Oggi e domani sono in carcere a Mantova per il Premio Castelli, essendo per la seconda volta il presidente della giuria per tale premio. Devo parlare due volte, nella giornata di domani: al mattino durante la premiazione nella Casa Circondariale di Via Poma e al pomeriggio nella Sala Chiostro di San Barnaba al convegno – collegato al premio – “Famiglia e affetti nella vicenda penitenziaria”. Il tema del premio quest’anno era “Ma tu ce l’hai una famiglia?” Hanno mandato racconti, riflessioni, poesie, testi multimediali 185 carcerati di 72 istituti di pena. Il vincitore è un napoletano di nome Gianluca Migliaccio, che è in carcere ad Ascoli Piceno, il cui testo ha questo attacco: “Due volte sono venuti da quando sto qui, e sono quattro anni”. Come già l’anno scorso è stata una cura di realismo leggere le confessioni di tanti carcerati, uomini e donne, italiani e stranieri. Nessuno dei concorrenti ha dato una risposta negativa alla domanda, pur trovandosi più d’uno in una situazione anagrafica o affettiva di conclamata solitudine. Leggendo i loro testi dolorosi sono tornato a intendere che ogni uomo e ogni donna sa di appartenere nativamente ad altre persone e afferma con decisione di avere comunque una famiglia, o presume di averla, o la rivendica, o la sogna come un indispensabile completamento dell’esistenza.
Due volte sono venuti da quando sono qui
14 Comments
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.
Straordinario il premio e veramente felice l’intuizione di istituirlo… per far uscire i detenuti dal carcere e perché l’impressione che questo scolpisce nella loro persona possa trovare una espressione anche al di fuori. E’ fondamentale per loro e per noi che leggiamo, perché il carcere è tanto lontano da noi, o per lo meno, dalla comune esperienza, che non immaginiamo nemmeno. Nei primi anni dopo la laurea, mi dedicai per qualche tempo alla pratica forense con un penalista: ricordo l’impressione di quando entravo in tribunale penale. Mi sembrava di entrare in un universo a parte.
Straordinaria e trasparente nella sua crudezza la testimonianza di quest’uomo. Luigi, se puoi ci riporti altri brani? E’ un bagno di umiltà per tutti: poter ricordare quanto sia bello e ricco avere una famiglia vicina; poter condividere la sofferenza con questi fratelli; poter capire che il carcere è un vero dramma…
E’ morto a Roma Erich Priebke… di carcere se ne intendeva, sia da una parte che dall’altra… ha generato tanta sofferenza e dolore, i quali probabilmente venivano da un vuoto gigantesco dentro di lui.
Non è facile, ma mi sforzo di pregare per lui.
La straordinaria storia di san Romano martire è quella di un uomo (Romanus) che era il carceriere di un certo diacono Lorenzo (s. Lorenzo) e che, durante il martirio di quest’ultimo, stupefatto dalla forza di questo santo uomo che cantava nel momento in cui moriva, si convertì alla fede cristiana e divenne martire anch’egli… è una storia bellissima. (storie di carcere, detenuti e martiri)
“Leggendo i loro testi dolorosi sono tornato a intendere che ogni uomo e ogni donna sa di appartenere nativamente ad altre persone e afferma con decisione di avere comunque una famiglia, o presume di averla, o la rivendica, o la sogna come un indispensabile completamento dell’esistenza.”
È così. Anche fuori del carcere c’è la solitudine estrema di chi “presume” di averla, una famiglia. Se c’è, non si fa né vedere né sentire, la famiglia.
È molto triste, ma è una realtà.
@Mattlar (e tutti)
San Basilide di Alessandria
http://www.santiebeati.it/dettaglio/91382
Lodo molto il signor Mattlar per il suo proposito di pregare per Priebke; per il quale – a quanto pare – non prega nessuno e che fa schifo a tutti.
Eppure, se Cristo non fosse morto per salvare anche lui (se si è lasciato salvare) Cristo non sarebbe vero. Non sarebbe Cristo.
E lei, signor Franti, sta pregando per la buon’ anima?
Ci faccia sapere.
Sbaglio, o vedo un apostrofo di troppo ?
Scherzi a parte, concordo (da “cristiano dell’ultimo banco”, e, quindi, compagno di banco di Lazzaro e dell’indimenticatyo Sump) con l’amico Mattlar: Erich Priebke era un criminale, che ha pagato tardi (e poco) le sue colpe, e, oltretutto, non ha mai mostrato pentimento alcuno per la strage di cui s’è reso corresponsabile; ma proprio per questo motivo, e per quanto sia improbo, vale la pena di pregare per la sua anima.
Un caro saluto agli amici del “pianerottolo”.
Roberto 55
Anche nel mio intervento c’è una “y” di troppo ……….
Roberto 55
Nel mio non c’è un apostrofo di troppo. Posso assicurarlo.
Comunque, sì, preghiamo…preghiamo…
Non so se i familiari delle tante, povere vittime di quel buon uomo se la sentano di pregare. Credo proprio di no, e le capisco molto bene.
In casi come questi, e come altri, forse è meglio lasciare a Dio il perdono.
Lui sa molto più di noi il da farsi.
Del resto, io sono convinta che la preghiera forzata non abbia molto valore.
Marilisa, il mio bisnonno è una vittima delle fosse ardeatine. Non so dirti se lo abbia fatto sua figlia, mia nonna, che è morta un mese fa, ma io posso pregare per questo uomo che – comunque – non è riuscito ad abbattere la vita della mia famiglia: mia nonna è morte in pace e tutti la abbiamo amata, soprattutto nella sua ferita.
Penso che sia bene fare questo sforzo, il Signore apprezzerà se non la preghiera, sicuramente lo fatica.
Ben tornato Franti, sono felice di rivederti…
e di leggerti.
? un peccato che questo topic sul carcere attiri meno commenti di quello su priebke!