Don Giuseppe Branchesi, parroco a Macerata, 81 anni, muore di Covid il 20 aprile all’ospedale di Civitanova nove giorni dopo aver inviato ai parenti, da quello stesso ospedale, per telefonino, un testamento che si conclude con questo saluto: “Chiedo perdono a tutti, e tutti perdono”; e ancora: “Grazie a Dio. Grazie a tutti. Benedico tutti”. E’ un caso raro di un morente in terapia intensiva che ha avuto la possibilità di un commiato compiuto, nella piena consapevolezza del momento che stava vivendo. Nel primo commento una pagina del libro che su questo sacerdote ha pubblicato Maurizio Verdenelli con il titolo “Grazie fratello”: la pagina che informa sul testamento indirizzato ai familiari. Nel secondo una scheda sulle tante attività sociali di questo parroco.
Don Giuseppe: Grazie a Dio. Grazie a tutti. Benedico tutti
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Chiedo perdono a tutti. Neppure dall’ospedale dov’era ricoverato da un mese, sfinito dalla sfida senza quartiere con il virus in un contesto emergenziale, don Giuseppe aveva rinunciato al suo rituale appuntamento con il messaggio in occasione della Pasqua (così com’era stato sempre, pure per il Natale). Ma questa volta si è trattato di un toccante testamento spirituale. Il parroco di Santa Maria in Selva sapeva che il suo tempo stava volgendo al termine. In modo preveggente lo sapeva prima che, indomito sulle barricate del suo apostolato mai venuto meno all’impegno di ‘ir fra la gente’, avesse contratto il Covid-19.
Una premonizione di morte imminente “che emerge dalle sue ultime interviste social” ha detto il 19 maggio 2020 padre Luciano Genga celebrando al SS. Crocefisso la messa a suffragio di don Giuseppe ad un mese dal decesso. Autorizzato dai familiari, padre Luciano ha parlato dell’ultimo messaggio/testamento che don Peppe ha scritto, trovando in sé le ultime energie, la sera dell’11 aprile, che era quella del Sabato Santo, in attesa della Pasqua, l’alba della sua nuova vita.
Un lunghissimo e puntuale documento dove il parroco treiese ringrazia tutti. Dio per primo e “molto”, poi la famiglia e via via tantissimi ‘grazie’ come tantissimi sono stati i parrocchiani, i fedeli, gli amici e i campi d’azione nei decenni del suo incessante apostolato. Commovente l’addio. “Chiedo perdono a tutti, e tutti perdono” e “Grazie a Dio. Grazie a tutti. Benedico tutti”.
Dal volume di Maurizio Verdenelli, “Grazie Fratello. Don Giuseppe Branchesi da Santa Maria in Selva al mondo”, Macerata giugno 2020, p. 7.
Una fede che è allegria. Parroco di Santa Maria in Selva, borgo in comune di Treia, Macerata, don Giuseppe Branchesi era stato missionario in Togo ed era ancora assistente provinciale della Coldiretti, animatore dei Corsi di Cristianità (Cursillos). Promotore di una “sagra della polenta” che era divenuta nei decenni una sua passione dominante: era presidente onorario del “Comitato polentari d’Italia”. Ricoverato il 17 marzo, è morto il 20 aprile. La sua indole entusiasta e amichevole è stata così ricordata dal vescovo di Macerata Nazzareno Marconi al momento di benedirne la bara all’ingresso del cimitero di Treia nei giorni nei quali non si potevano fare i funerali: «Non sarebbe bastata una chiesa per salutare il nostro fratello don Giuseppe. Adesso che è vicino a nostro Signore e non starà fermo neanche lì, chiediamo la sua protezione». In una comunicazione alla diocesi il vescovo aveva espresso gratitudine per «lo stile sereno di una fede che è allegria e lode a Dio per il dono della vita» che sempre aveva caratterizzato don Branchesi.
Trentacinque storie. Questa di don Giuseppe Branchesi è la trentacinquesima vicenda da Covid – 19 che racconto nel blog. Per vedere le altre vai al capitolo 22 “Storie di pandemia” della pagina “Cerco fatti di Vangelo” elencata sotto la mia foto:
http://www.luigiaccattoli.it/blog/cerco-fatti-di-vangelo/22-storie-di-pandemia/