San Lorenzo fuori le Mura – 28 ottobre 2008 – ore 20,30
Tavola rotonda con il padre Giacobbe Elia teologo, il neurofisiologo Flavio Keller, lo psicologo Tonino Cantelmi, lo psichiatra Alessandro Meluzzi e il padre Roberto Fornara biblista e studioso di mistica
Premessa
Le ragioni della vita: questo è l’argomento della nostra tavola rotonda. Che sia questo vivere e che sia questo morire, che certamente anch’esso della vita fa parte. Questa avventura del passaggio nostro sulla terra, dell’esservi in contemporanea, in mezzo a tanti e per poco tempo. Che comprensione e che sentimento possiamo avere di questo fatto, che è anche un mistero, luminoso e oscuro.
Guarderemo al fatto e al mistero della vita da cinque postazioni o appostamenti tra loro diversi. Saranno sguardi rapidi, speriamo chiari, a partire da quello che sto dicendo io: lo dico come sfida a me e ai cinque qui convenuti. Ascolteremo il teologo, il medico, lo psicologo, lo psichiatra e il maestro di vita spirituale.
Inizio io a dire, in limine, il mio sguardo sulla vita. Ora parlo come padre, più avanti, quando saremo a metà del nostro dibattito, dirò qualcosa come giornalista.
Come padre dico che mi è spontaneo intendere la vita come dono. La mia vita innanzitutto, ma anche quelle che ho contribuito ad accendere, avendo avuto l’incredibile ventura di farmi cooperatore di Dio nel generare figli e figlie.
Ecco dunque che mi dispongo ad ascoltare questi cinque saggi che ci parleranno delle ragioni della vita in un atteggiamento di creaturale gratitudine per la mia vita e per le vite che l’hanno attraversata.
Secondo giro di interventi
Prima del secondo giro di interventi, dico qualcosa come giornalista – avendo all’inizio parlato come padre. Ora parlo come uomo dei terminali informatici in questa civiltà della comunicazione.
Se come padre ho detto la parola “gratitudine”, come giornalista voglio dire – voglio azzardarmi a dire – una parola di fiducia sul destino della vita nell’oggi e nel domani dell’umanità. Una parola di fiducia nonostante tutto quello che vediamo e che sappiamo.
Perché la vita è un nome di Dio: il vivente! Perché è una realtà fragile, ma ha un tale Padre!
E’ vero che mai come oggi il dono della vita è risultato tanto fragile, affidato com’è a un’umanità che le preoccupazioni mondane e l’inganno della ricchezza (Matteo 13,22) hanno reso così dimentica e veloce; ma io credo si possa anche dire che mai come oggi l’umanità è stata tanto consapevole della fragilità che caratterizza la vita di ogni creatura che viene in questo mondo. Consapevole della fragilità e dunque del prezzo di quella vita, della necessità di assicurarne l’impagabile valore.
Io penso che mai come oggi il modo sia stato vicino a comprendere che l’uomo vivente è gloria di Dio. E credo che questa prossimità a capire sia favorita nell’ora attuale dall’avvertenza, ogni giorno più viva, dei massimi pericoli a cui il nostro vivere espone ogni vita.
Una parola di conclusione
Il nostro argomento era quello delle “ragioni della vita”. Credo che su di esso ci siamo affacciati, con gratitudine e con fiducia. E dopo che abbiamo tanto ragionato forse possiamo concludere che la vita ha in se stessa la sua ragione, il suo fine. Nel libro della Genesi, al capitolo quinto, troviamo i sette patriarchi che sono tra Adamo e Noè e vediamo che di ognuno si dice “generò figli e figlie”, come a segnalare che in ciò consiste infine la missione essenziale di un uomo sulla terra. In un’epoca della velocità e dello stordimento com’è la nostra, è necessario recuperare il convincimento – anzi: il sentimento – che non c’è atto più grande di quello di dare la vita, perché – come già detto – la vita ha in sé stessa il proprio fine. Ciò si può dire di ogni vita, della vita dell’uomo come della vita di Dio, perché – in definitiva – la vita dell’uomo appartiene a quella di Dio.