“Le prime tredici attestazioni [sulla santità diffusiva di Karol Wojtyla e sul cristianesimo di conversione da lui predicato] sono inedite: le ho raccolte con un’inchiesta tra i miei conoscenti e i frequentatori del mio blog. Mi sono rivolto alle persone convertite alla fede cristiana, o aiutate a non abbandonarla, o soccorse nella fatica di vivere dalla testimonianza di Giovanni Paolo. L’idea mi è venuta sentendo di non cristiani, o di non credenti, o di cristiani dubbiosi, non praticanti, conviventi, divorziati risposati e simili che raccontano di essere stati aiutati a credere dal papa polacco”: è un brano promozionale di una mia piccola inchiesta per la quale avevo chiesto la collaborazione di voi bloggers [vedi post del 28 maggio], che era stata splendida. E’ intitolato Convertiti da Karol. Inchiesta sulla santità diffusiva del beato Wojtyla e la potete leggere nella pagina COLLABORAZIONE A RIVISTE elencata sotto la mia foto.
Convertiti da Karol: una mia piccola inchiesta
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E quelli che l’hanno persa grazie al polacco?
http://st.ilfattoquotidiano.it/wp-content/uploads/2011/05/Misfatto-con-Manara.jpg
Sinceramente, caro Marco, non riesco a “digerire” quello che lei ha allegato. Non ho parole.
Marco, scusa ma -a parte che proprio non capisco che c’entra-, ma te la potevi risparmiare, piu’ per buon senso e rispetto che per furori ideologici o altro.
Non hanno “perso la fede”. Semplicemente non l’hanno mai avuta, come non hanno un briciolo non dico di intelligenza, ma di senso comune. Che dire? Il “polacco”, come lei dice, dà talmente tanto fastidio da fare uscire qualcuno fuori dalle righe. E’ un abominevole falso, oltre che un insulto. Quoziente intellettuale degli autori? Praticamente zero …. “Non ti curar di loro, ma guarda e passa”, avrebbe detto Dante. Ma Giovenale avrebbe anche detto “Facit indignatio versum”. Ma quando l’indignazione è troppa …
Sì, buon senso e rispetto (ma lei mi sembra tanto “delicato”, Mahubay). Qui è la verità storica ad essere offesa. Chi non ricorda che Wojtyla era solito baciare le donne (anche belle e giovani) sulla fronte? Chi non ricorda che questo suo atto, spontaneo e pieno di sentimento, è stato sempre esaltato come la più alta dimostrazione del casto affetto e del rispetto che il papa aveva nei confronti della donna, di tutte le donne? Chi non ricorda la “Mulieris dignitatem”? Cosa, nell’atteggiamento di Giovanni Paolo II o della Chiesa, può legittimare un simile obbrobrio? La pubblicazione in questione va quanto meno boicottata (e ci sono tanti che pendono dalle sue pagine!)
Caro Luigi, mi viene proprio da ripetere che una ignobile vignetta di quel tipo non può essere ispirata che dall’irritazione e dalla paura che una grande figura come Giovanni Paolo II provoca negli avversari (nell’avversario).
Ma, per cambiare discorso, visto quanto ti sei dato da fare per raccogliere testimonianze sul tema “In missione come Priscilla e Aquila” ti segnalo questo bel servizio su “Avvenire” di oggi.
http://www.avvenire.it/Chiesa/GERMANIA_201107200713380030000.htm
Le coppie in missione sono state inviate proprio da Giovanni Paolo II:
http://it.gloria.tv/?media=126845
Perdonate la divagazione, e abbiate compassione del mio ritardo mentale perché mi sono accorto solo ora di qualcosa che probabilmente vi è noto da tempo. Stamattina in chiesa ho visto un manifestino che invitava alla “giornata della fragilità” durante il congresso eucaristico di Ancora. Improvvisamente mi sono ricordato che qualche tempo fa avevo letto (senza farci caso sul momento) che nel programma dell’ingresso a Milano del card.Scola ci sarà un incontro con “le fragilità”.
Un lampo, e mi si è spalancato l’abisso, l’abominio di questa nuova frontiera del linguaggio ecclesiastico. Invece dei poveri e degli ammalati, le “fragilità”.
Non voglio e non posso fare dell’ironia. Sono accasciato. Per quel pochissimo, quasi niente, che credevo di aver capito del cristianesimo, la chiesa è l’unico posto al mondo in cui “povero” e “malato” sono parole amate, titoli di merito, onori altissimi, medaglie che uno non può mica mettersi sul petto da solo … Nel mondo ci si vergogna di essere malati e si disprezzano i poveri, tant’è vero che anche chi dice di stare dalla loro parte rifiuta di mettere il nome in ditta: partiti popolari, democratici, dei lavoratori ecc. ce n’è a bizzeffe, ma un “partito dei poveri” non mi risulta che sia mai stato fatto.
Ma nella chiesa non era così.
Adesso però poveri e malati – almeno linguisticamente, e a dispetto della previsione di Gesù: “i poveri li avrete sempre con voi” – sono stati aboliti e sostituiti dalle “fragilità”.
Non so perché, ma mi è venuta in mente quella frase delle Provinciali di Pascal che Balthasar mise in esergo ad uno dei suoi libri più scontrosi, “Cordula”: «Che rapporto c’è, Padre, tra questa dottrina e quella del vangelo?»
Luca, 7, 34: “È venuto il Figlio dell’uomo che mangia e beve, e voi dite: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori.” L’incontro cone le “fragilità” non mi scandalizza più che tanto. Siamo tutti fragili, l’importante è avvertirlo e cercare aiuto.
Che bello, ma si può ancora rispondere a questa inchiesta?
Per me karol è stato solo un bravo attore e un poeta. Ha impreziosito di belle parole le idee di sempre.
Tanti hanno perso la fede o, meglio, si sono allontanati dalla Chiesa per Karol.
La beatificazione di quest’uomo è un atto piuttosto arrogante se non altro perché non rispetta le regole. Il messaggio è sempre lo stesso: il Papa è il capo supremo e fa quel che vuole.
Comunque non voglio ripetere discorsi già fatti.
Ringrazio Luigi che ha lasciato il link, anche perché non c’è nulla di male in quella vignetta che ben dimostra come la macchina ecclesiastica strumentalizzi i suoi uomini, compreso Karol. Gli angeli sono come li immagina Milo Manara che è un grande artista.
Sono contento di aver indignato antonella.
Oh come sarebbe bello se si indignasse anche per le menzogne quotidiane rifilate da Avvenire e tanti esponenti politici cattolici di ogni schieramento.
Come sarebbe onesto da parte sua citare anche passi del Vangelo come questo: “Il vostro parlare sia si, si, no, no” davanti al cerchiobottismo di tanti alto-prelati.
http://www.youtube.com/watch?v=Ux49UBie-w8
Ma lei, stimabile Marco, ha una sua capacità di giudizio? Ha spirito critico? E allora …
Caro Marco, lei è contento di avermi fatto indignare! Ma lei non sa chi sono io! Una insegnante di latino in pensione. Veramente si accontenta di molto poco.
Luigi non “ha lasciato il link”. In questo blog, dopo la prima accettazione, tutto entra in automatico. Anche per questo sarebbe auspicabile un maggior rispetto ed un certo autocoltrollo.
Il rispetto non si doveva al papa o ai suoi estimatori, ma alla verità storica e alla retta ragione. E poi è ora di finirla nascondensosi dietro il dito dell’arte! Che arte è questa? Oggi va tutto bene, purché sia trasgressivo e, diciamolo pure, volgare.
Voi lettori di Avvenire, elettori di Casini-Berlusconi-Buttiglione, siete le ultime persone a poter parlare di rispetto della verità.
Cosa vi scandalizza tanto?
Che uno immagini un angelo come una donna nuda?
Oppure che si possa accarezzare il seno di una donna senza sentirsi porci e peccatori ma semplicemente felici?
Questo comunque non c’entra niente con Wojtyla. Che poi è stato anche l’antesignano della “teologia del corpo”. Ma lo intendeva in tutt’altro modo.
http://www.oasicana.it/catechesi_papa.htm
Povero, povero Marco! Frutto, quasi incolpevole, della “diseducazione cattolica” di oggi.
Ecco perché, gentile signorina Lignani, l’adulterazione del linguaggio è così grave. Si comincia col non chiamare più le cose col nome giusto e, tempo una generazione o due, si arriva a Marco.
Francesco 73. All’inchiesta si può sempre rispondere: tu racconti qui una storia e io – se ne avrò in numero sufficiente – farò un nuovo testo per Il Regno – altrimenti la storia resterà qui, leggibile da chi visita il blog.
Adriano! Grazie che ci sei.
Bello l’articolo, Luigi.
Abitiamo in mondi sconsacrati. Se arriviamo a posare i piedi su un lembo di terra intatta, come questo, ecco che prima o poi la vedremo all’opera, la profanazione instancabile. Verrebbe da fermarsi sotto un ginepro o da entrare in una grotta a piangere, come Elia il Tisbita (proprio oggi è il suo giorno), se non fosse che il Signore ci ricorda che ci sono ancora settemila giusti che non hanno piegato il ginocchio davanti a Baal.
http://www.youtube.com/watch?v=xs4CND7hrcg
“Che bello”, dice Francesco73 commentando il post. Sì, bello. Ma dove viene mai questa spinta a fare scempio della bellezza?
“Ma è vero, essi la temono
più che la morte, la bellezza è temuta
più che la morte, più di quanto essi temano
la morte”
(William Carlos Williams)
Più belle di quelle tre figure angeliche non ho mai visto nulla.
Magari fosse così il Paradiso, sempre che esista.
Del resto anche i maomettani si aspettano vagonate di vergini. E che ci fanno con le vergini i kamikaze saliti al Cielo?
Free love!
Il primo pensiero, subito dopo aver letto il primo commento a questo post, è stato: “Andarmene!”
Poi, però, ho ripensato all’ antico proposito e augurio che avevo formulato per me un giorno, riprendendolo da una lauda di Jacopone da Todi: “e ià mai non trovi loco / che eo afflitta non ce sia”.
Ciao, Nico.
Leonardo, il nuovo linguaggio ecclesiastico non ha abolito soltanto poveri e malati: sono stati aboliti anche i peccatori. Non c’è più uno stato di peccato, ma un’altra “fragilità”. Per questo dissento da te quando chiami “povero ragazzo” o “povero, povero Marco” qualcuno che nostro Signore o un semplice prete di 50 anni fa avrebbe chiamato in tutt’altro modo
Ma, del resto, probabilmente fai bene: tanto, “il povero ragazzo” , “fragile”, vaso di coccio come don Abbondio di fronte a Federigo o pulcino negli artigli dell’aquila, un altro discorso non l’avrebbe capito. .
Ah! Ah! Ah!
Io sarei don Abbondio?
E tu chi sei? La marchesa Stampa-Soncino?
Chi sono? Sono una che chiama Beato un Beato.
Ciao, Fio (hai detto, credo di ricordare, che ami essere chiamata così, allora cerco di metterti di buon umore)
«E’ vero, principe, che voi una volta diceste che il mondo lo salverà la ‘bellezza’? Signori – si mise a gridare a tutti – il principe afferma che il mondo sarà salvato dalla bellezza! […] Quale bellezza salverà il mondo?»
(F. DOSTOEVSKIJ, L’idiota)
http://www.youtube.com/watch?v=Dy6HmWfGwu0&feature=fvwrel
Beati sono i santi, i cavalieri e i fanti.
Beati i vivi, i morti ma soprattutto i risorti.
Beati sono i ricchi perché hanno il mondo in mano.
Beati i potenti e i re e beato chi è sovrano.
Beati i bulli di quartiere perché non sanno ciò che fanno
ed i parlamentari ladri che sicuramente lo sanno.
Beata è la guerra, chi la fa e chi la decanta
ma più beata ancora è la guerra quando è santa.
Beati i bambini che sorridono alla mamma.
Beati gli stranieri ed i soufflé di panna.
Beati sono i frati, beate anche le suore.
Beati i premiati con le medaglie d’oro.
Beati i professori, beati gli arrivisti,
I nobili e i padroni specie se comunisti.
Beata la frontiera, beata la finanza.
Beata è la fiera e ogni circostanza.
Beata la mia prima donna che mi ha preso ancora vergine.
Beato il sesso libero se entro un certo margine.
Beati i sottosegretari, i sottufficiali.
Beati i sottaceti che ti preparano al cenone.
Beati i critici e gli esegeti di questa mia canzone.
Forse è solo una leggenda, ma spiega di quanti generi è la bellezza di cui sopra:
Si chiamava Fleming ed era un povero contadino scozzese. Un giorno, mentre stava lavorando, sentì un grido d’aiuto venire da una palude vicina. Immediatamente lasciò i propri attrezzi e corse alla palude. Lì, bloccato fino alla cintola nella melma nerastra, c’era un ragazzino terrorizzato che urlava e cercava di liberarsi. Il fattore Fleming salvò il ragazzo da quella che avrebbe potuto essere una morte lenta e orribile… Il giorno dopo una bella carrozza attraversò i miseri campi dello scozzese; ne scese un gentiluomo elegantemente vestito che si presentò come il padre del ragazzo che Fleming aveva salvato: “vorrei ripagarvi” gli disse il gentiluomo, “avete salvato la vita di mio figlio”. “Non posso accettare un pagamento per quello che ho fatto” replicò il contadino scozzese rifiutando l’offerta. In quel momento il figlio del contadino si affacciò alla porta della loro casupola. “E’ vostro figlio?” chiese il gentiluomo. “Sì” rispose il padre orgoglioso.” “Vi propongo un patto: lasciate che provveda a dargli lo stesso livello di educazione che avrà mio figlio. Se il ragazzo somiglia al padre, non c’è dubbio che diventerà un uomo di cui entrambi saremo orgogliosi” E così accadde. Il figlio del fattore Fleming frequentò le migliori scuole dell’epoca, si laureò presso la scuola medica dell’ospedale St. Mary di Londra e diventò celebre nel mondo come sir Alexander Fleming, lo scopritore della penicillina. Anni dopo, lo stesso figlio del gentiluomo che era stato salvato dalla palude si ammalò di polmonite. Questa volta fu la penicillina a salvare la sua vita. Il nome del gentiluomo era lord Randolph Churchill e quello di suo figlio sir Winston Churchill.
Ma sì, Nico, è così: Il Signore (la Bellezza) non è mai nel vento gagliardo né nel terremoto né nel fuoco, ma nel “mormorio di un vento leggero”.
Sai che cosa mi colpisce nelle antiche icone dell’ Ascensione del profeta Elia? Il fatto che il carro di fuoco che lo sottrae alla vista somiglia sempre al carrettino- giocattolo di un bambino.
E’ bellissima la traduzione letterale di quella frase biblica. In ebraico ciò che noi abbiamo tradotto come vento leggero è “hebel”, vuoto, silenzio…
Alcune versioni infatti dicono che il Signore abita “il soffio di un sottile silenzio”.
E’ la strada che a volte è più giusto scegliere per permetterGli di manifestarsi…
(M. Masson, “Elia, l’appello del Silenzio”, EDB)
E a proposito di carrettini, un altro grande profeta del nostro tempo, Carlo Carretto, vedeva se stesso come un carrettino in mano a Gesù piccino che sta in braccio a sua madre, in una rilettura personalissima di un’immagine famosa.
http://www.atma-o-jibon.org/images3/madonnadelcarrettino.jpg
Per Leonardo
col suo discorso sulle “fragilità” il nuovo arciverscovo di Milano Scola quasi è riuscito a farmi rimpiangere Tettamanzi e il suo slogan “dialogo e accoglienza”.
povera, povera Chiesa ambrosiana…
MC
Almeno nella medicina d’oggi, adottare il termine di fragilità non è certo così scandaloso, visto che il paziente c.d. “fragile” è quello ancora più difficile da gestire (per il singolo medico e per la struttura sanitaria): è quello che – per motivi diversi (e non solo medici) – è più esposto a situazioni di instabilità clinica e quindi più bisognosi di “cure” e di “cura” (e non è detto che le riceva adeguatamente).
Per rendersi conto di quanto sia complicata la situazione teorica e pratica, basta vedere questo testo: http://www.diegm.uniud.it/detoni/drupal/sites/default/files/Libro%20Estratto%20Mondo%20invisibile%20pazienti%20fragili.pdf
Forse stavolta è il termine giusto o, almeno, relativamente giusto: perchè forse non è solo il paziente ad essere in situazione precaria, ma anche chi dovrebbe dargli cura e cure non è proprio adeguato.
Peraltro (e qui non posso che dar ragione a Leonardo) la retorica dell’ecclesialese [se mi legge il nostro eccellente Moralista, gli direi che è il vero “otre vecchio”] può rovinare tutto. E così la lamentata diseducazione
può riprodursi in forma trollesca…
A proposito della fragilità.
O Dio nostro Padre,
origine e fonte della vita.
Nel tuo Figlio fatto uomo
hai toccato la nostra carne
e hai sentito la nostra fragilità.
Nel tuo Figlio crocifisso e risorto
hai vinto la nostra paura
e ci hai rigenerati a una speranza viva.
Guarda con bontà i tuoi figli
che cercano e lottano,
soffrono e amano,
e accendi la speranza nel cuore del mondo.
E’ l’avvio della preghiera in preparazione al Convegno di Verona (2006). Una bella preghiera. Vedila tutta qui.
Amcora sulla fragilità. Qui si può leggere la relazione tenuta al convegno di Verona da Augusto Sabatini a introduzione dei gruppi di studio sul tema della fragilità, che era uno dei cinque ambiti di indagine. Gli altri erano: Vita affettiva, Lavoro e festa, Tradizione, Cittadinanza.
Sabatini 1. Ecco un paragrafo della relazione Sabatini che può essere utile leggere:
Così ci è proposto di guardare alle fragilità umane – soprattutto quelle che più temiamo – come risorsa, ossia come “ragione” e “motore” di un particolare impe-gno. Non per emarginarle o “anestetizzarle” (con le tecniche appropriate), ignoran-done la dignità, nascondendone la profondità di significato o rimuovendone più che possibile la penosità. Bensì, al contrario, per approfittare, in un certo senso, della lo-ro presente “invasività” nel nostro immaginario, per vincerne la paura ed attuarne pienamente l’accoglienza, nel segno dell’amore ad esse, della chiarezza e della con-cretezza. Per viverle radicalmente, con convinta adesione all’intima disposizione della Chiesa a proporsi “come comunità che ama il Cristo in coloro che Lui più ha amato” (cioè nei sofferenti e deboli, negli insignificanti, in quelli di cui nessuno s’accorge o vuol prendersi cura) e che, alla sua sequela, attraverso esperienze di autentica comunione d’amore – sociale e personale – vuole, ardentemente, la santità di ognuno, sia il fragile sia il forte.
Sabatini 2. Altro paragrafo: Innescando virtuosamente una nuova esperienza collettiva di ricerca del vero va-lore della vita umana, che le restituisca ricchezza e pienezza e ne metta in chiara luce l’essenziale suo contenuto, si vorrebbe dunque che la testimonianza dei cristiani di questo primo avvio del millennio agisca in Italia fruttuosamente, con rinnovato ali-mento e maggior efficacia, con coraggio e fedele perseveranza, ma soprattutto con profonda e sincera umiltà: sia verso le manifestazioni presenti delle odierne nuove povertà e marginalità (che interpellano le coscienze a conseguire una più vera e seria giustizia umana); sia verso quelle situazioni estreme che costituiscono i “quadri della passione” di tante vite anonime, di credenti e non, dalle quali (come icone del Cristo che continua ad essere sofferente nei loro corpi e nelle loro anime) ogni cristiano ha molto più da imparare e meno da insegnare, e che sono da avere a cuore e da non abbandonare nei deserti della loro troppa solitudine. A noi, nei gruppi, spetterà il compito di darne una prima concretizzazione. Ma v’è di più!
Sabatini 3. Negli incontri preparatori, si è ampiamente avvertito che quello delle fragilità è un tema cd. trasversale, che interpella un po’ tutte le principali questioni antropologiche: le problematiche dell’identità di genere e di ruolo (e, con esse, del senso e valore del corpo e della sessualità); il precario equilibrio della vita (nel fluire di tutte le sue stagioni) tra lavoro e tempo familiare e personale, tra salute e malattia, tra benessere e sofferenza; il rapporto educativo e di trasmissione culturale tra le generazioni; il fondamento della speranza di fronte alle forme di più acuto peccato (individuale e sociale) oggi diffuse. Un tema di fronte al quale parrebbe quindi assai utile proporre alcuni modelli di fragilità come punti di forza del rimodellamento di nuovi, più accettabili stili di vita, all’insegna di un magistero di umanità autentica, di condivisione (e non di solitudine) che, purtroppo, pure nella Chiesa (scandalo-samente) difetta o risulta solo residuale.
Sabatini 4. Si è percepito, ancora, che esistono alcuni macro – settori della vita sociale in cui le problematiche delle fragilità presenti divengono ormai sempre più questioni non soltanto di carattere assiologico, ma anche organizzativo e si è osservato che i tempi attuali esigono uno sforzo supplementare d’acume e lucidità ed interpellano vieppiù le responsabilità civili (anche delle professioni): nell’invito a cogliere e denunciare nei sistemi di riferimento le inadeguatezze più evidenti e non ulteriormente tollerabili (perché lesive dei diritti fondamentali) e ad incidere propositivamente sull’esistente (per ampliare – come si è detto – l’area della vera giustizia); in particolare, nel garan-tire comunque anche in tali casi l’accompagnamento personale (che non dovrebbe mai mancare a coloro che ne sono protagonisti): ovunque, si ribadisce, nello stile di una piena condivisione, della delicatezza e del rispetto ma anche (e soprattutto) della vera passione.
Sabatini 5. A quest’ultimo proposito, cioè quello della “vera passione per una piena condivi-sione”, la questione non è quella del: “fragile – maneggiare con cura”, ma, piuttosto, quella del: “fragile – maneggiare con amore”. In questo diverso, più eminente senso, le fragilità divengono qualcosa di più di una risorsa, anche soltanto per i protagonisti attivi di tanto volontariato (sia autentico, sia meno profetico). Per vie in un certo senso misteriose agli uomini ma ben chiare nella pedagogia divina, e che in paradiso verranno certamente a piena luce, ad esse si può e si deve guardare nel loro atteggiarsi come una sorta di dono di Dio agli uomini, una provvidenziale opportu-nità, piuttosto che problema, per riconoscere in che risiede ai Suoi occhi la vera no-stra grandezza: la capacità cioè di accogliere e dare amore.
Sabatini 6. Concepire però l’accoglienza delle fragilità –- a cominciare dalle proprie – come esercizio di autentica umanità (o, in altri termini, di santità) e di ringraziamento (non come equivoca via ascetica o penitenziale), non è certamente agevole, neppure per un credente. Esistono, infatti, forme di sofferenza che appaiono umanamente irri-mediabili (cioè senza possibilità di riscatto), o più semplicemente prive di speranza redentrice: di esse, nessuno direbbe di poter essere lieto o d’averne bisogno. Eppure talvolta soltanto esperienze del genere permettono di scoprire che si può mostrare il volto migliore di sé proprio nella massima fragilità (propria o altrui)!
Per chiudere con la fragilità.
Leopardi: “Povera foglia frale“.
Che siamo noi.
Tutte buone e nobili intenzioni, quelle di Sabatini, come no! Sarebbe tutto perfetto se non ci fosse, nei paragrafi di questa relazione che ci stai offrendo, un errore di fondo, un modo di parlare che ormai è diventato comune e su cui non ci si interroga più, ma che è sbagliato. Il punto è questo: si confonde “fragilità” con debolezza. Si dice: “sia il fragile sia il forte”, e ci si propone di “guardare alle fragilità umane -soprattutto quelle che temiamo- come risorsa”. Il che è assurdo. Poggia su un errore linguistico. E sono sempre errori linguistici quelli che provocano danni reali. Nè vale, qui, così penso, Luigi, appellarsi a Leopardi: la sua “foglia frale” è, questa sì, “debole”: va “pellegrtina”, va, cedevole, “lungi dal proprio ramo”. Tutto il contrario della fragilità, che è durezza. Che “frale” sia lo stesso che “fragile” non vuol dire nulla: è l’allitterazione “foglia / frale” che piaceva al poeta, e al poeta, da poeta, non sarebbe mai venuto in mente di cantare la fragilità. Perché la fragilità è la durezza estrema. E’ l’inevitabile rompersi di ciò che è rigido. Un poeta canta, sempre, allo Spirito : “sciogli ciò che è rigido”.
Fragilità è quella del duro ramo di abete che sotto il peso della neve si spezza. Là dove, invece, il cedevole giunco si piega e subito rialza la sua testa al cielo: facilmente. La paziente, difficile arte della facilità. L’arte dei santi. L’arte di Maria, debolissima, “in piedi” sotto la croce.
L’errore: questi chiamano “fragilità” la debolezza. Ma fragilità non è questo. Fragilità è coazione e orgoglio. Gesù in agonia, Gesù crocifisso, non è “fragile”.
“Fate come me”, ci dice l’unico Maestro, “che sono mite e umile di cuore”. Mite. Pieghevole salice. Obbediente fino alla morte. Non fragile.
In altre parole, fragilità dell’ecclesialese.
Il Maestro ha anche sudato sangue, ha chiesto “Passi da me questo calice” e ha gridato: “Eloi, Eloi. Lemà sebactani?”.
Reputo bello il tuo lavoro, Luigi,
è giusto e buono lavorare per la verità storica
del fenomeno Wojty?a,
per ricostruire un tessuto testimoniale
di quanto ha influenzato nel bene
la vita delle persone.
Ad altri
apparterrà la capacità
di un approfondimento storico,
di quanto
diversamente
Wojty?a
ha influenzato in negativo,
allontanando persone da Cristo o dalla Chiesa.
La storia ha sempre tempo per scrivere e ricercare.
Ad ognuno il suo lavoro specifico,
nella ricerca degli aspetti positivi,
o
negli aspetti del negativo.
Il tuo lavoro, Luigi, lo apprezzo tantissimo.
@Matteo
Permettimi di esprimere riguardo ai tuoi giudizi le seguenti cose:
– E’ innegabile che Giovanni Paolo II abbia portato molti vantaggi alla chiesa
– Per quanto riguarda invece quel che tu dici riguardo alla diminuzione del numero dei cattolici del mondo, prendo a prestito da wikipedia:
Secondo i dati della Santa Sede[19], il cattolicesimo è passato da poco più di 1098 milioni di battezzati nel gennaio 2005 a 1115 milioni nel dicembre 2006, con un limitato aumento in percentuale e lasciando pressoché invariata la percentuale dei cattolici nel mondo (17,20 %), a causa dell’aumento globale della popolazione mondiale. I dati relativi al 2009, pubblicati nell’Annuario Pontificio 2011, parlano di 1181 milioni di cattolici[20].
Tendenzialmente in tutti i continenti c’è un aumento di cattolici mentre in europa è in leggerissimo calo (ma ciò se ci pensi è inevitabile se gli unici che fanno figli sono extracomunitari)..
Quindi non riesco proprio a capire dove hai trovato l’info che GPII ha prodotto una diaspora di cattolici..
pardon, marco e non matteo..
me li confondo sempre
1) Non ne ho mai fatto una questione di numeri.
2) Non bisogna confondere chi si dichiara cattolico con chi pratica il cattolicesimo.
3) Entra in una chiesa qualsiasi di Milano, Genova, Torino e conta quanti sono i vecchi e i bambinetti, poi conta quanti sono i giovani (14-30 anni). A quel punto metti il numero dei giovani al numeratore e quello dei vecchi/bambinetti al denominatore. Esprimi il tutto in % e poi inizia a pregare.
4) Leggi Luce nel mondo, in quel noiosissimo libro-intervista c’è tutto Ratzinger ossia il vero volto di Wojtyla…
Leggi cosa pensa il Santo Padre riguardo i numeri da te sciorinati…
5) JP II non ha portato alcun vantaggio. Ha simulato aperture ma ha di fatto consolidato le idee di sempre, anche in termini di assetto organizzativo della chiesa.
Sarà sempre più difficile completare determinate riforme (diaconato femminile, maggior responsabilizzazione e partecipazione dei laici, cambiamenti in alcuni aspetti della morale sessuale…).
Ciò significherà un costante allontanamento dalla Chiesa nel mondo occidentale (Europa e USA) perché non è possibile stare in un’organizzazione di cui non si condivide nessuna posizione riguardante aspetti intimi e delicati della propria vita.
6) Se lo capisci bene, sennò affari tuoi. Io non ti voglio convincere e non ho tempo da perdere.
Ringrazio Luigi per gli estratti dalla relazione di quel convegno. Però devo confessare che li ho letti fino in fondo solo per dovere nei suoi confronti, visto che era stato così gentile da inviarli. Se fossi stato, non dico al convegno (questo sarebbe decisamente improbabile), ma in chiesa a sentire un’omelia di quel genere, dopo due o tre periodi avrei già innestato il pilota automatico e la mente vagherebbe per i fatti suoi …
Vorrei però precisare che non ho nulla contro l’uso metaforico dell’aggettivo “fragile” (quello della bellissima Imitazione leopardiana non è tale: la foglia che va “lungi dal proprio ramo” è realmente “frale”). Va benissimo che si dica di una persona che è “fragile”, soprattutto se con questo si vuol dire qualcosa di diverso da “debole”: fragile sarà chi non si lascia scalfire, ma se si rompe va in mille pezzi, come il vetro; oppure chi, ad onta di una superficiale durezza, può infrangersi rovinosamente per l’urto di una sventu ra (o di una tentazione) ecc. ecc.
Va bene anche “fragilità”, finché rimane quello che è, cioè una qualità, come nell’orazione citata da Luigi. Quando viene ipostatizzata, e moltiplicata (“le fragilità”) andiamo già meno bene perché è una fuga verso l’astrazione.
Ma se diventa un mantra dell’ecclesialese, allora siamo messi male. Il mio punto, principalmente, era la vergogna (politicamente corretta, si direbbe) di chiamare i poveri col loro nome. E i malati pure. Vergogna incomprensibile per dei discepoli di Cristo (“del Cristo”, non so).
A discepolo farei presente che questa volta il card.Scola, poveretto, non c’entra: il mio ricordo si riferiva al programma del suo ingresso, che penso sarà stato stilato in curia a Milano.
“Mi sono rivolto alle persone convertite alla fede cristiana, o aiutate a non abbandonarla, o soccorse nella fatica di vivere dalla testimonianza di Giovanni Paolo.”
Ma Luigi che dici ? Giovanni Paolo era cattolico ! C’è differenza tra un cattolico e un cristiano. I cattolici hanno la Trinità –“Il Padre, la Madre e il Figlio” L’ha detto lui !
Ii cristiani hanno solo il Padre e non vanno in paradiso !
E gli imbecilli?
Gli imbecilli non vanno da nessuna parte, rimangono qui a fare concime per i ceci.
Gli imbecilli sono parenti stretti dei fragili. Sono, si potrebbe anche dire, i fragili per eccellenza.
Sì, Lycopodium, “in altre parole” era proprio la “fragilità dell’ecclesialese” che era soprattutto in questione, nel mio dire. Leggo volentieri Luigi perché quella lingua lì non la parla. Può citarla quanto vuole, ma lui appartiene proprio ad un altro universo linguistico. Grazie a Dio.
E quanto mi piaceva, e mi svegliava, e mi aiutava a non essere indulgente con le mie fragilità, il linguaggio tagliente come spada (e che per questo giungeva dolcissimo al fondo del cuore) e la presenza beata e beatificante, tribolata ma non spezzata, di Giovanni Paolo II !
a Spunto cattolico
io ho dato una testimonianza personale del mio sentire e della mia esperienza,
di vissuto nel mondo e tra la gente.
Per me wikipedia non è una testimonianza di vita..
Per il resto mi rivolgevo direttamente a Luigi
riconoscendo l’ottimo lavoro,
e non so perchè a te non debba andare bene il mio esprimermi,
o devo scrivere solo quello che a te piace..
Io non ho il paraocchi.
@ Marco
Scusami, ma che cosa t’importa della diaspora dei cattolici dal momento che non sei cattolico (voglio sperare)? E perché usi la provocazione per esprimere il tuo punto di vista sul pontificato di Karol Wojtyla? Che te ne viene dall’indignazione di Antonella o dal disagio, se non dolore, di Fiorenza? Questo è un blog d’ispirazione cattolica, aperto a tutti (io non sono credente né cattolico) ma ben connotato, non è un’edicola in cui si possano scegliere i giornali che si vogliono. Un interlocutore vede il link che hai postato e lo apre. Dovresti stare più attento, anche perché magari c’è chi ha tutto l’interesse, dialettico dico, a fare di tutte le erbe un fascio. E dovresti stare più attento anche per non fare la figura del cretino.
@ Leopoldo.
Cretino è colui che è affetto da cretinismo.
Cretinismo è una parola ideata dai francesi della Provenza per indicare i malati di ipotiroidismo i quali apparivano tanto stupidi da non sapere nemmeno peccare, da cui appunto il termine cretino che deriva direttamente da cristiano (chrétien).
A parte questo, io sono cattolico.
Tuttavia se il ddl sulle DAT sarà approvato così com’è, non metterò più piede in una chiesa perché la misura è davvero colma.
Non accetto che fiorenza o antonella o qualche patetico monsignore mi faccia la predica, perché non appena essi pronunciano la parola morale mi viene in mente:
1) lo IOR di Marcinkus e la morte di Giorgio Ambrosoli (si legga “Qualunque cosa succeda”)
2) l’azione disinvolta del card. Bertone per controllare Avvenire, la Fondazione Toniolo e il san Raffaele
3) le case di Propaganda Fide date a Bruno Vespa e soci
4) l’appoggio continuato a Silvio Berlusconi
5) leggi liberticide, clericaliste e fuori dal mondo come la 40 o quella in via di approvazione riguardo le DAT
6) la posizione omofoba e discriminatoria nei confronti degli omosessuali
7) il fatto che un cosiddetto politico cattolico è oggi uno che è a favore del divieto alla procreazione medicalmente assistita, del divieto alla sperimentazione su cellule staminali embrionali, del divieto a regolamentare le unioni omosex, del divieto all’educazione sessuale, del divieto ad una legislazione seria sul fine-vita
8) le manipolazioni di Avvenire in tema di bioetica
9) Socci e compagnia che difendono Berlusconi paragonandolo a sant’Agostino o al buon ladrone!!!
Per anni ho fatto il bravo bambino, ho parlato con sommo rispetto e umile deferenza, ho partecipato a dibattiti, ho messo per iscritto riflessioni serissime e non è servito a niente.
Che una legislazione sulle DAT come quella in itinere sia un boomerang è evidente anche ad un bambino, eppure si persiste in modo osceno ed odioso a dire menzogne e ad insultare chi non fa il soldato obbediente o il megafono del Fisichella di turno!
Quando quella legge entrerà in vigore sarà impugnata davanti alla Corte costituzionale oppure sarà abrogata con referendum e la Chiesa passerà come un’organizzazione arcigna, priva di una minima empatia.
A me importa perché ho impostato la vita su certi insegnamenti e la sensazione di aver perso tempo è particolarmente frustrante e deprimente.
Sono contento di aver ferito le varie fiorenze. Pie donne come loro dovrebbero indignarsi per le menzogne dei loro preti!!!
Anche Luigi era contrario alla beatificazione lampo di Wojtyla, adesso ha cambiato idea.
In ogni caso i problemi summenzionati derivano dall’azione di Wojtyla e Ratzinger.
E caro Leopoldo ci sono centinaia di professori e professoresse di Teologia, ci sono decine di preti soprattutto in Germania ed Austria, che la pensano come me, anzi molti sono persino più spinti.
Mi creda, non è così fuori dal cattolicesimo quel che dico.
Non dia retta ad Avvenire.
Vedi Marco, c’è una cosa che ti ostini a non comprendere.
Il tuo essere cattolico non è messo in discussione dalle posizioni che difendi ma da affermazioni come:
“sono contento di avere ferito…”
“SONO CONTENTO DI AVERE FERITO…”
Rileggile, più volte.
Non sono da cattolico né protestante né di “noi siamo chiesa” né lefevriano né nessun altro aggettivo che si possa aggiungere all’essenza cristiana. Perchè vanno proprio nella direzione contraria a questa essenza.
Ti ci vorrà tempo, ma confido che la tua professione futura ti aiuterà a capire di cosa parlo.
Sono molto contento eppure è solo un infinitesimo del male che hanno fatto gli Andreotti, i Berlusconi, i Bertone, i Ratzinger e i Wojtyla.
State diventando una palla al piede non un aiuto alla vita delle persone.
Le vostre menzogne e le vostre manipolazione fanno schifo!
La vostra patetica e conveniente obbedienza non è prudenza né saggezza né santità. E’ solo l’emblema della vostra meschinità e della totale assenza di passione per la vita!
Dovreste vergognarvi del male che fate per il solo scopo di imporvi!!!
Ma grazie a Dio le regole democratiche sono più forti della vostra arroganza e beccherete una sonora batosta anche questa volta.
Marco: Anche Luigi era contrario alla beatificazione lampo di Wojtyla, adesso ha cambiato idea. Non propriamente ho cambiato idea. Io distinguo tra la santità – per me indubitabile – di Karol Wojtyla e il suo riconoscimento canonico. Resto contrario alla proclamazione sistematica – e poco importa quanto veloce – della esemplarità cristiana dei Papi, contrarietà che a suo tempo avevo esposto in un articolo intitolato La santità dei papi e i santi sconosciuti. Ma già in quell’articolo chiarivo che mettevo in questione l’opportunità di quella politica delle canonizzazioni dei papi del nostro tempo, non la loro effettiva esemplarità. Quando la rivista Il Regno mi ha chiesto di scrivere dell’evento del 1° maggio ho scelto quel taglio della santità diffusiva anche per non rivangare la disputa sul “santo subito” che mi pareva già anche troppo sviluppata dai media, ma soprattutto per segnalare il dato di una santità percepita e recepita che era tale già prima della beatificazione.
Ancora su Giovanni Paolo. Nell’articolo sulla santità dei papi, linkato nel commento precedente, ci sono questi due passaggi che attestano come il mio – nell’occuparmi della santità diffusiva di Giovanni Paolo – non sia stato un cambiamento di idea ma un volgermi a un altro aspetto della questione: cioè al fatto della santità e non al suo riconoscimento.
A scanso di incomprensioni facilmente evitabili, dico subito che amo papa Wojtyla. Ho scritto cinque libri e circa tremila articoli su di lui, gli debbo qualcosa anche per l’aiuto a credere e non dubito che sia santo.
Non c’è dubbio e lo sappiamo tutti che i pontefici di oggi sono figure degne di imitazione e venerazione, ma proprio per questo che bisogno c’è di dichiararli prima «venerabili» eppoi beati e infine santi? Beatificando un suo «figlio», la chiesa lo propone come cristiano esemplare, segnalandolo all’attenzione dei fedeli e del mondo. Ma i papi non sono già segnalati dalla loro missione e – oggi – dalla loro vita?
Marco buona giornata. Vedi di prendere per il verso giusto quello che dico. Mi piace ragionare e solo per questo scrivo, non per polemizzare.
Grazie Luigi.
Ho capito che per lei Giovanni Paolo II è un santo. Lo percepisce quasi visceralmente, istintivamente.
Nello stesso tempo esprime perplessità sull’opportunità di canonizzare in continuazione i papi.
Quello che non capisco è perché gli dedica anche un’inchiesta a suo favore sulla santità diffusiva.
Non per polemizzare ma per intenderci.
Non capisco la sua strategia: da un lato è sensibile a determinate questioni (vedere il post sui 150 professori/esse tedeschi che chiedono svolte epocali o anche il post su omosessuali e cristianesimo) dall’altro lato però rende tributo a papi che hanno sistematicamente ostacolato non dico svolte come quelle auspicate dai tedeschi ma persino cose molto minori.
Lei, Luigi, sa molto meglio di me che Giovanni Paolo II voleva addirittura dare solennità ex cathedra ai pronunciamenti riguardo l’uso di anti-concezionali presenti nell’Humanae Vitae.
Infine, di nuovo non per polemizzare ma per capire meglio cosa ne pensa un cristiano cattolico sincero come lei, io penso che percepire la santità è una cosa dimostrarla è un’altra.
Per dimostrarla occorre rispettare le regole che la Chiesa si è data. Che significato ha quindi, secondo lei, questa scelta di Benedetto XVI?
Riassumendo.
1) Non per polemizzare ma per capire meglio la sua linea.
A) Cosa ne pensa delle richieste dei 150 professori/esse tedeschi?
A.1) Se ne pensa bene perché ama GP II e B XVI e rende loro in continuazione tributi e servizi dato che hanno una linea opposta?
A.2) Se ne pensa male sarebbe bello capire perché.
B) Che significato ha la scelta della beatificazione lampo se non quello di sottolineare che il pontefice può fare quello che vuole?
(Che è poi lo stesso messaggio che passa dalla scomunica revocata a quelli di san Pio V senza che abbiano ritrattato e dal ripristino del rito tridentino).
C) Le regole contano o non contano?
2) Ci rendiamo conto che è quasi impossibile dire che un beato/santo sbagliava su certe cose o comunque aveva posizioni discutibili?
Grazie e buona giornata anche a lei e tutti/e.
Marco lei mi interroga come se su questi argomenti io non abbia mai detto nulla. In particolare può vedere il testo – nella pagina del blog COLLABORAZIONE A RIVISTE – intitolato PERCHE’ AMARE ANCORA QUESTA CHIESA che risponde nell’insieme alla sua questione. Nell’altra pagina intitolata CONFERENZE E DIBATTITI trova trattati quasi tutti gli argomenti specifici che mi sottopone. Su Giovanni Paolo trova poi cinque o sei volumi che sono presentati con prefazioni e indice nella pagina ANTOLOGIA DELLE PUBBLICAZIONI. Tra essi vi è una biografia che lo tratta in dettaglio. Insomma non sono il tipo giusto per dire in due parole se era buono o cattivo. A fare questo ci sono tanti, a ogni angolo. Io forse sono utile per vedere nel dettaglio. Nei prossimi cinque commenti azzardo qualche risposta breve.
In breve dico che dovrebbe esservi molta maggiore tolleranza interna nella Chiesa, in modo che in essa possano convivere sia i 150 docenti sia i discepoli di Joseph Ratzinger teologo. Sia i tradizionalisti che vogliono pregare con il vecchio rito, sia quelli che si trovano bene nel nuovo.
Perfettamente d’accordo Luigi,
ma la tolleranza,
implica comunque
incapacità,
all’accoglienza.
Tollerare,
è semplice gesto di non-guerra
e allo stesso tempo di non pace….
La tolleranza – ovvero la piena cittadinanza di atteggiamenti tra loro distanti – comporta una minore pretesa di normare dall’altro e una maggiore flessibilità reciproca tra le diverse componenti dell’Ecumene cattolica. Questa compresenza c’è sempre stata di fatto, ma sempre fu conflittuale. Il compito attuale è di farne una pluralità accettata.
La storia cristiana ci presenta tra i Padri e poi tra i teologi e tra i santi grandi figure che per noi oggi sono parimenti autorevoli e che in vita si combatterono e si scomunicarono. Abelardo e Bernardo di Chiaravalle, per dire due teologi. Pio IX e Rosmini per dire un papa e un teologo di epoca moderna. Pio X e il cardinale Ferrari. Ma già nel Nuovo Testamento, gli apostoli Pietro e Paolo.
Lo scisma d’Oriente e quello d’Occidente hanno diviso in due campi anche i santi. Oggi abbiamo l’esperienza storica per ricomporre. Lei dice: o sta con questo, o con l’altro. Io dico che sto con ambedue.
Non ritengo affatto che sia “quasi impossibile dire che un beato/santo sbagliava su certe cose o comunque aveva posizioni discutibili”: sempre ve ne sono stati e per quelli lontani non abbiamo nessuna difficoltà ad accettarli come maestri e modelli per altri aspetti della loro attività, per quelli conteporanei dovremo esercitarci a farlo…
Ho fatto i cinque commenti ma non ho detto un punto chiave: perchè ho indagato gli episodi della santità diffusiva. Perchè pensavo potesse aiutare ad amarlo. Uscire dalla disputa e andare al vissuto. Tutta la mia ricerca di Fatti di Vangelo tende a questo. Io trovo esemplarità sia tra i neocatecumenali e i ciellini, sia tra i dossettiani e i piccoli fratelli. Così penso di aiutare ad ampliare la tolleranza e la reciproca accettazione.
Caro Luigi,
io le dò del lei per una questione di rispetto, ma lei può darmi del tu come ha sempre fatto.
Io purtroppo non ho potuto leggere tutti i suoi libri e non seguo il suo blog dall’inizio quindi mi scuso se alcune cose le ha dovute ripetere.
In ogni caso io sono molto d’accordo con quanto lei afferma. Anche io preferisco l’et-et all’aut-aut. Non ho mai preteso che lei si schieri da una parte o dall’altra. Io stesso non sono completamente da una parte.
Ho scoperto le varie anime della Chiesa proprio grazie a voi vaticanisti.
Nel ringraziarla per le risposte vorrei aggiungere solo una precisazione per non essere frainteso, poi mi tacerò.
Il rispetto reciproco, la fecondità e la ricchezza che derivano da una pluralità di visioni sono possibili se la pluralità di visioni è considerata un valore e non un handicap. Questi ultimi due pontefici, in particolare B-XVI, mi pare che abbiano l’intenzione di costruire una roccaforte, uno squadrone compatto con poco spazio a diversità, anche solo di toni e linguaggio.
Guardi ad esempio la legge riguardante le DAT. Io ho partecipato a numerosi dibattiti eppure non è servito a niente. Tra giorni si pronuncerà anche l’Ordine dei medici e sottolineerà il dover del rispetto per l’intimità della relazione di cura, la necessità di minor invasività delle norme di legge.
Tuttavia anche oggi è presente il solito articolo manipolatorio della Morresi. Si parla di eutanasia a sproposito etc…
Il rito tridentino è stato abrogato e superato dall’attuale. Non sono in contraddizione se li si considera nelle rispettive epoche storiche ma se li si assume contempoaraneamente qualche problema lo creano.
Il fatto che esistano gruppi di nostalgici (peraltro piuttosto piccoli) non è sufficiente a giustificare una decisione di questo tipo. Se io e un gruppo di amici volessimo cantare l’Alleluja in Quaresima non ci verrebbe dato il permesso.
Un Papa che si dice contrario all’educazione sessuale si pone al di fuori di ogni possibilità di dialogo. Io sarei d’accordo se dicesse che l’educazione sessuale non può ridursi a nozioni scientifico-biologiche ma necessita anche dell’arte, della poesia, della letteratura… Non posso essere d’accordo sul fatto che sia controproducente.
Beatificare così rapidamente JP-II per me è un atto un tantino arrogante. Il pontefice è servus servorum Dei, non è lui Cristo. Non può fare quello che vuole, mettendosi al di sopra delle norme.
Così tanti atti e tutti insieme, tutti unidirezionali mi paiono punitivi nei confronti di chi ha idee differenti e fa parte della pluralità di cui parla lei.
Io aiuto il prete ciellino della parrocchia, non ho nulla contro i ciellini. Semplicemente non capisco come mai cattolici così ferventi stiano dalla parte di Berlusconi al punto da paragonarlo a sant’Agostino o al buon ladrone, al punto da acclamarlo al Meeting di Rimini quasi fosse un salvatore della cristianità.
Poi ci sarebbe il tema del rapporto con la scienza.
Io non riuscirò mai ad amare questi due pontefici, specialmente B-XVI. Ratzinger mi è proprio insopportabile. Lo considero prepotente e arrogante, incapace di tolleranza e assolutamente avversario della pluralità di cui lei parla. Lo dimostrano le sue decisioni.
Salvo quella dello IOR e dei preti pedofili. Per il resto ha creato tensioni e non ha detto nulla riguardo il futuro.
@ Luigi
Una delle critiche più frequenti nei confronti di papa Wojtyla è stato il suo essere mediatico.
Qui, invece, una dotta difesa:
http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/7710
Quanto al resto:
ATTO DI FEDE
Mio Dio, perché sei verità infallibile,
credo fermamente tutto quello che tu hai rivelato
e la santa Chiesa ci propone a credere.
Ed espressamente credo in te,
unico vero Dio in tre persone uguali e distinte,
Padre, Figlio e Spirito Santo.
E credo in Gesù Cristo, Figlio di Dio, incarnato e morto per noi,
il quale darà a ciascuno, secondo i meriti, il premio o la pena eterna.
Conforme a questa fede voglio sempre vivere.
Signore accresci la mia fede.
Marco perchè miri ad avere un papa che la pensi come te? Se pure ce ne fosse uno, un giorno, capiterà che altri milioni di cattolici non ci si ritroverebbero. E così avverrebbe con qualsiasi papa si possa ipotizzare. Non ci conviene dunque lavorare per la tolleranza reciproca? Per ottenere che il megistero affermi di meno – siamo eredi di troppe affermazioni magisteriali che si sono accumulate nei secoli. E perchè venga riconosciuto un maggiore margine di opinabilità a ognuno, gruppi e persone. Nessuno dei temi che tu tocchi in quest’ultimo commento è decisivo per la fede. E dunque, se tu e il papa concordate sulla fede – il Credo, la Scrittura, i Sacramenti – sul resto potete serenamente dissentire. Solo così potremo ancora avere un papa. Altrimenti ci dovremo dividere in tante mini-comunità conflittuali. E che vantaggio ne avremo?
Marco che difficoltà ti viene alla fede se un altro prega con un diverso messale? Dio è inconoscibile e infinito, noi siamo limitati e dispersi. Un gruppo lo prega così e un altro con diverso rito: dov’è lo scandalo? Perchè non può essere, se ci aiuta a convivere?
Io sono felice che vi siano tanti riti e tante maniere di cercarlo. Esulto per la varietà ecumenica. Perchè dunque mi dovrei rattristare per un minimo di varietà cattolica?
Marco il papa dice qualcosa sull’educazione sessuale e tu non sei d’accordo: non sei mica obbligato a seguirlo. Come avrai visto dai miei post e commenti nel blog io rivendico diverse libertà rispetto all’ufficialità vaticana ed è una libertà riconosciuta. Specie quando si va verso la scienza o la politica la libertà è grande. Ad essa ci dobbiamo sempre più addestrare, papi e cristiani comuni. lo trovo un lavoro appassionante.
Marco il papa Benedetto fa beato il predecessore in tempi rapidi: tu puoi dissentire. Puoi argomentare il tuo dissenso. Quella delle corsie preferenziali per le beatificazioni è una scelta opinabile, giustamente sottoponibile a critica. Una rapida beatificazione era stata chiesta “al futuro papa” da una maggioranza dei cardinali riuniti nelle Congregazioni generali del preconclave. E c’era anche la sollecitazione popolare. Ma comunque la decisione era sua ed è una decisione criticabile. Non è materia di fede.
Vorrei però far osservare che ci sono due modi diversi di intendere il principio che “al mondo c’è posto per tutti”. Uno è quello che, per comodità, definirei “anglicano”, nel senso che è quello che ha governato la chiesa d’Inghilterra, portandola peraltro all’autodistruzione, come ormai si vede chiaramente. Ognuno pensa e fa quel che gli pare, ma siamo tutti anglicani (finché un bel giorno ci si accorge di non parlare più la stessa lingua e di non essere più neanche cugini di terzo grado).
L’altro modo è quello della chiesa cattolica, che è tale appunto perché ha le braccia larghe e accoglienti e prima che cacci via qualcuno dal suo seno ce ne vuole, però ha un cardine di unità nel papa. Essere cattolici, quindi, significa tendere all’unità, anche in quello che non è obbligatorio credere. Tendere: vuol dire desiderarla, dolersi se non si riesce ad averla, lavorare seriamente per raggiungerla. È quello che tante volte qui ho chiamato lo sforzo di “immedesimarsi” con il papa. Se non c’è questo (e a me pare che non ci sia quasi mai) anche il tuo discorso, Luigi, rischia di essere equivocato.
Esatto! E, per stare agli esempi neotestamentari, una cosa sono i dissensi tra Pietro e Paolo, un’altra quelli tra Simon Pietro e Simon Mago.
La fama di santità, la “vox populi” è stata sempre determinante nella Choesa per le canonizzazioni. Di molti santi si dice nel Martirologio che il loro culto dura “ab immemorabili”. Solo in un secondo tempo sono venute le norme canoniche.
Io credo che dovremmo fare nostra la preghiera di Salomone che è risuonata oggi nella liturgia:
Signore, donaci un “lev shomeà” – un cuore che sappia ascoltare
(non “docile” come dice l’insipida traduzione).