Università Raimondo Lullo – Facoltà della Comunicazione
Seminario per dottorandi – 9 aprile 2016
A tre anni dall’elezione di Francesco il Papato è tutto un cantiere con sopra la scritta “Lavori in corso”. “Devo anche pensare a una conversione del Papato” è l’affermazione guida contenuta nella Evangelii Gaudium (n. 32). Non si vede ancora la nuova figura, la piramide rovesciata di cui ha parlato una volta Bergoglio, pare anzi che l’esercizio dell’autorità sia più forte che mai, ma la sensazione è di trovarsi nel vortice di un cambiamento epocale. L’informatore è come stordito dalle novità che zampillano dalle parole e dalle iniziative del Papa.
Si direbbe che la maggior fatica, per il corrispondente dal Vaticano, sia oggi quella di discernere tra vera e falsa riforma, tra segno di novità e di continuità nella predicazione e nelle decisioni del Papa.
Il cantiere delle riforme è vastissimo ma poco è già realizzato. Abbiamo avuto la riforma dell’immagine papale: una riforma di fatto ma reale e ormai completa. Abbiamo anche avuto la riforma del diritto e della pastorale della famiglia, che era iniziata il settembre scorso con la revisione dei processi di nullità e che si è completata ieri con la “Amoris laetitia”. Una riforma nel segno della vicinanza e dell’accompagnamento nei confronti della tribolata umanità e nella direzione di un deciso mutamento delle priorità: da quella dottrinale a quella testimoniale, secondo il criterio della «riforma della Chiesa in uscita missionaria» (Evangelii Gaudium 17).
In una zona grigia si profilano le riforme della Curia e del Sinodo dei vescovi. La “Segreteria per l’economia” e la “Segreteria per la comunicazione” promettono molto ma al momento lasciano vedere poco. Il Sinodo è già cambiato di fatto ma non c’è ancora nessun cambio di forma. Nulla abbiamo avuto fino a oggi – se non frasi generiche – sui ministeri ordinati, sulla vita del clero, sul protagonismo laicale e femminile, che sono tra i terreni bisognosi di intervento.
La novità dell’immagine papale impersonata da Francesco è lampante e attira i media: i segni di quella novità costituiscono il pane quotidiano del corrispondente dal Vaticano. La figura papale proposta da Francesco è in discontinuità con quattro papi, non con il solo Benedetto: Bergoglio supera la figura papale conciliare creata da Montini e fatta propria dai successori.
Francesco riparte da Paolo VI anche per il rapporto Chiesa-mondo e per le riforme. Sul fronte esterno, abbiamo avuto: la chiamata in Vaticano dei presidenti di Israele e della Palestina per una comune invocazione di pace, la distensione tra Cuba e gli Usa, l’avvio del processo di pace interno alla Colombia, segnali premonitori di un accordo con la Cina, l’appello per le sorti del pianeta e dei poveri (enciclica Laudato sì’), la continua presenza sul dramma dei migranti e dei rifugiati. Abbiamo avuto a inizio Pontificato la visita a Lampedusa e ora avremo quella a Lesbo.
Le riforme in applicazione al Concilio erano ferme dalla seconda metà del Pontificato di Papa Montini: dal 1967-68. Faccio un esempio per tutti: quello della Curia e del Sinodo, che per mezzo secolo sono restati tali e quali li aveva fissati il Papa della prima applicazione del Vaticano II. Solo ora riprendono a camminare.
Per il corrispondente dal Vaticano costituisce un bel problema interpretativo anche le contestazioni che vengono mosse al Papa argentino. Potremmo dire che abbia festeggiato i tre anni di Pontificato registrando un massimo di efficacia della propria iniziativa e un massimo di contestazione: e i due massimi sono in relazione tra loro. Non sarebbe così aspramente criticato, anche all’interno della Chiesa, se la sua predicazione e le sue riforme non fossero incisive.
Tutti i Papi sono contestati, da dentro o da fuori, da destra o da sinistra. È lo scotto che la Chiesa cattolica paga con la sua pretesa – unica oggi sul pianeta – di affidare a una sola persona il governo di una realtà mondiale che raccoglie oltre un miliardo di battezzati. Ma se tutti i Papi sono contestati, i Papi riformatori sono contestati due volte: è un convincimento antico nelle Chiese che non si debba mai cambiare nulla e chi propone cambiamenti viene posto comunque sotto accusa.
Infine Papa Bergoglio è contestato tre volte: tutti i Papi recenti cercavano di attenuare con il linguaggio il risentimento di quanti non erano d’accordo. Seppure dovevano contraddirli, provavano a farlo con buone parole. Papa Francesco non si preoccupa di tenere buoni gli oppositori e – qui è la più sorprendente delle sue novità – persino polemizza con loro, dicendo per esempio che quanti vogliono «tornare indietro» rispetto al Concilio Vaticano II sono «stolti» e «testardi». Si tratta di un atteggiamento spregiudicato che è forse attribuibile alla «libertà di spirito» dei gesuiti che è famosa, e che Bergoglio sia da cardinale sia da Papa ha più volte rivendicato.
Una libertà che spiazza gli oppositori e che costituisce una delle migliori armi in mano al riformatore venuto «dalla fine del mondo». Ma la prima delle sue armi è il favore dell’opinione pubblica. Molti si chiedono che succederà «dopo» che Bergoglio sarà uscito di scena, per morte o per rinuncia. Sarei tentato di scommettere che se durerà quanto Benedetto – cioè otto anni – porrà le premesse per l’elezione di un altro Papa latino-americano che continuerà l’opera avviata.
L’informatore è distratto dal rumore di fondo generato dal conflitto tra esaltazione e contestazione che accompagna ogni parola e ogni iniziativa di Francesco e che è più forte rispetto a quanto abbiamo conosciuto con tutti i Papi dell’ultimo secolo. Egli è il più innovatore tra essi ma è anche quello che genera maggiore conflitto interpretativo. Indico due vie attraverso le quali il corrispondente dal Vaticano può ridurre il rumore di fondo e ottenere una buona presa sia sul protagonismo di Francesco sia sul dibattito che l’accompagna.
Si tratta in ambedue i casi di farsi strada nella foresta mediatica e social per attingere al vero protagonismo, quello apostolico, del Papa, non quello delle malizie curiali e giornalistiche; e per cogliere il reale dibattito su di lui, lasciando da parte le drammatizzazioni degli antagonisti e le esaltazioni dei sostenitori.
Esempi di drammatizzazioni degli antagonisti: la rinuncia di Benedetto non fu libera e dunque non è valida, Francesco non è stato eletto nel rispetto delle norme canoniche, non è adeguato al compito al quale è stato chiamato, sta portando alla rovina la Chiesa Cattolica.
Esempi di esaltazioni dei sostenitori: ha liberato la Chiesa dalla sindrome della sconfitta storica, ha riportato i fedeli al confessionale, ha già ottenuto una ripresa delle vocazioni, se non fosse ostacolato dalla Curia e dagli episcopati potrebbe fare molto di più.
Il suggerimento è semplice: escludere dalla propria indagine i rappresentanti delle due tendenze ingenue, interrogare i testimoni davvero rappresentative della comunità ecclesiale, contemperare le testimonianze degli uni con quelle degli altri.
Per attingere al vero protagonismo papale occorre prestare un’attenzione continuata alla nuova comunicazione attuata – o autorizzata – da Francesco: la messa del mattino al Santa Marta, che va posta a chiave di interpretazione della sua predicazione; la diffusione in parole e immagini dell’omelia mattutina; la presenza in Twitter (che ha raggiunto i 28 milioni di Folowers) e in Instagram (un primo video di 60 secondi pubblicato il 1° aprile ha registrato in tre ore 250 mila utenti); i gesti di misericordia e simili che compie fuori dal tracciato tradizionale delle attività papali.
Oggi rispetto a ieri – anche rispetto al Pontificato di Benedetto XVI – è meno difficile avere notizie vaticane ma è più difficile interpretarle. Per segnalare la facilità basti il rimando al sito “Il Sismografo”, che offre in tempo reale una quantità straordinaria di fonti. Per dire la difficoltà di interpretare le notizie, valga su tutto l’esempio del doppio Sinodo dei Vescovi sulla famiglia: lo capivi solo se ignoravi sostenitori e oppositori e tenevi i piedi ben saldi nel corso centrale della vita comunitaria e la testa, sempre, fuori dall’acqua.