a 22 anni dal dies natalis – abbozzo di un raffronto con Francesco
Alessano martedì 14 aprile 2015
Tonino Bello e Jorge Mario Bergoglio hanno avuto una formazione strettamente contemporanea e legata per ambedue al Vaticano II. Del resto sono coetanei: se don Tonino fosse con noi, avrebbe appena un anno di più di Papa Francesco. E come sarebbe felice nell’udirlo parlare!
Li unisce la ricerca della semplicità e della sobrietà nella vita del vescovo, l’amore agli ultimi e l’impegno per la Chiesa povera, la schiettezza nella denuncia del commercio delle armi, il richiamo a Francesco d’Assisi, la capacità di parlare per immagini e di farsi capire da tutti.
Il raffronto tra i due è stato abbozzato con autorità da Bartolomeo Sorge in un articolo di “Aggiornamenti Sociali” (giugno-luglio 2013: “La Chiesa del grembiule. Don Tonino Bello vent’anni dopo”) e dal vescovo Marcello Semeraro in un incontro a Tricase (ottobre 2014). Ho deciso di dare un mio apporto a questa indagine quando ho ricevuto il vostro invito all’incontro di questa sera.
L’attualità di don Tonino era sotto gli occhi di tutti, ma i primi due anni del Pontificato di Francesco le hanno fornito una sorprendente evidenza. L’immagine della Chiesa che si cinge il grembiule proposta dal Papa il dicembre scorso, nonché una preghiera nella quale si rivolge alla Vergine come “donna dell’ascolto, donna della decisione, donna dell’azione” sono le rispondenze verbali più nette. Ma tra i due c’è molto di più della vicinanza di linguaggio.
C’è un modello di Chiesa conciliare e di vescovo che hanno ricevuto dal Vaticano II e che cercano di attuare con sistematico impegno prima e dopo la chiamata all’episcopato: ambedue la riassumono con efficacia nel binomio “popolo e vescovo”.
C’è un ideale di Chiesa dei poveri e del servizio all’uomo che si sentono chiamati a perseguire sia con l’esempio della vita sia con l’attività apostolica.
C’è un impegno dichiarato a favorire una maturazione epocale del servizio di carità sempre esercitato dalla Chiesa, facendolo passare dalla dominante assistenziale a quella promozionale, di riscatto sociale e di mutamento delle condizioni di vita.
Probabilmente Bergoglio e Bello non si sono mai incontrati e Papa Francesco non ha mai inteso riferirsi al vescovo di Molfetta neanche quando ne ha usato il linguaggio e in particolare la metafora del grembiule. Ma è la comune matrice conciliare fatta programma di vita che li porta a parlare la stessa lingua evangelica.
Seguendo un suggerimento del vice-postulatore della Causa di canonizzazione di don Tonino, il sacerdote molfettese Domenico Amato, credo di poter affermare che la “magna carta” che li ispira e li avvicina sia da vedere nel cosiddetto “Patto delle Catacombe”, cioè nella dichiarazione sottoscritta il 16 novembre 1965 da una quarantina di padri conciliari, in gran parte latino-americani, che avevano avuto come ispiratori il vescovo brasiliano Helder Camara e il cardinale Giacomo Lercaro.
Quel documento si chiama “Patto delle Catacombe” perché i firmatari lo sottoscrissero dopo un’Eucarestia celebrata nelle Catacombe romane di Domitilla. Esso non riuscì a ottenere – come era intenzione dei proponenti – un pronunciamento conciliare sulla povertà della Chiesa, ma fu fatto proprio da tanti, negli anni seguenti, e tra questi tanti anche – e con forte determinazione – da Bello e da Bergoglio. Si direbbe che ambedue si siano impegnati a portare a compimento quanto i firmatari del documento si erano prefissi.
Non ho trovato nessun richiamo esplicito al “Patto” né in Bergoglio né in Bello. Ma la derivazione da esso delle loro scelte è più che evidente e in Bello ne possiamo rintracciare il filo rosso nei testi relativi alla sua azione di vescovo e nei suoi richiami al magistero del cardinale Lercaro: don Tonino si forma a Bologna, dove sta sei anni (dal 1953 al 1959), alunno di un seminario dipendente dal cardinale. In Bergoglio una chiara eco del Patto è rintracciabile nella “Relatio post disceptationem” che da cardinale tiene come relatore supplente al Sinodo del 2001 sulla figura del vescovo.
Basterà citare qualche passaggio del Patto perché appaia chiara la sottoscrizione di fatto che ad esso è venuta da Bello e Bergoglio:
“Cercheremo di vivere come vive la nostra popolazione per quanto riguarda l’abitazione, l’alimentazione, i mezzi di locomozione […]. Rinunciamo all’apparenza e alla realtà della ricchezza, specialmente negli abiti e nelle insegne di materia preziosa […]. Rifiutiamo di essere chiamati con nomi e titoli che significano grandezza e potere […]. Eviteremo quanto può sembrare una qualsiasi preferenza ai ricchi e ai potenti […]. Sosterremo i laici, i religiosi, i diaconi o i sacerdoti che il Signore chiama ad evangelizzare i poveri e gli operai condividendo la vita operaia e il lavoro […]. Consci delle esigenze della giustizia e della carità cercheremo di trasformare le opere di beneficenza in opere sociali fondate sulla carità e sulla giustizia […]. Opereremo [in modo da favorire] l’avvento di un ordine sociale nuovo, degno dei figli dell’uomo e dei figli di Dio […] e l’adozione di strutture economiche e culturali che non fabbrichino più nazioni proletarie in un mondo sempre più ricco che però non permette alle masse povere di uscire dalla loro miseria”.
Infine le parole che dicono la vicinanza d’anima di questi due pastori. L’8 dicembre scorso Francesco ha così parlato durante un incontro con la Federazione organismi cristiani di servizio internazionale volontario (Focsiv): “La vostra Federazione è immagine di una Chiesa che si cinge il grembiule e si china a servire i fratelli in difficoltà”.
Ho già accennato a una preghiera mariana del Papa che ha le movenze delle invocazioni di don Tonino. Ne riporto una strofa: “Maria, donna dell’azione, fa’ che le nostre mani e i nostri piedi si muovano “in fretta” verso gli altri, per portare la carità e l’amore del tuo Figlio Gesù, per portare, come te, nel mondo la luce del Vangelo” (31 maggio 2013).
Ho trovato altre sorprendenti rispondenze verbali, quasi rime conciliari tra Bello e Bergoglio: sul legame tra vescovo e popolo come già accennavo, sulla paura di cambiare, sulla necessità di affidarsi allo Spirito che sprona al rinnovamento delle persone e delle strutture, sul pronto soccorso dell’uno e l’ospedale da campo dell’altro, sull’olio della gioia di cui parlano con afflato nelle messe crismali, sull’importanza di non limitare il soccorso ai poveri all’aiuto materiale ma di puntare sulla condivisione della vita, sull’oppressione del commercio delle armi, sui tariffari liturgici, sull’uscita missionaria, sulla preghiera come lotta. Ne segnalo una ventina in appendice a questo testo.
Luigi Accattoli
Appendice di citazioni sulle
RICORRENZE VERBALI E TEMATICHE
TRA DON TONINO BELLO E PAPA BERGOGLIO
Chiesa del grembiule
Tonino Bello: “Il grembiule è l’unico paramento sacerdotale registrato dal Vangelo. Il quale Vangelo, per la Messa solenne celebrata da Gesù nella notte del Giovedì Santo, non parla nè di casule, nè di amitti, nè di stole, nè di piviali. Parla solo di questo panno rozzo che il Maestro si cinse ai fianchi con un gesto squisitamente sacerdotale. Chi sa che non sia il caso di completare il guardaroba delle nostre sacrestie con l’aggiunta di un grembiule tra le dalmatiche di raso e le stole a lamine d’argento” (Stola e grembiule in “Presbyteri” settembre 1986; ora in “Scritti di Monsignor Antonio Bello”, 5/40 ss).
Francesco: “La vostra Federazione, che raccoglie gli organismi di volontariato di ispirazione cristiana, svolge una preziosa azione nel mondo. È immagine di una Chiesa che si cinge il grembiule e si china a servire i fratelli in difficoltà” (alla Federazione organismi cristiani servizio internazionale volontario, Focsiv; 8 dicembre 2014).
Chiese sempre aperte
Tonino Bello: “Apriamo le nostre chiese. Anche esteriormente siano segni, sia pur lontani, dell’accoglienza di Dio” (Messa crismale 1992; in “Scritti di Monsignor Antonio Bello” 2.97).
Francesco: “La Chiesa in uscita è una Chiesa con le porte aperte” (EG 46); “Uno dei segni concreti di questa apertura è avere dappertutto chiese con le porte aperte” (ivi 47).
Concorrenzialità festaiola
Tonino Bello: “Lo spreco, il fasto, la mentalità sciupona, la concorrenzialità festaiola non depongono certo a favore di una Chiesa che vuole essere povera. Certe spese pazze, fatte in nome di Gesù Cristo o della Madonna o dei Santi, suonano insulto atroce al Signore, che continua ad agonizzare nel volto della gente diseredata” (testo del 1984 citato da Domenico Amato, l. c., p. 151).
Jorge Mario Bergoglio: “Quando gli atti liturgici scivolano gradualmente in eventi sociali perdono la loro forza. Un esempio è la celebrazione del matrimonio: in certi casi viene da chiedersi che cosa ci sia di religioso in tali cerimonie […] nelle quali c’è una competizione feroce tra le madrine e la sposa, per esempio per quanto riguarda il vestito” (Il Cielo e la terra, Buenos Aires 2010; traduzione italiana Mondadori 2013, p. 60).
Disponibile senza orario
Tonino Bello: “So quanto mi costa non proteggermi con gli orari, e accogliere la gente, senza distinzione, in qualsiasi momento” (Lettera ai sacerdoti cit. da Domenico Amato, Tonino Bello una biografia dell’anima, Città Nuova 2014, p. 120).
Jorge Mario Bergoglio: “Il Signore non mette limiti all’avvicinarsi della gente […]. La missione del pastore di includere tutte le pecore implica una vera conversione dei nostri egoismi in modo che siamo disposti ad accogliere tutti […] e a rispondere con uguale entusiasmo alla gente che si avvicina per chiedere le cose più diverse” (In Lui solo la speranza Esercizi spirituali ai vescovi spagnoli, gennaio 2006, Lev 2013, pp. 29 e 47).
La borsa prevale sulla vita
Tonino Bello: “Che sia la borsa a prevalere sulla vita è una constatazione fin troppo scontata. A mettere in risalto tutte le prevaricazioni del potere economico su tutte le altre espressioni del vivere civile, si correrebbe il rischio di fare del moralismo. Questa è l’iniquità di cui siamo spettatori spesso impotenti. Chi ha i soldi comanda” (intervista citata da Domenico Amato, l. c., p. 167).
Francesco: “Dobbiamo dire no a un’economia dell’esclusione e della inequità. Questa economia uccide. Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre la faccia il ribasso di due punti in borsa” (EG 53).
Maria donna dell’ascolto
Tonino Bello: Maria donna dei nostri giorni è un volumetto del 1992 che raccoglie una serie di testi aventi tutti una titolazione similare: Maria donna feriale, Maria donna obbediente e così via; ora nel vol. 3 degli “Scritti di Monsignor Antonio Bello”).
Francesco: “Maria, donna dell’ascolto […]. – Maria, donna della decisione […]. – Maria, donna dell’azione, fa’ che le nostre mani e i nostri piedi si muovano ‘in fretta’ verso gli altri, per portare la carità e l’amore del tuo Figlio Gesù, per portare, come te, nel mondo la luce del Vangelo” (Preghiera a Maria a conclusione del Rosario, Piazza San Pietro, 31 maggio 2013).
Si potrebbe anche citare – di Francesco – questa notazione nell’omelia del 31 maggio 2014: “Maria non si fa aspettare, è la Madonna della prontezza, va subito a servire”. E quest’altra del 21 aprile 2015 a Pompei, quando la chiama “donna della nostra terra” (Tonino Bello la chiama “donna dei nostri giorni”).
Odore della pecore
Tonino Bello: “Vi auguro che non stiate mai in testa e neppure in coda, ma possiate stare sempre in mezzo al popolo, come Gesù. Sedetevi in mezzo alla gente, sentite il sapore e il profumo del popolo, inebriatevi di questo grande ideale di annunciare Gesù Cristo” (omelia pronunciata il 19 marzo 1993 in Episcopio, durante il rito di Ammissione agli ordini sacri di due seminaristi).
Francesco: “Questo io vi chiedo: siate pastori con l’odore delle pecore, che si senta quello” (Messa crismale 2013)
Olio della gioia
Tonino Bello: “L’olio proviene dal tormento dei torchi. Perciò oggi è inesorabile che si debba parlare del gemito del mondo. Ma siccome l’olio è simbolo dello Spirito, è altrettanto inesorabile parlare di gioia, di speranza, di luce, di attese […]. Brilli sulla vostra fronte e nelle vostre mani il Santo Crisma. Profumatene il mondo” (messa crismale 1993, in “Scritti di Monsignor Antonio Bello” 2/93).
Francesco: “Il Signore ci ha unto in Cristo con olio di gioia e questa unzione ci invita a ricevere e a farci carico di questo grande dono: la gioia, la letizia sacerdotale. Unti con olio di gioia per ungere con olio di gioia” (messa crismale 2014).
Oppressione dei mercanti di armi
Tonino Bello: “A tutti diciamo: deponete le armi, sottraetevi all’oppressione dei mercanti della guerra” (Appello ai responsabili della guerra nella ex Jugoslavia, firmato insieme a Luigi Bettazzi, “Luce e vita” 25 aprile 1993; in “Scritti di Monsignor Antonio Bello”, 4/356). – Come presidente di Pax Christi (dal 1985 alla morte) fa suo il motto “Contro i mercanti di morte”.
Francesco: “Pace chiediamo per questo mondo sottomesso ai trafficanti di armi che guadagnano con il sangue degli uomini e delle donne” (Messaggio Urbi et Orbi, 5 aprile 2015). – “Questi fabbricatori di armi fabbricano la morte, sono mercaderi [mercanti] di morte e fanno mercanzia di morte” (11 giugno 2014).
Parlare con gli ultimi
Tonino Bello: “Concedere spazio conta poco, se non si sa offrire del tempo. Il tetto non copre, ci vuole un lembo di vita. Dare un letto non basta, se non si sa dare la buona notte” (testo citato da Domenico Amato, l. c., p. 163).
Francesco: “A volte, io domando a qualcuno: ‘Lei fa l’elemosina?’. Mi dicono: ‘Sì, padre’. ‘E quando Lei fa l’elemosina, guarda negli occhi la gente a cui fa l’elemosina?’. ‘Ah, non so, non me ne accorgo’. ‘Se non lo hai toccato, non lo hai incontrato’ (Videomessaggio alla diocesi di Buenos Aires, 7 agosto 2013).
Paura del cambio
Tonino Bello: “C’è ancora molta prudenza nelle tue scelte pastorali. Fai eccessivo affidamento sui tuoi vecchi repertori. Ti lasci troppo irretire dalla paura del cambio. Cambiare è possibile. Per tutti” (A chi ha il coraggio di cambiare, 15 aprile 1990, in “Scritti di Monsignor Antonio Bello” 2/384).
Francesco: “Non dobbiamo avere paura di cambiare le cose secondo la legge del Vangelo. A vini nuovi, otri nuovi. E per questo la Chiesa ci chiede, a tutti noi, alcuni cambiamenti. Ci chiede di lasciare da parte le strutture caduche” (omelia del 5 settembre 2014).
Povertà cioè libertà
Tonino Bello: “La povertà (del presbitero), la condivisione con gli ultimi, la gratuità del servizio che lo condurrà a vivere da uomo libero, mille miglia lontano dalle seduzioni della carriera e dai calcoli del tornaconto” (Insieme alla sequela di Cristo sul passo degli ultimi 127, in “Scritti di Monsignor Antonio Bello” 1/224).
Jorge Mario Bergoglio: “La semplicità e austerità di vita conferiscono al vescovo una completa libertà in Dio” (Relatio post disceptationem al Sinodo del 2001, n. 12).
Preghiera come lotta
Tonino Bello: “Vi confido un segreto: l’omelia della messa crismale la scrivo sempre di notte. Quando la sera del Mercoledì Santo torno a casa, stanco per le fat5iche pasquali, mi chiudo in cappella e, come Giacobbe, mi metto a lottare con Dio” (Messa crismale 1990, in “Scritti di Monsignor Antonio Bello” 2/69).
Francesco: “Mosè prega con forza il Signore perché ci ripensi: questa preghiera è una vera lotta con Dio. Una lotta del capo del popolo per salvare il suo popolo, che è il popolo di Dio. E Mosè parla liberamente davanti al Signore e ci insegna come pregare, senza paura, liberamente, anche con insistenza” (4 marzo 2014).
Pronto soccorso e Ospedale da campo
Tonino Bello: “I disegni lungimiranti devono abbassarsi ai livelli del pronto soccorso, e le voglie eroiche di risanamento in radice delle sofferenze del prossimo devono tradursi nei rimedi ingenui dell’olio e del vino del buon samaritano” (Inaugurazione di un Centro Caritas a Molfetta, citato da Domenico Amato, l. c., p. 155).
Francesco: “Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. È inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite. Poi potremo parlare di tutto il resto” (intervista al padre Spadaro 19 settembre 2013).
Senzatetto nei conventi
Tonino Bello: “I cristiani aprano le loro case sfitte. Le congregazioni religiose facciano spazio a chi è senza tetto. Le parrocchie si mobilitino negli aiuti degli ultimi. Per i poveri, anche una sagrestia può bastare” (Intervento per i senza tetto di Molfetta citato da Domenico Amato, l. c., p. 161).
Francesco: “Carissimi religiosi e religiose, i conventi vuoti non servono alla Chiesa per trasformarli in alberghi e guadagnare i soldi. I conventi vuoti non sono nostri, sono per la carne di Cristo che sono i rifugiati. Il Signore chiama a vivere con generosità e coraggio la accoglienza nei conventi vuoti” (Visita al Centro Astalli, Roma, 10 settembre 2013).
Tariffari liturgici
Tonino Bello: “Rendere sobrie certe scelte, in modo che la Chiesa non diventi complice di sprechi incompatibili con lo spirito del Vangelo, e rendere comuni queste scelte di sobrietà, così che non si debba verificare che ci sia nella nostra diocesi un campionario di chiese dagli assortimenti comportamentali più vari, con annessi listini” (Linee pastorali programmatiche per il 1988-89, in “Scritti di Monsignor Antonio Bello” 1/318).
Jorge Mario Bergoglio: “Io ci resto malissimo quando per determinate cerimonie religiose ci sono listini dei prezzi. Due anni fa una parrocchia di Buenos Aires aveva un tariffario per i battesimi, a seconda del giorno. Questo è fare commercio del culto” (Il Cielo e la terra, Buenos Aires 2010; traduzione italiana Mondadori 2013, p. 63).
Turismo violatore dei poveri
Tonino Bello: “Io sono qui per aiutarvi a riscattare, con un gesto di solidarietà e di tenerezza, l’indiscrezione con cui quel giorno di luglio la nostra curiosità turistica ha violato l’intimità gelosa dei poveri” (Lettera all’Associazione Molfettesi nel mondo, citata da Domenico Amato, l. c., p. 178)
Jorge Mario Bergoglio: “Risulta agghiacciante che alcune agenzie turistiche includano nei tour organizzati nella nostra città le Villas de Emergencia, dove vivono bambini in stato di indigenza o povertà, come luoghi di osservazione o di visita per i visitatori stranieri” (testo del 2005 riportato nell’antologia Solo l’amore ci può salvare, LEV 2013, p. 123).
Uscire e andare
Tonino Bello: “La parrocchia non è fatta per autocostruirsi e autocontemplarsi: è fatta per andare. Non per crogiolarsi nel cenacolismo, ma per aprirsi sul territorio intero. Non può rassegnarsi a celebrare l’Eucarestia senza tenere la porta aperta sulla pubblica piazza” (Insieme alla sequela di Cristo sul passo degli ultimi, 1984; in “Scritti di Monsignor Antonio Bello” 1/280). – “Sono responsabile di una Chiesa che stenta a uscire dai perimetri rassicuranti delle sacrestie” per compromettersi con gli ultimi, ritrovando audaci cadenze missionarie” (9 luglio 1992).
Francesco: “Se la Chiesa è nata cattolica, vuol dire che è nata «in uscita», che è nata missionaria. Se gli Apostoli fossero rimasti lì nel cenacolo, senza uscire a portare il Vangelo, la Chiesa sarebbe soltanto la Chiesa di quel popolo, di quella città, di quel cenacolo” (17 settembre 2014). – “Tutti siamo invitati a uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo” (EG 20).
Vescovo
Tonino Bello: “Liberare il vescovo dall’ipoteca che vede in lui più il servitore solenne del culto che il testimone povero di Cristo servo” (Insieme alla sequela di Cristo sul passo degli ultimi 1984; in “Scritti di Monsignor Antonio Bello” 1/218).
Jorge Bergoglio: “Uomo di cuore povero, è immagine di Cristo povero, imita Cristo povero, essendo povero con un discernimento profondo […]. Si fa povero in vista del Regno, per mettersi nella sequela di Gesù-povero” (Relatio post disceptationem al Sinodo del 2001, n. 12).
Vescovo e popolo
Tonino Bello: “Vorrei essere un vescovo fatto popolo. Un vescovo eletto alla dignità di popolo” (intervista a “La Nuova Opinione” citata da Domenico Amato, l. c., p. 48). – “E adesso, prima che queste mani si levino umilmente per benedire anche voi nel nome del Signore, vorrei che foste voi, cari fratelli nel presbiterato, a tracciare sul mio capo un largo benedicente segno di croce” (Commiato dal clero di Ugento – Santa Maria di Leuca dopo l’elezione a vescovo, riportato nel volume La terra dei miei sogni, Edizioni Insieme 2014, p. 476).
Francesco: “E adesso, incominciamo questo cammino: Vescovo e popolo […]. Prima che il vescovo benedica il popolo, vi chiedo che voi preghiate il Signore perché mi benedica: la preghiera del popolo, chiedendo la Benedizione per il suo Vescovo. Facciamo in silenzio questa preghiera di voi su di me” (Benedizione dalla Loggia 13 marzo 2013). – “Ho sentito nel profondo che un ministro ha bisogno della benedizione di Dio, ma anche di quella del suo popolo” (intervista a Televisa, 13 marzo 2015).
Zelo e follia nella Chiesa
Tonino Bello: “E’ necessaria un po’ di follia nella Chiesa” (battuta citata da Claudio Ragaini, Don Tonino fratello vescovo, Paoline 1994, p. 47).
Francesco: “Lo zelo apostolico ha qualcosa di pazzia, ma di pazzia spirituale, di sana pazzia […]. Oggi possiamo chiedere allo Spirito Santo che ci dia questo fervore apostolico a tutti noi, anche ci dia la grazia di dare fastidio alle cose che sono troppo tranquille nella Chiesa; la grazia di andare avanti verso le periferie esistenziali. E se diamo fastidio, benedetto sia il Signore” (16 maggio 2013).