“L’impressione è che una parte del partito democratico faccia fatica ad accettare la leadership di Renzi. Cosa incomprensibile, vista la sua vittoria alle primarie e poi il 40 per cento di voti superato dal Pd alle elezioni Europee. Credo in una sinistra che non abbia paura, che sia capace di misurarsi con il mondo di oggi. Renzi è adatto a questo”: così Piero Fassino in una pacata intervista al “Corriere delle Sera”. Nei primi commenti altre parole di Fassino e il rimando a un intervento di Ceccanti.
Con Fassino e Ceccanti in sostegno a Renzi
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Fassino sulla fiducia. Ma è opportuno porre la fiducia su una legge elettorale? “La domanda è legittima. Ma se, dopo mesi di dibattito, si fosse di nuovo cambiato il testo, la legge sarebbe tornata al Senato: tutto daccapo, sarebbe finita su un binario morto”.
I più giovani capiscono. “Segnalo che esponenti significativi che vengono dall’area Bersani hanno votato la fiducia”, come “Orlando, Martina, Amendola, Mauri, Damiano, per esempio. Non è un caso che si tratti dei più giovani di quell’area. Hanno percepito per primi che non ci si può chiudere nel ghetto del rifiuto”.
Sulla richiesta di maggiore spazio alle preferenze: “Questo è in contraddizione con molte battaglie del centrosinistra, che da tempo considera le preferenze permeabili a clientele e a corruzione. Inoltre, la nuova legge elettorale è stata modificata in questi mesi su input della minoranza pd: premio di maggioranza al 40 anziché al 37 per cento, soglia minima per i partiti non coalizzati dall’8 al 3 per cento”.
Capilista bloccati: “Oggi abbiamo un Parlamento in cui nessuno è stato scelto dagli elettori. Con la nuova legge, eccetto i capilista, gli altri saranno scelti con le preferenze. Consideriamo che nel Bundestag tedesco le liste sono bloccate dai partiti al 50%, nel Senato spagnolo al 100%”.
Da elettore del Pd nell’appoggiare Renzi sulla legge elettorale seguo Fassino per l’argomentazione politica e Stefano Ceccanti per quella costituzionale. Ecco l’ultimo intervento del costituzionalista: http://www.landino.it/2015/04/il-mio-editoriale-sul-quotidiano-nazionale-di-oggi/
Da cittadino italiano sono dell’idea che Renzi si sia dimostrato sul serio “arrogante e prepotente” (anche se a lui dispiace sentirselo dire). Non è la prima volta e a questo punto è chiaro che continuerà così, costi quello che costi.
Non mi interessa cosa succederà nel PD (gli uni e gli altri sono uno peggio dell’altro), ma avere un leader del genere al Governo del Paese è preoccupante.
Capisco e condivido il commento dell’opposizione di sinistra che richiamava ai metodi stalinisti del Partito Comunista Sovietico del 1939. Non si può accettare tutto per l’ansia delle riforme, bisogna avere rispetto delle istituzioni e delle regole democratiche.
Anche perché è evidente che le riforme interessano fino a un certo punto: è tutto fumo, tutte chiacchiere in funzione alla propaganda renziana.
Preoccupante.
In pratica come chiedere all’oste se è buono il suo vino..
🙂
Negli ultimi giorni ero ritornato a leggere Ceccanti sui blog dove scrive e mi aiuta a capire
anche se non mi toglie le perplessità di fondo.
Per quanto riguarda il mod. 730 almeno fino ad ora una boiata, dediamo dal 1 maggio.
Intanto domani con amici a Celano-Ovindoli, mangiata….
Luigi, da elettore del PD e da uno che votò Renzi rimango fermo nella mia opinione sullo scippo fatto alle preferenze (né, a mio avviso, fanno onore a Fassino le sue dichiarazioni). Ma anche questi paiono ricorsi storici: sarà un esempio forzato – dunque facciamo le proporzioni – ma, secondo alcune cronache, quando nel 1938 Hitler tolse la libertà agli austriaci obbligandone l’adesione al Reich, gran parte di quella popolazione (soprattutto i giovani, sembra) pianse dalla gioia. Quasi tutti, tra loro, furono d’accordo. Si dirà che non sapevano cosa sarebbe successo da lì a poco, ma già erano in corso gravi segnali. E quella popolazione, come del resto tante altre, non seppe cosa farsi del principio di libertà.
Diciamo che ormai a Luigi manca solo il parere del babbo di Renzi come commento super partes..
Poi anche un bel chissenefrega (ma la disoccupazione risale e questo è male).
C’ è una tale frattura nel PD che, a mio avviso, è arrivato il momento di una scissione vera e propria in un prossimo futuro. Ma siccome il PD di Renzi non ha pressoché nulla di sinistra, la denominazione di PD deve restare ai fondatori del PD che davvero lo rappresentano, cioè ai vari Bersani, Bindi, Letta,Cuperlo, Fassina e tanti altri che legittimamente rivendicano la difesa di quei valori che sempre hanno contraddistinto i partiti di sinistra. Il PD ha cambiato natura e non è possibile accettare con disinvoltura questa svolta.
Non è possibile dirsi di sinistra e fare accordi con la destra, che è su ben altro versante. Solo gli ingenui e i fautori di compromessi si possono mostrare d’ accordo su mescolamenti inusitati.
Renzi e i suoi sostenitori, Boschi in testa, vadano a fondare gioiosamente un altro partito, che del resto già c’è.
Lo chiamano, fantasiosamente, il Partito della Nazione: un partito ibrido.
Il Parlamento deve vivere di una maggioranza e di un partito di netta opposizione per controbilanciarla.
Ma chi ci si raccapezza più in questo disordine di partiti frammentati ?
E poi si trova da ridire se molti non vanno a votare, in questo caos.
Tutto ciò diseduca il popolo alla politica. La politica invece è importantissima per una Nazione.
Approvo Letta che si accinge ad un lavoro, in Francia ( se non sbaglio), finalizzato alla educazione politica dei giovani.
Stiamo guardando il concerto di inaugurazione per l’expo, pensavo peggio devo dire invece è guardabile.
Mostrano in anteprima i padiglioni dei vari stati, c’è anche quello del Vaticano
http://www.expo2015contact.it/non-di-solo-pane-il-vaticano-presenta-il-suo-progetto-per-expo-2015/
E sempre sul nutrire ecco una piccola collana della emi con un volume di Bergoglio stesso intitolata proprio “Pane nostro” sempre per l’expo.
http://www.emi.it/pane-nostro
Ho l’impressione che qualcuno voglia adattare alla politica le categorie della religione cristiana. Ovvero: vogliamoci tutti bene e collaboriamo mettendoci d’accordo.
In politica non funziona questo linguaggio, mi dispiace.
Le differenze sociali ed economiche sono sempre state i principi propulsori della ideologia dei partiti di destra, dove, non a caso, i ricchi e i più abbienti hanno trovato rifugio per difendere i propri privilegi.
Al contrario, i partiti di sinistra da sempre si sono messi dalla parte delle classi più deboli, cercando di eliminare le disparità economiche e sociali, avendo come obiettivo l’eliminazione, per quanto possibile, delle ingiustizie sociali. Per cui si tratta di lingue diverse che sempre resteranno diverse, perché ben si sa che l’egoismo umano si nutre di strabismo, che ai privilegiati impedisce di vedere le povertà degli altri.
Il gioco democratico non è, e non deve essere, basato sull’equivoco che il termine “democrazia” genera molto spesso.
Se il potere del popolo (= democrazia) resta solo una parola sospesa in aria e vuota di significato, o, peggio, una bella parola per risciacquarsi la bocca ogni volta che si può, di fatto non c’è democrazia. E si può arrivare addirittura ad una dittatura più o meno evidente.
In un Paese democratico tutte le classi sociali devono avere i loro rappresentanti in Parlamento, e questi devono “rappresentare” i loro elettori. Il fine ultimo è quello di garantire, il più possibile, la giustizia sociale.
Perché questa è la base per la buona crescita del Paese. Nel momento in cui prevale una maggioranza che porta acqua solo al suo mulino, la controparte deve fare di tutto per arginarla in modo da disporre, anch’ essa, di una buona parte di quell’acqua.
Se qualcuno blinda il Parlamento, magari facendo anche qualche ricattuccio da due soldi, allora qualcosa che dovrebbe impensierire c’è. Eccome se c’è.
Bisogna saper leggere le vicende politiche.
Bisogna saper…
https://www.youtube.com/watch?v=_gM01Hjft1s
http://m.repubblica.it/mobile/r/sezioni/politica/2015/05/01/news/napolitano_il_dramma_disoccupati_oltre_il_livello_di_guardia_il_sindacato_si_e_arroccato_ora_si_deve_rinnovare_-113277095/?ref=m%7Chome%7Criapertura2%7Cpos_1
A proposito di interviste ma Napolitano non potrebbe imitare il Papa emerito e essere più discreto?
Parla più del presidente in carica.
A parlare più dell’attuale Capo dello Stato, Sara, ci vuol poco ………..: comunque, e nel merito, stimo da sempre moltissimo Piero Fassino ma in questo caso non mi sento di condividere il suo punto di vista.
Buon primo maggio a tutti !
Roberto 55
http://www.huffingtonpost.it/2015/05/01/staino-bersani-parco-pensionati_n_7187262.html?utm_hp_ref=italy
Condivido Staino, mi spiace per Bersani che reputo una (rara di questi tempi) persona ma se Renzi ha preso potere la colpa è loro.
Piuttosto complimenti al cattolicesimo democratico che si è ridotto a fare il Bondi di Renzi, ho letto che per Padre Sorge Renzi sarebbe l’erede di La Pira, Moro, ecc.
Mi rimangio tutto sulla preparazione dei gesuiti davvero. (più furbi in Vaticano che non se lo filano per niente dopo uno dice le gerarchie arretrate)
Anche io Sara leggendo alcuni cattolici democratici avevo in mente Bondi!
Un parere diverso dal solito Ceccanti:
In questi giorni è un continuo evocare «i saggi di Napolitano», oppure «la Commissione per le riforme». Per usarli. Sia “i saggi”, sia la Commissione istituita da Enrico Letta, scrissero testi importanti su legge elettorale e riforma costituzionale. I testi li stese materialmente, in entrambi i casi, Luciano Violante.
Violante, sostengono Ceccanti e Barbera che le linee principali della legge elettorale sono le stesse che scriveste voi «saggi».
«Le leggi elettorali non vanno considerate da sole perché sono parte essenziale della forma di governo. Il mix tra legge elettorale e riforma costituzionale, nelle attuali proposte di maggioranza, ci fanno passare da un “sistema parlamentare razionalizzato” al “governo non parlamentare del primo ministro”. È un modello diverso, dal punto di vista costituzionale e politico. Senza idonei contrappesi può diventare un modello preoccupante ».
Ha ragione Enrico Letta nella sua lettera alla Stampa?
«Letta ricorda giustamente che c’è differenza tra una commissione di esperti, e il Parlamento».
Renzi ci ha scritto: sono stato costretto alla fiducia, altrimenti finivo preda della melina della minoranza. Letta sostiene che su una legge così cruciale bisognava andare avanti il più possibile «insieme». Del resto, aggiungerei, anche Renzi lo diceva, mesi fa. Che ne pensa?
«La fiducia sulle leggi costituzionali e su quelle elettorali non andrebbe mai messa, come del resto scrive chiaramente la Commissione».
Scriveste: «Una legge così delicata deve essere sottratta al capriccio delle maggioranze occasionali».
«Appunto. C’è stato anche un eccesso di emendamenti, e di furbizie, da parte di alcuni partiti di opposizione. Quando l’opposizione parlamentare abusa dei propri diritti è inevitabile che la maggioranza abusi dei propri poteri».
Il premio di maggioranza è al 40%, mentre – voi lo scrivete – chiedevate una soglia più alta. La soglia di accesso del 3% è troppo bassa, voi indicavate il 5.
«E’ così. Ma ribadisco che il problema principale è il cambiamento della forma di governo e la necessità di costruire forti contrappesi parlamentari».
Ora non è tardi? Quali contrappesi si possono introdurre a un Senato concepito con pochi senatori, non eletti, e senza veri poteri fiduciari, né di revisione dei conti?
«Renzi ha fatto qualche positiva apertura a modifiche. A mio avviso dovrebbe trattarsi di un aumento dei poteri di controllo del Senato e del riconoscimento di effetti più incisivi alle proposte di iniziativa popolare».
Renzi si riferisce solo al sistema di elezione dei senatori, non ai poteri.
«Parrebbe. Ma se non si interviene corriamo il rischio che vengano trasformati in contropoteri i “poteri neutri”, come il capo dello Stato e la Corte costituzionale. Uno snaturamento che nessuno si augura. Credo nemmeno il premier».
Cosa si potrebbe, o si sarebbe potuto, fare?
«Introdurre la sfiducia costruttiva; ma un emendamento del genere è stato respinto dalla maggioranza. Segno che la linea era quella del governo “non parlamentare” del primo ministro. Le accuse del ritorno al fascismo sono ridicole; ma questa inedita forma di governo necessita, per restare nel solco costituzionale, di idonei contropoteri. Noi proponevamo inoltre una diversa proporzione tra i parlamentari: 450-480 deputati, e 150-200 senatori. Invece, i senatori sono troppo pochi e i deputati sono troppi».
E sui capilista nella legge elettorale, o sulle candidature plurime, che idea ha?
«Sui capilista io non faccio una tragedia. Ma se si accettano candidature in più collegi, serve una norma per obbligare il candidato “plurimo” a essere eletto dove ha il coefficiente più alto. Altrimenti spetta a lui scegliere chi è eletto, con inevitabili ulteriori distorsioni».
Twitter @jacopo_iacoboni
E Onida:
Giurista, presidente emerito della Corte costituzionale e docente di Giustizia costituzionale all’Università degli Studi di Milano. Nel marzo 2013 fu nominato da Giorgio Napolitano nel gruppo di “saggi”per le riforme istituzionali
1 La riforma che la Camera si avvia ad approvare è buona o cattiva?
Dovendo darne una valutazione complessiva, la mia è decisamente negativa, soprattutto per la spinta che reca nel senso di un allontanamento da un genuino sistema parlamentare e di un favore per il potere personale di colui che conquista la carica di primo ministro
2 Se dovesse elencarne i meriti in tre punti, quali citerebbe?
Porta qualche miglioramento (però decisamente insufficiente) rispetto alla legge “Calderoli” del 2005: introduce una soglia minima per attribuire il premio di maggioranza; unifica (abbassandola però troppo) la soglia di sbarramento per entrare in Parlamento; riduce la dimensione dei collegi elettorali
3 In cosa invece la ritiene sbagliata o migliorabile?
Il difetto fondamentale è che pretende in ogni caso e a qualunque costo che un solo partito vada a occupare la maggioranza assoluta dei seggi, anche se non rappresenta la maggioranza degli elettori e dei votanti, alterando fortemente la rappresentatività del Parlamento: questo per di più in una situazione reale nella quale i partiti tendono a trasformarsi in comitati elettorali a sostegno personale di un leader. Inoltre favorisce la frammentazione con una soglia di sbarramento solo del 3%; e, col sistema “ibrido” dei soli capilista bloccati, delle preferenze e delle candidature plurime, non favorisce un chiaro rapporto fra elettori ed eletti
4 I sostenitori della legge ne sottolineano la spinta a favore della governabilità. Lei è d’accordo? E in che modo ciò avverrà?
La “governabilità” non si persegue “forzando” il sistema elettorale senza tenere conto del sistema politico effettivo (che non è bipartitico) e mortificando il carattere realmente rappresentativo del Parlamento
5 Al contrario i detrattori ne sottolineano i limiti in termini di rappresentatività. Vede anche lei un rischio in questo senso?
Senz’altro, come ho detto.
6 Una delle obiezioni della Consulta al Porcellum è l’eccessiva disproporzionalità del premio di maggioranza attribuito senza stabilire una sogliaminima. L’Italicum prevede una soglia del 40 per cento per ottenere il premio del 15 per cento. Si risponde così alle osservazioni della corte?
Un vero “premio di maggioranza” dovrebbe premiare una “vera” maggioranza, cioè chi consegue più del 50% dei voti (come faceva la legge del 1953). Questo invece è un premio che trasforma in maggioranza (di seggi) la minoranza più forte, quale che sia il livello di consenso che ottiene dagli elettori. Il “ballottaggio”, a sua volta, trasforma in maggioranza una minoranza dando la vittoria per forza ad uno fra due soli competitori, qualunque sia il livello del suo consenso al primo turno, quali che siano i rapporti fra i due, e qualunque sia il numero degli elettori che votano al secondo turno. Non è detto che al ballottaggio accedano due partiti che esprimono con maggiore approssimazione un’unica alternativa reale esistente nel paese
7 Non è un’anomalia in sé applicare un premio di maggioranza sulla base di un sistema proporzionale?
I premi di maggioranza (come le soglie di sbarramento) possono servire a correggere il sistema proporzionale, ma purché siano molto contenuti e non tali da alterare troppo la rappresentatività del Parlamento, e non mirino a dar vita necessariamente ad una maggioranza “monocolore”
8 La soglia di sbarramento è stata portata al 3 per cento per tutti i partiti. Se si voleva davvero fronteggiare la frammentazione non era meglio una soglia più alta, magari del 5 come in Germania?
Una soglia generalizzata del 5% sarebbe più ragionevole di quella del 3% e di quelle diverse previste dalla legge “Calderoli”
9 Non si rischia in questo modo la “balcanizzazione” delle opposizioni in presenza di un primo partito rafforzato dal premio?
L’intento di avere un solo partito che vinca portandosi a casa la maggioranza dei seggi finisce per alterare il confronto politico: nel partito che aspira a vincere alimenta i conflitti interni, negli altri favorisce la frammentazione
10 L’altra importante obiezione della Consulta al Porcellum riguarda le lunghe liste bloccate, che non permettevano all’elettore di riconoscere il futuro eletto. La soluzione del capolista bloccato e delle preferenze per tutti gli altri non è un ibrido al ribasso? Soddisfa le indicazioni della Consulta?
I collegi più piccoli e la soluzione “ibrida” prevista (capilista bloccati e preferenze) migliorano la situazione rispetto alle lunghe liste bloccate della legge Calderoli, ma non favoriscono gran che la chiarezza dei rapporti fra elettori ed eletti. Ma non penso che questo sia un grave problema di costituzionalità, anche se dubbi ci possono essere
11 L’Italicum prevede la possibilità di candidature plurime per il posto di capolista. Con il rischio che un elettore scelga un partito in virtù dell’appeal di un capolista ritrovandosi poi ad eleggere un altro candidato. Questo non va contro l’indicazione della Consulta sulla riconoscibilita?
Certamente le candidature plurime sono un imbroglio per gli elettori, e tendono a “personalizzare” ulteriormente i partiti attraverso il richiamo dei nomi dei leader
12 Il premio di maggioranza, sia in caso di vittoria al primo turno sia in caso di vittoria al ballottaggio, attribuisce alla prima lista un vantaggio alla Camera di circa 25 deputati. Dal momento che la legge è stata pensata soprattutto in chiave di governabilità, non è un margine troppo esiguo?
25 seggi di vantaggio per la maggioranza rispetto alle opposizioni non sono un margine esiguo: il problema è la forzatura di una maggioranza che può non essere tale, e per di più monocolore
13 L’Italicum vieta espressamente gli apparentamenti tra partiti tra il primo e l’eventuale secondo turno di ballottaggio, apparentamenti consentiti in altri sistemi con ballottagio. Non si rischia in questo modo di comprimere troppo il confronto democratico dando tutto il potere ai partiti maggiori?
Esattamente: si ha una forzatura della dialettica politica, a spese anche delle posizioni “di mezzo” (che talvolta sono le più ragionevoli), e con un risultato di forte concentrazione del potere legislativo e di governo in capo ad un solo leader di partito
14 Non è anomalo posticipare l’entrata in vigore dell’Italicum al luglio 2016 privando il Paese di un efficiente sistema elettorale in caso di necessità?
Il rinvio ha avuto evidenti ragioni strumentali. In ogni caso il sistema elettorale uscito dalla sentenza della Corte costituzionale sarebbe in grado di funzionare
15L’Italicum vale solo per l’elezione della Camera dei deputati dal momento che c’è un legame politico con la riforma costituzionale ora all’esame del Senato per la terza lettura che abolisce il Senato elettivo trasformandolo in Camera delle Autonomie. Non è irrazionale, nel caso in cui la riforma costituzionale non andasse in porto, andare a votare con due sistemi diversi (l’Italicum per la Camera e il proporzionale Consultellum per il Senato)?
È un’anomalia approvare una legge elettorale dando per presupposto che il Senato sarà riformato: le leggi non si fanno “in attesa di una (altra) riforma”. Sarebbe stato forse più ragionevole condizionare l’entrata in vigore della legge alla previa approvazione della legge sull’elezione del Senato. In ogni caso, se si dovesse votare prima che entri in vigore la riforma del Senato, avremmo due sistemi elettorali diversi per le due Camere (uno col premio di maggioranza, l’altro proporzionale quasi puro), ma comunque entrambi in grado di funzionare. Non è detto che sia per forza un male
16 C’è il rischio di introdurre un presidenzialismo di fatto con il maggioritario Italicum e una sola Camera elettiva, come sostengono gli oppositori di questa riforma elettorale?
La parola “presidenzialismo” è altamente equivoca. In realtà questa legge tende più a quello che Leopoldo Elia chiamava il “premierato assoluto”, cioè una forma di anomala concentrazione del potere politico (di Governo e parlamentare) in capo ad un premier, capo di un partito che potrebbe non rappresentare necessariamente la maggioranza degli elettori e dei votanti. Il governo parlamentare esige confronto continuo nella sede della rappresentanza (il Parlamento) sugli indirizzi e sulle misure da adottare, capacità dell’esecutivo di conservare e di allargare il consenso, e anche capacità di mediazione sui contenuti (non sulla spartizione dei posti)
Condivido l’iniziativa di Sara di proporre il parere dei costituzionalisti
Le regole come atto di fede
di MICHELE AINIS
Più che la fiducia, ormai serve la fede. Un atto religioso, non politico. Un giuramento, non un voto. Ieri il governo ha chiesto (e ottenuto) la fiducia dai parlamentari; ma è come se l’avesse chiesta a tutti gli italiani, separando gli infedeli dai fedeli. È infatti questo il retroscritto della legge elettorale: non ne cambio più una virgola, nemmeno quella falsa clausola di salvaguardia che desterà non pochi grattacapi a Mattarella quando dovrà metterci una firma. Non lo faccio perché l’Italicum è già il meglio, perché non si può migliorare il meglio. E voi dovete crederci.
Noi crediamo alle buone intenzioni del presidente del Consiglio. Ne ammiriamo l’energia, ne appoggiamo il progetto d’innovare norme e procedure. Ma quando l’impeto riformatore investe le stesse istituzioni occorre la ragione, non la fede. E il costituzionalismo alleva una ragione scettica, diffidente nei confronti del potere. Perché ha esperienza dell’abuso, sa che l’uomo troppo potente diventa prepotente. Non sarà il caso di Renzi, ma può ben esserlo di chi verrà dopo di lui. D’altronde le regole del gioco durano più dei giocatori.
Da qui il primo dubbio che ci impedisce d’ingoiare l’ostia consacrata. L’Italicum determina l’elezione diretta del premier, consegnandogli una maggioranza chiavi in mano. Introduce perciò una grande riforma della Costituzione, più grandiosa e più riformatrice di quella avviata per correggere le attribuzioni del Senato. Ma lo fa con legge ordinaria, anziché con legge costituzionale . L’ avessero saputo, i nostri costituenti sarebbero saltati sulla sedia. Loro non volevano questa forma di governo, e infatti ne hanno stabilita un’altra. Dunque l’Italicum stride con la Costituzione vecchia, ma pure con la nuova. Perché quest’ultima toglie al Senato il potere di fiducia, e toglie dunque un contrappeso rispetto al sovrappeso dell’esecutivo. Mentre a sua volta dimagrisce il peso dell’opposizione: con una soglia di sbarramento fissata al 3 per cento, in Parlamento si fronteggeranno un polo e una poltiglia. Eppure basterebbe poco per trasformare i vizi in altrettante virtù. Alzando la soglia dal 3 al 5 per cento, come avviene in Germania. Distribuendo il premio fra tutti gli alleati, o meglio fra i partiti coalizzati che abbiano superato quella soglia minima, per evitare che in futuro si ripeta quanto sperimentò Prodi con Mastella. Rendendo obbligatorio il ballottaggio se nessuno conquista il 45 (non il 40) per cento dei consensi, in modo che il bonus di maggioranza lo decidano sempre gli elettori, anziché il legislatore. E magari aggiungendo un bonus di minoranza, in premio al secondo partito. Come del resto succede in Champions League, dove accedono le prime due del campionato. Ne otterremmo in cambio un’opposizione più forte, non un governo più debole. Nessuno di questi correttivi demolirebbe l’impianto dell’Italicum. Il presidente del Consiglio tuttavia li ha rifiutati, declamando una parola magica: governabilità. Sta a cuore anche a noi, rendere il sistema più efficiente. Ma la governabilità dipende dalla politica, non dalla matematica. Non basta trasformare i deputati in soldatini, e non basta un deputato in più per conseguirla. La governabilità dei numeri – su cui insiste, per esempio, D’Alimonte – è una formula rozza, oltre che fallace. Quest’ultima deriva viceversa dalla legittimazione dei governi, dunque da regole legittime e da politiche condivise. Altrimenti divamperà l’incendio, sicché a Palazzo Chigi avremo bisogno d’un pompiere. Come disse Leonardo Sciascia in Parlamento (5 agosto 1979): «governabilità nel senso di un’idea del governare, di una vita morale del governare». Ma Sciascia è morto, e neanche noi stiamo troppo bene.
michele.ainis@uniroma3.it
Mattlar, mi hai preceduta.
Ainis è persona competente.
Ed è verissimo che procedere con leggi ordinarie laddove sarebbe indispensabile una legge costituzionale, significa sostituirsi, con una certa ignoranza e con indiscutibile superficialità, a quella che è la regola delle regole in un Paese democratico: rispettare la Costituzione.
“con una certa ignoranza e con indiscutibile superficialità”, superficialità può essere ma Ceccanti è costituzionalista quindi ignorante no, se appoggia questa riforma è perchè la vuole così.
Quello che è un po’ assurdo è proprio il ruolo di questo cattolicesimo democratico che negli anni ratzingheriani si presentava in stile Che Guevara e voleva discussioni interminabili e concili anche su come accendere le candele in Chiesa mentre adesso vede riscrivere la costituzione a colpi di fiducia e parlamentari contrari spostati in massa dalle commissioni senza fare un plissè.
Mistero.
“se appoggia questa riforma è perchè la vuole così.”
Non hai visto, Sara, che a molti la riforma non piace ma la appoggiano comunque?
I renziani, pur di non darla vinta ai bersaniani, guardano all’insieme delle azioni politiche di Renzi, restano affascinati dal suo iperattivismo e perdono di vista certi dettagli, molto importanti, che attengono a certe specificità.
Pendono dalle labbra di Renzi, il quale sa essere sempre molto convincente. Lo ascolti e tutto quel che dice sembra oro colato. Stordisce tutti con le sue argomentazioni. Questa è la sua forza, inutile negarlo.
L’unico che abbia capito com’è Renzi è Crozza :-).
Al di là degli scherzi, io mi chiedo perché mai tanti illustri costituzionalisti (mica delle pere!) che gli hanno chiesto di andarci piano, siano rimasti inascoltati. Che interesse potevano avere, conoscendo bene, loro, la Costituzione, a suggerire a lui che certamente non la conosce altrettanto bene, di non essere precipitoso? Tutto inutile. Lui ha deciso che andavano ignorati e che bisognava cambiare in fretta le cose, e tutti i suoi sostenitori gli hanno battuto le mani.
Ripete in continuazione che i cittadini si aspettano da lui il cambiamento del Paese e che lui, quindi, sente il dovere di cambiarlo, e continua per la sua strada a testa bassa.
A me sembra in buona fede ( e non è poco), ma trovo che sia alquanto sbrigativo nel mandare al macero le proposte che gli arrivano da parte di chi non vuole seguirlo su questa linea di decisionismo esagerato.
Il fatto è che i cittadini aspettavano sì dei cambiamenti ma riguardo, soprattutto, allo stato sociale e lavorativo. Dove invece le cose purtroppo continuano ad andare male.
Mi sa tanto che un domani molti potrebbero pentirsi di averlo appoggiato senza un minimo di senso critico.
Voglio proprio vedere come agirà il Presidente della Repubblica.
Anche la Carlassare:
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2015/04/30/servizio-pubblico-carlassare-italicum-parole-di-renzi-simili-a-quelle-di-mussolini/366813/
I costituzionalisti come gli economisti hanno varie scuole, Ceccanti e’ più di scuola liberale credo (soprattutto in economia).
si sente molto nuovo rispetto ai vecchi statalisti dossettiani, a me pare più vecchio continuare a vedere lacci e lacciuoli che non esistono più da tempo.
Va bene, va bene. Allora quanti anni di tempo ci diamo per condividere una giusta riforma elettorale? Che sia democratica, ma che garantisca la governabilità, che sia espressione delle scelte dei cittadini, ma anche impedisca il voto di preferenza di scambio?
Per quanti anni dobbiamo discutere ancora? Cinque vanno bene? O sono pochi? Facciamo dieci dai, sì, in dieci anni magari ce la possiamo fare.
Perché è di questo che ha bisogno la gente, no?
Ah, dite che non è vero? Opss…. madddàààai!
Vedi gli ultimi dati sull’occupazione e sull’economia non mi pare che il decisionismo a colpi di fiducia sia più efficace del parlamentarismo del dopo guerra.
È da Monti che si vive in uno stato di democrazia sospesa in nome di un fantomatico stato di eccezione e stiamo sempre peggio.
La realtà e’ che purtroppo il decisionismo piace agli italiani che pensano di poterlo mettere in quel posto al vicino sentendosi più forti, la solita storia dei Polli di Renzo.
Purtroppo.
in ogni caso Onida Carlassare Anais e Violante non sono pericolosi eversivi ma facevano parte della commissione di saggi di Napolitano, se si fosse ascoltato il loro parere quando si è iniziato a parlare di riforme invece che la Serracchiani mettesse a cuccia pure il presidente del senato Grasso, non sarebbero passati mesi e mesi invano.
La storiella del tempo perduto vale anche per loro non solo per chi solleva dubbi giustificatissimi.
«Quello che è un po’ assurdo è proprio il ruolo di questo cattolicesimo democratico che negli anni ratzingheriani si presentava in stile Che Guevara e voleva discussioni interminabili e concili anche su come accendere le candele in Chiesa mentre adesso vede riscrivere la costituzione a colpi di fiducia e parlamentari contrari spostati in massa dalle commissioni senza fare un plissè.
Mistero.»
Mistero? Bimba mia, com’è ingenua! (Ma davvero lo è così tanto!?). Non li conosce i “cattolici democratici”? Democratici solo quando (e nella misura in cui, come si diceva una volta) non comandano loro. Cattolici solo quando pare a loro.
Ma io sono bravissima, se non fosse per la bisettimanale lezione di renzismo di Luigi ho imparato decisamente a disinteressarmene.
Però la scusa della fretta no, perchè tante delle obiezioni di questi giorni sono le stesse di un anno fa sempre inascoltate, sbeffeggiate, ridotte a sparate dei parrucconi già allora quando eravamo più che in tempo per impostare il discorso in modo decisamente diverso.
Poi si vede che siamo destinati a passare di 20 anni in 20 anni, è democrazia anche questa e io sono democratica.
Ma di quale decisionismo stiamo parlando?
Ma per favore! In Italia prova a spostare qualsiasi cosa di un micron per trovarti di fronte un muro. E nel mondo intero ci ridono dietro per questo.
E non parliamo di decine d’anni. Solo dieci anni fa il mondo era tutta un altra cosa.
“Ma di quale decisionismo stiamo parlando?”
Avevo scritto decisionismo a colpi di fiducia.
Sì, la fiducia dopo un anno e mezzo. Anche Giobbe si sarebbe stancato.
E spieghi adesso chi non la vota per quale cavolo di motivo non si è opposto prima!
Mi riferivo all’abuso di voti di fiducia iniziato con il governo Monti e peggiorato con Renzi già il parlamento e’ ridotto a dire si o no, i sindacati e la minoranza presi a schiaffoni però la situazione economica non si schioda.
Concordo pienamente con Franti.
Sono 50 anni che si abusa dei voti di fiducia,
il parlamento (che deve legiferare)
si trova da 50 anni solo a ratificare…
le decisioni del Capo del Governo….
e qualcuno/a si sveglia solo ora,
deve essere una bimba,
new entry
nuova generazione…..
Diciamo che oggi abbiamo raggiunto nuove vette:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/12/02/voti-fiducia-per-renzi-record-assoluto-meta-delle-leggi-imposte-parlamento/1245861/