Amici belli, sono felice di segnalare che lunedì 7 a Pizza e Vangelo leggeremo il racconto della trasfigurazione che è nel Vangelo di Marco, al capitolo 9. E’ uno dei brani più affascinanti e incoraggiati dell’intero Nuovo Testamento, che riascolteremo con sentimento di gratitudine verso la prima comunità cristiana che ci ha trasmesso la memoria di quell’esperienza straordinaria della divinità di Cristo. Nei commenti trovate la scheda di presentazione della lectio e l’invito a collegarvi
Con Gesù che si mostra nella sua gloria abbagliante – le vesti splendenti e la voce dalla nube
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Eccoci alla trasfigurazione, episodio di primaria importanza nella narrazione evangelica, presente nei tre Sinottici con testi sostanzialmente convergenti e richiamato più tardi, con totale rispondenza, dalla Seconda lettera di Pietro. Prefigurazione o manifestazione anticipata della gloria della risurrezione, la trasfigurazione viene posta dall’evangelista al centro del suo racconto in diretta sequenza alla profezia della passione e della morte: l’intenzione del narratore è di incoraggiare i suoi lettori con un evento che a suo tempo aveva confortato i discepoli a seguire il Maestro nella via ardua della croce a loro appena preannunciata.
Felici di trovarci davanti a questo testo, tra i più cari al sentimento di ogni generazione cristiana, faremo attenzione sia all’elemento descrittivo della trasfigurazione – dominato dal segno della luce come connotazione del divino – sia al suo significato teologico. L’elemento descrittivo ha da sempre affascinato i lettori dei Vangeli, i miniatori, i pittori e i poeti che vi hanno indirizzato l’occhio e l’anima. Il significato teologico che ne promana non finisce di interrogare i credenti.
Gesù cambia d’aspetto davanti ai tre discepoli, che restano come travolti da tale spettacolo: “La sua umanità viene circonfusa di gloria e di potenza, dando così prova della sua natura divina”; “La gloria della sua divinità e della sua anima si comunica come splendore al suo corpo e come candore alle vesti”; “La trasfigurazione rappresenta una rivelazione altissima sull’identità di Gesù”; “Attraverso l’evangelo cureremo la nostra cecità e impareremo a contemplare l’abbagliante gloria di Dio nel suo abbassamento sulla croce” (Roberto Fedele, Evangelo di Gesù secondo Marco, Cantagalli 2015, pp. 232, 237, 238).
Marco 9, 2-8. Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro 3e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. 4E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. 5Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: “Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia”. 6Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. 7Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: “Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!”. 8E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Su un alto monte. v. 2: Sei giorni dopo. Non è specificato dopo che cosa. Forse l’evangelista ha mantenuto questo riferimento temporale che era contenuto nella fonte da cui prendeva il racconto, senza però riferire il contesto che poteva renderlo comprensibile. L’interpretazione più semplice è che si tratti di un riferimento a senso alla disputa tra Pietro e Gesù sul Messia che sarà messo a morte (Marco 8, 32).
v. 2b: Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni. E’ il cerchio degli intimi di Gesù, che già abbiamo visto in Marco 5, 37 (risurrezione della figlia di Giairo) e che ritroveremo in Marco 14, 33 (preghiera nell’Orto degli Ulivi).
v. 2c: li condusse su un alto monte. Non sappiamo di quale monte si tratti. La localizzazione sul Tabor risale al IV secolo, incoraggiata dall’autorità dei proponenti (tra essi Cirillo di Gerusalemme e Girolamo) ma non gode di riscontri attendibili. Sono tanti i monti cantati lungo tutta la Bibbia: il Moria, l’Oreb, il Sinai, il Carmelo, l’Ermon, il Monte delle Beatitudini, il Tabor, il Golgota, il Monte dell’Ascensione. Luoghi di manifestazione del divino, o anche solo immagini di elevazione al cielo: “Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto? (Salmo 121).
Facciamo tre capanne. v. 3: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. Notazione che si trova solo in Marco e che gli studiosi segnalano tra gli elementi della descrittiva visuale tipica del suo Vangelo.
v. 4: apparve loro Elia con Mosè. Personaggi che nella simbologia biblica rappresentavano l’uno l’insieme dei profeti e l’altro la Legge che gli fu data sul Sinai. Sono qui evocati per segnalare che Gesù adempie alle promesse dei profeti e della Legge, cioè di tutta l’antica Alleanza.
v. 5: facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia. Probabile richiamo alla Festa delle Capanne, che cadeva nella stagione del raccolto, quando gli ebrei dimoravano provvisoriamente in capanne costruite nei campi per evitare la fatica del trasferimento dai campi alla città e così prolungare e rendere ininterrotta la festa: analogamente, con la costruzione di tre capanne, Pietro immagina di poter prolungare la fruizione della trasfigurazione di Gesù.
v. 6: erano spaventati. In Marco 16, 8 abbiamo un altro spavento da manifestazione del Cristo – o cristofania – parallelo a questo: quando le donne andate al sepolcro il mattino di Pasqua “fuggono via piene di timore e di spavento”.
Dalla nube uscì una voce. v. 7: Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce. La nube è un elemento abituale nelle manifestazioni divine – teofanie – della prima Alleanza. Alcuni esempi: da una nube il Signore chiama Mosè in Esodo 24, 16; un’altra nube copre la tenda dell’adunanza in Esodo 40, 34-38; un’altra si interpone tra gli israeliti e gli inseguitori egiziani in vari momenti dell’Esodo (capitoli 13, 14, 19); un’altra “riempie il Tempio del Signore” al momento della dedicazione del Tempio di Salomone nel Primo libro dei Re 8, 10s.
v. 7b: Questi è il Figlio mio. Quattro volte nel Vangelo di Marco Gesù viene detto “figlio di Dio”: nel titolo del Vangelo (1, 1), nel battesimo al Giordano (1, 9-11); qui e dal centurione sotto la croce (15, 39). Due volte l’affermazione è messa in bocca al Padre che è nei cieli: qui e nel battesimo.
Per l’approfondimento segnalo di nuovo – l’avevo già proposto in uno degli ultimi appuntamenti – un bel capitolo del Gesù di Nazaret di Joseph Ratzinger – Benedetto XVI intitolato Due momenti importanti nel cammino di Gesù: la confessione di Pietro e la trasfigurazione (Rizzoli 2011, pp. 333ss). Eccone un passaggio: “La trasfigurazione è un avvenimento di preghiera nel quale diventa visibile ciò che accade nel dialogo di Gesù con il Padre: l’intima compenetrazione del suo essere con Dio, che diventa pura luce. Nel suo essere uno con il Padre, Gesù stesso è Luce da Luce” (p. 357).
Termino con un richiamo al quarto testo neo-testamentario, dopo i tre Sinottici, che ci parla della trasfigurazione: la Seconda lettera di Pietro. Una lettera che certamente non è di Pietro ed è da collocare verosimilmente alla metà del secondo secolo dopo Cristo. Essa ha questa rievocazione della trasfigurazione, che attesta come l’episodio fosse ritenuto di primaria importanza dalle prime e seconde comunità cristiane: “Vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole artificiosamente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza. 17Egli infatti ricevette onore e gloria da Dio Padre, quando giunse a lui questa voce dalla maestosa gloria: “Questi è il Figlio mio, l’amato, nel quale ho posto il mio compiacimento”. 18Questa voce noi l’abbiamo udita discendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte. 19E abbiamo anche, solidissima, la parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere l’attenzione come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e non sorga nei vostri cuori la stella del mattino” (1, 16-19).
Perchè si dice pizza. Chi voglia sapere che sia “Pizza e Vangelo” vada – qui nel blog – nella pagina che ha questo nome: è elencata per quarta sotto la mia foto, ad apertura del blog. Propongo nel blog i testi che affrontiamo nel gruppo biblico [c’è da 19 anni] perché chi può tra i visitatori mi dia una mano – un suggerimento, uno spunto, una critica – nella preparazione della lectio. Gli incontri si chiamano “pizza e Vangelo” perchè prima si mangia una pizza e poi si fa la lectio. Ora da remoto la pizza non c’è ma teniamo duro con il Vangelo in attesa che torni anche lei.
Chi siamo mai. Siamo un gruppo di una trentina di lettori della Bibbia che da quasi vent’anni si riunisce a casa mia per una lettura continuata del Nuovo Testamento: abbiamo fatto ad oggi il Vangelo di Luca e gli Atti degli Apostoli e ora stiamo leggendo il Vangelo di Marco. Dall’arrivo della pandemia gli incontri avvengono via Zoom e il giro si è allargato da trenta a cinquanta e oltre. Chi non è stato mai agli incontri in presenza e non si è mai collegato, e magari non abita a Roma, e lunedì voglia provarci, scriva qui sotto nei commenti la sua richiesta o mi scriva in privato [andando alla finestra “manda un’email” che è sotto la mia foto] e io privatamente gli indicherò il modo di unirsi al meeting, che andrà dalle ore 21.00 alle 22.30 di lunedì 7 novembre. L’appuntamento precedente fu lunedì 24 ottobre e la registrazione audio di quell’incontro la trovi nel post del 27 ottobre:
http://www.luigiaccattoli.it/blog/su-gesu-che-ci-avverte-se-volete-venire-dietro-a-me-lo-fate-a-vostro-rischio-e-pericolo/
https://gpcentofanti.altervista.org/una-via-nuova-e-feconda-a-tutto-campo/