Pitigliano – sabato 16 settembre 2017 – ore 09.30
M’inserisco nel cammino proposto dal Progetto pastorale diocesano 2017/2020, sperando di fornire qualche utile indicazione pratica, da operatore della comunicazione. Il Progetto invita a un’uscita missionaria che utilizzi gli strumenti che la realtà attuale mette a disposizione, in particolare quelli che siamo soliti indicare come Mass Media: mezzi di comunicazione di massa.
Una volta si sarebbe inteso, per mezzi di comunicazione di massa, la carta stampata, la radio, la televisione, il cinema. Oggi intendiamo molto di più, perché al cartaceo e televisivo si è aggiunto il digitale ed è quasi un raddoppio di possibilità. E non c’è solo questo raddoppio “virtuale” a costituire una novità, ma anche nella realtà, sul territorio, siamo divenuti consapevoli che la comunicazione di massa è più ampia di quella “giornalistica”: per stare al mondo ecclesiale, anche le feste patronali, la processione del Corpus Domini, una visita del Papa sono da guardare come mezzi di comunicazione di massa. Ogni evento che supera la cerchia dei convocati, che mira a parlare alla città, al mondo, è comunicazione di massa.
Per dare concretezza a questo richiamo all’ampliamento della comunicazione di massa, faccio due esempi, uno per il digitale e uno per il reale. La Chiesa in uscita predicata da Francesco implica che ci si rivolga prioritariamente ai non credenti. Per il digitale vorrà dire impegno a impostare il sito internet della parrocchia [come ogni altra presenza ecclesiale nella Rete] perché parli anche ai non praticanti, agli indifferenti, ai non cristiani. Per la realtà segnalo che l’arcidiocesi di Milano ha aperto la preparazione della visita del Papa del marzo scorso anche ai non credenti: “Stiamo invitando la gente a portare alla messa del Papa anche chi non crede”, dichiarò il portavoce dell’arcivescovo nella fase preparatoria [“Il mio Papa” 15 marzo 2017, pp. 28s].
Come vedete, con questa impostazione usciamo subito dalla teoria e affrontiamo il fattuale. Non pensate ora prioritariamente al settimanale diocesano “Confronto”, o ai bollettini parrocchiali, o alla trasmissione televisiva “Kerigma” di TV9. Proviamo a pensare più ampiamente alla comunicazione di massa, intendendola innanzitutto come comunicazione ad extra, all’intera umanità circostante.
Vediamo intanto che cosa ci dice il Papa sull’uscita, poi l’applicheremo ai mezzi di comunicazione. Il riferimento di partenza è alla “Gioia del Vangelo” [Evangelii Gaudium] come programma del Pontificato e manifesto della Chiesa in uscita missionaria. Il testo principe lo troviamo al paragrafo 27: “Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione”.
La mia riflessione mira a mostrare la portata dell’espressione usata dal Papa “trasformare ogni cosa” quando sia applicata ai media, cioè alla comunicazione di massa in quel senso largo che dicevo sopra.
Andrò dal più semplice al più complesso. Dalla porta della chiesa al portale internet, per intenderci. Porta e portale: sono due parole della comunicazione.
Porta della chiesa. “La Chiesa è chiamata a essere sempre la casa aperta del Padre. Uno dei segni concreti di questa apertura è avere dappertutto chiese con le porte aperte. Così che, se qualcuno vuole seguire una mozione dello Spirito e si avvicina cercando Dio, non si incontrerà con la freddezza di una porta chiusa”: “La gioia del Vangelo” 47. Il mio parroco, al centro di Roma, pratica l’apertura continuata [dalle 07.00 alle 22.00 durante la settimana; dalle 07.00 alle 24.00 sabato e domenica] e sostiene che il criterio nello stabilirne i tempi dovrebbe essere questo: finché intorno c’è gente. Brutta mia impressione la scorsa estate in una città della riviera ligure di levante: la centralissima basilica, che dà sulla piazza storica e ha il mare sia a destra sia a sinistra, chiudeva alle 11,45 e riapriva alle 16,15, richiudendo definitivamente le sue nobili porte alle 19.00. Orario balzano e di pura comodità del parroco, se teniamo conto che la massima densità di passeggio e di visite, nella stagione balneare, lì si ha proprio nella tarda mattinata e in serata, fino verso la mezzanotte. Sarebbe come se Gesù, quella volta a Cafarnao, fosse salito sulla barca di Pietro per parlare alla folla quando questa non c’era e ne fosse sceso quando in tanti gli erano intorno. – Ma la porta aperta e non vigilata non è pericolosa? In tante chiese di tanti luoghi si fanno turni per garantire la presenza di un gruppo di persone nelle ore più scomode dell’adorazione perpetua. Io credo che analoghi turni potrebbero aiutare i parroci a tenere aperte le chiese parrocchiali nelle ore della pausa pranzo e la sera oltre l’ora della messa.
Attenzione alla sequenza comunicativa: tenere aperta la porta, stare sulla porta per invitare a entrare, accompagnare chi decide di entrare. Uno gira per la Rete e s’imbatte nel sito della parrocchia, o nel nostro sito personale, di ognuno di noi che siamo Chiesa: dovrebbe trovare parole invitanti a entrare. Lo stesso dovrebbe avvenire quand’uno – nella realtà – si trova a passare davanti alla porta di una chiesa.
Orari delle messe e della segreteria. Qualcosa di analogo si può dire degli orari delle messe: vanno collocate nei tempi nei quali la gente è libera dal lavoro. Ovvero: anche in quei tempi. Ad esempio celebrando all’ora di pranzo (molti in tanti luoghi lamentano di non poter andare a messa nella pausa pranzo) e a sera inoltrata, garantendo la presenza di un sacerdote per le confessioni e i colloqui dopo la messa vespertina fino alla chiusura, se nel nostro ambiente la gente torna dal lavoro tardi. Messe, disponibilità del sacerdote, segreteria parrocchiale: con l’aiuto dei volontari andrebbe ampliato l’orario della segreteria che riceve le persone, o quantomeno risponde al telefono. Lo possono fare anche volontari che svolgono un lavoro a domicilio, e anche persone disabili (che magari sarebbero felici di dare una mano), in modo che non sia una voce registrata a rispondere a chi chiama la parrocchia.
Iniziative straordinarie. Pellegrinaggi, gite, visite guidate, sagre, lotterie, feste patronali, festicciole dell’oratorio, tavolate estive all’aria aperta: avere cura che in ognuna di queste attività – e altre simili – vi sia un elemento di comunicazione ad extra, cioè di comunicazione di massa, cioè di uscita: l’invito concreto, diretto, ad personam a qualcuno che non è mai venuto e mai verrebbe se non invitato. Gesù a Zaccheo: “Scendi subito perché oggi devo fermarmi a casa tua”. Alla samaritana: “Dammi da bere”. L’offerta di pagargli il biglietto purché venga. Un pellegrinaggio a Lourdes potrebbe essere l’occasione per agganciare una persona sofferente, un pellegrinaggio in Terra Santa potrebbe essere adatto per qualcuno dei giovani che hanno appena abbandonato la pratica domenicale.
Dal bollettino a internet. Sia nei media tradizionali sia nei nuovi media occorrerebbe impostare il linguaggio e le iniziative in modo che la comunicazione sia rivolta a tutti, interni ed esterni alla vita della comunità. E non solo, ma ci si potrebbe proporre anche di ospitare e far collaborare a ognuno dei nostri media [bollettino e sito parrocchiale, settimanale e sito diocesano, associativo, d’autore, social] chi non è praticante e anche chi non è cattolico. Poniamo che si affronti la questione della presenza tra noi dei Rom o degli immigrati, e che a una nostra assemblea abbia partecipato qualcuno che guarda le nostre cose da fuori: ecco, se del caso costui o costoro potrebbero essere invitati a intervenire, a scrivere, a commentare.
Uscite da inventare. Il Papa ci chiede di “andare sempre dai non credenti” e noi, invece, ci andiamo poco o magari non ci andiamo mai. Se non ci andiamo mai, sarà necessario sperimentare qualche uscita in questa direzione. Ma sarà più semplice ripensare le uscite già esistenti. Accenno alla più tradizionale: quella della benedizione delle famiglie. Come tener conto in essa dei non credenti quali destinatari della nostra comunicazione? Suggerisco di andare nelle case con l’Aspersorio e con il Vangelo. L’Aspersorio per i praticanti, il Vangelo per i non credenti. L’uno e l’altro per i credenti non praticanti. L’esempio della Grande Missione per la Città di Roma e della mia partecipazione a essa: importanza che vi sia un referente della parrocchia in ogni caseggiato.
Cortile dei gentili. Invitare ad attività sociali e culturali anche chi non viene in chiesa. E’ possibile un “Cortile dei Gentili” in parrocchia o in diocesi? Proviamoci chiamando a dialogo ospiti laici e anche laicisti (cioè critici e anche avversi alla presenza della Chiesa nella società), al duplice scopo di interloquire con loro e di mostrare pedagogicamente ai parrocchiani le modalità possibili di tale interlocuzione. Aiuto la mia parrocchia romana nelle attività culturali, alle quali il parroco ultimamente ha invitato una volta Walter Veltroni e un’altra Marco Politi. Ma possiamo farlo davvero? Non è imprudente? Non solo possiamo ma dobbiamo farlo, con prudenza ma anche con coraggio, se vogliamo portare a tutti il messaggio, altrimenti lo porteremo soltanto a chi è nel libro dei battesimi. “Per dialogare bisogna abbassare le difese e aprire le porte”, ha detto Francesco agli Scrittori della “Civiltà Cattolica” il 14 giugno 2013.
Scalfari Pannella Bonino. Papa Francesco che parla con Eugenio Scalfari e telefona a Marco Pannella o invita Emma Bonino a un incontro nell’Aula Nervi può essere un modello per questa uscita verso i non credenti: egli compie quei gesti per dire a tutti – anche ai vescovi, ai parroci, ai cristiani comuni – “fate come me”. Una parrocchia parlerà e telefonerà agli Scalfari e ai Pannella e alle Bonino del suo territorio. Un lavoro analogo – più frequente – si dovrà tentare nei confronti di credenti non praticanti o persone in situazione irregolare rispetto alle leggi della Chiesa: non allontanarle, non scoraggiarle – coinvolgerle, corteggiarle.
Nella via e nella piazza. Ancora una parola del Papa sulla pedagogia missionaria che la parrocchia deve esercitare verso i parrocchiani: “C’è una forma di predicazione che compete a tutti noi come impegno quotidiano. Si tratta di portare il Vangelo alle persone con cui ciascuno ha a che fare, tanto ai più vicini quanto agli sconosciuti. E’ la predicazione informale che si può realizzare durante una conversazione […] e questo avviene spontaneamente in qualsiasi luogo, nella via, nella piazza, al lavoro, in una strada. In questa predicazione, sempre rispettosa e gentile, il primo momento consiste in un dialogo personale, in cui l’altra persona si esprime e condivide le sue gioie, le sue speranze, le preoccupazioni per i suoi cari e tante cose che riempiono il suo cuore. Solo dopo tale conversazione è possibile presentare la Parola” [“La Gioia del Vangelo” 127s]. Nella comunicazione di massa si tratterà di proiettare erga omnes quest’approccio che Francesco ci suggerisce di attuare ad personam.
Conclusione. Per tutta la Chiesa – dalla famiglia piccola Chiesa, alla parrocchia, all’intera Comunità locale – il cambiamento dell’uscita missionaria è una grande trasformazione. Si tratta di uscire non soltanto dai confini di una pratica e di un ambiente, ma innanzitutto da un linguaggio, da una mentalità, da un metodo. Passare dal modello di Chiesa costituita della tradizione europea al modello della comunità missionaria. Si tratta di imboccare una via per tanti aspetti inesplorata ma obbligata, se non ci si vuole rassegnare a una rapida perdita della dimensione di popolo. Che faremo e che diremo e quanti errori compiremo? Non aspettiamo di sapere che dire prima di uscire, altrimenti non usciremo mai. Usciamo con il poco che sappiamo e camminando impariamo a camminare.
Quattro idee per mandare operai nella vigna. Chiudo suggerendo quattro facili iniziative di coinvolgimento di persone che possono aiutare la nostra comunicazione di massa:
- i disabili da reclutare per il “telefono parrocchiale” (penso a qualcosa come il “telefono amico”), o nelle varie attività da computer;
- i giovani e giovanissimi dai quali farsi aiutare per le iniziative digitali (“Ma chi lo tiene il sito, chi l’aggiorna?”);
- i pensionati da organizzare per avere una presenza continuata in chiesa nelle ore di apertura che dovrebbero essere molte di più delle attuali;
- i cultori di storia e memorie del territorio, ai quali ricorrere per organizzare l’accoglienza e le visite guidate a chiese e santuari.