Sabato a Firenze c’è un convegno su Cristina Campo a 40 anni dalla morte con il titolo “Chi ci insegnerà la disciplina della gioia?”. Nei commenti il testo di Cristina da cui è presa questa luce di sette parole e un mio minimo spunto.
Cristina Campo che insegna la disciplina della gioia
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La vostra gioia sia piena. Chi ci insegnerà la disciplina della gioia, i suoi meravigliosi catechismi? Chi ci rivelerà la sua gravità estrema, il suo valore di comando quale pure è uscito dalla bocca del Verbo: ‘La vostra gioia sia piena’? Bisognerebbe scrivere su questo presto, molto presto e sempre di nuovo. [Lettera a Mita del 4 dicembre 1975, non presente nella raccolta “Lettere a Mita” (Milano, 1999) ma reperibile sul sito http://www.cristinacampo.it]. Qui l’intera lettera: http://www.cristinacampo.it/public/ultima%20lettera%20a%20mita.pdf
Sentiero della gioia. Ci sono giorni nei quali mi ricordo di Cristina in mezzo alle distrazioni. Succede quando ho l’impressione di aver smarrito il sentiero della gioia. E mi dico che lo devo ritrovare, perché c’è pur sempre bellezza in questo mondo e in ogni creatura, seppure spesso nascosta, frammista. E dunque in ogni giorno è possibile la gioia purché se ne conosca – dice Cristina – la disciplina. Conoscerla o riconoscerla.
Qui è perfetta letizia. Ho cercato qualche segno di quella disciplina con il capitolo “Qui è perfetta letizia” della pagina di questo blog intitolata “Cerco fatti di Vangelo”. Nell’invitare – ancora una volta – i visitatori a contribuire a quella ricerca, segnalo l’urgenza di storie adatte a quel capitolo.
http://www.luigiaccattoli.it/blog/cerco-fatti-di-vangelo/16-qui-e-perfetta-letizia/
Eppure amo il mio tempo. Da pagina 151 degli “Imperdonabili” prendo e vi dedico queste parole di Cristina: “Eppure amo il mio tempo perché è il tempo in cui tutto vien meno […] l’era della bellezza in fuga, della grazia e del mistero sul punto di scomparire”.
Chi ama il proprio tempo deve lottare perche’la bellezza in fuga e la grazia e il senso del Sacro non scompaiano del tutto. Cristina Campo non era una elegiaca e nostalgica amante della bellezza che stava scomparendo.Ha lottato perche’non scomparisse.Per esempio ha fatto parte di quel gruppo di scrittori ed intellettuali che mandarono una supplica a Paolo VI per difendere l’Antica Liturgia come portratrice di grazia e bellezza di fronte allo scempio liturgico fatto dai novatori.
La disciplina della gioia ,come la definisce Cristina Campo e’appunto una DISCIPLINAe come ogni disciplina esige sforzo, ascesi, rinuncia al proprio ego.
Il contrario dell’emotivismo e del sentimentalismo odierno. La gioia di cui parla la Campo non si puo’trovare col semplice spontaneismo e con la superficialita’. Non e’ la grazia a buon mercato
.E’per molti ma non automaticamente per tutti.
Bisogna sacrificare qualcosa per giungere ad un bene maggiore. Come nelle fiabe,di cui Cristina Campo era innamorata, il lieto fine viene dopo molte prove e dopo molte apparenti sconfitte. Conoscere la disciplina della gioia e’come nelle fiabe trovare l’anello fatato, la parola magica, la chiave che apre lo scrigno.
Ma la Campo è unica nel suo genere, credo nessuno prima di lei, anche volendo ricercare la stessa vocazione nella grande tradizione poetica medievale, ha saputo tradurre in immagini la “materia spirituale” insita nel concetto di bellezza. Bellezza intesa come necessità ontologica in cui l’essere,per analogia, riflette la divinità. In questo contesto il “bello” è ciò che da forma alla forma, invisibile, dell’anima. Bellezza non come “attributo” ( qualcosa di bello) o una sorta di bel velo drappeggiato attorno a una virtù , quello semmai è un concetto che riflette l’apparenza,l’ aspetto estetico,mero edonismo narcisistico. Ma bellezza come vibrazione che tocca il cuore percepibile nella musica, nell’arte. Ma anche pensiero del cuore che personifica, anima, vivifica il mondo e in modo eminente la Liturgia .
Sulla Liturgia (esercizio del sacerdozio di Cristo) così si espresse la Campo in una lettera all’amico Rodolfo Quadrelli ( Vigilia di Pentecoste, 1967): “Frequentare Chiese orientali mi ha confermato (se ce ne fosse stato bisogno) che la liturgia è l’archetipo supremo del destino e non solo del destino dei destini, quello di Cristo, ma del destino, semplicemente. È, per così dire, la suprema fiaba, quella a cui non si può resistere”.
Quindi, Luigi, domani sei a Firenze ?
‘Notte !
Roberto Caligaris
No Roberto, il post era la mia forma di partecipazione. Oggi mi occupo del papa a Milano.