Singolarità di una successione pontificale: al posto del missionario del mondo viene chiamato il cardinale teologo che per 23 anni l’aveva aiutato a cercare le parole per la missione. Forse in quella ricerca l’aveva anche trattenuto da qualche eccesso di zelo e ora quel dialogo su ogni questione si prolunga a parti rovesciate: dove una volta il cardinale teologo invitava alla prudenza, oggi il papa teologo avverte la spinta del papa apostolo. Che quel dialogo si prolunghi per molti anni in modo che la grande anima di papa Wojtyla possa restituire con misura traboccante quanto aveva ricevuto dall’amico fidato, come ebbe a chiamarlo.
Da Wojtyla a Ratzinger a parti rovesciate
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Condivido il bel commento di Luigi, nel momento in cui altri (ad es. Paolo Francia) contrappongono un papa all’altro.
l’amicizia profonda, nella Chiesa e fuori, fa miracoli di conversione quotidiana.
Questa mattina all’ingresso della Piazza distribuivano l’ultimo numero di ‘Totus tuus’ con il suo editoriale, poi una celebrazione straordinaria per la partecipazione di popolo e per le parole di Benedetto.
Così ha concluso l’omelia: “Lo preghiamo di continuare a intercedere dal Cielo per ciascuno di noi, per me in modo speciale, che la Provvidenza ha chiamato a raccogliere la sua inestimabile eredità spirituale”.
Su uno striscione con i volti dei due papi ho letto “Tu accanto, Giovanni Paolo dal cielo”… che Grazia!
Un saluto a tutti.
Fratelli, aiutatemi a capire.
Ho fatto un – rapido, lo ammetto – giro sul sito papanews.it altrimenti detto Petrus e, come dire, sono rimasto basito.
Si va dalle opinioni estetico stilistiche di Renato Balestra che “promuove” il nuovo look liturgico del Papa così: “Ottima la riscoperta dei paramenti antichi, Benedetto XVI è tra gli uomini più eleganti del mondo” a – questa lascia senza parole, davvero senza parole, amareggiatissimi – “Giuda? Nevrotico e omosessuale. Ponzio Pilato? Il ‘padre’ dei politici attuali”: il criminologo Francesco Bruno analizza il profilo psicologico del traditore e del giudice di Cristo”. Certo che qua e là ci sono anche altre cose oggettivamente edificanti come discorsi di Sua Santità o di altri vescovi e prelati… ma quest’altro registro “indefinibile” davvero non lo comprendo. Chiedo un sereno aiuto di decifrazione al dott. Luigi.
La questione di Giuda “nevrotico e omosessuale” era giù uscita sui giornali negli scorsi giorni… non so se riprendevano Petrus. Ma qui in passato abbiamo già parlato molto della pubblicazione in oggetto…
Secondo me il problema è di “fare la tara”: un po’ come usare il blog di Raffaella per le rassegne stampa (interessantissime) senza leggere i commenti (un tantino – ad essere buoni – trionfalistici, ed a volte pretestuosi nel cercare di demolire lo Scalfari di turno partendo da dettagli insignificanti come ‘Oh’ invece di ‘Ahi’ nella citazione dantesca ecc ecc).
Ezio
PS a scanso di equivoci vorrei chiarire che a me Scalfari sta pesantemente antipatico, e non lo dico per piaggeria verso il padrone di casa che appartiene alla diretta concorrenza, ma perché è semplicemente insopportabile quando pretende di fare la morale ai cattolici (papa compreso) e addirittura di insegnare loro cosa è peccato, salvo poi denunciare le invasioni di campo della Chiesa negli affari italiani… dopo aver invaso il campo dei confessori e dei teologi senza che il minimo dubbio lo sfiorasse!!!
Effettivamente lo stile di Petrus non è l’esempio di diplomazia che ci aspetteremmo. Ma il mio maggior dissenso è a livello sportivo …
perchè lycopodium? hai una squadra nella mitica Clericus Cup? 🙂
Se posso interpretare l’amico lycopodium, penso che non condivida gli articoli ANTI-INTER che compaiono su Petrus ogni Martedì. Mi trovi d’accordo caro lycopodium!! Ciao!
Tornando al tema del post, toccante il raccordo che Lei, caro Luigi, compie tra Wojtyla e Ratzinger.
Che Giovanni Paolo II guardi tutti noi da lassù. Indimenticabili le sue Giornate Mondiali della Gioventù!
Un caro saluto a tutti!
Propongo per la giornata di oggi una moratoria delle polemiche su giornali e siti internet.
Mi piace ricordare così il SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II:
http://it.youtube.com/watch?v=si5QXiUczjk
Pochi giorni fa mi è arrivata per posta la reliquia di Giovanni Paolo II. L’avevo richiesta presso l’ufficio per la “causa di beatificazione” ed è arrivata.Ce l’ho qui, mentre scrivo, tra le mani. E’ un santino bellissimo con una bella preghiera e a margine, un piccolo frammento dell’abito talare bianco.
Mi è sovvenuto il suo sguardo, quando lo vidi in occasione di una visita alla parrocchia dove insegnavo catechesi. In quella occasione si intrattenne come era solito fare, con uno i miei ragazzi parlando e scherzando. Poi si diresse verso uno di loro il quale aveva dei problemi essendo diversamente abile.
Alla fine volle parlare con me: due parole, non di più, però..c’è stato un momento preciso in cui il suo sguardo si è fissato nel mio..trapassandomi da parte a parte: impossibile da dimenticare, emanava un’energia da tutta la persona, una grande forza magnetica….
E’ stato un grande Giovanni Paolo II, come lo è, anche se in modo diverso l’attuale pontefice…sicuramente!
L’affetto per l’uno e l’altro Papa mi lascai senza parole.
Mi associo alla moratoria proposta da Fabrizio.
A proposito di restare senza parole … il mio incontro con Giovanni Paolo II fu un po’ come quello del sarto dei Promessi Sposi con il cardinale Federigo Borromeo. Non ricordo se l’ho già raccontato, comunque andò così: avendo la possibilità di essere presentato al Santo Padre in un incontro ristretto, assieme ad un’altra ventina di persone, quando il papa mi passò davanti e venne il mio turno di salutarlo, io gli dissi qualcosa, non ricordo esattamente le parole ma era un ringraziamento per il suo insegnamento sul rendere la fede cultura. Lui ascoltò la mia frase e rispose brevemente, sostando un attimo come per darmi la possibilità di dire ancora qualcosa. Io rimasi come folgorato dall’impressione che quell’uomo, per cui la mia era la decimillesima faccia della giornata, un volto tra la folla, mi stesse realmente – sia pure per lo spazio di pochi secondi – ascoltando.
Questa capacità di attenzione personale (che mi è capitato di sperimentare non moltissime volte nella vita, e di esercitare a mia volta forse ancor meno) mi lasciò senza parole, i secondi passarono e il papa passò oltre.
Meglio così, perché è rimasto, nudo e puro, il ricordo, anzi l’esempio, di quella tensione all’incontro personale che è parte essenziale del cristianesimo.
Non ho mai incontrato nessun papa, nè ho mai fatto qualcosa, lo confesso, per incontrarlo. Quando Giovanni Paolo II, in antica amicizia con il vescovo del mio paese di origine, venne a trovarlo, io avevo altrove il matrimonio della mia più cara amica che andava sposa al mio più caro amico, così, anche in quella occasione l’incontro non avvenne. Ricordo la caccia ai biglietti per ma messa: credo di averne distribuiti almeno 500: mi aveva impressionato allora – come oggi – il sentimento sereno di chi richiedeva il pass per la messa, volevano stare con il papa più che vederlo, lo trovai e lo trovo molto bello. Credo che il successore di Pietro sia circondato da un clima sereno e sano, anche se certi suoi presunti fanatici araldi, fraintendendo tra l’altro il suo autentico pensiero, producono un fastidioso ululato piacevole come un allarme che scatta alle tre di mattina.
Quando è morto Giovanni Paolo II era sabato sera e mi trovavo a mangiare a casa di quegli sposi dei quali ho accennato prima: suonarono a distesa le campane della chiesa parrocchiale. Io presi la bicicletta e arrivai in Duomo, attraversando una Milano deserta. Il cardinale Tettamanzi arrivò poco dopo, il Duomo stracolmo (pieno a tappo nel pomeriggio seguente…) e immerso in un silenzio dolente ma fraterno.
Al ritorno, mentre in bici giravo in largo Cairoli, venni bloccato – era circa mezzanotte – da un gruppo di 20enni gaudenti, spagnoli, ragazzi e ragazze, abbastanza ubriachi, che ridacchiando mi chiesero dove si trovasse un tal locale. Io dissi che non lo sapevo e loro mi chiesero sempre ridendo e cercando consenso cosa ci facessi in giro. Risposi: “E’ morto il papa, sono andato in cattedrale”. Le ragazze fecero una faccia come nauseata e se ne andarono ostentando menefreghismo e ridendo ancora più sguaiatamente, dei ragazzi solo uno venne lì e mi strinse la mano ma dicendo: siamo spagnoli, siamo tutti atei e del papa non ce ne frega nulla, però se a te dispiace, condoglianze”. Il papa che sento più affine alla mia intimità spirituale è Paolo VI. Mi entusiasma l’indomito coraggio e la libertà e l’intelligenza di Pio XI e credo che le voci su un avvelenamento da parte di Mussolini non siano del tutto infondate. Mi commuovo sempre e rivedo spesso su youtube quel pertinente documentario su Giovanni XXIII e il Concilio. Un pontefice che mi affascina è Pio VII, che ha dovuto vedersela con “la nequizia dei tempi”, come dice la targa di una chiesa da lui visitata durante il rapimento bonapartista. Seguo da lontano i papi, ma non credo di essere lontano da loro.
L’agonia di Wojtyla l’ho fatta in piazza San Pietro, ricordo che vi incontrai gente insospettabile (colleghi, amici che non avrei mai immaginato, vicini di casa).
Il sabato 2 aprile pomeriggio, però, dovetti andare nelle Marche, controvoglia, per una cosa irrimandabile. Non volevo allontanarmi da Roma, volevo restare.
Andai e mi trovai a cena con degli amici, in un posto dove per i cellulari non c’era campo.
Verso le 22 esco dal locale e mi arrivano tutti insieme molti messaggi, che appunto dicevano della morte del Papa.
Lo comunico agli altri, invero non troppo commossi.
Poi, per finire la serata, propongono di andare a bere una cosa in un bar nei paraggi. Accetto, sono amici che non vedo mai, cui sono molto affezionato. Accetto, ma ho la testa altrove, e lo stomaco come chiuso.
Entro in questo bar, l’unico posto di ritrovo in quelle campagne.
Una calca incredibile, fumo, musica, giovani allegri e in procinto di partire per la riviera adriatica per la notte.
Ordino qualcosa da bere e ascolto svogliato le chiacchiere di chi stava con me. Con gli occhi sono a San Pietro, con la mente a Roma.
A un certo punto mi accorgo che sul mega screen, dove in genere c’è sky sport, tutti i servizi sono sul Papa.
L’audio non si sente, la sala è invasa dalla musica e dalle voci dei presenti e su un muretto una ragazza accenna una specie di innocente lap-dance.
E’ in quel preciso istante che mi viene una specie di conato, e dico: ma che faccio qui dentro?
E reagisco come mai ho fatto in vita mia: saluto tutti in un nano-secondo e scappo via da solo, correndo a casa in macchina e sentento in radio le parole di Ciampi.
Sono flash che non dimenticherò mai. Ciampi che mi accompagna nel buio della campagna, per strade illuminate solo dai miei fari. Quindi le repliche dell’annuncio di Mons. Sandri, il comunicato della Sala Stampa, ecc.
Tutto sentito in auto.
Credo comunque di non essere mai stato così male come in quel quarto d’ora stralunato dentro a quel disco-bar. Mi sentivo prigioniero, impotente, e sballottato. Il posto più sbagliato nel momento per me più sbagliato.
E dire che ci avrò passato centinaia di serate!
Quel 2 aprile di tre anni fa è stato per me come un risveglio improvviso nel “Pellegrinaggio d’autunno” di Hermann Hesse, laddove “il lago si fece blu scuro, quasi nero e si distinguevano appena i contorni delle secche vicino alla riva”. Conservo nitida l’immagine della notte dell’agonia in piazza San Pietro, il silenzio surreale, lo smarrimento di noi fedeli e degli stessi prelati che pregavano per il Papa sospeso tra terra e cielo. In un attimo i pensieri volarono a ritroso, ai flash della memoria personale scattati lungo un pontificato che ha cambiato il mondo e toccato le coscienze. La carezza di quel grande uomo di Dio al proprio figlio, una parola fuori protocollo, uno sguardo che ti illumina dentro. Tutto dietro la fioca luce di quella finestra in alto… E così, sotto i fari delle tv in via della Conciliazione, sembravamo tante falene stordite….
Ignigo, Ezio e – in riferimento a un precedente post – Savigni e Gianluca: non mi mettete in mezzo, “vedetevela voi” come ebbe a dire Pilato.
Ezio nomina il blog di Raffaella che oggi ha riportato questo mio post: la ringrazio e la saluto con affetto.
Piazza San Pietro gremita acclama già Karol Wojtyla come santo. Sotto il colonnato del Bernini si ascolta pregare in decine di lingue. L’una accanto all’altra, persone tra loro diversissime: miracolo di un uomo, come ha ricordato Benedetto XVI, dalle qualità soprannaturali. Al suo talento di avvicinare i lontani mi piace ascrivere anche un’inattesa, personale esperienza condivisa nel giorno del terzo anniversario della morte di Giovanni Paolo II. Avevo appena lasciato via della Conciliazione quando ho ricevuto da Torino una telefonata sorprendente e carica d’emozione. Era il redattore capo de “La Stampa”, Mauro Vallinotto, un laico doc, gran navigatore dell’editoria italiana dagli anni Sessanta ad oggi. Prima parliamo di Karol Wojtyla in termini generali e lui inizialmente quasi esita a dar voce alle forti sensazioni provate poco prima nell’ascoltare alla televisione Joseph Ratzinger ricordare in maniera così intensa il suo predecessore. Poi si blocca, supera il proverbiale pudore a parlere di sé e tutto d’un fiato mi confida una vicenda intima, bellissima, da restare senza parole. E’ accaduto tre anni fa, subito dopo la morte di Giovanni Paolo II, spiega, Erano passati pochi giorni dalla sua scomparsa quando una notte ho sognato un uomo (meglio un’entità che mi era stato immediatamente naturale associare a Karol Wojtyla) che con ferma e stenorea voce maschile mi diceva che il suo successore si sarebbe chiamato Benedetto. Poiché di tanto in tanto mi accade di avere in sogno quelle che banalmente si potrebbero chiamare premonizioni (dai risultati di partite di calcio a piccoli fatti della mia vita) la cosa non mi aveva sorpreso molto, senza per questo classificarla come una stupidaggine. Quindi, Mauro Vallinotto ne parlò, nei giorni del conclave, con la collega di Specchio, Sara Ricotta che, essendo religiosa praticante, mi avrebbe ascoltato senza prendermi troppo in giro. Il pomeriggio dell’elezione al Soglio di Pietro di Benedetto XVI, rievoca Vallinotto, eravamo insieme davanti al televisore in redazione e ricordo ancora la faccia sorpresa di Sara all’annuncio del nome scelto da Joseph Ratzinger. Qualche mese dopo, in luglio, Mauro Vallinotto sogna la stessa entità, riconoscibile come Karol Wojtyla, che mi chiedeva di parlare della premonizione del nome con papa Benedetto, o almeno di fargli sapere quanto era a mia conoscenza. Colpevolmente non ho dato seguito all’invito, ma ne parlai con don Leonardo Zega che era stato mio direttore a Famiglia Cristiana. Questi non diede molto peso alla cosa, il che mi indusse a lasciar perdere. Non ho parlato di questo con altri se non con mia moglie che da sempre è al corrente di questi miei sogni.
Mi domando e chiedo: cosa c’entra Petrus con la discussione lanciata da Accattoli?
E poi: se proprio Petrus non piace a qualcuno, beh, Internet è uno strumento talmente democratico da far scegliere anche altri ‘lidi’; se a qualcuno non piace il nostro tentativo di far emergere tutte le sfaccettature di questo pontificato, legga pure altro.
Infine: mai che uno dei nostri denigratori – dico uno – si sia mai sognato di ricordare che Petrus è il frutto dell’opera di volontariato di un gruppo di amici.
Comunque, siccome i nostri articoli vengono letti in Vaticano e nesusno ha mai avuto da ridire sulla nostra fedeltà all’ortodossia cattolica, alla Chiesa e al Papa, concludo con il famoso motto: “Chi sa, fa; chi non sa, parla”.
Gianluca Barile
@Gianluca dixit “se proprio Petrus non piace a qualcuno”.
A me non piace per nulla, proprio non mi trovo, per nulla, per nulla, per nulla: non mi piace lo stile, il modo di proporre i contenuti, l’impostazione generale credo addirittura non faccia un buon servizio di affetto sereno al Santo Padre (ovvio ma forse necessario chiarire che i documenti che riportano il pensiero e il Magistero di Sua Santità non solo li condivido ma mi entusiasmano ogni istante di più)
Ma mi sento il magone e devo scappare leggendo che “Giuda era omosessuale” e vedendo la rubrichetta “Il papa e i cappelli”: non lo visiterò mai più nè mi interessa sapere cosa ne pensano “il gruppo di amici che fanno volontariato!”. Anche la ragazza che ieri mi ha dato del fascista perchè ho rifiutato – con seremnità e decisione – la sua propaganda politica con falce e martello fa parte di un gruppo di amici che fanno un atto di volontariato: e con ciò? Non è che siccome qualcosa è il prodotto di volontariato noi lo si debba apprezzare per forza: per me quella lì perde il suo tempo, anzi, lo butta proprio via e credo che sarebbe meglio dedicarlo ad altro piuttosto che a fare propaganda per la sinistra estrema.Ma per tornare a Petrus: quelli come me vengono ordinariamente redarguiti da alcuni concetti lì rappresentati: ad esempio io sono empio, ingiurioso e sacrilego poichè ricevo l’Eucarestia con le mani (solo per citare UN argomento di differenza)… mentre mi hanno insegnanto a non dare dell’empio, sacrilego e ingiurioso a chi riceve l’Eucarestia sulla lingua.
E’ un sito CONTRO. Lo si vede anche dall’intervento del signor Gianluca: “il nostro è un tentativo di far emergere tutte le sfaccettature di questo pontificato” e da ultimo “Chi sa, fa; chi non sa, parla”, come a dire che chi non condivide la linea di Petrus non è del tutto ortodosso e non vuole bene al papa, e comunque, chi non condivide la linea di Petrus è solo un vano chiacchierone che parla in giro senza concludere nulla. Se il signor Gianluca conosce il greco, vada a vedersi come veniva chiamato san Paolo dai suoi accusatori: nell’etimologia della parola c’è proprio questo “vano parlare all’aria” questo “buttare parole al vento”. I farisei, che SANNO TUTTO E SI RITENGONO A POSTO E MAI BISOGNOSI DI CONVERSIONE, loro fanno. San Paolo che vede in modo confuso come in uno specchio e balbettando si avvicina al mistero del Dio vivo e vero, parla: e guarda caso lo accusano di non ortodossia e di parlare al vento. Grazie signor Gianluca, per avermi paragonato all’apostlo delle genti, al quale sono legato da speciale affetto.
@ignigo74: la bocca dello stolto è il suo castigo. Lei si condanna da solo per il suo livore. Ha scritto un sacco di fandonie ed ha già sottratto troppo tempo alla mia attenzione. Sarò presuntuoso, ma ho ben altro da fare. Quanto al ‘signor Gianluca’ che utilizza con me, La pregherei di passare al semplice Gianluca, in quanto di Signore ne riconosco solo uno.I lettori mi sono testimoni del fatto che la mia, in questo blog, è stata solo ‘legittima difesa’. Per quanto concerne ‘Petrus’, esso non è un sito ma un quotidiano regolarmente iscritto nel registro della stampa, con un direttore responsabile e dei professionisti che si adoperano, senza riserve, per contribuire a divulgare, nel proprio piccolo, il Magistero del Santo Padre. Se a Lei non piace, sono io a chiederLe di leggere altri quotidiani on-line, quelli sì sintonizzati sulla Sua stessa linea d’onda, ma senza attribuirci misfatti di cui non siamo responsabili. Quanto a San Paolo, lo amo e lo rispetto come tutti i più grandi Santi della Chiesa, e perciò non potrei mai paragonarlo a Lei; Lei, semmai, potrebbe essergli simile solo per quanto riguarda la prima parte della sua vita, quella da persecutore. A prescindere, continuo ad amare principalmente Pietro e i suoi successori.
posso dire: “basta, per favore, grazie…”?
Ciascuno di noi ha le proprie convinzioni, e il diritto di esprimerle in libertà anche se quella determinata opinione cozza contro la nostra. E’ segno di vera maturità umana e spirituale saper accettare ciò che può non corrisponde alle nostre convinzioni e trarre, da queste, la capacità di fare una ulteriore opera di discernimento circa il proprio operato.
La forza del cristiano consiste in questo:saper accettare il pensiero di chi vede la stessa cosa da un altro punto di vista, e saper trarre frutto anche dalla critica, per quanto ci possa dispiacere! A lode e gloria di Dio.
Fraternamente
Caro Gianluca, Lei rifiuta il “signor” Gianluca per motivi di professione di fede, ritiene giustamente che la parola “signore” alluda sempre all’unico e vero Signore: quindi ne deduco che elide anche il “don” davanti al nome di battesimo o cognome di un presbitero, perché quel “don” lì vuol dire proprio “dominus”.
Caro GianLuca, in qualità di persecutore di san Paolo sono a pieno titolo un infedele, uno stolto, e un livoroso che dice fandonie, quindi sono un peccatore (pubblicanus ille!) e pertanto un prediletto da tale Gesù di Nazareth. Vedo con piacere che è peccatore anche lei, caro Gianluca, quindi non ho vantaggi di predilezione da parte di N.S. Gesù, il Cristo.
In questa comune condizione di peccato (l’ironia è propria di molti maestri di fede, che volendo sommamente evitare il peccato di idolatria – ovvero il prendere se stessi troppo sul serio – la praticano con grandi frutti spirituali) le chiedo di rileggere Matteo (cc 5 – 7), il discorso della Montagna, non so se le è già capitato di leggerlo o ascoltarlo, sembrerebbe di no.
Mi fa piacere pertanto avere l’onore di essere il primo a parlagliene: è un pò il vangelo del vangelo.
In particolare si dice – lo cito in latino perché apprendo dal suo giornale on line iscritto all’albo (eviterò come lei insegna di riferirmi a papanews con il riduttivo attributo di “sito”) che voi gruppo di amici volontari avete grande stima e consuetudine con la lingua latina, sentimenti che abitano anche me.
In particolare le raccomando:
Matthaeum 5, 22:
“Ego autem dico vobis: Omnis, qui irascitur fratri suo, reus erit iudicio; qui autem dixerit fratri suo: “Racha”, reus erit concilio; qui autem dixerit: “Fatue”, reus erit gehennae ignis.”
Matthaeum 5, 43 – 48:
“Audistis quia dictum est: “Diliges proximum tuum et odio habebis inimicum tuum”. Ego autem dico vobis: Diligite inimicos vestros et orate pro persequentibus vos, ut sitis filii Patris vestri, qui in caelis est, quia solem suum oriri facit super malos et bonos et pluit super iustos et iniustos. Si enim dilexeritis eos, qui vos diligunt, quam mercedem habetis? Nonne et publicani hoc faciunt? Et si salutaveritis fratres vestros tantum, quid amplius facitis? Nonne et ethnici hoc faciunt? Estote ergo vos perfecti, sicut Pater vester caelestis perfectus est.”
Sono parole stupende, non trova? “Amate i vostri nemici” – mi permetto questa versione incerta, lei mi perdonerà – “altrimenti se amerete solo coloro che vi amano, che merito ne trarreste? Non fanno così anche i pubblicani?”.
Certamente non avrà tempo di leggermi, così impegnato come è.
Io la ricordo comunque con cordialità.
Non mi pare che Benedetto XVI offenda i suoi interlucutori (il suo discorso non pronunciato alla SDapienza è molto rispettoso, ed anche molto bello), né che Gesù Cristo l’abbia fatto. Tutti dovremmo prendere esempio da Lui e dai suoi servitori (da ultimo l’attuale pontefice). De hoc satis.Sat prata biberunt (un po’ di latino non guasta: anche gli aborriti “cattolici adulti” lo conoscono…).
ignigo74 e savigni: questa polemica andrà avanti senza di me, se volete d’ora in poi ci confronteremo costruttivamente su questioni più serie dei nostri screzi. Chiedo solo la cortesia di non oltraggiare il lavoro di chi si adopera per Petrus – e sono tanti – solo per rendere un servizio utile alla Chiesa. Calpestate pure me, povero verme di terra, ma lasciate in pace i miei collaboratori.
ignigo74, ha fatto benissimo – e non lo scrivo ironicamente – a ricordarmi che Gesù ci giudicherà sull’amore.
Quanto al ‘Don’, ho ancora il piacere il baciare le mani consacrate di tutti i sacerdoti che incontro; non è un ruffiano segno di ossequio ma la devozione per chi – non mi importa se santamente o meno – serve il Signore e con quelle mani lo fa tornare tra di noi attraverso l’Eucaristia.
Un caro saluto a tutti
Gianluca Barile
Mi associo, raccogliendo il gesto distensivo di Gianluca: anch’io eviterò ulteriori polemiche, su questo come su altri blog.
Nella preziosa miniera del blog di Raffaella sul pontificato di papa Ratzinger si possono rintracciare decine di scritti e discorsi che illuminano in modo inequivocabile l’assoluta uniformità d’impostazione dei due pontificati. La linea del Wojtyla “antropologo” risulta perfettamente integrata e complementare (lungo quasi un trentennio) con quella del Ratzinger “teologo”. Una simbiosi assoluta e mirabile tra il Missionario del mondo e il Grande Teologo che, come ha giustamente sottolineato Luigi in questo post, si sono divisi i compiti fin dall’inizio degli anni Ottanta. Personalmente sono convinto che un giorno gli storici interpreteranno questi due straordinari pontificati come un unico, provvidenziale fiume che, confluendo e differenziandosi a seconda dei tratti, ha irrorato di santità e profezia la Chiesa, proiettando pienamente la cattolicità nel Terzo millennio e consentendole di respirare ossigeno con due polmoni
Una preghiera per Maurizio onesto, come pochi, generoso al momento giusto, ora ricoverato nel reparto di cardiochirurgia di un ospedale romano. Da lassù spero anche in un ulteriore intervento di Giovanni Paolo II, perché tutto si risolva rapidamente presto e bene!
Il mio benvenuto a Hope – Speranza: non so chi tu sia nè chi sia Maurizio l’onesto. Il mio blog come recapito o domicilio di una preghiera! Non era ancora capitato e non l’avevo pensato ma ora che è avvenuto ne sono contento.
Pregherò tantissimo per Maurizio, ricoverato nel reparto di cardiochirurgia. Possiedo una reliquia di Giovanni Paolo II, a volte le reliquie -dicono- che sono un veicolo miracoloso perchè appartenute a coloro che avevano un contatto speciale con Dio.
Fin d’ora pregherò: torna su questo blog e facci sapere..ti aspettiamo
In Cristo e in preghiera.
Mi associo alla Preghiera per Maurizio.
Un caro saluto,
F.
Grazie a Luigi Accattoli per il benvenuto: perché stupirsi? I luoghi di preghiera sono infiniti! Ovunque si prega. Chi è Maurizio? E’ l’altro, metaforicamente, o è semplicemente qualcuno che ha vissuto all’ombra, appartato onestamente, approfondendo fino alla sfinisimento, e la passione nel dare per la ricerca del senso lo ha fatto ammalare. Maurizio non ha mai giudicato terzi, non ha mai commentato – le parole hanno il potere di uccidere – ma ha semplicemente cercato umilmente un senso, militando. Anche l’indifferenza e il cinismo sociale hanno il potere di fare ammalare. Grazie di cuore alle persone che si sono unite alla mia preghiera per lui. E chissà che da lassù Giovanni Paolo II spenda una buona parola con il Padreterno per lui che è qui tra noi in terra!
«L’ho accompagnato per quasi quaranta anni, prima dodici a Cracovia, poi
ventisette a Roma. Sono stato sempre con lui, accanto a lui. Ora nel
momento della morte, lui è andato da solo. Ho preso quel velo bianco
e gliel’ho deposto pian piano sul viso. Avevo quasi paura di fargli
del male, come se quel lembo di seta dovesse pesargli, dargli
fastidio». Monsignor Stanislao Dziwisz, segretario personale di Karol Wojtyla dal 1963 ricorda il Papa in una conversazione con Gian Franco Svidercoschi
nel libro «Una vita con Karol» pubblicato dalla Bur proprio per
ricordare i tre anni dalla morte del papa che «ha cambiato il
mondo». Nel libro si ripercorre l’intera storia di Wojtyla, dal
sacerdozio alla nomina a Pontefice fino alla morte. «In Vaticano –
racconta Stanislao Dziwisz – il Papa stava indossando il suo nuovo
abito. Doveva affacciarsi alla loggia esterna della basilica vaticana,
per poi impartire la benedizione. Avvicinandosi al balcone e scorgendo
quella immensa folla in piazza, chiese a chi lo accompagnava se non
fosse stato il caso di pronunciare qualche parola. L’altro rispose di
no, che non era previsto dal rituale, dalla prassi. Ma Giovanni Paolo
II, arrivato alla loggia, sentì dentro come un comando
irresistibile». Salutò quelle numerose persone che affollavano piazza San
Pietro e che attendevano con trepidazione di conoscere il nuovo Papa.
«Sia lodato Gesù Cristo», disse. E la gente rispose: «Sempre sia
lodato». E lui allora cominciò a parlare e pronunciò la famosa
frase «se mi sbaglio, mi corigerete» e scoppiò un applauso che
sembrava non finire mai«. Apparve subito il buon sorriso, il mite e
cristiano spirito del Papa che fece innamorare le folle, non solo dei
credenti, e dei giovani che con lui trovarono un buon maestro.
Mio Dio, Giacomo: quel fazzoletto bianco di seta, lieve lieve, sui segni marcati dell’agonia…
Ricordi, ne “L’aquilone” di Pascoli, l’adolescente “tutto bianco” che chiude gli occhi “persuaso, stringendoti sul cuore / il più caro dei tuoi cari balocchi”? “Persuaso”, grato a Dio e agli uomini, “con la testa bionda / che poi che fredda giacque sul guanciale / ti pettinò quei bei capelli a onda / tua madre, adagio, per non farti male”.