L’enciclica ecologica Laudato si’ pubblicata il 18 giugno è un atto di coraggio da parte di Papa Francesco: il coraggio di parlare a tutti, nel linguaggio di tutti, dei problemi di tutti. Giusto un mese prima, il 18 maggio, incontrando i vescovi italiani Francesco li aveva invitati a fare documenti con “proposte concrete e comprensibili”, dove non sia dominante “l’aspetto dottrinale astratto” e che siano “destinati” a tutti e non solo “ad alcuni specialisti”: l’enciclica è un esempio di quell’intenzione di offrire un messaggio universale, concreto e comprensibile.
Il documento s’intitola Lettera enciclica «Laudato si’» del Santo Padre Francesco sulla cura della casa comune. Il titolo in italiano, l’assenza dell’elenco iniziale dei destinatari, l’affermazione “voglio rivolgermi a ogni persona che abita questo pianeta” (nr. 3) sono tra le sue caratteristiche. Il testo fa ampio riferimento alle iniziative e ai pronunciamenti del patriarca Bartolomeo, come ai documenti di una ventina di episcopati nazionali.
Il Papa con questo documento intende lanciare un allarme sul degrado del pianeta e un appello per porvi rimedio con urgenza. Denuncia la “debolezza” della risposta politica “al grido della terra e al grido dei poveri”, segnala che le prime vittime dell’abuso dei beni naturali – clima, aria, acqua – sono i popoli meno sviluppati, invita tutti a collaborare alla costruzione di “una nuova solidarietà universale” per la salvaguardia del creato: “La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, poiché sappiamo che le cose possono cambiare” (nr. 13).
Con questa enciclica Francesco parla al mondo convinto di poter influire sul suo destino. Non si era più vista, in un Papa, tanta sicurezza nel fare appello a tutti dopo la «Pacem in Terris» di Giovanni XXIII, che è del 1963. A mezzo secolo di distanza eccoci a un altro Papa che si pone come interlocutore e anzi portavoce della famiglia umana.
Francesco con l’enciclica mira in particolare a influire sulla Conferenza dell’Onu sul clima in calendario per il dicembre 2015 a Parigi: il gennaio di quell’anno, andando a Manila, aveva detto ai giornalisti che sperava di pubblicarla prima dell’estate anche con quell’intenzione. Il 2015 è un anno cruciale per l’ecologia e per l’appello del Papa: in luglio si tiene la Conferenza di Addis Abeba sul “finanziamento dello sviluppo”, in settembre Francesco parla all’Onu e al Congresso degli Usa. Ovunque porta il suo allarme sulla “casa comune”. Più volte, in seguito, farà dono del testo dell’enciclica a capi di stato e di governo in visita in Vaticano.
Come Giovanni XXIII chiedeva la costituzione di un’autorità sovranazionale per scongiurare le guerre, così Francesco la chiede per salvare il pianeta dallo sfruttamento selvaggio: “Diventa indispensabile lo sviluppo di istituzioni internazionali più forti ed efficacemente organizzate (…) per garantire la salvaguardia dell’ambiente e per regolamentare i flussi migratori. Urge la presenza di una vera Autorità politica mondiale, quale è stata già tratteggiata dal mio Predecessore, [san] Giovanni XXIII» (nr. 175).
Il suo allarme sul degrado del pianeta il Papa lo lancia parlando sempre un linguaggio di speranza: “Il Creatore non ci abbandona, non fa mai marcia indietro nel suo progetto di amore, non si pente di averci creato. L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune” (nr. 13).
Ma è severissimo, Papa Bergoglio, verso le autorità politiche che accusa di mancanza di coraggio e di sudditanza a interessi economici: “La sottomissione della politica alla tecnologia e alla finanza si dimostra nel fallimento dei Vertici mondiali sull’ambiente. Ci sono troppi interessi particolari e molto facilmente l’interesse economico arriva a prevalere sul bene comune e a manipolare l’informazione per non vedere colpiti i suoi progetti” (nr. 54).
Sui cambiamenti climatici il Papa afferma che le misure adottate dalla comunità internazionale sono “deplorevolmente molto scarse”: “La riduzione dei gas serra richiede onestà, coraggio e responsabilità, soprattutto da parte dei Paesi più potenti e più inquinanti. La Conferenza delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile che si fece a Rio de Janeiro nel 2012 ha emesso un’ampia quanto inefficace Dichiarazione finale” (nr. 169).
La posizione dell’enciclica sulla protezione degli animali è saggiamente equilibrata, evitando gli estremi di chi li tiranneggia e di chi li idolatra: “Lo scopo finale delle altre creature non siamo noi. Invece tutte avanzano, insieme a noi e attraverso di noi, verso la meta comune, che è Dio, in una pienezza trascendente dove Cristo risorto abbraccia e illumina tutto. L’essere umano, infatti, dotato di intelligenza e di amore, e attratto dalla pienezza di Cristo, è chiamato a ricondurre tutte le creature al loro Creatore” (nr. 83).
Il monito sui rischi della tendenza a un dominio assoluto dell’uomo sulla natura, sugli animali e su di sé è espresso con forza: “Mai l’umanità ha avuto tanto potere su sé stessa e niente garantisce che lo utilizzerà bene, soprattutto se si considera il modo in cui se ne sta servendo (…). In quali mani sta e in quali può giungere tanto potere? È terribilmente rischioso che esso risieda in una piccola parte dell’umanità” (nr. 104).
Seguendo l’insegnamento dei Papi Wojtyla e Ratzinger, Francesco segnala che accanto all’ecologia naturale non va trascurata l’ecologia umana: “Non appare praticabile un cammino educativo per l’accoglienza degli esseri deboli che ci circondano, quando non si dà protezione a un embrione umano benché il suo arrivo sia causa di disagi e difficoltà” (120). E ancora: “Spesso si giustifica che si oltrepassino tutti i limiti quando si fanno esperimenti con embrioni umani vivi” (136).
Utili e immediatamente fruibili sono le pagine sull’educazione e sulla spiritualità ecologica. “Lo sguardo di Gesù” (nr. 96-100) che invita a “riconoscere la relazione paterna che Dio ha con tutte le creature” è la parte più bella dell’enciclica.