Potenza dell’immagine: il Papa alza l’Ostensorio davanti alla pioggia e alla piazza vuota e da lì benedice l’Urbe e l’Orbe. Forza delle parole antiche aggiornate ai mali d’oggi: “Dalle malattie, dalle epidemie e dalla paura del fratello salvaci, o Signore”. – E’ l’attacco di un articolo che ho appena scritto per il “Quotidiano del Sud”, seguendo in televisione la supplica del Papa. Lo riporto per intero nei primi commenti.
Francesco: da malattie epidemie paura del fratello salvaci
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Piazza transennata e piovosa. “Momento straordinario di preghiera in tempo di epidemia” è il logo dell’evento. Che non ha precedenti e che è davvero straordinario nell’ambientazione, nei gesti, nelle formule. Persino nel maltempo. Ma innanzitutto nella solitudine.
Da remoto, come oggi si dice, ci sarà pure il mondo a seguire. Ma lì, nella piazza transennata e piovosa non c’è nessuno. Non ci può essere nessuno. E’ chiusa a tutti i varchi. Ci sono il Papa e una decina tra cantori e assistenti.
Ai lati del cancello centrale della Basilica hanno collocato l’icona della Salus Populi Romani sulla destra e il Crocifisso di San Marcello sulla sinistra: icona e Crocifisso che Francesco domenica 15 era andato a supplicare per la fine della pandemia. Davanti a loro ardono cinque bracieri.
Il Papa con il suo passo sciancato sale i gradoni del sagrato: è in veste bianca, senza paramenti, senza soprabito, senza ombrello sotto la pioggia fitta. Va sotto il baldacchino che è posto al centro del sagrato. Avvia la preghiera. Ha il fiatone per la salita.
Su questa barca ci siamo tutti. Viene cantato il Vangelo della “tempesta sedata” com’è narrata dall’evangelista Marco e subito Francesco va al leggio e in piedi tiene l’omelia. Ora la voce è tornata buona.
Paragona l’umanità in pandemia alla barca dei discepoli che stava per affondare nel lago di Tiberiade: “Su questa barca ci siamo tutti”.
Denuncia lo stordimento del mondo veloce e prepotente: “Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato”.
Li tocca e li bacia. Ricorda i martiri e i volontari della pandemia e li propone a esempio di un riscatto arduo ma possibile: “Medici, infermieri e infermiere, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo”.
Termina con un affidamento alla Misericordia di chi tutto può: “Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori. Ci chiedi di non avere paura. Ma la nostra fede è debole e siamo timorosi. Però Tu, Signore, non lasciarci in balia della tempesta”.
Ora il Papa esce dalla protezione del baldacchino, torna sotto la malefica pioggia e va alla facciata dove prega in silenzio davanti all’icona della Vergine e di fronte al Crocifisso. Li tocca e li bacia.
Francesco entra dalla cancellata, assiste all’esposizione dell’Ostia in un ostensorio che viene collocato su un altare al centro dell’atrio. Si siede e resta in adorazione silenziosa per un quarto d’ora.
Oppressi dalla solitudine. Poi viene la supplica composta per l’occasione, alta nei toni: “Da tutti i mali che affliggono l’umanità salvaci, o Signore. Dalla fame, dalla carestia e dall’egoismo salvaci, o Signore”. E ancora “Dalla follia devastatrice, dagli interessi spietati e dalla violenza. Dagli inganni, dalla cattiva informazione e dalla manipolazione delle coscienze”.
Tutta la pandemia è in questa supplica: “Guarda la tua Chiesa, che attraversa il deserto. Guarda l’umanità, atterrita dalla paura e dall’angoscia. Guarda gli ammalati e i moribondi, oppressi dalla solitudine. Guarda i medici e gli operatori sanitari, stremati dalla fatica. Guarda i politici e gli amministratori, che portano il peso delle scelte”. Viene annunciata l’indulgenza plenaria per i presenti e i lontani.
Francesco – che ora veste i paramenti – impugna l’Ostensorio, va alla cancellata e davanti alla pioggia che scherma il vuoto della piazza, con l’Ostensorio traccia tre croci con le quali benedice tre volte Roma e il mondo: Urbi et Orbi.
Tutto quello che dice, e spiega passo passo, Luigi, è vero.
Potenza della immagine, significato e potenza delle parole e dei gesti della liturgia: sempre quelli, eppure forzatamente, inaspettatamente nuovi. Nel contesto, nei modi di partceipazione, e quindi nella loro vita.
C’è anche un altro aspetto, implicito e evidentissimo, che resta da questo momento di preghiera pomeridiano.
Dio e l’uomo faccia a faccia, Gesù e il suo vicario nella storia, soli e di fronte uno all’altro.
Drammaticamente soli, e drammaticamente di fronte.
Solo non soltanto Francesco, e tutta l’umanità in lui rappresentata in quel momento; ma solo anche Cristo, davanti alla preghiera ma anche al pungolo ( svegliati!) e alla protesta – giustificatissima – della sua creatura infinitamente amata.
E completamente e sostanzialmente solo – soprattutto – per la solitudine che ha vissuto e in cui oggi, nelle due vesti, era presente o rappresentato: in croce e ( stessa cosa altrimenti detta) offerto in sacrificio. Insomma: il Vangelo letto oggi ci faceva risuonare all’orecchio il brano familiare in cui Gesù, tuttosommato, “rimette le cose a posto” ai nostri occhi e secondo le nostre aspettative, e fa quello che ci aspetteremmo e che gli chiediamo di fare: interviene, e risolve.
Ma quella croce rigata di pioggia vera e di sangue dipinto, e l’ostia esposta all’adorazione, ci facevano risuonare al cuore un’altra storia, quella reale: quella in cui , al “momento buono”( sul Calvario ) per Lui, quell’intervento che ci saremmo aspettati NON c’è stato, e quella aspettativa NON si è realizzata.
La solitudne che Francesco viveva e rappresentava per primo oggi, quel Cristo pregato e chiamato faccia a faccia, la conosce benissimo: per averla vissuta per primo e per continuare a viverla in ciascuno degli uomici che è venuto a salvare.
Due solitudini parallele su due piani diversi, sullo sfondo del mistero immenso del Dio Padre che crea, ama e non compare.
È stato un momento di grande commozione: la piazza vuota, l’intensit delle parole, i gesti, i canti….un momento che resterà nel cuore.
Cristina vicquery
Abbiamo assistito a un avvenimento storico.
Momenti struggenti: grazie a Papa Francesco per averceli fatti vivere in comunione con lui.
Roberto Caligaris
Perdonate la brutalità ma quello che proprio non riesco a capire è la prospettiva di “salvezza” cristiana. Tutti, Papa compreso, pregano per la “salvezza” da coronavirus, per la guarigione e perché nessuno più muoia di questo virus. Ma di fatto è solo un rinvio perché poi si morirà comunque. Eppure la morte, ormai quasi all’unanimità, è presentata da chi crede come la porta d’ingresso al Regno dei Cieli, all’incontro con Cristo, a quello stato di felicità eterna per cui siamo stati creati. Vedo solo io una profonda incoerenza o mi sfugge qualcosa?
Molto mi ha colpito il Vangelo scelto per la meditazione, sembrava scritto per una circostanza come questa. Lo smarrimento dei discepoli e il richiamo di Gesù alla nostra povertà di fede. Nella celebrazione ho sentito la mancanza della verbalizzazione della benedizione.
Beppe così dev’essere: si tratta di una benedizione eucaristica che non prevede la formula trinitaria. Così puoi leggere nel paragrafo 116 del RITO DELL’ESPOSIZIONE E DELLA BENEDIZIONE EUCARISTICA:
Detta l’orazione, il sacerdote o il diacono indossa il velo omerale bianco, prende l’ostensorio o la pisside e fa con il Sacramento il segno di croce sul popolo, senza dire nulla.
Rif. 11.30 – Te pareva…
Io invece ho sentito la mancanza del “Panem de coelo praestitisti eis…. Omne delectamentum in se habentem”, che faceva così “in” la benedizione eucaristica di una volta. Privatamente e molto sottovoce uso ancora questa formula quando assisto a una benedizione eucaristica.
Inoltre ho trovato superfluo e ingombrante l’uso del velo omerale (“continenza”
in ambrosiano – e di color rosso).
Prossimo (e contemporaneo) impiego di Accattoli; consulente al dicastero della liturgia, come spalla a Sarah.
Paolo Cardoni, ti dico come la penso io riguardo al problema che ha posto. La porta d’ingresso al Regno dei Cieli si apre dal momento in cui si nasce: è da allora che si realizza l’immortalità, da allora che inizia il cammino di salvezza per ognuno. Perciò sta a noi aprire questo cammino, per noi e per gli altri, in questo tempo e in questo spazio, sovvenendo il prossimo nel suo dolore, del corpo e dello spirito. Il Regno di cui parli è già cominciato, ora, anche se il riscatto dalla morte apparirà nella sua pienezza dopo.
Coloro che meglio di me, molti, conoscono le Scritture, a cominciare dal padrone di casa, sapranno, se vorranno, dirti di più e meglio.
Un momento di preghiera intensissimo. Grazie papa Francesco.
Leopoldo come sono felice di risentirti!
La mia non voleva essere una critica. Era solo testimonianza di un mio sentire. Non sono così addentro alle cose liturgiche! ( certo che bisogna fare attenzione a come ci si esprime… ) . Ho imparato una altra cosa!!!!
Vangelo della V domenica di Quaresima, anno A, 29 marzo 2020
Gv 11, 1-45
In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».
All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».
Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».
Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.
Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».
Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».
Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.
Commento iniziale
Questo brano ci può essere di grande conforto e fiducia. Soprattutto Marta ci può aiutare. La vediamo cresciuta nella fede, meno criticona dal punto di vista del proprio io. Ma ancora rimprovera Gesù stesso, ancora si muove di testa sua. Tre soli capitoli dopo la vedremo ormai portata in un abbondono profondissimo, nell’amore, nella gioia e nella pace semplici e liberi. Pacificata con sé stessa è dunque in pace anche con gli altri. Ciò che prima degli altri giudicava in tanti casi ora può riconoscerlo come un grande, diverso, dono. E a tutto ciò la vediamo condotta prima e più pienamente degli apostoli. Eppure parliamo di tutti grandi santi. Meglio mai fare paragoni, classifiche. Ognuno ha il suo percorso. Anche noi possiamo guardare con fiducia alla nostra storia, al nostro cammino. Dio ha anche per noi un disegno meraviglioso. Non dipende dalla nostra bravura da energumeni, come vediamo qui che non dipende da tali protagonisti. L’importante è cercare di non opporre troppa, inutile, resistenza a quello che Dio ci fa realmente maturare nel cuore. Non dunque tutto e subito. Ma quel semino, quel germoglio, quel fragile stelo nascente. Maria, la sorella, invece ha ricevuto un dono immenso da molto prima. Non significa che è più grande ma solo ha un diverso percorso. È mossa solo dal Signore. Ferma quando lui la vuole ferma, agisce quando Lui la chiama. È, per grazia, tutta immersa nella pace profonda dello Spirito. Che è dono profondo, anche di amore, anche di gioia ma non disumanizzante. Piange a dirotto per il fratello morto e ciò non contrasta col suo abbandono fiducioso in Dio. Vigilante, sempre di vedetta sul possibile nuovo, anche spiazzante, venire di Dio nella sua vita prende in mano la vita quando Dio vuole e non resta comoda nella sua casa che può diventare come il guscio di una lumaca. E così all’opportuno si scopre creativa, capace di andare oltre gli schemi, i moralismi, le abitudini. Il brano odierno esordisce con un significato profondo del perché Gesù ha tardato ad andare dall’amico malato. Maria è colei che in realtà tre capitoli dopo ungerà Cristo di nardo prezioso. Forse addirittura un dono che ancora dobbiamo scoprire. Come oggi ci sono i ministri dell’eucaristia forse un giorno laici potranno portare, non consacrare, sotto mandato del parroco l’unzione degli infermi. Maria ha scoperto con l’esperienza concreta del tornare alla vita del fratello la potenza di questo sacramento. E ci mostra un meraviglioso tratto femminile, personale, di questo mandato. La sua appassionata amorevolezza, la sua tenerezza. Questo miracolo costerà definitivamente la vita a Gesù, ben consapevole di ciò. Egli non porta su di sé i nostri limiti e peccati come un certo moralismo della legge talora asserisce. Ossia come macchie spirituali che entrano come esotericamente nella sua anima. Invece ama, accetta umilmente le incomprensioni, le meschinità, senza aggravare quelle piccole e senza vederne dove in realtà un occhio sereno non si lascerebbe ingannare. Ma conscio di quelle reali come le parole che Caifa pronuncerà proprio in seguito a tale episodio. Gesù dà la vita, sempre, con tutto il cuore, dimentico per grazia di sé e sempre proteso verso il vero bene dell’altro. Senza la grazia ciò è impossibile. Ma la sua vita ci mostra che alla grazia nulla è impossibile. Neanche rischiare continuamente la vita per gli altri restando fondamentalmente nella pace.
Pasqua
Che aria tersa dopo la pioggia di primavera,
che luce viva che tutto mostra non veduta
e dopo la neve quali campi di grano e olivi
e querce portano il mio passo che sempre
ti cerca. E ora anche tu mi sei vicina, così,
senz’ancora dire niente, portata dai gelsomini,
cantata dal vento, lasciando fare al tempo.
Veduta dal monte Carmelo
Gli erti gradoni di queste colline
come quelli di un’anima in cerca
assetata di pace tra gli ulivi
ombreggianti, nella canicola d’estate.
Poi di lassù, tra le fronde, appare
il dipinto della campagna, alfine
abbandonata nel mare. Di lassù tutto
riposa, tutto trova il suo senso,
l’ordine naturale, semplice e bello.
E’ appena un ricordo com’era velato
al brillare tremolante della terra
madida come te, con te, per la salita.
Poesiola tratta da “Piccolo magnificat. Un canto di tanti canti” (poesie che un prete ha sentito cantare, inavvertitamente, dalla vita, dalla sua gente):
http://gpcentofanti.altervista.org/piccolo-magnificat-un-canto-di-tanti-canti/
Luigi, come tanti di noi, ti seguo sempre, anche se non scrivo.
Confidavo che ci fossi. Ma mi piace saperlo.
Rif. oggi 9.23 – Più di qualcosa
Oltrepassando il lunghissimo spazio omilo-poetico e risalendo a stamattina, trovo che effettivamente “sfugge qualcosa” e anche di più. Per recuperare “il perso” basta scomodare un po’ il Vangelo. Proprio domani, sia in ambrosiano che in romano, c’è il brano della risurrezione di Lazzaro. In Luca (Lc 7 e Lc 8) ci sono altri due episodi di risurrezione. E poi altri interventi di Gesù su moribondi e guarigioni di paralitici, ciechi, sordi, lebbrosi, emoroisse, malati vari. Perchè al Signore è venuto in mente di ritardare l’incontro paradisiaco di alcuni, visto che poi essi sono ri-morti? E se è vero che si muore tutti, stando sani o malati, perchè il Figlio di Dio ha rischiato, togliendo qualche handicap, di rinviare più in là l’abbraccio della felicità eterna? Noi, poveracci come siamo, ci limitiamo a pensare come pensava il Signore: morire e far morire, bene, più in là possibile e non preoccuparsi del resto, dato che “il resto” è già cominciato qui, per sua grazia. E poi di salute del corpo (e talora anche dell’anima) la fede cristiana è campata per secoli, con apparizioni, rivelazioni, prodigi, voti, processioni e novene.
Se ancora chiediamo a Dio di guarirci come facevano molti con Gesù significa che ancora non ci ha salvato, non ancora. Ma chi dovrebbe guidare la nostra fede continua a chiedere guarigioni piuttosto che salvezza. Perché la salvezza non può essere parziale: o si è salvi o non lo si è. Il mistero della fede dice di annunciare la Sua morte, di proclamare la Sua risurrezione nell’attesa della Sua venuta. Non dovremmo essere noi ad andare ma Lui a tornare. Con tutto questo anch’io ho pregato con Francesco proprio perché ancora manca una parte della storia.
Rif. 23.27
Questa pandemia fa venire al pettine una domanda alla quale sembra mancare una risposta semplice semplice alla portata di tutti : cosa significa nel concreto la salvezza apportataci da Gesù?
Buongiorno. Le parole di Paolo Cardoni mi hanno colpito, non solo perché il concetto di salvezza è sempre più difficile da comprendere nel tempo in cui viviamo (molti di noi, anche cristiani, pensano che la salvezza venga dalla tecnica…), ma anche perché mi ha fatto venire in mente una preghiera bellissima, che vorrei condividere.
Si tratta del Cantico delle Creature, dove è scritto
Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo Tuo amore
et sostengo infirmitate et tribulatione.
Beati quelli ke ‘l sosterrano in pace,
ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullu homo vivente po’ skappare:
guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati,
ka la morte secunda no ‘l farrà male.
Io propongo di riflettere sulle parole di San Francesco, che lodava per la Morte e nello stesso abbracciava (e quindi consolava) i lebbrosi, e unirle al Vangelo di oggi, dove Gesù si manifesta ai discepoli non tanto (o non solo) resuscitando Lazzaro, ma piangendo con le sorelle e pensando all’amico che non è più partecipe della vita terrena.
La salvezza cristiana, come l’ho sempre intesa io, c’è già, perché Gesù Figlio di Dio è entrato nella storia umana, ci ha salvato, e questa salvezza entra nella nostra vita ogni volta che amiamo come Lui ci ama (e come ci ha mostrato concretamente). E quindi è giusto chiedere che le persone che amiamo non soffrano, chiedere di non morire prima di averle amate, consolate e salutate.
Rif. 28 marzo ore 23.27 – Nei Vangeli la guarigione è salvezza
Il punto non è quel che pensiamo o facciamo noi, ma quel che ha fatto e detto (i due aspetti son da prendere assolutamente insieme) Gesù di Nazaret. Lui è normativo. E lui, anzitutto, ha fatto cambiare l’idea anticotestamentaria (o ci ha provato, non con grande successo dopo due millenni) circa le singole malattie come vendetta del Dio offeso o conseguenza immediata di peccati personali o del peccato originale (che “originale” è, e peccato personale no). E poi ha strettamente congiunto vita presente, il più possibile sana e lunga, e vita futura eternamente scevra da “morte, lutto, lamento e affanno” (Apocalisse 21). Rimane vero che al tempo di Gesù non c’erano registratori e quindi non sappiamo tutto ciò che Gesù di Nazaret ha compiuto o si è detto di lui; ma è un fatto che i Vangeli parlano di Gesù che ha fame, sete, sonno, rabbia, disgusto, e prova tentazioni, solitudine, angoscia, sofferenza fisica e morale per i maltrattamenti pesanti subiti (percosse, flagelli, chiodi), e le insinuazioni/falsità contro di lui; ma mai si dice che abbia avuto virus o febbri o disturbi respiratori o sia stato malato. E, comunque, quasi tutte le guarigioni del Vangelo o non esigono conseguenze o suppongono e producono fede o chiedono solo adempimenti burocratici: non sono collegate esplicitamente alla condizione dell’al di là. E poi ci sono almeno due passi (Luca 5 e paralleli sinottici – Giovanni 5, 14) che mettono in connessione guarigione e il “non peccare più”, come due livelli integrati di “vita eterna” . La salvezza globale (Apocalisse 21) sarà che, nella vita eternamente beata, “le cose di prima son passate”; e la salvezza globale oggi è per noi anticipare – nei limiti datici e che noi poniamo – quella che sarà senza fine la vita felice.
Condivido tutto quanto scritto da Elisa Ferrari ma il pericolo è che ci si consoli e che non si abbia più (di fatto sembra così) quella tensione a cieli nuovi e terra nuova che sola darà senso anche alle sofferenze attuali. Ci accontentiamo di questo mondo non redento e al massimo ci preoccupiamo di una salvezza personale invece che desiderare che venga il Suo Regno. Tutti i miracoli di Gesù erano provvisori ed oggi cerchiamo proprio quella provvisorietà: salute, cibo, pace. Ma queste cose le avremo in modo pieno e definitivo solo nel Regno che però, a me pare, non invochiamo più. Se non lo dice in modo chiaro chi guida la chiesa chi lo farà?
Rif. 16.34 di ieri – Teologia della redenzione: “già e non ancora”
Date per comuni “la fede della Chiesa che noi professiamo” e l’invocazione del Regno che verrà in pienezza, per grazia, non sottoscrivo che:
a) questo mondo, adesso, non è redento;
b) i miracoli di Gesù attestati nel Vangelo sono provvisori, se provvisori è nel senso di “significanti” solo per allora.
Anche la predicazione di Gesù è stata provvisoria e pure la stessa esistenza di Gesù in terra, intendendo per eterno solo il Regno di Dio.
Una “sana” interpretazione della redenzione – di questo parliamo – si regge sul “già e non ancora”. Quindi: le sofferenze sono (e devono essere) già eliminate adesso, provvisoriamente e in modo precario; ma non ancora sono completamente eliminate, come sarà nel Regno che non avrà fine.
“Se non lo dice in modo chiaro chi guida la chiesa chi lo farà?”
Domanda che potrebbe in linea teorica avere un suo senso.
Ma poichè chi guida la Chiesa non solo lo fa, ma lo fa martellamdoci sopra continuamente, quotidianamente, instancabilmente, la domanda mi pare destituita nei fatti di ogni fondamento.
Forse che chi guida la Chies non lo fa nel modo in cui mi aspetterei?
Possibilissimo.
Ma allora la cosa riguarda me e me solo, ed è bene che mi attrezzi per cambiare la mia sintonia d’onda.
Gent.mo Cuffini, è molto probabile che il problema sia solo mio altrimenti non avrei posto domande però le chiedo la cortesia di farmi qualche esempio concreto di questa voce martellante (come la definisce lei). Per chiarire a me pare di sentire una voce che parla quasi esclusivamente di questioni molto terrene, tutte sacrosante e molto importanti e che condivido (pace, fratellanza, salute, ecumenismo, ecc.) ma che potrebbe dire qualunque religione mentre non sento allo stesso modo parlare di questioni escatologiche e in particolare: seconda venuta di Gesù, resurrezione dei morti, giudizio, cieli nuovi e terra nuova (tutte cose che professiamo nel credo) e che sono il senso del cristianesimo senza delle quali tutto il resto perde valore (Catechismo della Chiesa Cattolica).
Non risulta che papa Bergoglio abbia abrogato il Catechismo della Chiesa Cattolica o il Credo con i suoi articoli di fede. Se uno avverte il bisogno di rinfrescare l’uno e gli altri, bene stanno lì entrambi e entrambi sono abbondantemente richiamati. Basta andare sulla pagina vatican.va che raccoglie tutti gli interventi del papa ( e non solo di quest’ultimo, per la verità) e farsi una ricerca approfondita per argomento, in questo caso sulle questioni inerenti alla escatologia.
Quello che mi pare che non si possa dire per nulla è che si tratti di una voce ” che parla quasi esclusivamente di questioni molto terrene, tutte sacrosante e molto importanti e che condivido (pace, fratellanza, salute, ecumenismo, ecc.) ma che potrebbe dire qualunque religione”. A parte il fatto che è proprio del cristianesimo occuparsi, dal punto di vista cristiano, anche di una quantità (tutte?) di quelle “cose terrene” – Gesù docet – prendiamo solo il caso dei due interventi particolari al centro della passata settimana.
In uno il passaggio centrale così afferma :
” Il Signore si risveglia per risvegliare e ravvivare la nostra fede pasquale. Abbiamo un’ancora: nella sua croce siamo stati salvati. Abbiamo un timone: nella sua croce siamo stati riscattati. Abbiamo una speranza: nella sua croce siamo stati risanati e abbracciati affinché niente e nessuno ci separi dal suo amore redentore. In mezzo all’isolamento nel quale stiamo patendo la mancanza degli affetti e degli incontri, sperimentando la mancanza di tante cose, ascoltiamo ancora una volta l’annuncio che ci salva: è risorto e vive accanto a noi.”
Nell’altro:
“Nel giorno in cui molti cristiani ricordano l’annuncio alla Vergine Maria dell’Incarnazione del Verbo, possa il Signore ascoltare la preghiera unanime di tutti i suoi discepoli che si preparano a celebrare la vittoria di Cristo Risorto.”
A me pare che siano verità kerygmatiche e cristianissime.
https://www.avvenire.it/multimedia/pagine/tv2000-papa-francesco-preghiera-credo
Giusto trasmesso ieri sera su TV 2000, e pur nel contesto della intervista informale, della dimensione colloquiale, della natura “divulgativa” del programma, le parole sulla risurrezione dei morti sono inequivocabili…
In realtà mi sento ridicolo a scriverlo, che mai dovrebbe dire un papa al riguardo? Dice, lapalissianamente, quello che dice sempre: lui personalmente, e la Chiesa.
Ma visto che c’è chi sostiene che non lo faccia e chiede ” esempi concreti”, ben, persino l’ordinarietà di un palinsesto televisivo ne offre uno di giornata.
Mi rendo di essermi espresso molto male. Il tema richiederebbe ben altri spazi. Il mio riferimento a cose terrene era rivolto esclusivamente al concetto di salvezza e la domanda perfettamente sintetizzata dal sig. Beppe Zezza rimane valida: cosa significa nel concreto la salvezza apportataci da Gesù?
Non ho visto il programma di TV2000, lo farò al più presto e sarò ben felice di trovare una risposta chiara. Grazie.
Da persona che non firma ricevo questo messaggio:
A me pare che la Chiesa invochi SEMPRE il Regno di Dio o dei cieli. Tutti lo facciamo anche solo recitando il Padre nostro. Ogni volta che amiamo, diamo un po’ di spazio al Regno di Dio. Che nient’altro è, almeno secondo me, se non un regno d’amore e di pace. Qua, nella vita terrena. Non c’è bisogno di aspettare un Regno futuro con “cieli nuovi e terra nuova”. Già qui il senso della vita umana è quello di fare avanzare, per quel che è possibile a noi, il Regno di Dio. Vivendo e aiutando a vivere. Solo dovremmo esserne più consapevoli.
Salvezza e salute hanno la stessa radice e rimandano ad un unico concetto: salvezza spirituale e salvezza del corpo, strettamente connesse, eccetto quando quella corporale ha l’impronta di un arido egoismo individuale. E talvolta lo ha.
Dio è Colui che ci ha dato la vita per amore, così ci è stato detto.
Dio stesso è presente nella Vita. Per cui l’uomo aspira naturalmente a conservare la vita in cui è radicato, e perciò è del tutto normale che faccia il più possibile per avere salute, cibo e pace.
Anzi, diciamo pure che è un suo “dovere”.
Le sofferenze attuali, di qualsiasi genere, fanno parte della creaturalità (cioè dell’imperfezione) dell’essere umano ( vaso di creta); ma anche la natura tutta “geme per le doglie del parto”. Dovremmo allora desiderare che arrivi quanto prima la nostra fine per non soffrire più? Ma la morte noi la aborriamo e la respingiamo con tutte le nostre forze; così anche le malattie. Sono portatrici di dolore e di pianto. Ciò significa che le sentiamo innaturali, ossia nemiche della vita. E dobbiamo combatterle con ogni mezzo, come oggi si sta facendo con questo funesto virus che sta mietendo vittime come mai avremmo pensato. Ognuno faccia la sua parte. Anche la Chiesa, che però non deve solo pregare aspettando la manna dal cielo, come molti cristiani vorrebbero, ma deve contribuire, come in effetti sta facendo, a eliminare le cause di un contagio virale mortifero oltre ogni aspettativa.
Dunque, nessun contatto nelle assemblee sacre. Nessuna processione propiziatoria.
Infine, pur inchinandomi di fronte a san Francesco e al suo bel Cantico della Creature, io credo che la sua lode per “sora nostra Morte corporale” sia frutto di una certa spiritualità di carattere ascetico-medioevale. Oggi non condivisibile, a mio modesto avviso.
Quando ci è la salute ci è tutto.
Detto popolare.
Vox populi, vox Dei?
Rif. 30 marzo ore 17.57 – La visibile comunione dei santi è escatologica
Curiosamente tra le questioni molto terrene “che potrebbe dire qualsiasi religione”, si piazza, insieme alla pace e alla salute, l’ecumenismo. Come sarebbe bello che induisti e musulmani fossero almeno sfiorati da qualche loro preoccupazione ecumenica! L’ecumenismo per i cristiani fa parte della attuale visibilità necessaria – a detta di parole “provvisorie” (!) del Signore – della comunione dei santi, un bene che è da invocare e da realizzare adesso. Per esso vale, come per qualsiasi altro bene escatologico, il rilievo della lettera di Giacomo (2, 19): “anche i demoni credono e temono” (recitando il Credo); ma il sapere, come l’attendere, senza le opere, è senza valore.
Rif.22.25
Diciamo che se si iniziasse ad ASCOLTARE la Vox ecclesiae invece di sovrapporsi e contropredicare le proprie ideuzze veneratissime, sarebbe già qualcosa.
Rif 8.54 A fronte di Vox Ecclesiae autorevolmente rappresentate non resta che inchinarsi e fare ammenda.
Alcune precisazioni e osservazioni:
1. non sono antibergogliano. Non sono anti nessuno meno che mai verso il Papa.
2. porre in risalto le questioni ultime non significa starsene con le mani in mano. Vedasi la parabola dei talenti, Mt 25, ecc.
3. Chi vuole può dare un’occhiata al Catechismo dal n.988 al n.1050 (Credo la Resurrezione della carne e Credo la vita eterna). Già qui ci sono dei punti poco chiari ad esempio sul giudizio particolare e finale. Che ci siano due giudizi è alquanto problematico ma questo è ricavato dai testi sacri e ne va preso atto. Però nel tentativo di spiegazione si complicano ulteriormente le cose. Per esempio il punto 1024 riporta “Il cielo è il fine ultimo dell’uomo e la realizzazione delle sue aspirazioni più profonde, lo stato di felicità suprema e DEFINITIVA.” OK. Il punto 1045 dice “Per l’uomo questo compimento [cieli nuovi e terra nuova] sarà la realizzazione DEFINITIVA dell’unità del genere umano, voluta da Dio fin dalla creazione e di cui la Chiesa nella storia è ‘come sacramento’.” Qual è il concetto di DEFINITIVO? E’ più definitivo il cielo o la seconda venuta di Gesù? Inoltre è molto interessante il punto 1021 in cui viene usato l’avverbio ‘principalmente’ per indicare che pur sembrando esserci due giudizi quello PRINCIPALE è alla seconda venuta di Gesù.
4. La Resurrezione è una sola. La tradizione cerca di spiegare la compatibilità tra santi in cielo e futura risurrezione affermando che alla morte l’anima si separa dal corpo e sussiste nella gloria ma solo con la resurrezione l’anima si riunirà al corpo. La resurrezione è credere al sepolcro vuoto di Cristo (e ai futuri sepolcri vuoti che oggi, purtroppo, sono ancora tutti pieni) e alla sua corporalità spirituale (non nel senso di eterea ma ‘satura’ di Spirito di Dio)
Riepilogando mi aspetto da un Papa (qualsiasi Papa) che queste cose le esprima in maniera il più chiara possibile e senza ambiguità. Faccio notare che nel programma di TV2000, che ho guardato con piacere, il Papa sostiene che c’è una prima resurrezione e una seconda (non dice mai ‘della carne’) cosa teologicamente molto imprecisa e poi il discorso segue dando la chiara impressione che le anime in cielo e la resurrezione alla fine dei tempi siano la stessa cosa. Siccome io non so per certo come stiano i fatti non sostengo che il Papa abbia torto o stia distruggendo la fede della Chiesa ma ‘solo’ che differisce da ciò che c’è nel Catechismo e contribuisce a creare confusione su un tema che ne dovrebbe avere il meno possibile. Riformulo la domanda dei post precedenti: a quale salvezza devo principalmente prestare fede?
Rif 21.03 Desidero esprimerle il mio pensiero al riguardo ( anche se, per qualcuno in questo blog, il “ pensiero “ proprio sia da tenersi rigorosamente privato perché irrilevante se passibile di essere inteso come non corrispondente alla VOX ECCLESIAE rif 8.54 1 apr )
Concordo con lei. I discepoli di Cristo sono invitati a non “ restare con le mani in mano “ ( punto 2 del suo post )che si può tradurre in “ mettere in atto quanto umanamente possibile per venire incontro alle sofferenze che il mondo presente riserva a TUTTI i suoi abitanti “ma anche ad annunciare il futuro “ eterno” al quale gli uomini sono chiamati , futuro “eterno” che, solo, può fornire una prospettiva e una speranza, soprattutto in tempi di pandemia come questa. Questo annuncio, che solo i discepoli di Cristo possono dare perché sono i soli ad averne la consapevolezza, oggi lo si sente poco. Si sente molto di più parlare degli aspetti “ terreni “ che di quelli “ultraterreni” al punto da arrivare a dire che Gesù di Nazareth la “pensava come noi” e che cioè Pensava che la migliore cosa che può arrivare a un essere umano ( e per la quale dunque si debba lavorare ) sia avere una vita lunga e priva di sofferenze e che i miracoli che operava erano a quello scopo( rif 28 marzo )
Quanto poi alle modalità del Giudizio, della Resurrezione della Carne, credo anche io che la Chiesa – il Catechismo – non sia molto specifico al riguardo. E non lo è perché NON LO SI SA. S.Paolo lo dice nelle sue lettere : come risorgono i morti? Saremo “diversi” . Punto. Diversi come diverso, pur essendo lo stesso, è il Risorto dal Nazareno.
“ Vuolsi così dove si puote cio che si vuole e più non dimandare”
Lo Zezza-pensiero al riguardo, al pari di quello mio o di qualunque altro, beninteso, E’ del tutto irrilevante: indipendentemente dal fatto che sia o no “passibile di essere inteso come non corrispondente alla VOX ECCLESIAE “.
Perchè, appunto, viene da Zezza, o da me o da qualunque altro, dunque ha importanza nulla. Faccio per dire : se io ritengo che l’aldilà sia popolato di cherubini alati che cavalcano somari volanti porgendoci zuccheri filati celestiali, posso anche ritenere di far conoscere il mio pensiero al mondo, ma con nesunissimo costrutto, né giovamento.
Salvo che per il mio considerevole egone compiaciuto.
Ci si ficchi in testa che quel che penso io e quel che pensa e affermano Papa & Chiesa NON sono sullo steso piano.
Fine delle trasmissioni, e buon consueto baloccamento con i tratulli mentali egocentrici.
Quanto alla fola , reiterata, che si senta parlare molto più degli aspetti terreni che di quelli ultraterreni, ripeto, tanto per non intasare il video di citazioni- ma basta seguire la meritoria strada che con pazienza Luigi ci indica tutti i giorni da Santa Marta – quello detto nelle due preghiere straordinarie della scorsa settimana:
” Il Signore si risveglia per risvegliare e ravvivare la nostra fede pasquale. Abbiamo un’ancora: nella sua croce siamo stati salvati. Abbiamo un timone: nella sua croce siamo stati riscattati. Abbiamo una speranza: nella sua croce siamo stati risanati e abbracciati affinché niente e nessuno ci separi dal suo amore redentore. In mezzo all’isolamento nel quale stiamo patendo la mancanza degli affetti e degli incontri, sperimentando la mancanza di tante cose, ascoltiamo ancora una volta l’annuncio che ci salva: è risorto e vive accanto a noi.”
Nell’altro:
“Nel giorno in cui molti cristiani ricordano l’annuncio alla Vergine Maria dell’Incarnazione del Verbo, possa il Signore ascoltare la preghiera unanime di tutti i suoi discepoli che si preparano a celebrare la vittoria di Cristo Risorto.”
Dove siano qui gli aspetti terreni prevalenti su quelli ultraterreni, non è dto sapere.
Caro Cuffini, in quanto battezzati anche io e lei siamo Chiesa. Inoltre nel Papa noi vediamo la successione di fede che parte da Pietro. Le ricordo che Pietro è stato chiamato satana da Gesù il quale è stato tradito, rinnegato e abbandonato da quasi tutta la Chiesa dell’epoca. Malgrado ciò Gesù ha confermato Pietro nella fede e come pastore. Pietro poi è stato capace anche di cambiare le proprie opinioni come per esempio nella disputa con Paolo che era un “laico” e non aveva fatto parte dei discepoli di Gesù. Questo per dire che le cose vanno viste in un’ottica un po’ più ampia del “Papa&Chiesa e gli altri zitti”.
🙂
Grazie per il ripasso, Cardoni.
“Gli altri zitti” non posso dirlo, giacchè san Luigi Accattoli apre le porte del suo blog a ( quasi) tutti. Basta che sia ben ben ben chiaro a chi legge CHE COSA dicono Papa & Chiesa , cosa che riguarda TUTTI NOI, e che cosa dicono ” gli altri”, cosa che riguarda , sì e no, fondamentalmente chi esprime il proprio specifico parere.
Poi: certo, anche lei e io e tutti i battezzati siamo Chiesa; anche i Papi sbagliano; anche i Papi cambiano idea: e tutto l’armamentario del ragionamento.
Però, vede, la stessa identica possibilità , perlomeno (ma io direi accresciuta alla miliardesima potenza) di errore, di cambiamento di idea, ma anche di occhiale ideologico sul peperone, di gusto personale, di chiodo fisso, di qualsivoglia dolor di calli, riguarda sicuramente Cuffini, Zezza, Cardoni an so on. Quindi, ben vengano tutte le ottiche un po’ più ampie: assumiamone pure di amplissime, spalancate, sconfinate. Ma resta il fatto base: ci si ficchi in testa che quel che posso pensare io e quel che pensa e affermano Papa & Chiesa NON sono sullo steso piano.
Vorrei solo fare osservare al Cuffini che la Chiesa si compone di due elementi indivisibili che una volta venivano indicati con i termini di Chiesa militante e Chiesa trionfante. Quando dunque si parla di “sentire della Chiesa”, col quale si deve essere in sintonia, ci si riferisce alla UNA e SOLA Chiesa – Militante e Trionfante o in altri termini del XXI secolo e dei secoli passati. Vorrei quindi che lei precisasse in che cosa i miei scritti non sono in linea con il “sentire della Chiesa”.
La mia osservazione e quella di Cardoni è che si privilegino nelle dichiarazioni gli aspetti terreni a quelli ultraterreni . Osservazione critica certo, che può essere condivisa o meno, ma che è certamente legittima ( a meno che sia illegittimo enunciare una critica )
Termino facendole rilevare che la affermazione che Cristo Risorto “vive accanto a noi “ è certamente verissima e confortante ma riguarda ancora e solo la vita terrena. Sarebbe bello se fosse completata con qualcosa del tipo “ per condurci al Padre che ci attende perché possiamo vivere in comunione con Lui in eterno “ , in altri termini “ a che scopo vive accanto a noi “ in questa vita terrena?
Rif. 2 aprile ore 16.21 e 11.04 – I nuovi Paolo (poco apostolo)
Mi pare che dal lungo scambio, iniziato il 28 marzo, e relativo al post del 27 marzo, si possa dedurre che circa le realtà ultime (escatologiche) si debba distinguere il momento dell’annunciare e il fatto del sapere.
a) Sull’annuncio si può ammettere che, secondo le diverse sensibilità, esso risulti o troppo poco o poco o sufficiente o abbastanza o molto. Difficile dire che la Chiesa e il Papa annuncino in modo insufficiente le realtà ultime, la prima e più decisiva delle quali è la risurrezione di Cristo (e non il giudizio finale o l’inferno).
b) Quanto alla “mappa e alla segnaletica” dell’al di là il problema è strettamente teologico. E sul fatto di fede della “venuta di Cristo a giudicare i vivi e i morti” l’OMS teologica discute, parlando per esempio di due giudizi. E probabilmente anche il Catechismo ultimo (di Ratzinger e Wojtyla) inciampa sul tema.
Mi permetto poi due postille:
a) A me sta bene il “Paolo laico”. Una volta ho sconcertato alcuni dicendo che il titolo di apostolo se lo è dato da solo Paolo; nessuno gliel’ha conferito. E starebbe bene leggere: dalla lettera di san Paolo laico ai Filippesi ecc…
b) Quanto al riferimento al 28 marzo, qualora mi riguardi, so di avere scritto quel giorno che noi, rispetto alla salute e a molte altre cose , dobbiamo pensare come pensa il Signore nel Vangelo. Non ho sostenuto il viceversa.
Rif. 3 aprile ore 12.58 – Paolo laico di 1 Corinti 15
Traduco laicamente il Paolo apostolo di 1 Corinti 15,16.
“…Ma se Cristo non ci conduce al Padre per vivere eternamente con lui, non è neppur vero che Cristo risorto vive accanto a noi.
Ma se Cristo risorto vive accanto a noi, allora evidentemente ci conduce al Padre per vivere eternamente con lui; e la nostra fede non è vana”.