Sabato il sole ed io eravamo a Rimini, come si vede in questo selfie che ci siamo fatti davanti all’Arco di Augusto. Trovandoci amindui sfaccinnati ne abbiamo approfittato per una camminata lungo il decumano, dall’Arco al Ponte; e dipoi per il quartiere San Giuliano fino alla stazione ferroviaria, dove ci siamo salutati. Nei commenti altre foto e altre ciarle.
Dal Decumanus maximus di Rimini per voi
33 Comments
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Qui siamo al Tempietto ottagonale di piazza Tre Martiri. Qui Giulio Cesare avrebbe arringato dopo aver attraversato il Rubicone. Qui la mula si sarebbe inginocchiata al Santissimo. Qui il mio trolley inconsapevole di tanti precedenti. Qui io e il sole che tutto vidde e di sui raggi riscaldò.
Alle spalle del Tempietto di cui alla foto che precede, sorge la chiesa dei Paolotti o dei Minimi, rifatta nel 1963. E in essa questa coeva donna ministrante con turibolo, pittata da Achille Funi (1890-1972): chi ne sa di più dica o disdica. Nel 1963 o 64 Funi presagiva lo sdoganamento delle chierichette?
Sempre per il Decumanus Maximus, ora Corso d’Augusto, ben oltre la metà, trovi sulla sinistra la chiesa dei Servi e sulla destra Santa Maria della Misericordia o dell’Ospitalino, che ha in facciata questa lapide. Che di molto avrei caro di leggere, ma non so che dica. La prima e l’ultima riga dicono “Elemosine” e “hospitale”. Ma nel mezzo non so. Ho fiducia in un visitatore lapicida, lapidante o lapidario che sia.
Il Ponte di Tiberio in meridiano splendore. All’Arco d’Augusto termina la Flaminia, dal Ponte di Tiberio parte l’Emilia. Sono l’equivalente di Rimini Sud e Rimini Nord per lo stradario d’epoca romana.
Dal Ponte di Tiberio ho raggiunto a piedi la stazione attraversando il colorato borgo San Giuliano, tra case pittate e chiasso d’osterie.
Sulla sinistra di via Marecchia, camminando verso la stazione, ho trovato questo pensoso Benigni che avevo già visto nella “Voce della luna” di Fellini. Nel film (1990) Roberto Benigni è Ivo Salvini, un ragazzo ingenuo e dissociato, invaghito di Aldina, che lo respinge e infine gli tira una scarpa. La scarpa diventa un talismano che Ivo porta con sé nei suoi lunatici vagabondaggi.
Ero a Rimini per una conferenza che ho tenuto il venerdì 24 sera nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Annunziata alla Colonnella, su Madre Teresa di Calcutta: l’occasione era l’allestimento, nella chiesa, di una mostra sulla Santa, la stessa – ma non completa: ovvero in “versione itinerante” – che fu allestita lo scorso agosto al Meeting di Rimini. Questa chiesa è lungo la vecchia via Flaminia, a un miglio romano dalle vecchie mura. Alla “Colonnella” perché la chiesa è sorta dove esisteva un tempo una colonna che indicava la distanza dalla città. Puoi vedere qui il testo della mia conferenza:
http://www.luigiaccattoli.it/blog/conferenze-e-dibattiti-2/come-ho-conosciuto-e-che-cosa-ho-imparato-da-madre-teresa/
Pittati anche i due cuccioli, Luigi? Non riesco a capirlo.
Neanche di Benigni avevo capito.
Sì, a San Giuliano le pareti delle case sono dipinte a murali che si rifanno a film o a canzoni, a piante e fiori, a piatti d’osteria, alla vita di mare. Questo una volta era un quartiere di pescatori. I due cani vengono da Lilly e il vagabondo, suppongo. Ma gli autori dei murali non mettono didascalie.
Buonasera, Luigi.
La foto della lapide non è nitida. Io l’ho scaricata e ne ho regolati il contrasto, la luminosità e l’intensità con il programma Photopaint. Ma il risultato non migliora di molto la leggibilità della seconda parola. Io la butto lì in questo modo:
ELEMOSINE
E RESTIATE
HOSPITALE
Se lo ritieni un “lapicidio”, pardon. Ma a me la ricerca mi attira.
Buona sera “anca mo’”, visto che da ieri va di moda il milanese… 🙂
Girando per S.Giuliano non hai incontrato qualche riminese doc di felliniana memoria?
Giuseppe grazie dell’aiuto. Urge che qualcuno di Rimini ci dia una mano. Tendo a pensare che si tratti di una scritta che invita a fare offerte per l’ospedale. Poteva essere piazzata, poniamo, sotto o sopra la buca nella quale introdurre monete. La lapide si trova sulla facciata di Santa Maria dell’Ospitalino.
Io ci leggo: “Elemosine e resti all’Hospitale”
Luigi Mortari sei bravissimo: è proprio come dici tu. Chiedendo a Google con la tua “lettura” ho trovato un sito che dà la foto dell’ex chiesa su cui è murata la lapide da me fotografata e l’interpreta così: “Elemosine e Resti all’Hospitale M[isercordia]”.
https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_Santa_Maria_ad_Nives_(Rimini)
La scritta “Elemosine e Resti all’Hospitale M[isercordia]” immagino vada intesa così: “Quello che darete servirà per le elemosine destinate ai mendicanti e il resto andrà all’ospedale”. Elemosina voleva dire sia l’offerta data, poniamo, a una confraternita; sia quella ricevuta dal povero che bussa alla confraternita. E così elemosinare stava sia per chiedere l’elemosina, sia per darla.
Andrea Salvi per San Giuliano era pieno di riminesi gridanti ma non gli ho dato confidenza.
Giuseppe di Melchiorre lapicida nato, grazie anche a te: hai visto che bel lavoro di squadra abbiamo condotto?
A conclusione della giornata mi permetto di suggerire una sorta di ossimoro di madre Teresa di Calcutta che ho letto poco fa: “ci sono delle persone così povere che l’unica cosa che hanno sono i soldi”
“Quello che darete servirà per le elemosine destinate ai mendicanti e il resto andrà all’ospedale”.
Poiché a quanto pare “hospitale” non aveva ancora il significato ospedaliero con cui noi l’ intendiamo, ma di edificio in cui si ospitavano derelitti di ogni genere, il senso della scritta potrebbe forse essere: elemosine per i mendicanti e il resto per chi ha asilo nell’ hospitale.
È solo un’ ipotesi.
“Hospitale”,cioè, avrebbe il senso di ospizio. La radice è la stessa.
in Francia queste strutture si chiamavano hotel dieu ( l’hotel de ville era ed è ancora il Municipio).
da wikipedia:
Hôtel-Dieu è il nome dato in Francia fin dal VII secolo a strutture edilizie assistenziali situate in genere nei pressi delle cattedrali e posti alle dipendenze del vescovo. Inizialmente destinate quale alloggio per i pellegrini e viaggiatori da evangelizzare, a poco a poco assunsero funzioni ospedaliere trasformandosi o in ospizi per anziani e insieme ospedali generali od in ospedali veri e propri, che accoglievano anziani ed ammalati.
cristina vicquery
Caro Luigi, sì, il lavoro di squadra è sempre preferibile.
Io, invece, che soffro di “lapimanìa”, sto scrivendo una relazione storico-culturale sul portale trecentesco della chiesa di Castelbasso, ma lo sto facendo da solo. A chi vuoi che interessi Castelbasso? Ma poi i motti lì scolpiti non sono in latino, ma in volgare abruzzese dell’epoca, e questo fa del portale un unicum culturale. Dante aveva da poco finito di scrivere la Divina Commedia in dialetto fiorentino, a Castelbasso un lapicida scolpiva i motti in dialetto abruzzese… Absit iniuria nell’accostamento… 🙂 Ma il problema è che molte parole sono contratte… E poi, se io conosco ovviamente il dialetto abruzzese odierno, ignoro quello del Trecento, fatto di latino che si stava volgarizzando, e perciò è difficilmente interpretabile!… 🙁
Cari saluti a te e a tutti.
Dalle mie parti c’è un paesino di seicento abitanti che si chiama Ospital Monacale, frazione del comune di Argenta (luogo del martirio di don Minzoni, come forse alcuni di voi ricorderanno).
L’origine del nome risale al XIII secolo, quando un gruppo di monache fondò lo Spedale della Carità, luogo di accoglienza di pellegrini e poveri di quei tempi.
A una cinquantina di chilometri, sempre nella stessa provincia, un altro paesino prende il nome di Ospitale, frazione del comune di Bondeno. Vi sono stato un paio di volte in visita al santuario della Madonna della Pioppa.
La toponomastica aiuta a fare memoria.
Giuseppe,
dalle foto che si trovano in rete avete una chiesa molto bella.
Di Castelbasso poi si dice:
‘Quando si decide di andare a Castelbasso è come se si scegliesse di seguire una terapia per l’anima che va nutrita quanto e come il corpo. Ma di bellezza.’
Approvo in toto la lettura di Fides. Potrebbe anche essere un invito a dare elemosine e resti (di eventuali pranzi) all’ospizio. Da noi si usava e si usa dare alle suore di clausura cibi (buoni) avanzati da qualche banchetto.
Enrico, grazie per la curiosità che ti ha portato a cercare la chiesa di Castelbasso in rete. Se dicessi io che è bella potrei non essere credibile.
Luigi mi perdonerà se abuso della sua ospitalità, riportando un piccolo brano tratto dalla relazione che sto scrivendo sulla chiesa del mio paese natale. Eccolo qua:
“(La chiesa di Castelbasso è) un’antologia architettonica che contiene opere artisticamente varie e che può vantare un significativo incipit lapideo costituito dal portale della chiesa medesima. In esso eleganti e lineari piedritti reggono l’archivolto che fa pensare addirittura ad una meravigliosa miniatura scolpita, ricca di messaggi imprevedibili in un piccolo “Castellum Vetulum”, un Castello Vecchio, come era Castelbasso più di mille anni fa.”
Anche il paese è bello, è quasi un’isola del tempo dove si approda al Medioevo. Sia chiaro, nessuno dice che è l’ottava meraviglia del mondo, ma Roberto Piumini, scrittore, poeta e narratore, nel suo “Canto a Castelbasso” lo ha definito “gradasso, piccolo Gran Sasso”… 🙂
Luigi non me ne voglia se ho esagerato…
Enrico, ti saluto e auguro buona notte a te e a tutti.
E’ una tipica città medioevale, nella quale le strade si dispongono in cerchio per salire verso la cima.
Mi scusi, prof.ssa Antonella, Castelbasso è un borgo fortificato medievale abitato da una cinquantina di persone, non una città. Ha la forma di una goccia con una strada che segue in parallelo le mura di cinta. Da questa strada partono le viuzze che portano al centro, dov’è la chiesa. Grazie, comunque, per la sua attenzione…
Buona notte.
Un giorno andrò a Castelbasso.
AUGH !
Roberto Caligaris
Roberto, se ti va, fammelo sapere. Se sarò giù, mi farà piacere darti il benvenuto e, se vuoi, ti farò da cicerone… 🙂
Per il momento, buona giornata a te e a tutti…
Chiedo scusa per l’OT,
Antonella Lignani,
ho letto solo stasera la storia di Salvatore. Grazie per averla condivisa. Ho notato che sei di Città di Castello, precedentemente non ci avevo fatto caso.
Sono venuto diverse volte a Città di Castello (l’ultima una quindicina di anni fa) per i convegni organizzati da L’Altrapagina di don Achille Rossi. Non era certo famoso presso il grande pubblico, ma aveva un giro di amicizie incredibile per cui il livello degli ospiti dei suoi convegni era sempre notevole. Grazie a don Achille era venuto ad abitare in città Rodrigo Rivas, che io avevo conosciuto precedentemente non ricordo come. Li conosci, sai dirmi niente di loro?
Don Achille sta abbastanza bene e continua i suoi convegni, anche se ha avuto qualche problema di salute. Purtroppo è morto l’anno passato in un incidente stradale il fratello Enzo, ed ora L’Altrapagina è diretta da Tonino Guerrini. A settembre il tradizionale convegno è stato dedicato alla globalizzazione.
https://www.youtube.com/watch?v=QDf4yY_UT1k
Penso che non sarà difficile trovare materiale in Internet. Di Rodrigo Rivas posso dire che fino a poco tempo fa collaborava col Comune di Città di Castello, ma non so cosa faccia attualmente, perché personalmente non lo conosco.
Grazie Antonella, gentilissima.