Preparo gli occhi alla Notte di luce fermandoli sui colori di Giotto. L’album che è aperto sul tavolo della sala, nella mia casa, mostra oggi il riquadro di Gioacchino tra i pastori che Giotto trasse dal Protoevangelo di Giacomo. Una ventina tra pecore e capre, il cane che alza il muso e la zampa a salutare l’ospite, i due pastori conversanti tra loro come quelli di Arnolfo nel Presepe di Santa Maria Maggiore; ma anche la capanna, le rocce, gli alberelli: trovo qui buona parte degli attori della Natività. Tra loro Gioacchino, straordinario personaggio dell’Attesa. Mi metto nel cane che l’annusa. Lo guardo per apprendere l’arte di affrettare l’Avvento. – Da qui a Natale ogni giorno girerò una pagina del volume Cappella degli Scrovegni.
Con Giotto e Gioacchino tra i pastori
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Ma quando facevo il pastore
allora ero certo del tuo Natale.
I campi bianchi di brina,
i campi rotti dal gracidio dei corvi
nel mio Friuli sotto la montagna,
erano il giusto spazio alla calata
delle genti favolose.
I tronchi degli alberi parevano
creature piene di ferite;
mia madre era parente
della Vergine,
tutta in faccende,
finalmente serena.
Io portavo le pecore fino al sagrato
e sapevo d’essere uomo vero
del tuo regale presepio.
(David Maria Turoldo)
Protoevangelo di Giacomo, capitolo primo:
Giunse il gran giorno del Signore e i figli di Israele offrivano le loro offerte. Davanti a Gioacchino si presentò Ruben, affermando: “Non tocca a te offrire per primo le tue offerte, poiché in Israele non hai avuto alcuna discendenza”. Gioacchino ne restò fortemente rattristato e andò ai registri delle dodici tribù del popolo, dicendo: “Voglio consultare i registri delle dodici tribù di Israele per vedere se sono io solo che non ho avuto posterità in Israele”. Cercò, e trovò che, in Israele, tutti i giusti avevano avuto posterità. Si ricordò allora del patriarca Abramo al quale, nell’ultimo suo giorno, Dio aveva dato un figlio, Isacco. Gioacchino ne restò assai rattristato e non si fece più vedere da sua moglie. Si ritirò nel deserto, vi piantò la tenda e digiunò quaranta giorni e quaranta notti, dicendo tra sé;: “Non scenderò né per cibo, né per bevanda, fino a quando il Signore non mi abbia visitato: la mia preghiera sarà per me cibo e bevanda”.
Gioacchino è figura dell’umanità che attende il riscatto. Per questo è figura di ognuno che attende la Notte della Luce.
Evviva i nostri artisti…che educano a chi e’ ancora un po’ barbaro…come me (siamo della Padania…)… Grazie Fiorenza.
Auguri di un BEL Natale!
E a proposito di pastori, volentieri condivido…(pensando anche a Leonardo e al suo bel commento sull’obolo della povera vedova del vangelo di Marco 12.)
“Ai tempi di Erode, la notte in cui nacque Gesù, gli angeli portarono la buona notizia ai pastori. C’era un pastore poverissimo, tanto povero che non aveva nulla. Quando i suoi amici decisero di andare alla grotta portando qualche dono, invitarono anche lui. Ma lui diceva: “Io non posso venire, sono a mani vuote, che posso fare?”.
Ma gli altri tanto dissero e fecero, che lo convinsero. Così arrivarono dove era il bambino, con sua madre e Giuseppe. Maria aveva tra le braccia il bambino, e sorrideva vedendo la generosità di chi offriva cacio, lana e qualche frutto. Scorse il pastore che non aveva nulla e gli fece cenno di venire. Lui si fece avanti imbarazzato.
Maria, per avere libere le mani e ricevere i doni dei pastori, depose dolcemente il bambino tra le braccia del pastore che era a mani vuote… ” (Anonimo)
Forse è un pò OT, ma a me piace tanto questo brano del libro del Papa:
“«E subito apparve con l’angelo
una moltitudine dell’esercito celeste,
che lodava Dio e diceva:
“Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini
del [suo] compiacimento”» (Lc 2,12-14).
L’evangelista dice che gli angeli «parlano».
Ma per i cristiani era chiaro fin dall’inizio
che il parlare degli angeli è un cantare,
in cui tutto lo splendore
della grande gioia da loro annunciata
si fa percettibilmente presente.
E così, da quell’ora in poi,
il canto di lode degli angeli
non è mai più cessato…
Si può ben comprendere
che il semplice popolo dei credenti
abbia poi sentito cantare anche i pastori, e,
fino ad oggi, nella Notte Santa,
si unisca alle loro melodie,
esprimendo col canto
la grande gioia che da allora
sino alla fine dei tempi a tutti è donata”
(Benedetto XVI, L’infanzia di Gesù)
Tanti auguri di un Natale di Pace e Serenità a Luigi e a tutti gli utenti del blog!
Luca
Medito su queste parole del brano citato da Luca: “la grande gioia”…
E cerco di raffigurarmi “la grande gioia” che avrà provato, all’improvviso, il pastore di quel racconto di Anonimo, ricordato da Mabuhay: il pastore “che era a mani vuote”. La grande gioia di quando, proprio per questo, Maria poté deporgli “dolcemente il bambino tra le braccia”.
Anche Gioacchino, su cui doveva posarsi “la grande gioia” di un dono straordinario, doveva sentirsi così, quando fuggì a rifugiarsi tra i pastori: “a mani vuote”. Ed è così che Giotto ce lo mostra: nella sua umiliazione, a capo chino.
Tempo dell’Attesa. “Il cuore vuoto per terribile Amore” (mi risuonano in mente queste parole ma non mi ricordo chi le ha dette). Cuore svuotato di tutto che verrà colmato, inevitabilmente, di grazia.