Dal 15 gennaio, cioè da tre settimane, l’arcivescovo Georg Gänswein non compare più accanto a Francesco negli appuntamenti pubblici. Sulla spinta di media di lingua tedesca – primo il «Tagespost» – nella giornata di oggi hanno infuriato le illazioni: il Papa ha sospeso don Georg dalle sue funzioni di “prefetto della Casa Pontificia” per la vicenda del libro Sarah-Benedetto sul celibato, don Georg non sta bene, è Benedetto che non sta bene e don Georg d’ora in poi starà di più con lui e di meno con Francesco. C’è anche una mezza dichiarazione del portavoce vaticano. Nei commenti la riporto e l’interpreto – dubitativamente – nel senso dello spostamento di don Georg da Francesco a Benedetto a motivo delle condizioni di quest’ultimo.
Don Georg starà più con Benedetto e meno con Francesco
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“Ridistribuzione” dice il portavoce. Queste le parole del portavoce Matteo Bruni: «Nessuna sospensione, non ci sono informazioni in tal senso. L’assenza di monsignor Gänswein, durante determinate udienze nelle ultime settimane, è dovuta ad una ordinaria ridistribuzione dei vari impegni e funzioni del prefetto della Casa Pontificia, che ricopre anche il ruolo di segretario particolare del Papa emerito». Questa è una mezza dichiarazione nel senso che è stata data agli operatori dei media che ponevano domande, ma non è stata pubblicata nel bollettino. Non ha dunque il sigillo dell’ufficialità.
Mia interpretazione dubitativa. Trovo ragionevole la “ridistribuzione” degli impegni di don Georg dopo sei anni – e quasi sette – di equa distribuzione tra Francesco e Benedetto. Ma sta di fatto che l’ultima apparizione pubblica del “prefetto della Casa” è del giorno nel quale in Francia arrivò nelle librerie il volume sul celibato pubblicato da Fayard con le firme appaiate di Benedetto XVI e del cardinale Sarah: Des profondeurs de nos coeurs (Dal profondo dei nostri cuori). Pensare che vi sia un nesso non appare fuori luogo. Appare anzi necessario. D’altra parte è anche chiaro che una dichiarazione rotonda del portavoce che facesse riferimento alle condizioni del Papa emerito avrebbe scatenato una ridda di illazioni sulla sua salute. Da qui la mezza dichiarazione e da qui la mia interpretazione dubitativa.
Ma il fatto è buono. L’interpretazione resta al momento dubitativa: capita che anche i giornalisti abbiano i loro “dubia”. Ma il fatto – nei termini nei quali è acclarato – appare buono: che cioè don Georg sia di meno sulla scena dell’ufficialità vaticana e stia di più con il caro Benedetto in questa sera della sua operosa giornata. Per dirla con un’espressione di Francesco: la realtà è superiore all’idea (Evangelii Gaudium 233). Sulla scena dell’ufficialità in questi sei anni don Georg c’è stato con sostanziale equilibrio, ed era un equilibrio difficile a tenere. Ma egli si era ricavato anche uno spazio nell’ufficiosità delle proprie comparse per il mondo, nella conduzione fattuale e mediatica dei contatti con il Papa emerito, nell’interpretazione della compresenza dei due Papi che spesso ha gestito senza piena avvertenza delle implicazioni che comportavano. Non sarà un male se ora parlerà di meno e condurrà quell’insieme di impegni con più concentrata prudenza.
Rif. 8.22 ….terzultima riga
“…spesso ha gestito senza piena avvertenza delle implicazioni che comportavano”. “Spesso” mi pare eccessivo. Metterei: talora
Re-blog della rivista “Il Regno” ha ripreso questo mio post:
https://re-blog.it/2020/02/06/don-georg-stara-piu-con-benedetto-e-meno-con-francesco/
Hai ragione padre Luigi: vada per “talora”.
Caro Luigi.
Riflettevo tra me e me, permettendomi di fare un po’ di “cronaca”: se i “dubia” trovassero conferma saremmo al secondo prelato che cade causa “incidenti” sull’asse Santa Marta-Monastero Mater Ecclesiae.
Il primo fu Mons. Dario Edoardo Viganò, ora Mons. Georg Gänswein.
Entrambi occupanti ruoli non da poco: dalle comunicazioni alla Prefettura della Casa Pontificia…Quest’ultima come ben sai riveste un ruolo importantissimo in San Pietro…
Che dire, il mondo non è fatto di miele e zucchero filato, -tutt’altro-, Vaticano compreso.
Un caro saluto.
Come faceva a non avere piena avvertenza delle conseguenze del libro di sarah e ratzinger ( firmato però come benedetto) ? Oscilliamo tra l’ingenuità , per non dire peggio e la malafede )
Era tempo comunque che lasciasse o l’incarico , o fosse costretto a lasciare, un doppio incarico che già non aveva senso sin dal principio..
Cristina VIcquery
Caro Fabrizio,
se c’è un posto dove non si trovano per nulla né il miele né lo zucchero filato, questo è il Vaticano : storia vecchia, ad ogni giro di papa rinverdita e reinterpretata, fino ai recenti pateracchi e alla tarda conversione viganide del povero Aldo Maria ( Valli).
Da digiuno di vaticanàrie quale sono, mi limito ad osservare dall’esterno, e da qui mi trovo sostanzialmente d’accordo con Cristina. Quell’incarico obbiettivamente doppio in ogni senso ( e altrettanto obbiettivamente difficile assai) richiedeva- mi sembra, piu’ che mai – il requisito del ” candido come colomba e astuto come serpente”. Ben, nel tempo, spesso o talora, che dir si voglia, il monsignore è parso, a seconda delle visuali, o troppo candido, o troppo astuto. Dando l’impressione , qua e là, di essersi stufato dell’incarico stradelicato da cerniera silente e di voler giocare sui due tavoli una partita sua… Per cui, se tornerà a dedicarsi toto corde a Benedetto, non ci sarà che da rallegrarsi. Con la speranza che anche lui, come il venerabile emerito, scelga il più possibile la virtuosissima e preannunciata strada del silenzio: che invece, ad entrambi, pare costare tanticchia assa’ , direbbe Montalbano.
Caro Lorenzo.
Ti ritrovo con piacere. Sono d’accordo: il doppio ruolo di Mons. Ganswein era troppo delicato
Un forte abbraccio.
Commento al Vangelo del 7 febbraio 2020
Mc 6, 14-29
In quel tempo, il re Erode sentì parlare di Gesù, perché il suo nome era diventato famoso. Si diceva: «Giovanni il Battista è risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi». Altri invece dicevano: «È Elìa». Altri ancora dicevano: «È un profeta, come uno dei profeti». Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: «Quel Giovanni che io ho fatto decapitare, è risorto!».
Proprio Erode, infatti, aveva mandato ad arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, perché l’aveva sposata. Giovanni infatti diceva a Erode: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello». Per questo Erodìade lo odiava e voleva farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e vigilava su di lui; nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
Venne però il giorno propizio, quando Erode, per il suo compleanno, fece un banchetto per i più alti funzionari della sua corte, gli ufficiali dell’esercito e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla fanciulla: «Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò». E le giurò più volte: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ella uscì e disse alla madre: «Che cosa devo chiedere?». Quella rispose: «La testa di Giovanni il Battista». E subito, entrata di corsa dal re, fece la richiesta, dicendo: «Voglio che tu mi dia adesso, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto.
E subito il re mandò una guardia e ordinò che gli fosse portata la testa di Giovanni. La guardia andò, lo decapitò in prigione e ne portò la testa su un vassoio, la diede alla fanciulla e la fanciulla la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputo il fatto, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.
Il Battista è stato un testimone fino all’ultimo sangue della verità. E la verità, anche calpestata, tende a riemergere in mille modi: è risorto, dicevano. Erode non era semplicemente un criminale incallito. Dai vangeli traspare una figura complessa, cercata da una grazia che temeva di accogliere perché la vedeva in contrasto con i suoi sistemi di potere. Se avesse avuto intorno persone dal cuore aperto forse si sarebbe convertito. Ma la luce in lui viene sommersa dalla negatività anche della sua corte. Com’è importante avere vicino a noi qualcuno che si lasci portare dallo Spirito! Un genitore, un amico vero, un catechista. Quanto è decisivo un sereno e di lungo cammino padre spirituale. Da chiedere a Dio e da riconoscere nel tempo se valido. Giovanni aveva accompagnato il cammino dei suoi discepoli verso il Cristo, accettando che alcuni non fossero pronti a “passare” a Gesù. La sua fine è vissuta come una donazione in tale direzione: infatti poi questa loro nuova sequela si intravede nei vangeli.
Hanno parlato troppo, sia il papa emerito che il segretario? A me non sembra. Il libro si intitola: “Dal profondo dei nostri cuori”: un libro che sottolinea il valore spirituale del celibato sacerdotale. Un giovane sacerdote mi ha detto di avere scelto il celibato “con piena consapevolezza e libertà”. L’ho molto stimato per questo. Probabilmente nella società odierna non è più possibile che tutti i sacerdoti siano celibi. C’è carenza di sacerdoti, e non solo in Amazzonia! In una frazione della mia città, luogo di profonde radici cattoliche,il parroco (che ha sei parrocchie) riesce a dire la Messa domenicale solo due volte al mese. Nelle altre domeniche un giovane accolito sposato con figli celebra in maniera encomiabile la liturgia della parola e distribuisce la Santa Comunione.
Io penso che sia papa Benedetto, che il cardinale Sarh, che lo stesso Ganswein abbiano scelto il celibato “in piena consapevolezza e libertà”: Nulla di strano, dunque, che vogliano metterne in evidenza il valore spirituale, anche se ragioni storiche e pratiche pratiche spingono ad “allentare” il precetto. Non sono molto ferrata in storia della Chiesa, e quindi non so dire altro. Ma la tradizione di astenersi dal sesso prima di “celebrare” è presente fin dall’Antico Testamento.
Mi ritrovo nelle parole degli amici Fabrizio e Lorenzo: è stata impressione anche mia che Padre Georg abbia troppo a lungo giocato su due tavoli una partita tutta sua, e che il suo gioco abbia finito con il vedersi scoperto in occasione della vicenda del libro del Cardinale Sarah.
L’unico aspetto che, in tutto quest'”affaire”, mi dispiacerebbe di dover apprendere riguarderebbe le condizioni di salute (cui anche il nostro “padrone di casa” accenna) del Papa Emerito, verso il quale nutro sincero affetto.
Buon fine-settimana !
Roberto Caligaris
Preti sposati? Sì, purché casti…
di Roberto Beretta | 05 dicembre 2019
Circola una strana teoria, questa: mettiamo pure che si facciano i preti sposati, però poi devono vivere «come fratello e sorella». Una curiosa pretesa che umilia due sacramenti in un colpo solo.
Circola una strana teoria, su siti internet d’argomento cattolico, ed è questa: mettiamo pure che si facciano i preti sposati, però poi devono rimanere in «perfetta continenza». Ovvero: se proprio volete il sacerdote maritato, lui e la moglie convivano «come fratello e sorella».
La curiosa pretesa, che in realtà umilia due sacramenti in un colpo solo, nasce da una pratica rintracciata nella Chiesa delle origini: pare infatti che i “viri probati”, all’atto dell’ordinazione sacerdotale, si impegnassero ad astenersi in perpetuo dagli atti sessuali. Per cui ora alcuni teorizzano che, se non si può fare a meno di tornare all’antica pratica, almeno la si applichi integralmente, cioè appunto chiedendo che i coniugi vivano in castità.
Ora, anche a prescindere dal perfido sapore ricattatorio di una pretesa del genere («Vediamo un po’ chi accetterà di fare il prete sposato, a queste condizioni…») e soprattutto dall’osservazione di metodo per cui non è affatto detto che tutte le usanze della Chiesa delle origini debbano essere calligraficamente ricopiate ai nostri giorni (perché non la totale comunione dei beni, allora? E gli stiliti che per penitenza stavano in piedi su una colonna?), mi risulta poco comprensibile – se non nell’ottica meramente politico-ideologica di “mettere i bastoni tra le ruote” di un paventato cambiamento – che persone informate di teologia possano riproporre ipotesi del genere. Ecco perché.
1) L’unione sessuale è essenziale nel sacramento del matrimonio, anzi per alcuni teologi (e anche qui fin da tempi remoti…) ne è la materia. Tant’è vero che la Chiesa distingue tra matrimonio “rato” (celebrato con il consenso pubblico in chiesa) e “consumato” effettivamente, sostenendo che solo in questo secondo caso esso diventa indissolubile. Negare tale realtà nel caso che il marito venga ordinato sacerdote, oppure obbligare ad astenersene, equivale a snaturare un sacramento, ad annullarlo col pretesto di conferirne un altro. Una cosa che teologicamente sarebbe aberrante. Infatti una richiesta del genere non la fanno né gli ortodossi ai loro preti sposati, e nemmeno i cattolici nel (raro ma reale) caso di sacerdoti – ex anglicani, maroniti, eccetera – che mantengono lo stato matrimoniale.
2) La richiesta di continenza perfetta solo perché si devono “celebrare i sacri misteri” puzza lontano un miglio di quel pregiudizio antimaterialista che ha spesso infettato le religioni, non esclusa quella cristiana (cfr. gnostici, catari), per cui la “purezza” rituale presuppone un’astensione dalle “sporcizie” umane: per esempio il contatto con il sangue, ma soprattutto il sesso. Sappiamo tutti che molte prescrizioni bibliche riguardano proprio tale genere di purità formale; ma sappiamo pure che il cristianesimo – non a caso religione dell’incarnazione – si è opposto con forza, superandole, alle regole dualiste che vedono il male nella “carne”.
3) Tra l’altro, anche quest’idea disincarnata della purezza è contro la corretta teologia cattolica, che ha sempre sostenuto come i sacramenti siano validi anche quando il ministro che li dispensa è indegno, ovvero peccatore di qualunque genere di crimine o irregolarità morale: compresa - per esempio – la consumazione di rapporti sessuali. Non si capisce dunque quale sarebbe il nesso necessario (necessario: perché è questo che si chiede, non un’astinenza volontaria o periodica) tra perfetta continenza e ministero sacerdotale. Un “vir probatus” che si mantenga in castità non ha nessun carattere essenziale in più di uno che non lo faccia.
4) E’ evidente infine che la richiesta di astinenza perpetua a un eventuale prete sposato, oltre a quanto detto sopra, è profondamente viziata da clericalismo, ovvero dalla presunzione di “superiorità” del sacerdozio sullo stato matrimoniale. E’ ancora e sempre l’idea che la castità sia “meglio”, più virtuosa e meritoria, o comunque che il ministero ordinato sia uno stato di maggiore perfezione, se non addirittura un “premio” che merita un sacrificio (in questo caso due: del marito e della moglie…).
5) Mi piacerebbe poi saperecome tutto questo si concilia con la propaganda più tradizionalista sul matrimonio: la procreazione è uno dei fini principali del matrimonio, meglio fare tanti figli, i figli sono dono di Dio, eccetera eccetera. Oppure questo vale per i comuni sposi, e invece per i preti sposati no?
Insomma, se davvero questa fosse la scelta finale e nel caso assolutamente ipotetico che mi venisse proposto il ministero da prete sposato, credo che risponderei come i cristiani di Atene a san Paolo: «Di questo parleremo un’altra volta».
Alberto Farina
Cara Antonella, sul fatto che “sia papa Benedetto, che il cardinale Sarah, che lo stesso Ganswein abbiano scelto il celibato “in piena consapevolezza e libertà”: Nulla di strano, dunque, che vogliano metterne in evidenza il valore spirituale” credo che si concordi tutti.
Non tralascerei il fatto che quello stesso identico valore è stato ribadito da papa Francesco, come , riassuntivamente, puoi leggere qui:
https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2020-01/celibato-sacerdotale-papa-francesco-libro-ratzinger-sarah.html
Ben ben ben chiarito questo, il punto è un altro.
Prescindiamo dalle dietrologie, e stiamo ai fatti.
QUALSIASI COSA dica o scriva Benedetto ( o Georg in versione di suo megafono) inevitabilmente vien presa e risparata da chi lo ritiene, pro domo propria, salvo poi rimangiamenti, marce indietro, smentite, chiarificazioni, e via dicendo da parte del duo tedesco. Anche essendo benevolissimi e imputando tutto a bonomia sfruttata da altri, la situazione, comprovata da anni , è questa.
Dunque, non sarebbe meglio tacere? Si ridurrebbe il problema di parecchio.Non del tutto, perché ci sarebbe comunque chi troverebbe il modo di propalare voci, spifferi, confidenze, ecc ecc. Ma , insomma, il pateracchio si limiterebbe un bel po’
Un sacrificio? Una limitazione della libertà d’opinione personale? Puo’ darsi: ma necessario, per lapalissiana opportunità.
In caso contrario finisce, cosa che regolarmente si verifica, che l’unico a restare col cerino in mano è Benedetto: tirato per la veste bianca sempre più larga e lunga, e fatto passare via via per complottardo, oppositore, prigioniero, plagiato, O, rudemente anche se implicitamente, un po’ svampito. Con i personaggi di turno ( vedi il caso del cardinal Sarah, ultimo ) che a frittata fatta non si fan poi remora di squadernare fogli, missive, autografi, buttandoli in pasto alla stampa perché piccati e feriti nel personale orgoglio. Costoro, parere personalissimo, comportandosi cos’ dimostrano di non aver nessun riguardo e nessun rispetto per il venerabile emerito, nonostante le pie peregrinationes al suo simil-soglio ( tutte a favor di fotocamera) siano fatte per dimostrare coram populo l’esatto opposto
Per entrare un cicinin di più nel merito, che si vede dall’esterno?
Che il cardinal Sarah ha voluto ancora una volta comportarsi come Veronica Lario ( con tutto il rispetto per entrambi) quando, ” per far conoscere” il suo pensiero al marito Berlusconi, gli scrisse una “lettera privata”… lasciandogliela non sulla scrivania, ma in prima pagina sul quotidiano nazionale più diffuso (e antibrlusconiano).
Non credo che né alla signora né al porporato mancassero modalità di comunicazione diretta d’altro tipo, per far conoscere i propri desiderata a chi di dovere, con tutta la passione e le insistenze del caso, se necessarie.
Ma NON quelle, evidentemente, interessavano davvero; quanto la grancassa mediatica: che puntualmente, in entrambi i casi, ha funzionato a meraviglia. E’- d’altro canto- lo stesso ” stile” (?) seguito nel caso delle suppliche e dei dubia…In questo caso, l’operazione, soprattutto per come pilotata con i lanci e i rimbalzi tra siti e testate compiacenti e non, e dato il tempo di uscita ( a ridosso dell’annunciata pubblicazione da parte del Papa delle conclusioni post sinodali) era evidentemente calcolata e giocata per costituire una forma di pressione su quanto avesse potuto dire Francesco sull’argomento “celibato” ( dei preti).
Si puo’ discutere all’infinito sulla opportunità o meno di gesti di questo genere. Ma NON si puo’ dire che non siano chiarissimi, prevedibili, intuibili a chilometri di distanza.
Ora, non essendo né Benedetto né Georg sprovveduti, nati ieri, o estranei alla vita curiale, a me pare del tutto incredibile che entrambi possano cadere dal pero dicendo “oh, non sapevamo”. Puo’, al limite, cadere parzialmente l’emerito, dal pero, ma allora significa che è stato tenuto all’oscuro del prevedibile progetto: da Sarah, certamente, ma anche dal Georg medesimo. E, risultando difficile che l’abbia fatto per insipienza, per qual motivo ha gestito in questo modo questa storia che è finita – come sempre in questi casi- a stracci che volavano e una palla di fumo sostanziale?
La risposta mi appassiona assai poco.
Invece mi pare molto efficace che sia posto in modo da prestare meno ( sè stesso o il fianco) a simili accadimenti.
Anche il Sismografo ha ripreso il mio post:
http://ilsismografo.blogspot.com/2020/02/vaticano-ecco-perche-francesco-ha.html
Voglio leggere questo libro “sine ira et studio” prescindendo dall’ambito temporale in cui è uscito. Poi vi farò sapere!
Rif. 8 febbraio ore 17.44 – FRANCO il massimo
Trovo molto bella e perciò divulgabile questa analisi di Massimo Franco, di oggi.
https://www.corriere.it/cronache/20_febbraio_08/vaticano-cosi-finisce-l-era-due-papi-4f7d8032-4aae-11ea-b474-2022aed4301a.shtml