accostamento dei due titoli: “Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso” (2, 36).
v. 14: Gloria a Dio. Questo versetto è stato messo come attacco dell’inno del Gloria che si usa nella liturgia. Ma “gli uomini di buona volontà” gli studiosi moderni l’hanno corretto in “gli uomini che egli ama”. I primi due capitoli di Luca hanno fornito cinque inni o invocazioni alla nostra liturgia: l’Ave Maria, il Magnificat, il Benedictus, l’attacco del Gloria e il Nunc dimittis.
Narrata fattualmente. Torniamo un momento al significato – che dicevamo all’inizio – di questa nascita per la storia dell’umanità.
Nei Vangeli troviamo tre accostamenti progressivi a quella che nella storia delle arti figurative sarà chiamata Natività, che sono ripercorribili attraverso le diverse narrazioni:
1. Il fatto della nascita, senza il suo racconto: è in Marco e in Giovanni, che ci presentano Gesù già adulto e lo dicono figlio di Maria. Quei Vangeli mettono in scena le conseguenze della nascita, ma non la raccontano.
2. La nascita narrata biblicamente da Matteo, che così la enuncia al versetto 25 del capitolo primo del suo Vangelo: “Giuseppe prese con sé la sua sposa ed ella “diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù” [il riferimento è a Isaia 7, 14: “Ecco una vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele”].
3. La nascita narrata fattualmente da Luca, con l’ambientazione nel viaggio a Betlemme, la mangiatoia e i pastori. Matteo narra la nascita di Gesù dal punto di vista di Giuseppe, Luca dal punto di vista di Maria.
Questo per voi il segno. Il fatto della nascita – interpretato come mistero dell’incarnazione, cioè come ingresso di Dio nella storia dell’umanità – è argomento di tutta la riflessione cristiana.
L’enunciato biblico “partorì un figlio” – dal quale prende le mosse quella riflessione due volte millenaria – ha una particolare pregnanza: costituisce “la più gloriosa ed efficace espressione” della “fede e speranza nel mondo”, le “due essenziali caratteristiche dell’esperienza umana che l’antichità greca ignorò completamente” (Hannah Arendt, La vita della mente, p. 182).
Due caratteristiche dell’esperienza umana che trovano fondamento nell’atto della donna che diviene madre e della nuova creatura che viene alla luce. Donde le parole tematiche: Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia (v. 12).
Che c’azzecca la pizza con il Vangelo. Chi voglia sapere che sia “Pizza e Vangelo” vada – qui nel blog – nella pagina che ha questo nome: è elencata per quarta sotto la mia foto, ad apertura del blog. Propongo nel blog i testi che affrontiamo nel gruppo biblico [c’è da 19 anni] perché chi può tra i visitatori mi dia una mano – un suggerimento, uno spunto, una critica – nella preparazione della lectio. Gli incontri si chiamano “pizza e Vangelo” perchè prima si mangia una pizza e poi si fa la lectio. Ora da remoto la pizza non c’è ma teniamo duro con il Vangelo in attesa che torni anche lei. Forse con l’anno nuovo. Chissà.
Siamo un gruppo di una trentina di lettori della Bibbia che da quasi vent’anni si riunisce a casa mia per una lettura continuata del Nuovo Testamento: abbiamo fatto ad oggi il Vangelo di Luca e gli Atti degli Apostoli e ora stiamo leggendo il Vangelo di Marco. Dall’arrivo della pandemia gli incontri avvengono via Zoom e il giro si è allargato da trenta a cinquanta e oltre. Chi non è stato mai agli incontri in presenza e non si è mai collegato, e magari non abita a Roma, e lunedì voglia provarci, scriva qui sotto nei commenti la sua richiesta o mi scriva in privato [andando alla finestra “manda un’email” che è sotto la mia foto] e io privatamente gli indicherò il modo di unirsi al meeting, che andrà dalle ore 21.00 alle 22.30 di lunedì 19 dicembre. L’appuntamento precedente fu lunedì 5 dicembre e la registrazione audio di quell’incontro la trovi nel post del 14 dicembre:
http://www.luigiaccattoli.it/blog/siamo-tutti-inermi-e-disperati-come-il-padre-dellepilettico-abbi-pieta-di-noi-e-aiutaci/
Udii tra il sonno le ciaramelle,
ho udito un suono di ninne nanne.
Ci sono in cielo tutte le stelle,
ci sono i lumi nelle capanne.
Sono venute dai monti oscuri
le ciaramelle senza dir niente;
hanno destata ne’ suoi tuguri
tutta la buona povera gente.
Ognuno è sorto dal suo giaciglio;
accende il lume sotto la trave;
sanno quei lumi d’ombra e sbadiglio,
di cauti passi, di voce grave.
Le pie lucerne brillano intorno,
là nella casa, qua su la siepe:
sembra la terra, prima di giorno,
un piccoletto grande presepe.
Nel cielo azzurro tutte le stelle
paion restare come in attesa;
ed ecco alzare le ciaramelle
il loro dolce suono di chiesa;
suono di chiesa, suono di chiostro,
suono di casa, suono di culla,
suono di mamma, suono del nostro
dolce e passato pianger di nulla.
O ciaramelle degli anni primi,
d’avanti il giorno, d’avanti il vero,
or che le stelle son là sublimi,
conscie del nostro breve mistero;
che non ancora si pensa al pane,
che non ancora s’accende il fuoco;
prima del grido delle campane
fateci dunque piangere un poco.
Non più di nulla, sì di qualcosa,
di tante cose! Ma il cuor lo vuole,
quel pianto grande che poi riposa,
quel gran dolore che poi non duole;
sopra le nuove pene sue vere
vuol quei singulti senza ragione:
sul suo martòro, sul suo piacere,
vuol quelle antiche lagrime buone!
(Giovanni Pascoli)
In tempi come questi non solo cupi quanto squallidi , gelidi e cinici, dove vanno in fumo tante se non tutte le nostre certezze e fiduce e i nostri “fidarci” di persone e istituzioni che credevamo buone e poi si rivelano marce ,viene davvero la nostalgia di quelle “lacrime buone” di cui parla il poeta Pascoli, quando da bambini si piangeva di “nulla” solo sentendo il suono delle zampogne natalizie. Ci hanno tolto tutto , (e anche la Chiesa ufficiale in questo ha fatto la sua parte spingendoci come un branco di pecoroni verso i pascoli sterili ed aridi che don Centofanti definisce il “razionalismo)anche l’ infanzia spirituale, anche la semplice, ingenua fede dei fanciulli, anche i canti natalizi tradizionali, anche la tradizione ,vietata, vietatissima in un mondo dove tutto e’ permesso.
. E ora che abbiamo una fede “adulta ” e moderna e cioe’ nessuna fede, rimpiangiamo l’ atmosfera calda dei Natali da bambini, mentre oggi abbiamo razionalistici,ricchi , inclusivi , politicamente corretti Natali moderni , tutti luci ed effetti speciali, senza anima.
Alle sorgenti del vivere
Perché si pensa come la si pensa
https://gpcentofanti.altervista.org/le-radici-sconosciute-delle-spiritualita-e-delle-culture/
Auguri a tutto il blog.