Cartello da me fotografato alle 10.30 in via Merulana, davanti all’Auditorium di Mecenate. Il bel marciapiede lastricato lì davanti era ripulito dalle foglie dei platani che impagliavano il resto della via. Un nero raccoglieva con la scopa foglie e cartacce. Nel primo commento la mia proposta.
Diamo scope ai mendicanti
100 Comments
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.
Propongo alla Giunta Raggi e alla Caritas di organizzare mendicanti e barboni, distribuendo scope per ripulire Roma. Siamo pieni di foglie e mendicanti: sposiamoli tra loro. I vantaggi per i mendicanti sarebbero notevoli: guadagnerebbero in salute facendo movimento, sarebbero visti con simpatia dai passanti, avrebbero migliori entrate.
Si rischierebbe l’accusa di costringere a lavori forzati…
Una bella proposta quella di Luigi. Da prendere in considerazione anche nelle altre città. Non si vedrebbero neri vagabondi o questuanti e sarebbero più graditi a chi è contro di loro.
Questi poveretti, che patiscono la lontananza dalle loro terre e dalle loro famiglie, devono sopportare gli sguardi malevoli o indifferenti di chi li considera una sottospecie della famiglia umana.
Questo è un peccato collettivo fra i più gravi dell’Umanità.
E se un giorno Qualcuno dicesse: “Ero io!”…
Non è una questione che può essere rivolta a livello locale. Ci sono leggi e regolamenti nazionali che impediscono soluzioni di questo tipo.
Non si può. A prescindere dal fatto che non è chiaro a chi vada buona parte dei soldi che gli immigrati percepiscono spazzando le strada, la dignità si riconosce in altro modo, per esempio con un lavoro retribuito giustamente. Il singolo può anche essere generoso al di fuori di regole precise, l’ente pubblico deve tutelare i diritti delle persone in condizioni di parità e secondo la legge. Poi c’è il problema dell’efficienza dell’amministrazione Raggi, ma questo è un altro discorso.
E che direbbero i sindacati? E che direbbero i nullatenenti disoccupati italiani?
Facciamo un “concorso” regolare per spazzatori di foglie? a Milano quando nevica c’è la fila per avere il posto di “spalatore di neve ” dal Comune, anche padri di famiglia cinquantenni.
Purtroppo la vita moderna è complicata……Al massimo un negoziante , come succede a Milano, può pagare di tasca sua un immigrato per tenere pulito il marciapiede davanti al suo negozio.
Non si risolve il problema dell’occupazione dei migranti “all’italiana”, cioè alla carlona, col buonismo assistenzialista.
Bisogna fare come in Germania dove i migranti vengono avviati verso percorsi di formazione pratica in diversi mestieri, poi , dopo tale percorso , viene trovato loro una regolare occupazione nonchè una abitazione.A quel punto lavorano, pagano le tasse e vivono in una condizione di legalità.
L’illegalità diffusa in una società come quella italiana già molto tendente all’illegalità non puo’ portare che allo sfruttamento dei migranti visti come una manodopera “a buon mercato” come già succede in molti paesi del Sud per la raccolta dei pomodori e altri lavori agricoli .
E se lo stato non facesse nulla, a un cristiano la parola “prossimo” suggerirebbe comunque qualcosa?
Accattoli ha parlato di mendicanti e barboni senza specificare la nazionalità, mi pare scontato che vorrebbe aiutare chiunque abbia bisogno.
Quando ero molto piccolo ricordo che si parlava dei ‘fanfani’. ‘Ha lavorato nei fanfani’, si diceva. Non so bene come funzionassero ma so che dalle mie parti hanno permesso a tanti di tirare su qualche soldo per vivere (o studiare). Che non sia possibile attuare qualcosa di analogo?
La parola prossimo a un cristiano dovrebbe suggerire quello che la parola prossimo vuol dire: cioe’ le persone umane che vivono intorno a te, prossime a te Prossimo non e’ solo il barbone, ma anche tuo padre novantenne che sbatti nell’ Ospizio e vai a trovare una volta al mese. Prossimo non e’ solo il migrante ma anche tuo figlio , che parcheggi in Asili Nido o dai a baby sitter, e vedi dieci minuti la sera, Prossimo non e’ solo l’ africano affamato, ma anche il vicino di casa anziano e sempre solo, con cui scambi solo i saluti. Prossimo sono tutti quelli che vivono intorno a te, a cui la tua vita e’ intrecciata, quelli che incontri, quelli che trovi, gli amici, i nemici, i simpatici, gli antipatici. Prossimo vuol dire: rapporti umani. Quando il Vangelo ci dice di amare il prossimo ci dice che nei rapporti umani che ogni giorno abbiamo, con questo e con quello, dovremmo amare. Dico dovremmo, perche’ chi di noi lo da? Chi di noi ama la coinquilina rompiscatole del piano di sopra o l’ ex – moglie che ti succhia i soldi?
Noi non amiamo il prossimo. La nostra e’ una carita’ col ” cannocchiale” come diceva Chesterton. Ognuno di noi ama il bambino africano che muore di fame, pochi amano la zia antipatica che muore di solitudine.
Il fatto è che i lavori che fanno i migranti non li farebbero i nostri disoccupati, che preferiscono l’indennità di disoccupazione a vita.
A me non risulta che per fare la raccolta di pomodori o altro si presentino i nostri. Certo lo sfruttamento è una colpa. Ma è anche certo che i neri , pur guadagnando una miseria di paga, quei lavori li fanno; la qual cosa parla chiaro di una penosa condizione di vita. E poi vengono anche guardati male.
Ma quand’è che si smetterà nella pratica di questo abominio disumano?
Esiste una buona coscienza o si preferisce metterla a tacere sotto una montagna di pretesti?
Non per polemica dico che la parola “prossimo” non si riferisce solo ai vicini a noi: in casa o sul piamerottolo o nel palazzo vicino e via discorrendo, ma riguarda tutti gli esseri umani anche se sono molto distanti da noi geograficamente. Per cui dovrebbe interessarci la sorte di chiunque vive su questa Terra.
Il messaggio del Cristo non è stato capito, evidentemente. QUALSIASI PROSSIMO È UN FRATELLO. Questo concetto tarda a farsi strada nella mente della gente. Si resta indifferenti alla sorte dei lontani, e quel che succede dall’altra parte del mondo viene visto come lo scorrere delle immagini di un film che, spento lo schermo, non lasciano traccia.
La signora che parla del prossimo più vicino presentando una gamma di persone che per un motivo o per l’altro vengono lasciate sole, quindi–a suo dire– non amate, ha ragione solo in parte.
.
Non è affatto detto che un novantenne venga “sbattuto” in un ospizio perché non lo si ama. Il più delle volte non è possibile accudire a queste persone che hanno problemi seri, e vengono affidate alle cure di altre persone. Se poi non si va a trovarle, questa può essere davvero una colpa, ma possono esserci altre cause che impediscono di andare a trovarle. Voglio dire che è molto facile giudicare dall’esterno; meglio astenersi dai giudizi, quindi, quando non si conosce bene una situazione. E c’è anche da dire che certe solitudini sono proprio volute da chi appare solo.
Infine dico che nel Vangelo ci sono pagine che parlano chiaro su come va inteso il prossimo e su come va intesa la familiarità. L’amore di cui parla il Cristo, comunque, non ha niente a che fare con il sentimentalismo.
Certo, Cristina.
Tutte le persone che tu nomini sono ‘prossimo’.
Ma anche ricorderai il Buon Samaritano fu prossimo, vero?
E non aveva relazioni quotidiane con colui che soccorse.
Proprio questa parabola Gesù citò per mostrare ai discepoli chi era prossimo.
Questo cosa ti suggerisce riguardo al post di Luigi?
Comunque il termine “prossimo” evoca “vicinanza” – è qualcuno comunque che “incroci” nel tuo vivere concreto. Al samaritano detto “buon” l’incontro con lo sfortunato incappato nei briganti è “capitato”,
È noto che “tutti” e “nessuno” sono spesso parenti. Più si allarga il significato di un termine, più se ne diluisce la forza.
Io, non sono sentimentale, sono piuttosto pragmatica, anche la mia fede, non è sentimentale, ma razionale. Se posso aiutare, chiunque esso sia, lo aiuto senza starci a pensare. E’ un atto di civiltà,è un dovere prima ancora che un precetto. Se dovessimo improntare ogni atto di umana solidarietà, di carità, di pathos in una prospettiva di ricompensa, saremmo dei mercenari. No,il bene non si racconta, è spontaneo, si fa .
Però. Tra Gerusalemme e Gerico c’è una distanza di 30 Kilometri. Poniamo che il Samaritano, nel percorrere quei trenta Kilometri si fosse imbattuto non in uno, ma in decine e decine di poveri diavoli affamati, stremati, malmenati. E poniamo, per ipotesi,che molti dei malconci appartenessero al proprio clan , alla propria gente,rispetto ad altri; come si sarebbe comportato il Samaritano in un siffatto frangente? Avrebbe soccorso tutti indistintamente qualora ne avesse avute le possibilità, certamente. Ma in contingenza fosse stretto nella morsa di dover operare una scelta e, quei disgraziati, chi più chi meno avessero mostrato le stesse medesime ferite: avrebbe soccorso gli stranieri,o quelli del suo clan, della sua gente, magari vicini di tenda? Sono propensa a credere nella seconda opzione, Ecco, tutto si concentra in quei 30 Kilometri, e quante possibilità pratiche si possiedono rispetto al bene da compiere. E’ questo il punto dirimente. Purtroppo.
Il termine prossimo, caro sig. Zezza, evocherà vicinanza quanto vuole, ma lei dovrebbe sapere quanto me che Gesù usò quel termine nel significato di alterità. Il prossimo è l’altro, chiunque altro: quello che io e tutti dobbiamo sentire vicino ( prossimo, appunto) anche se vive in un’altra parte del pianeta.
Queste spaccare il capello in quattro da parte di un cristiano mi fa cadere le braccia.
E li chiamano cristiani !!
Alla signora che, partendo dalla parabola del Buon Samaritano, pone delle ipotesi facendo intravedere che fra decine e decine di poveretti da aiutare la preferenza va data a chi è del “proprio clan”, della “propria gente”, faccio notare che per Gesù non c’è un clan o una famiglia che vengano prima di altri. A chi lo sollecitava ad andare dai suoi fratelli e da sua madre che lo aspettavano non molto distanti, Egli disse additando i discepoli davanti a Lui: ” chi è mia madre? Chi sono i miei fratelli? Questi sono mia madre e i miei fratelli…”
Episodio significativo per dire che la famiglia di Gesù è quella che vede riuniti intorno a Lui coloro che fanno la volontà del Padre. Ben oltre, quindi, i clan e le proprie genti o la propria famiglia.
Ripeto ciò che ho già detto: mettere sotto una montagna di pretesti le parole del Cristo significa cercarsi degli alibi per allontanarsi dal Cristo stesso.
Davanti a Gesù però non ci sono alibi che tengano.
Gesù ha detto anche che non è bene togliere il pane ai figli per darlo ai cani. Lo disse ad una donna siriofenicia o cananea che implora un miracolo per la figlia posseduta da uno spirito immondo.
Allora. ..cosa dovremmo dire….che Gesù è ingiusto?
E i cani chi sarebbero? I neri, vero?
Brava, continui così. Dio gliene renda merito.
Il prossimo, cara Venturi, e’ anche chi scrive sui blog e la pensa diversamente da lei.
Il prossimo e’ anche Bergoglio che, un giorno si e l’altro pure, lei infanga senza pensarci due volte.
Mi sta bene che dia lezioni su chi sia il prossimo, ma prima di farlo, cortesemente, guardi le sue azioni quotidiane verso il “prossimo”.
Un saluto a tutto il mio “prossimo” accattoliano ( o accattolino?).
Chi ha parlato di cani neri? Lei lo dice, Boe, non io…mi sono limitata a citare il Vangelo di Mc 7,24-30.
Riguardo al commento di Cripe. No Comment!
Vecchio vizio, quello di fare dire al Vangelo quello che più ci aggrada.
Se Gesù avesse voluto raccontare la parabola del Buon Samaritano nel modo “reinterpretato” riportato sopra, la avrebbe raccontata così.
E ci avrebbe detto l’esatto opposto di quello che ci ha detto.
Anche la citazione precedente del Vangelo di Mc 7, 24 -30, è fatta per affermare l’opposto di quello che l’episodio della donna sirofenicia sta a significare in Marco.
Poi, breve precisazione: per occuparsi del padre novantenne, del figlio , del vicino di casa, dei nostri rapporti umani, non è affatto necessario essere cristiani. Un qualunque ateo corretto, civile e minimamente sensibile lo puo’ fare di suo, e anche molto bene.
Cara Signora Boe, il contrario della ideologia è il realismo.
Non si tratta affatto di “spaccare il capello in quattro” ma di prendere atto (“accettare”) la realtà: l’essere umano non è dotato di capacità “infinite” ma limitate, molto limitate.
E in forza di queste capacità limitate è gran cosa che si prenda cura delle persone che incontra nel suo cammino.
E il samaritano si prende cura “bene” del poveretto incappato nei briganti. Gesu’ nella parabola ci invita a prenderci cura “bene” dei poveretti che incontriamo nel nostro cammino, non fa discorsi ideologici del tipo “il nostro prossimo sono tutti i poveri”.
Infine le vorrei rammentare che giudicare dello spirito cristiano di chiunque è cosa molto difficile e si può incorrere facilmente in errori – altrimenti detti “peccati” ( Mi riferisco alla osservazione delle 21.27 )
A Lorenzo Cuffini
Il precetto ” Ama il prossimo tuo come te stesso ” è un precetto del Levitico – quindi dello A.T. – non “specifico” dei cristiani ma, secondo la corrente interpretazione dei “dieci comandamenti” , espressione della “legge naturale” iscritta nel cuore di ogni essere umano. Gesu’ nella parabola, a domanda risponde “chi è il prossimo” cioè fornisce la “interpretazione corretta” della norma del Levitico, valida per tutti ( compresi ovviamente i suoi discepoli )
Il comando “specifico” dei cristiani è “amate i vostri nemici, fate del bene alle persone che vi odiano ecc ecc.”. Per praticare questi comandi occorre un “plus” non disponbile a chi non è discepolo di Cristo.
Comunque lei la rigiri, sig. Zezza, appare chiaro che non le piacciono i neri nel nostro Paese.
Di quale ideologia parla?
Lei davvero crede che nella parabola del buon Samaritano Gesù pensasse solo ad un aiuto
del tipo descritto, con tanto di albergo etc…?
L’ amore di Dio non è limitativo, caro Zezza, e non ha confini.
” Chi accoglie lo straniero accoglie me” ha detto il Signore, e non ha parlato di uno o due o tre forestieri da mettere in albergo.
L’ amore di Dio prescinde dai numeri e dal colore della pelle dei suoi figli. Il comando specifico dei cristiani è : ” amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati”.
A nessun uomo è dato di salvare il mondo dall’indigenza.
Assodato chi sia il prossimo, perché a dirlo è Gesù stesso, a ognuno poi viene chiesto di fare secondo le proprie possibilità e secondo la propria vocazione.
Così c’è chi, come Santa Teresa di Calcutta, dedica la propria vita a cercare e aiutare i bisognosi, c’è il politico che può legiferare norme a favore dei poveri
e c’è chi non può che limitarsi a dare una mano al nero bisognoso che si offre di pulire le strade senza che questo significhi trascurare la propria famiglia e i propri “vicini”. E infine c’è anche non può permettersi neppure questo e anzi deve sperare nell’aiuto di altri.
Il giudizio come al solito non spetta a noi; certo occorre avere la capacità di “misurare” la propria capacità di aiuto; dire di “sì” a ogni capriccio proprio o dei propri figli e contemporaneamente dire sempre di “no” a chi tende la mano non credo che possa essere considerato un “metro” cristiano.
La vecchietta che vuota il proprio povero portamonete come offerta al tempio è un esempio di questo; se quella vecchietta poi a causa di quel gesto non avesse di che sfamare i propri figli, allora quello stesso gesto non potrebbe più essere considerato lodevole.
Il Vangelo è chiaro; ci sono azioni che Gesù condanna come “accumulare” o “ignorare i bisogni del prossimo” (come chi nella Parabola passò oltre) e ci sono azioni che vengono premiate come il “donare”. Questo penso che nessuno possa negarlo e che non possa essere oggetto di discussione.
Ore 23.28 del 9 novembre. Errata citazione evangelica
Gesù annuncia qui che la sua salvezza non si limitera’ ad essere annunciata agli ebrei, al popolo eletto, ma a tutte le genti.
Leggiamo il brano per intero
Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.
A Victoria Boe
Credo che abbia sbagliato bersaglio. Io non ho affatto alcun accenno ai “neri” e comunque di “neri” ne incrociamo!
Che l’Amore di Dio non sia limitativo è un fatto. Tuttavia come correttamente detto da Luigi Mortari l’ amore Che gli uomini sono chiamati a spargere si deve esprimere per cerchi concentrici in primo luogo per i propri familiari poi per gli appartenenti alla propria comunità di fede o di carne e infine per gli estranei .
Una annotazione : per i semiti i cani sono animali “impuri” e gli estranei al popolo eletto, in quanto considerati impuri sono detti cani. Gesu si esprime con la terminologia corrente ai suoi tempi. Ancora oggi per i mussulmani rigorosi gli infedeli sono detti “cani”.
Questo è il suo pensiero dal quale mi discosto nettamente. E continuo a dire che Gesù Cristo non ha parlato affatto di “cerchi concentrici”, tutt’altro.
Qua si tratta di prendere atto delle situazioni in cui ci si trova e dalle quali non si può prescindere.
Nel nostro tempo si sta verificando un nuovo esodo biblico che, secondo previsioni ben ragionate, durerà per molti anni ancora. Un’emergenza imprevedibile fino a pochi (relativamente) anni fa.
Ci arrivano in casa, a noi e all’Europa intera, migliaia di neri che hanno bisogno di sfamarsi, vogliono una vita libera dalle ossessioni delle guerre, delle prevaricazioni di ogni genere, e desiderano recuperare la propria dignità di esseri umani uguali a tutti gli altri esseri umani della Terra.
In tale situazione mettersi a fare elucubrazioni e calcoli a tavolino, magari poggiandosi sulle stampelle di citazioni evangeliche e scritturistiche in genere, per dire che quella gente non deve essere accolta perché altrimenti non potrebbero essere aiutati i nostri concittadini pur essi nel bisogno, fare tutto ciò–dicevo– è pretestuoso e inutile.
Se si provasse–ma davvero– a mettersi nei panni loro, forse tanti ragionamenti cadrebbero come pere marce al suolo. E anche i confronti tra quelli e i nostri apparirebbero privi di senso.
Innanzi tutto va detto e ribadito che da nessuna parte sta scritto che i confini della Terra sono invalicabili.
Nei discorsi evangelici, a carattere universale, non si parla di confini geografici ma, caso mai, di confini mentali che vanno cancellati. E sono proprio questi confini mentali i più duri a morire, quelli che fanno più danni.
Nell’Amore di Dio, che è senza confini, entrano di diritto tutti gli esseri umani, specialmente i più bisognosi, perché tutti siamo fratelli davanti all’unico Padre.
Se viene saltato a piè pari questo concetto basilare, ogni altra considerazione pretestuosa è possibile. Ma è sbagliata.
Cara Signora Boe, per la seconda volta lancia strali di razzismo: prima con me, ora con Beppe Zezza malgrado entrambi non si sia accennato a pigmenti di sorta e lei continua imperterrita con la parola “nero”.
A questo punto mi par chiaro che per lei vale il detto : “Ognuno il cuore altrui dal suo misura” …
Mi spiace, Beppe, dovere intervenire per rettificare una tua citazione, ma quei cerchi concentrici cui avevo fatto riferimento sono una cosa diversa da quella da te riportata.
Al centro comune di quei cerchi non c’è l’IO, ma c’è Gesù Cristo la cui misericordia arriva a includere non soltanto i vicini, ma anche i più lontani.
Gesù non ama “meno” chi è “lontano”, ama “anche” chi è lontano.
E la domanda che “tutti” dobbiamo porci è in quale cerchio NOI ci troviamo prossimo o distante.
“…e lei continua imperterrita con la parola “nero”. ”
Questa però è tutta da ridere.
Cara signora,forse lei non si è accorta che nel titolo del post c’era questa frase:”Un nero raccoglieva con la scopa foglie e cartacce.”
E neanche si è accorta che tutti i commenti, anche i suoi, vertevano sugli immigrati che a me risultano essere neri di pelle.
O lei è assai distratta o i suoi commenti andavano per un’altra strada, come spesso avviene.
Le faccio presente che chiamarli “neri” non è un’offesa; è un’offesa chiamarli “negri”, come fanno gli schiavisti di oggi e come fa un noto giornalista nell’imitazione che ne fa magnificamente Crozza.
Mi ricordo di una tizia assai stravagante che ogni qualvolta pronunciavo l’espressione “di colore” per parlare dei neri, si arrabbiava perché non aveva capito per niente di chi volessi parlare. E io ridevo.
Signora, perché non la smette una buona volta col vizietto di trovare dei pretesti ridicoli per farmi obiezioni senza sale?
Senta, qui è lei che continua imperterrita ad accusare sia me che Beppe di razzismo, e lo fa palesemente.
-Cito il Vangelo di Marco con nessun riferimento al termine “nero” e lei risponde
– E i cani chi sarebbero? I neri, vero?
Beppe Zezza commenta senza il minimo accenno a possibili “neri” e lei insiste
-sig. Zezza, appare chiaro che non le piacciono i neri nel nostro Paese.
Lei parla di neri, Accattoli parla di neri, ma si da il caso che né io, né Beppe abbiamo pronunciato la parola “nero” .
Ma lei sa leggere tra le righe oppure no?
Io sì, so leggere, e anche bene.
https://youtu.be/MZZoZ8eLWY4
Perdonami Luigi Mortari ma dire “senza che questo significhi trascurare la propria famiglia e i propri “vicini” ” e ” se quella vecchietta ecc ecc ” non vuole forse dire che ci sono dei cerchi concentrici? Anche nella Sacra Scrittura c’è scritto ( non sono riuscito a ritrovare la esatta citazione ) che l’aiuto al prossimo è “senza trascurare quelli della propria casa “.
La lettera ai Romani dice “coloro che sono guidati dallo Spirito di Dio costoro sono Figli di Dio” : in altri termini se un uomo è veramente cristiano si comporterà in ogni circostanza come lo Spirito gli suggerisce. Guai a fare del Vangelo una legge e ancor di più una “ideologia”.
Certo che Gesu’ ama tutti, ” vicini e lontani ” e si prodiga in maggiore misura per i “lontani” i quali, proprio a motivo della loro “lontananza”, sono i più sofferenti.
Lei si limiti a leggere ciò che scrivono gli altri, signore Boe, i sottintesi e i retropensieri se li tenga stretti, non interessano a nessuno!
Credo che Beppe si riferisca a Isaia 58,6-7
” Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare quelli della propria casa? ”
Per combinazione, sono le stesse parole che ha citato Parolin, nell’intervista al Sole 24, per spiegare i ” segni dell’essere vicino” di Bergoglio.
🙂
http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2017-07-27/parolin-mosca-e-pechino-tentativo-chiesa-080122.shtml?uuid=AE50ak3B&refresh_ce=1
( al paragrafo ” Kohl, un simbolo europeo)
Questo interessante scambio di pareri tra Claudia Leo e Victoria Boe potrà andare avanti fino alle 24: anche le cose più belle hanno un termine.
Sullo sguardo cristiano verso il bisognoso straniero e quello di casa segnalo queste parole chiarenti di Giovanni Crisostomo:
Se alla tua porta bussa qualcuno che fatica a far fronte al suo bisogno, non dire: questo è amico, è della mia stessa stirpe, mi ha beneficato in passato, mentre l’altro è uno straniero, di un’altra razza, uno sconosciuto… Se giudichi in modo difforme, neppure tu riceverai misericordia. Offri sia al fratello sia allo straniero: al fratello non voltare la schiena, e lo straniero rendilo tuo fratello. Dio vuole che tu sostenga i bisognosi, non che tu faccia discriminazioni tra gli uomini; non vuole che tu dia a chi è della tua razza e che tu scacci lo straniero: tutti sono della stessa razza, tutti sono fratelli, tutti sono figli di un un solo Padre.
http://www.lastampa.it/2017/09/10/vaticaninsider/ita/documenti/l-emergenza-migranti-vista-con-gli-occhi-dei-padri-doriente-E9VXwEhGriGXevuDWqNaEO/pagina.html
Approfitto del link per un saluto a Gianni Valente, autore dell’articolo, che frequenta la mia parrocchia e con me si occupa sia dell’accoglienza dei rifugiati sia dell’emporio dei poveri.
Leggo un bell’articolo del Cardi. Ravasi su Avvenire online dal titolo “E la Bibbia accolse lo straniero”, datato 22 gennaio 2015.
E lì vi scopro un passaggio della Scrittura (Lv 19,33-34) che non ricordavo:
«Quando un forestiero dimorerà presso di voi, nel vostro paese, non gli farete torto. Il forestiero dimorante fra di voi lo tratterete come colui che è nato fra di voi. Tu l’amerai come te stesso, perché anche voi siete stati forestieri nel paese d’Egitto»
Segue il commento di Ravasi:
“E quanto questo testo dovrebbe far ricordare agli italiani il loro essere stati emigranti nei secoli scorsi! In questi due versetti è profondamente sottolineato il fatto che occorre amare lo straniero come se stessi, perché anche Israele ha provato cosa vuol dire essere straniero. Certo, qui si distingue tra il forestiero che è residente rispetto agli stranieri di tutto il mondo, però si osserva che la persona pur «diversa» che abita nella tua stessa via deve aver assicurata la stessa legge, lo stesso trattamento e la stessa tutela e persino l’amore”.
Dimenticavo il link …
https://www.avvenire.it/agora/pagine/la-bibbia-accolse-lo-straniero
Memoria, mantelli e appartamenti
Non ci sono più i santi di una volta. Chi non ricorda il Martino di Tours in Francia, ma nato alla periferia ungherese dell’impero, un po’ di secoli fa (siamo nel quarto secolo). E’ tra i primi cristiani non martiri dichiarati santi, e la sua memoria liturgica è oggi. E’ il monaco-vescovo che ha fondato monasteri, ha messo pace tra chierici di una chiesa, non si è stancato di lavorare (non andava sul lago, d’estate) anche quando, alla fine, era spossato; e, una giorno che c’era bisogno, ha diviso a metà l’unico umile mantello che aveva per darlo – lui non ancora battezzato – a un poveraccio e fargli splendere nel cuore e nel cielo un po’ di sole.
Dove sono i vescovi, i papi, di oggi che pensano ai poveri, parlano di loro e a loro, e che, un po’ sempliciotti nei modi di fare come Martino, rinunciano anche alle vacanze per lavorare di più e che, se è il caso, dividono a metà non tanto il mantello (superato) ma magari l’appartamento?
……’sto pauperista provocatore di San Martino !!!!!!
Per giunta, Martino di Tours, casca a fagiolo: da’ una cornice eloquente al tema di “se, chi, come, quando ” aiutare ( o meno) qualcuno di cui si parlava ieri.
Al riguardo, mi è venuta in mente una frasetta del Diario di Mario Borzaga, il giovane missionario oblato trentino beatificato meno di un anno fa :
” “Il primo che arriva a chiedermi qualcosa ha diritto a quel poco povero tempo che il Signore mi ha affidato» (17 aprile 1957).”
Sul blog che ha accompagnato la beatificazione si legge a commento :
“Anche questa, una grande sfida per noi che lo leggiamo oggi.Se pensiamo alla quantità di filtri, barriere, selezioni di ogni tipo che mettiamo in campo (come persone e come società) per selezionare e selezionare e poi selezionare ancora le persone che , in mille diversi modi, ci incrociano portando in braccio le loro difficoltà e le loro sofferenze,c’è da sentirsi perlomeno in imbarazzo. Mario, preso dalla proposta cristiana per davvero, è in modalità “darsi tutto senza trattenere nulla”. Noi, perlomeno io, siamo in perenne modalità “risparmio energetico”, giochiamo il nostro coinvolgimento in una difesa sparagnina e a catenaccio, sempre timorosi di sperperare tempo, risorse, energie, vita.
Converrebbe che Mario ci facesse un ciclo di ripetizioni sul tema, come si fa con gli scolari recalcitranti.”
San Martino è stato un gran santo, dotato di doni particolari.
Così altri santi hanno avuto anche essi doni particolari.
Tutti noi abbiamo doni dallo Spirito Santo, ma non tutti allo stesso livello.
Siamo tutti chiamati ad amare il forestiero, l’indigente, il senza tetto ma non c’è una misura uguale per tutti. Ognuno ha la “sua” misura . Quella che Dio gli ha dato e che Lui solo conosce.
Io sento in tanti discorsi un forte “moralismo”, un “giudizio” molto pesante.
Ognuno giudichi se stesso se risponde alla grazia che gli viene fatta o se invece stia “selezionando barriere, filtri ” o quant’altro, ma guai a mettersi a giudicare i nostri fratelli perché “non fanno abbastanza” e a disprezzarli ( “e questi sono i cristiani” !).
Non sai forse che tutto quello che hai, lo hai “ricevuto”? E se usi delle grazie che hai ricevuto per ergerti a giudice di fratelli sei sulla buona strada per perdere tutto.
Recepito, Beppe Zezza.
Sì, io resto proprio scandalizzata quando sento certi cristiani che mostrano un cristianesimo fatto di parole e di conoscenze scritturistiche, ma non è corrispondente, neanche per approssimazione, al verbo del Cristo.
Non c’è disprezzo, non giudizio; c’è invece “scandalo” vero e proprio, che è tutt’altra cosa. C’è “indignazione”, che è pure altra cosa.
E allora è lecito chiedersi: ma che cristiani sono tutti costoro che dicono di esserlo, se non hanno capito il messaggio del Cristo?
Che cristiani sono quelli che cercano scappatoie e fanno dei distinguo su chi deve essere aiutato prima di altri ?
Che cristiani sono quelli che ancora non hanno capito che davanti a Dio non ci sono preferenze perché tutti siamo figli dell’ unico Padre?
Ripeto: tutti questi cristiani destano scandalo e indignazione.
“Chi non ricorda il Martino di Tours in Francia,…”
Martino chi, padre Amigoni?
Il Martino campanaro, forse, o san Martino quello dell’estate di san Martino?…
Ho le idee un po’ confuse, mi perdoni…
A victoria Boe
Sul blog quelle che ci scambiamo sono “parole” e solo “parole”.
E si fanno grosse questioni ideologiche: Gesu dice che bisogna fare cosi’ , un altro dice no, Gesu dice che bisogna fare cosa’. E se tu dici che Gesu dice che bisogna fare così significa che non hai capito nulla. Io si che ho capito! E via discorrendo.
E si riduce il Vangelo a una serie di teorie con regole regolucole da far rimpiangere il Levitico.
Io personalmente sono un grande egoista, e ringrazio il Signore perché ha lavorato e lavora con la sua grazia in me e ha permesso che facessi anche del bene. Di una cosa in particolare ringrazio il Signore: che mi ha insegnato a non scandalizzarmi di nessuno, a non “indignarmi” contro nessuno ne’ per quello che dicono ne’ per quello che fanno . Ad avere invece “compassione” . E mi chiedo ; “nutrire indignazione nei confronti di una persona è compatibile con l’amore per quella persona?”
La Sacra Scrittura mi fornisce l’orientamento per le mie azioni, ( lampada per i miei passi è la tua Parola ) che sono lungi dall’essere “perfette” ma non sono lo strumento per giudicare o condannare nessuno
Non capisco il senso di questa discussione:il prossimo come dice la parola stessa sono le persone con cui nella realra’hai un contatto.umano.UN CONTATTO.UMANO NON UNA IDEOLOGIA. Il.prossimo.non e’una categoria astratta , un’etichetta . Anche dire che il prossimo sono.i.poveri, I barboni, I migranti non ha senso, e’ideologia. Il prpssimo tuo sono gli esseri.umani con cui hai a che fare.Se trovi un essere umano cge h a bi d ogno di aiuto e di amore date te gli chiedi.prima l’ammontare del suo c onto.inbanca e lo aiuto s olo se e’povero?
Al samaritano capito’di imbattersi in un essere umano picchiato e derubato dai briganti, non in un mendicante.Con vera carira’lo aiuto’per quanto.gli era possibile. A me potrebbe capitare una mattina di scendere di casa e in strada trovare un ragazzo pestato dai teppisti in tram e lasciato sul.marciapiede agonizzante (come mi e’capitato nella realta’) .in queste situazioni una persona PUO FREGARSENEed andare per la sua strada, come fecero I preti nella parabola del.samaritano, oppure puo’fermarsi eprestare aiuto e soccorso anche a scapito dei suoi impegni, della fretta, ecc.
L a parabola del.buon samaritano.non ci dice che il samaritano aveva come scopo nella vita aiutare tutti I malcapitati derubati dai briganti, non era un filantropo ondatore di una onlus o di un.gruppo stile RobinHood. Insomma il samaritano aiuto’concretamente il suo “prossimo”cioe’ lo sventurato che gli capito’nel suo cammino mentre gli altri si voltarono dall’s ltra parte e tirarono dritto per I propri affari. Ciascuno di noi sa che questo e’molto molto frequente: se in una grande citta’una ragazzina e’molestata sul tram, nessuno si fa avanti la difende, tutti tacciono, si voltano dall’altra parte c’e’una rissa e un m a lcapitato viene picchiato, tutti tirano dritto, se un prepotente fa una prepotenza nesduno di s olito degli astanti interviene. La gente viene derubata e a volte uccisa nell’indifferenza. Magari poi queste stesse persone mandano.I soldi.perNon gli eventi benefivi a favore dei bambini dell’Af r ica.
Ma la carita che Cristo vuole da noi e’quella verso il PROSSIMO, non la benef icenza a distanza. Prendersi cura, non dare I soldi .Altrimenti si scambia la Chiesa per una ONG c osa v he anche papa Francesco ha detto che non si deve fare.
Il.buon samaritano.oggi e’quelli che aiuta concretamente dando il suo tempo, FERMANDOSI, una persona in cui si imbatte non I vari “filantropi”che fanno.la beneficienza con.cannochiale.E come al solito.il buon samaritano oggi e’la persona che meno ti aspetti lo.sia: la vecchietta scippata viene difesa dal migrante, mentre I preti e benpensanti si voltano dall’altra parte.
C’è un certo fraintendimento.
La parabola del buon samaritano racconta quale è il prossimo per il samaritano: non è il poveraccio malmentato e piantato lì, ad essere indicato come il suo prossimo. Gesù stesso ribalta la qustione e chiede ” 6 Chi di questi tre ti sembra sia stato IL PROSSIMO DI COLUI CHE E’ INCAPPATO NEI BRIGANTIi?” ( sacerdote, levita, samaritano, ndr?).
La domanda non è : “chi considero come mio prossimo?” che è un bel domandone egocentrico, che piazza – al solito- me al centro della scena, con tutte le mie paturnie, fisse e convinzioni.
Bella roba.
La domanda è rovesciata : ” di chi io sono prossimo?” che piazza al centro del modo di pensare e vedere chi è bisognoso in quel momento.
Trattasi di rivoluzione copernicana.
Se non ne prendo atto, continuo ad avvitarmi su se stesso come una vite senza fine.
Vi racconto un fatto, vero, torno ora dalla Santa Messa non potrei mentire in faccia a Gesù Cristo.
Era un tardo pomeriggio di Luglio, 7/8 anni fa. Qualcuno suona al citofono.Una persona di mia conoscenza mi chiede di scendere: lo faccio, e mi trovo davanti il tizio in compagnia di un anziano signore. In breve, il tizio,mi spiega di aver aver ricevuto una richiesta d’aiuto dall’anziano il quale non parla una sola parola d’Italiano, inoltre presenta segni di confusione.
Il fatto che io frequentassi i Salesiani e il teologato multietnico e poliglotta (cosa arcinota sul mio conto, in zona) deponeva tutto l’onere del caso sulle mie spalle. Presi il pover’uomo e lo condussi dai salesiani. Chiamai il direttore un certo don Mario e capimmo che parlava l’ ungherese. Arriva l’interprete, un giovane teologo, e venimmo a conoscenza del fatto che era giunto a Roma per il papa, che doveva incontrare sua figlia presso San Pietro ma avendo preso la Metro sbagliata si era smarrito e vagava senza meta dal mattino. Per giunta, malato di diabete aveva urgenza di mangiare qualcosa per assumere dei farmaci .Chiedeva inoltre, ai salesiani, la possibilità di una stanza, per riposare: tirò i denari, per pagarla .
Ma, nonostante di stanze vuote i salesiani ne avessero a decine e di cibo in quantità industriale, me lo ri-consegnarono adducendo scuse senza capo né coda. La cosa la risolsi io, ovviamente, mica potevo abbandonarlo al suo destino. Questo per dire che davanti ai fatti le chiacchiere stanno a zero.
Sento parlare da molti di San Martino di Tours, ungherese, già soldato della guarnigione romana e poi Vescovo, come se il gesto del mantello,fine a stesso, decretasse di Martino la santità.
Quel mantello di lana, che non era piccolo, ma enorme essendo la paenula di un soldato romano e misurava 3 m.circa lunghezza e quasi 2 di larghezza.
Questo fa la differenza, eccome se la fa (come quando si parla del talento, dice che è un talento, un talento equivale a 25/40 chili d’oro).
Ciò che rese Santo Martino di Tours non è l’aver diviso il mantello col povero, ma aver lottato contro Giuliano l’Apostata, nipote di Costantino, accanito assertore dell’arianesimo, in nome di Cristo e per amore della Verità.
Dovremmo imparare, prima di fare prediche, a parlare con il linguaggio e la Verità di Dio, piuttosto che con la nostra misera verità.
Concordo sulle ultime due righe.
Specie da parte di chi non ha né veste, né ruolo, né autorità alcuna per predicare.
Speriamo che alle parole seguano una buona volta i fatti ( cosa che alle 12,07 non risulta).
Hai ragione da vendere, Lorenzo.
Aggiungici l’ “Ama il prossimo tuo come te stesso” e il cerchio si chiude senza farlo quadrare a proprio piacimento.
Il prossimo non è solo chi sta vicino. Nel linguaggio evangelico, che supera ogni altro linguaggio, il prossimo è chiunque sia in condizioni di bisogno di aiuto, perché l’ amore di Dio non contempla vicinanze e lontananze.
Include tutti, proprio tutti.
Fare dei distinguo significa limitare l’ amore e Dio stesso.
“E mi chiedo ; “nutrire indignazione nei confronti di una persona è compatibile con l’amore per quella persona?”
L’ indignazione sorge spontanea di fronte a chi si dice cristiano e poi dimostra di non esserlo nei fatti.
Il giudizio e la condanna non c’entrano niente.
A lorenzo Cuffini
“Chi di questi tre ti sembra sia stato IL PROSSIMO DI COLUI CHE E’ INCAPPATO NEI BRIGANTIi?” ( sacerdote, levita, samaritano, ndr?).”
Risposta: chi ti ha prestato aiuto .
In senso spirituale valido per tutti: chi è stato vicino a te che sei incappato nei briganti e stai mezzo morto in mezzo alla strada ( vita ) ? Chi ti ha risollevato, ti ha curato, ha pagato per te, ti ha dato una “vita nuova”? Risposta: il Signore. E’ Lui Colui che è PROSSIMO a te!.
A Maria Cristina Venturi
Concordo. L’estrapolare da QUESTA parabola la legge : “Si devono aiutare tutti i disgraziati del pianeta” è fare del Vangelo una ideologia o un programma politico.
A lorenzo Cuffini
Gesu dice questa parabola in risposta alla domanda del fariseo: e chi è il mio prossimo, precisamente la domanda dibattuta in questo blog.
Per Cuffini 13:04
“Medice cura te ipsum”
Caro Beppe, sì.
La domanda, dal dottore della legge, è precisamente posta come è venuta fuori in questo post. Da notare che Marco precisa pure (al riguardo), che quel tizio la pone ” VOLENDO GIUSTIFICARSI”.
E’ la risposta che è diametralmente opposta.
🙂
A Victoria Boe
Che il Vangelo abbia cambiato il significato della parola,”prossimo” da “persona vicina” o ” persona con la quale ti incontri ” in ” chiunque abbia bisogno indipendentemente dal fatto che abbia o meno a che fare con te” è un pensiero “ideologico” lontano dalla concretezza del Vangelo.
La “indignazione” sorge “spontaneamente” in chi si sente “migliore” , in chi pensa che lui “mai” giungerebbe a una simile “bassezza”. Chi si “indigna” è uno che si ritiene “giusto”. Il ritenersi “giusto” è qualcosa di molto profondo, “viscerale” , spesso inconsapevole ma che si manifesta occasionalmente
uppardon, Luca, non Marco.
Ma si, buttiamo alle ortiche tutta la dottrina sociale della Chiesa! Non vogliamo mica fare del Vangelo un programma politico, che diamine.
Cristina vicquery
Caro Beppe, continui pure ad arrampicarsi sugli specchi.
Prima o poi ne cadrà.
Si ricordi, comunque, che perfino Gesù si indignò e fece una cordicella e rovesciò i tavoli dei mercanti.
E non perché si sentisse “migliore” di nessuno, pur essendolo.
Amava solo la Giustizia nella Verità.
Per un cristiano dovrebbe essere lo stesso.
” “Ma egli rispose: In verità io vi dico: non vi conosco”.
Gesù, il Signore, non conosce chi ha una relazione con lui basata sull’ortodossia, sugli attestati di fedeltà, ma chi questa ortodossia, questi attestati di fedeltà li traduce in atteggiamenti pienamente umani, andando incontro ai bisogni e alle necessità, alle sofferenze degli altri.”
Chiaro il concetto?
a Victoria Boe 17.10
Ho scritto che per “indignarsi” bisogna essere e sentirsi “giusti” , quindi il SOLO a poterlo fare era Gesu’ .
O lei si paragona a Lui, quanto a livello di “giustizia”?
O che lei ama la verità quanto Gesu’ ?
Scusi, ma lei cosa ne sa se io ho atteggiamenti umani e se vado o no incontro ai bisognosi CHE INCONTRO SULLA MIA STRADA?
Mi pare che la controversia tra me e lei sia in questo : io dico che nei comportamenti concreti – quando necessario – sia giusto comportarsi a cerchi concentrici familiari, concittadini, forestieri – lei dice che chi sostiene questo è un cristiano falso e che provoca indignazione.
Quindi la discussione è a livello “ideologico” o “dottrinale” o no?
Martino – Giuliano e la storia (cfr. ore 12.07)
Se la storia non mente Giuliano l’Apostata vive dal 330 al 363 ed è nella Gallia, più o meno, dal 355 al 360. Martino, nato nel 316, cristiano a 40 anni circa, è vescovo nel 371 (e muore nel 397). Sicuramente Martino e Giuliano si sono sfiorati in Gallia e Martino sia in Italia che in Gallia ha combattuto fortemente l’arianesimo.
Dire che la gloria imperitura di Martino sia nel mantello diviso è mitologico, ma anche fare consistere la santità di Martino, monaco e vescovo, nella lotta contro Giuliano è “oltre” la storia. Non ricusiamo la fatica della onestà intellettuale.
“O lei si paragona a Lui, quanto a livello di “giustizia”?
O che lei ama la verità quanto Gesu’ ?”
A me pare che lei cerchi di provocare, sig. Zezza.
Qualche domanda: lei li ha letti tutti i commenti di questo thread o no?
Ha letto, per esempio, quello postato dal nostro Luigi, scritto da Giovanni Valente?
Riesce a capire o no che per Gesù Cristo non c’è un prossimo più prossimo di un altro? E che Dio vede tutti i suoi figli uguali senza che nessuno sia più uguale di un altro? Questa secondo lei sarebbe “ideologia”? Lo crede davvero?
E se non riesce a capirlo, perché mai ritorce su di me l’accusa di essere una persona che “giudica” e “condanna” perché si ritiene presuntuosamente “giusta”? Perché continua a spostare il discorso sulla mia persona anziché scavare sulla vera cristianità, che ha il suo inizio nella parola chiara del Signore?
Questo tipo di discorso io lo conosco bene. Appartiene a chi, non avendo frecce nel suo arco, spara pipe su chi indica la luna.
Smetta di provocare fino all’offesa, per cortesia.
Libero di pensarla come vuole; ma non pretenda di convincere me e anche altri, sulla giustezza del suo pensiero, ricorrendo ad acrobazie verbali che non hanno alcun risultato.
Per Padre Amigoni
https://it.wikipedia.org/wiki/Martino_di_Tours
Che nella lotta contro l’arianesimo del quale Giuliano l’Apostata era il maggior fautore, Martino di Tours combatté eccome se combattè. Poi, che abbia lo abbia o sfiorato, o non lo ha sfiorato la cosa è del tutto ininfluente. Martino ha lottato contro l’Arianesimo caldeggiato e imposto da Giuliano l’Apostata, è un fatto storico, caro P. Amigoni.
Se non ho capito male, la santità di Martino di Tours sarebbe dovuta alla sua strenua lotta contro l’arianesimo.
Mi sembra assai improbabile che qualcuno venga santificato per aver combattuto contro una eresia. E , se non sbaglio, il padre Amigoni ha voluto dire proprio questo nel suo intervento delle 20:59 ( “ma anche fare consistere la santità di Martino, monaco e vescovo, nella lotta contro Giuliano è “oltre” la storia” ).
Il maggior fautore dell’arianesimo non è Giuliano l’apostata che non ne ha l’età e il tempo. Semmai l’imperatore Costanzo, imperatore dal 337 al 361.
E l’arianesimo è già diffuso e condannato prima che Giuliano nasca.
Dopo di che ribadisco che la maggior gloria di Martino non è il suo anti-arianesimo, che pur ci fu. E chiudo.
Certo che l’Arianesimo era già diffuso, e chi lo nega.
La differenza, caro Padre Amigoni consiste nel fatto che Giuliano l’Apostata pretendeva imporre l’eresia Ariana come religione di stato. Il che non mi sembra cosuccia di poco conto, non le sembra?
Lei può pensare ciò che crede.Lo rispetto.
Altrettanto io ribadisco che la santità di Martino va ben oltre l’aver diviso il mantello (per altro lungo e largo una quaresima) col mendicante. Ma per aver dato la vita, lottando fino alla fine, per Nostro Signore Gesù Cristo.Sempre sia lodato.
Chiudo.
Ecco un angelus di Papa Benedetto su Martino di Tours:
La Chiesa ricorda oggi, 11 novembre, san Martino, Vescovo di Tours, uno dei santi più celebri e venerati d’Europa. Nato da genitori pagani in Pannonia, l’attuale Ungheria, intorno al 316, fu indirizzato dal padre alla carriera militare. Ancora adolescente, Martino incontrò il Cristianesimo e, superando molte difficoltà, si iscrisse tra i catecumeni per prepararsi al Battesimo. Ricevette il Sacramento intorno ai vent’anni, ma dovette ancora a lungo rimanere nell’esercito, dove diede testimonianza del suo nuovo genere di vita: rispettoso e comprensivo verso tutti, trattava il suo inserviente come un fratello, ed evitava i divertimenti volgari. Congedatosi dal servizio militare, si recò a Poitiers, in Francia, presso il santo Vescovo Ilario. Da lui ordinato diacono e presbitero, scelse la vita monastica e diede origine, con alcuni discepoli, al più antico monastero conosciuto in Europa, a Ligugé. Circa dieci anni più tardi, i cristiani di Tours, rimasti senza Pastore, lo acclamarono loro Vescovo. Da allora Martino si dedicò con ardente zelo all’evangelizzazione delle campagne e alla formazione del clero. Anche se a lui vengono attribuiti molti miracoli, san Martino è famoso soprattutto per un atto di carità fraterna. Ancora giovane soldato, incontrò per la strada un povero intirizzito e tremante per il freddo. Prese allora il proprio mantello e, tagliatolo in due con la spada, ne diede metà a quell’uomo. La notte gli apparve in sogno Gesù, sorridente, avvolto in quello stesso mantello.
Cari fratelli e sorelle, il gesto caritatevole di san Martino si iscrive nella stessa logica che spinse Gesù a moltiplicare i pani per le folle affamate, ma soprattutto a lasciare se stesso in cibo all’umanità nell’Eucaristia, Segno supremo dell’amore di Dio, Sacramentum caritatis. E’ la logica della condivisione, con cui si esprime in modo autentico l’amore per il prossimo. Ci aiuti san Martino a comprendere che soltanto attraverso un comune impegno di condivisione, è possibile rispondere alla grande sfida del nostro tempo: quella cioè di costruire un mondo di pace e di giustizia, in cui ogni uomo possa vivere con dignità. Questo può avvenire se prevale un modello mondiale di autentica solidarietà, in grado di assicurare a tutti gli abitanti del pianeta il cibo, l’acqua, le cure mediche necessarie, ma anche il lavoro e le risorse energetiche, come pure i beni culturali, il sapere scientifico e tecnologico.
Ci rivolgiamo ora alla Vergine Maria, perché aiuti tutti i cristiani ad essere, come san Martino, testimoni generosi del Vangelo della carità e infaticabili costruttori di condivisione solidale.
http://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2017/11/12/0783/01695.html
C’è un bellissimo testo dell’ abate Giuseppe Ricciotti (1890-1964) biblista, semitista e storico del cristianesimo , traduttore e commentatore di testi ebraici (Geremia, Lamentazioni, Giobbe e Cantico dei Cantici), greci (Bellum iudaicum di Giuseppe Flavio, Atti degli Apostoli, Lettere di Paolo) e siriaci (Efrem, Afraate, Bar-Hebreo) dal titolo: “L’Imperatore Giuliano l’Apostata” edito Mondatori, molto preciso nel descrivere i delirii di questo personaggio sui generis. Egli non fece martiri in modo cruento,infatti Martino di Tours non subì alcun martirio, ma martiri incruenti perché il suo accanimento era incentrato sul CRISTO, proprio su Cristo, per questo fu detto l’Apostata.
“Discorsi contro i Galilei di Giuliano Augusto”
“Mi pare opportuno esporre a tutti gli uomini i motivi per i quali io sono convinto che la macchinazione dei galilei è un inganno messo insieme dalla milizia umana. Pur non avendo niente di divino, ma anzi sfruttando quella parte dell’anima che è incline alle favole, infantile e irrazionale, essa ha indotto a ritenere verità un racconto mostruoso”
Si dice che le ultime parole di Giuliano furono “Hai vinto, o galileo!” . Se fossero vere sarebbe un atto di fede importante.
Certo, ricordare Martino solo per il gesto caritatevole, a fronte di una vita di lotte e privazioni per la sopravvivenza della fede,mi sembra veramente riduttivo….
Difatti NESSUNO ha ricordato Martino “solo per il gesto caritatevole”.
Né l’ Amigoni di ieri, né l’Angelus papale riportato stamane.
Fine assoluta del discorso.
Riapro per messaggio delle 8.03
Reminiscenze di scuola media (pre-unificata), di liceo e di studi teologici mi dicono che Giuliano, apostata dalla fede cristiana, ha tentato di riportare in auge il paganesimo, fino a immaginarlo religione di stato. Ha superato in blocco le beghe cristiane. Il Galileo di fronte al quale si è dichiarato sconfitto non era nè cattolico nè ariano, era Gesù Cristo.
Concordo….ha ragione padre Amigoni…
Gentile signora Boe
Che Gesu ‘ abbia detto che l’amore di Dio si volge a tutti gli uomini, anzi, forse, il suo amore e anche “maggiore” per i lontani che non per i vicini. ( parabola della pecora perduta ) non ci piove, nessuno lo mette in dubbio.
La controversia riguardava il fatto se il precetto “ama il prossimo tuo come te stesso” debba essere considerato come una norma “pratica” sul modo di rapportarsi quotidiano con chi si incontra o con i quali si ha un rapporto o se il dire questo è limitativo e squalificante perché il precetto riguarda tutti gli abitanti del pianeta indipendentemente dal fatto che uno abbia con loro delle relazioni concrete.
Io ho anche precisato che, quando si presentino delle situazioni concrete ( che possano richiedere un discernimento su chi privilegiare tra un familiare, un concittadino o un forestiero )lo spirito che guida un cristiano gli indicherà il modo giusto di comportarsi.
Le ho nche detto che chi abbia una consapevolezza della propria necessità di essere tratato con misericordia non esprime giudizi pesanti sugli altri.
Voglio infine, e qui chiudo, ribadire che non è quello che si pensa o si dice ma quello che si fa che mostra la realtà dell’essere umano.
Io e lei abbiamo idee diverse su molte cose, ma questo non permette ne’ a me ne’ a lei di considerare l’altro un “cattivo” cristiano ne’ di “indignarsi” ( il fatto che Gesu si sia “indignato” con i cambiavalute non autorizza nessuno a “indignarsi” col proprio prossimo. Se glielo ho ricordato le ho fatto un favore rammentandole una verità, non una accusa personale )
Era quel Gesù Cristo contro il quale aveva scagliato i suoi strali, e combattuto strenuamente per tutta la vita, forse alimentato dall’odio che nutriva nei confronti di Costanzo e riversava, in modo più o meno inconscio, sù Gesù Cristo e i cristiani…
Sig. Beppe Zezza, lei continua a girare, ostinatamente, intorno alla mia “indignazione”, e sbaglia. Vorrebbe aver ragione a tutti i costi, e sbaglia ancora.
L’indignazione è un sentimento umanissimo che sorge di fronte a certe realtà che ti si presentano di fronte.
C’è una “giusta indignazione”, come ha detto un bravo teologo, originata dalla gravità di certi fatti e di certe parole che oscurano o addirittura cancellano il Bene.
L’indifferenza, al contrario, è proprio un male. Chi resta indifferente di fronte a quel che accade o vien detto, o è insensibile o è come un vegetale senza reazioni.
Dunque, quando io sento smentire il Vangelo proprio da chi dice di essere cristiano, ho tutto il diritto sacrosanto di sentirmi indignata, qualunque cosa lei ne pensi e comunque lei voglia giudicare. E non c’è “un giudizio pesante” da parte mia, c’ è una constatazione pura e semplice di un paradosso incredibile.
Lei ha iniziato il discorso così:” …Comunque il termine “prossimo” evoca “vicinanza” – è qualcuno comunque che “incroci” nel tuo vivere concreto. Al samaritano detto “buon” l’incontro con lo sfortunato incappato nei briganti è “capitato”,…È noto che “tutti” e “nessuno” sono spesso parenti…”
Lo ha iniziato in questi termini e man mano ha fatto qualche piccolo aggiustamento.
Io, avendo compreso bene il sottinteso, ho richiamato il comandamento di Gesù:”Ama il prossimo tuo come te stesso” dove non si contempla proprio per niente una vicinanza fisica né cerchi concentrici di nessun genere.
Inutile allungare il discorso.
E infatti la chiudo qui.
” io, avendo BEN COMPRESO IL SOTTINTESO ecc” , non le sorge il pensiero che non ci fosse nessun SOTTINTESO e che lei semplicemente ha capito male? ( come quando mi ha accusato di razzismo )
( tra parentesi : ” ama il prossimo tuo come te stesso” è un precetto assai anteriore a Gesu Cristo . Il precetto di Gesu è “amate i vostri nemici” assai più impegnativo – sempre che uno pensi che questo debba essere inteso come una “legge” )
Oltre bellissimo Angelus di papa Ratzinger postato da Accattoli su San Martino, non vanno dimenticate le parole altrettanto importanti pronunciate da GPII in occasione del XVI centenario della sua morte.
https://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/homilies/1996/documents/hf_jp-ii_hom_19960921_morte-san-martino.html
Da esse viene confermata pienamente la dimensione della carità come principale , unita a quella della testimoninza, della preghiera e della pastoralità: esattamente come , in modo sintetico, era stato richiamato da Amigoni.
( il fatto che quello ” che rese Santo Martino di Tours non è l’aver diviso il mantello col povero, ma aver lottato contro Giuliano l’Apostata” non è citato, come ovvio, trattandosi di fake new.)
L’omelia dei Papi non fa testo,caro Cuffini.
Ai Papi interessa comunicare la fede, a me interessa – oltre la fede che apprendo, non dalle omelie o dalle esortazioni, ma dalla scrittura e dall’obbedienza a Cristo, nella Verità- anche la storia dei Santi..
Certo, i Papi conoscono bene Martino di Tours.
Conoscono l’ l’Historia Froncorum scritta da Gregorio di Tours (538 circa – 594) cronista ed agiografo gallo-romano, nonché vescovo di Tours il quale riservò ben quattro libri all’agiografia di Martino. Li legga.
Vede, la brutta figura non è accusare me o chiunque altri di “fake new” ma manifestare su di un blog come questo la propria ignoranza, piuttosto!
Lei interpreti i Santi con gli occhi dei Papi, Lorenzo Cuffini, io con quelli della storia. Io non l’accuso di “fake new”, e lei è pregato di fare altrettanto.
http://www.huffingtonpost.it/mattia-baglieri/millesettecento-anni-dopo-san-martino-modello-di-pace-modello-deuropa_b_12900178.html
Anche io conoscevo San Martino per la storia del mantello : era un racconto tipico del catechismo che si faceva ai fanciulli in altra epoca e che rimane impresso.
Incuriosito da questo thread ho letto sia le omelie di Giovanni Paolo II e Francesco sia le biografie riportate su Internet.
Da queste ultime si evince che la sua attività principale sia stata la propagazione della fede e la difesa contro le sue interpretazioni scorrette.
Mi pare comunque poco sensato stare a discutere se sia da annoverare tra i santi della carità o della fede.
A papa Francesco piace sottolineare l’argomento della “condivisione” e ha utilizzato la ricorrenza di San Martino per ricordarlo.
Papa Giovanni Paolo II, citando sia la divisione del mantello, sia la fondazione di monasteri sia la opera di evangelizzazione ,ha invece rammentato che ci sono diversità di carismi e che l’importante è usarne.
Adesso sono squalificati anche i Papi del Catechismo Chiesa Cattolica? Qui si demonizza addirittura il dopo-1978.
E poi l’Huffingtonpost non è un giornale on line comunista-radicale-massone?
Mah.
Difficile accusare un papa che parla di un santo di fake new, anche se qualcuno, goffamente, ci tenta e ci ritenta e non si da per vinto.
Beppe Zezza attenzione: l’angelus che ho riportato sopra era di Papa Benedetto. Poi Lorenzo Cuffini ha segnalato Giovanni Paolo II. Ora io linko un testo di Papa Francesco: così abbiamo tutti i tre ultimi Papi sulla memoria di Martino di Tours:
http://it.radiovaticana.va/news/2016/07/02/lettera_del_papa_per_i_1700_anni_di_s_martino_di_tours/1241560
Trattandosi di Santi, proclamati esclusivamente dalla CHIESA e non , grazie al cielo, da questo o quel sapiente, da questo o quello storico, da questo o quel fanatico, “l’omelia dei papi” ( sic!!) non solo fa testo, ma è l’unica che conta, in termini di fede. In modo assoluto , poi, se si va a voler esprimere giudizi ( non si sa in base a che ) sulle ” motivazioni” della santità…..
Chiedo inoltre ragione categorica della seguente affermazione:
“la fede che apprendo, non dalle omelie o dalle esortazioni, ma dalla scrittura e dall’obbedienza a Cristo, nella Verità.” Questo significa affermare che nelle omelie e nelle esortazioni papali mancano Scrittura, obbedienza a Cristo e Verità.
” Il precetto di Gesu è “amate i vostri nemici” assai più impegnativo – sempre che uno pensi che questo debba essere inteso come una “legge” )”
A dire il vero, il precetto di Gesù è :”amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato”, e non c’era distinzione alcuna fra vicini e lontani.
Effettivamente….
Marco 12, 18_31
28 Allora si accostò uno degli scribi che li aveva uditi discutere, e, visto come aveva loro ben risposto, gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». 29 Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; 30 amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. 31 E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questi».
E’ lei Cuffini che tenta e ritenta e non si da per vinto. E’ lei che continua, confortato da P. Amigoni, ad accusarmi di “inventare”; lo fa ripetutamente e reiteratamente dandomi della buffona, con intento denigratorio .
Se i Papi nelle Omelie, tratteggiano di un Santo le opere più consone a suscitare la fede: ma sarà loro facoltà tratteggiare quello che credono più opportuno non le pare? Lei è libero di interpretare i Santi con gli occhi dei Papi Lorenzo Cuffini, io preferisco l’agiografia storica; Io non l’accuso di “fake new” Cuffini ,e lei è pregato di fare altrettanto, ripeto qunto già detto ore 17;48.
Comunque:
se Accattoli me ne da gentile concessione, a margine delle belle omelie dei papi degli ultimi vent’anni, vorrei rafforzare l’episodio che mi viene da ore contestato, malgrado ampiamente confutato.
E’ tratto da “Vita di Martino” di Suplicio Severo (360 circa – 420 circa) il quale così narra lo scontro tra il Santo di Tours e Cesare Giuliano detto l’Apostata:.
” Frattanto, i barbari invasero le Gallie e il Cesare Giuliano, concentrato
l’esercito presso la città di Worms, prese a distribuire un donativo ai soldati;
com’è consuetudine, venivano chiamati per nome uno per uno, finché si giunsea Martino.Allora, ritenendo che fosse la circostanza opportuna per chiedere il congedo – infatti pensava che non avrebbe serbato integra la libertà, se avesse accettato il donativo senza continuare il servizio – disse a Cesare: «Finora ho militato ai tuoi ordini, permettimi ora di militare al servizio di Dio. Riceva il donativo chi fa proponimento di combattere per te; io sono soldato di Cristo: combattere non mi è lecito». Allora, a queste parole, il tiranno si adirò grandemente, esclamando che lui rifiutava il servizio militare per timore della battaglia, che si sarebbe svolta il giorno dopo, non già a causa della sua convinzione religiosa. Ma Martino, intrepido, reso anzi più fermo nel suo proposito dal tentativo di spaventarlo, disse: «Se ciò è attribuito a vigliaccheria, e non alla mia fede, domani mi porrò inerme davanti alla schiera, e in nome del Signore Gesù, protetto non dallo scudo o dall’elmo, ma dal segno della croce, penetrerò sicuro tra i reparti dei nemici». Lo si fece dunque afferrare e trascinare in prigione, perché tenesse fede a quanto aveva detto e fosse opposto inerme ai barbari.”
Ecco: secondo il mio punto di vista, è da questa fede incandescente in Nostro Signore Gesù Cristo, testimoniata a costo della vita , che ha fatto di Martino un ’alter Christus”, ed è in virtù di questa se poté condividere il mantello…
“Ora esistono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità;
ma la più grande di esse è la carità.”
S. Paolo – Prima lettera ai Corinzi 13,1
CHIUDO!
A Luigi Accattoli : ahi ahi ahi! Ho attribuito a papa Francesco quello che era di papa Benedetto! Nel suo discorso Francesco mette in evidenza sia l’impegno caritativo che quello di evangelizzatore ( sostanzialmente come GPII). Chiedo venia!
A Victoria Boe : sono evangelici entrambi i precetti – Luca e Giovanni. A voler sottilizzare il discorso di Luca è rivolto alle folle che lo ascoltavano, quello di Giovanni al gruppo ristretto dei discepoli che stavano celebrando la Pasqua con lui.
Chiedo ai disputanti che l’ottima contesa su Martino e il mantello abbia fine a mezzanotte. Grazie della comprensione.
Già bella chiusa, se non altro per “lutto”: per la Nazionale che resta a casa .
🙁