Domani alle 11.00 sono tra i presentatori – alla Sala Marconi della Radio Vaticana – del volume Coscienza universitaria. Note per gli studenti di Giovanni Battista Montini: che la Studium pubblicò nel 1930, ripubblicò nel 1982 e ne fa ora una terza edizione in occasione della beatificazione. Invito i visitatori romani a partecipare: saremo pochi, immagino, e sarà dunque un’occasione profittevole per capire. Ci saranno i presidenti della Fuci Rita Pilotti e Marco Fornasiero; ospite d’onore il vescovo Nunzio Galantino, segretario Cei, che firma una “presentazione” del volumetto. Studiando il libretto, ho trovato nell’appendice “Spiritus Veritatis” (del 1931) questo motto geniale: “Avrò la Chiesa Madre di Carità”. Non ricordo d’averlo mai incontrato. Chiedo agli arguti visitatori di darmi una mano a interpretarlo e innanzitutto a scovare da dove Montini l’abbia preso, o se l’abbia creato, e se l’abbia poi usato in altri testi, prima e dopo che divenne Paolo.
Domani presento Montini alla Radio Vaticana
3 Comments
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.
Ecco il contesto in cui compare il motto sulla “Chiesa Madre di Carità”
Questo programma di vita esige ch’io abbia intensità ed unità spirituali intimamente cristiane, superiori alla comune maniera di chi semplicemente si dice credente e praticante. Eppure nessuna regola, nessuna aggiunta straordinaria distingua la mia vita cristiana dalla sua forma normale ed essenziale. Anzi una sola nota mi sia straordinaria, e cioè un particolare amore a ciò che è essenziale e comune nella vita spirituale cattolica. Così avrò la Chiesa Madre di Carità: la sua liturgia sarà la regola preferita per la mia spiritualità religiosa; la parrocchia il luogo preferito per la mia preghiera; la riverenza al Parroco, al Vescovo, al Papa, l’espressione concreta del mio omaggio alla carità e all’unità e della mia rinuncia all’egoismo e al particolarismo.
Caro Luigi, sarà pur geniale il motto “la Chiesa Madre di Carità”, ma sinceramente non mi sembra altrettanto geniale il prosieguo:”la parrocchia il luogo preferito per la mia preghiera; la riverenza al Parroco, al Vescovo, al Papa, l’espressione concreta del mio omaggio alla carità”.
Con ciò non intendo dire che non debba esserci il rispetto per l’Istituzione, ma il termine “riverenza” suona un po’ sopra le righe. E inoltre mi sfugge la pertinenza di quelle parole come espressione concreta (!?) dell’omaggio alla carità.
Vero è che Montini parlava (scriveva) nel 1931. E la retorica era di moda.
Da allora è passata molta acqua sotto i ponti.
Forse ( dico “forse”) oggi anche Montini la penserebbe in modo diverso.
Avevo letto quel “mitico” libretto quando facevo l’università, ormai 30 anni fa, ed era un riferimento ideale, soprattutto per l’ambiente della FUCI. Quello che ho trovato molto bello, se ricordo bene, era l’idea di una crescita personale fondata su uno studio e una ricerca a tutto campo, non limitata al proprio corso di studi, che sfruttava il periodo universitario per portare quasi a compimento il percorso di formazione della persona, la “coscienza” appunto. Questo stile si rifletteva anche sulla rivista che i fucini pubblicavano, “Ricerca”, con spunti e indagini di grande profondità e complessità già a livello di studenti.
Rifletteva comunque una Università molto elitaria, frequentata da studenti interessati, con un notevole spessore culturale e una “voracità” ad apprendere e investigare in tutte le direzioni.
Già 30 anni fa pensavo che l’ideale era bello ma che i tempi erano cambiati, se non altro per la difficoltà dei temi e per l’impossibilità di dire qualcosa di significativo se uno, come il sottoscritto matematico, non studiava filosofia o sociologia o comunque qualche facoltà di tipo umanistico. Era però vero che il tempo universitario aveva in se’ qualcosa di grande e di importante, che il libro di Montini aiutava a cogliere nella sua portata, anche se era poi proibitivo da mettere in pratica.
Rimasto in ambito universitario, constato ora che la prospettiva media degli studenti è molto differente ed ora è già difficile coinvolgerli sui temi specifici del loro studio. È come se la prospettiva intellettuale non li interessi affatto, mentre la loro indagine/crescita interiore si sviluppa con altri percorsi, non esplicitamente legati allo studio o all’ambiente Universitario. La sfida quindi si è spostata completamente, i tempi sono rapidissimi, i concetti trasmessi in pillole, la “ricerca” e la “coscienza” compresse all’inverosimile fino a seguire percorsi invisibili ai più.
Ciò non toglie che il periodo universitario rimane cruciale e le potenzialità dei giovani studenti enormi. Anche se lo studio sembra svalutato, le personalità si arricchiscono comunque e, per chi ne sa approfittare, l’interazione con il sistema Università apre la mente e forma alla fine personalità mature con cui è sempre significativo e stimolante riuscire ad interagire.
Intercettarli, come sembra suggerire il libro di Montini, è un compito difficile e impegnativo, ma essenziale, sia per la Chiesa sia per la società. Per poterlo fare con la giusta prospettiva, rileggere le sue pagine ideali fornisce una boccata di aria fresca e un orizzonte ideale che aiuta a non rassegnarsi alla cultura del provvisorio e del superficiale oggi così tanto di moda. Certo, ci vorrebbe un nuovo Montini che ci suggerisca qualche nuova strategia…. forse il convegno è una buona occasione!