Ho visto la mostra di Marc Chagall IL MONDO SOTTOSOPRA all’Ara Pacis e ancora una volta ho cercato il segreto di Marc, il suo mondo riflesso nell’occhio di una mucca o di una capra, i suoi amanti in volo sulla terra. Mi sono appuntato le scritte che a ogni parete riportavano l’intenzione del pittore: “L’esercito avanzava, e via via la popolazione ebraica si allontanava, abbandonando le città e i villaggi. Volevo farli trasportare sulle mie tele, per portarli in salvo”. Ce n’era una in cui il caro vecchio – è vissuto quasi cent’anni – invece di rispondere interrogava: “Perché la mucca è verde, e perché il cavallo s’invola nel cielo?” Ancora: “Mi tuffo nei miei pensieri, volo sopra il mondo”. Infine: “Cammino per il mondo come in una foresta, sui piedi, sulle mani, di qua e di là”. La più rivelatrice: “Voglio vedere un mondo nuovo”. Anch’io. Marc aiutami.
Come Chagall “voglio vedere un mondo nuovo”
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Il quadro che ho riprodotto nel post si intitola “La slitta nella neve” (1944). Dopo aver guardato tutti gli altri sono tornato indietro e l’ho scelto a segno dell’intera mostra. Qui il sottosopra consiste nel fatto che le case, il cielo e la luna stanno sotto, mentre la strada, la neve e la slitta con i suoi abitatori stanno di sopra.
Luigi caro, credo che tutti desideriamo ardentemente un mondo nuovo o rinnovato:
http://www.gioba.it/
Un abbraccio
[…] Read more from the original source: Il blog di Luigi Accattoli » Come Chagall “voglio vedere un mondo … […]
anche a me colpì molto quella frase quando vidi uan mostra di Chagall al Vittoriano…
Eccezionale.
Rivelativa.
Divina
mah…certo che se Dio avesse aspettato un mondo nuovo/diverso/migliore prima di incarnarsi saremmo ancora qui a fare il vecchio testamento…
Meno male che lui non e’ cosi’ schizzinoso -come molti di noi sono- accettando di entrare nel mondo, nella realta’ cosi’ com’e’, e non come piacerebbe a lui che fosse…
E’ vero o no che diciamo spessissimo che Dio ama il mondo…che Dio ha tanto amato il mondo da… Ma noi amiamo il mondo?
L’Incarnazione non ci ricorda che una volta trovato Gesu’ -e lasciati trovare da Lui- abbiamo trovato tutto? Per cui ogni realta’, anche la piu’ schifosa e triste, puo’ essere fatta “nuova” in Lui, e per mezzo di Lui. Mi sembra molto triste il voler essere cristiani in un “altro” mondo…
Mah…speriamo di non cadere nella tentazione di scappare dalla realta’…x cercarne un’altra…
Che non esiste.
ma Gesù fa NUOVE tutte le cose…
io lo dico in questo senso… e penso anche Chagall, con i suoi colori e le sue rappresentazioni.
Non è una fuga dal mondo, ma un mondo NUOVO… Penso che questo sia profondamente cristiano!
“Voglio vedere un mondo nuovo.”
Un “mondo” intrinsecamente “nuovo”?
Un ‘nuovo modo’ di vedere il medesimo “mondo”??
(Entrambe le cose???)
La sparizione degli shtetl è una delle più grandi tragedie culturali del Novecento.
Presepe vivente. Da Serena Sartini ricevo questo messaggio:
Oltre 1.000 visitatori per la prima giornata del Presepe Vivente Missionario che si è svolto il 2 gennaio nella sede romana della Comunità Missionaria di Villaregia, in via Antonio Berlese 55. Bilancio più che positivo quello realizzato dalla Comunità missionaria, realtà nata 30 anni fa in Veneto e poi espansasi in 7 sedi italiane e in altrettante nel Sud del Mondo. (www.cmv.it)
Per la quarta edizione del Presepe vivente missionario – evento che unisce arte, cultura, spiritualità e solidarietà – il numero delle famiglie, dei turisti, dei gruppi parrocchiali e di semplici curiosi che ha fatto visita alla manifestazione è visibilmente aumentato rispetto all’edizione dello scorso anno. Ben 7 pullman hanno raggiunto la sede della Comunità Missionaria per assistere all’evento. E ora tutto è pronto per la seconda puntata che si terrà il 6 gennaio, a partire dalle 16. Per vivere una Epifania all’insegna della solidarietà, pensando ai bambini delle favelas di Belo Horizonte, in Brasile.
Mi scuso in anticipo per non essere stato capace di maggior sisnteticità.
A chi non piacerebbe vivere in un mondo nuovo ? Il semplice pensiero di un mondo nuovo è un’ammissione di fallimento per quanto fin qui realizzato. L’aggravante è che benché si sia capito, non si fa nulla per evitare di peggiorare; perché prevalgono egoismi e ignoranza. Essendosi perso il bandolo della matassa, non si sa più nemmeno da dove ricominciare.
Allora alcuni si rivolgono alla religione nella quale si rinchiudono in una vana speranza egoistica di salvezza personale, alcuni alla stregoneria, chi alla superstizione, chi ai tarocchi e all’oroscopo, e più ci si muove in direzioni diverse più ci si aggroviglia. Tutto si fa meno che l’essenziale.
Guardando avanti mi viene in mente una frase di cui ho scordato l’autore, credo (Ghandi) che diceva: “ Se gli uomini vogliono un mondo diverso non devono far altro che realizzarlo”.
Se lo volessero veramente, non sarebbe una cosa difficile; il problema è che troppo spesso prevalgono interessi personali, egoismi, le invidie, la voglia di supremazia, orgoglio, voler dimostrare di essere più bravi più capaci, più intelligenti, più colti, più audaci, più, più, più di chi ci sta intorno. Tutto ciò non favorisce la coesione, l’unità di sforzi, l’impegno comune di tutti per la realizzazione un progetto comune e utile a tutti. Ergo il risultato è una “ciofeca mortale” che non soddisfa nessuno. Basterebbe che ciascuno facesse la sua piccola parte insieme agli altri. Come ?
Rispettando le direttive. Quali ? Quelle che ci ha mostrato il Grande Fattore dell’uomo ! Impararle, ricordarle e metterle all’opera nella vita. Rendere vivente un insegnamento anziché andare in giro a battagliare sventolando sotto il naso del vicino il proprio libro (sacro) mentre col nostro odio attestiamo esattamente il contrario di ciò che è scritto in quel libro che vantiamo come nostra guida e che suggerisce di amare i nemici e porgere l’altra guancia.
Non esiste al mondo nulla che sia (più) perfetto di ciò che è l’opera già fatta e che è sotto gli occhi di tutti. E’ la dimostrazione di come possono coesistere e funzionare sistemi complessi dei quali gli scienziati continuano ad essere meravigliati e sorpresi man mano che scoprono i funzionamenti e la progettazione intorno a noi.
Se quindi il Suo modo di operare è così perfetto, possibile che abbia suggerito all’uomo una via così strana difficile e impercorribile per realizzare quel mondo nuovo che tutti desiderano ? O sarebbe il caso di cominciare a percorrerla non fosse altro perché non ci sono più alternative e provare a vedere se funziona ?
(Micha 6.1-5) . – “ Udite, suvvia, ciò che Geova dice…: “O popolo mio, che cosa ti ho fatto? E in che modo ti ho stancato? Attesta contro di me…O popolo mio, ricorda, suvvia, ciò che consigliò Balac re di Moab, e ciò che gli rispose Balaam figlio di Beor. .. nell’intento che i giusti atti di Geova fossero conosciuti”.
In quell episodio ( Numeri 22.20 e succ.) Balaam era un uomo che non potè far altro che pronunciare benedizioni benché gli fosse richiesto di pronunciare maledizioni,- cosa che nessun uomo che conosce Dio dovrebbe mai fare, – attestando la volontà del Dio di fare solo del bene.
(Numeri 24.15-16) : – “Espressione dell’uomo robusto con l’occhio non sigillato, Espressione di colui che ode i detti di Dio, E di colui che conosce la conoscenza dell’Altissimo . . .”
Anche in un’altra occasione il Dio si umiliò chiedendo all’uomo (che pensa di essere più capace) : – “E Geova rispondeva a Giobbe dal turbine e diceva: “Chi è costui che oscura il consiglio Mediante parole senza conoscenza? Cingiti i lombi, suvvia, come un uomo robusto, E lascia che io ti interroghi, e tu informami.”
Dio chiede all’uomo di dimostrargli se il proprio modo di pensare e agire sia migliore, ma come tutti coloro che “non hanno l’occhio sigillato” si rendono conto che dovrebbero rispondere come Giobbe: – “ Per sentito dire ho udito di te, Ma ora il mio proprio occhio veramente ti vede. Perciò mi ritratto,E veramente mi pento nella polvere e nella cenere” ( Giobbe42.5)
Forse la stessa umiltà di Giobbe e lo stesso atteggiamento di Balaam aiuterebbe a costruire quel mondo nuovo che tutti dicono di volere a parole ma sono spesso incapaci di realizzare perché NON APPLICANO LE DIRETTIVE perché vogliono avere una religione invece che di essere una formichina che vive secondo quei principi che sono comuni a tutte le religioni e utili a tutti.
“Mi scuso in anticipo”
troppo tardi
Luigi,
ho portato giorni fa alla mostra mio nipote che ora ha quasi 4 anni e mezzo.
Lui ama i colori e la pittura.
Per vedere e capire meglio i quadri si metteva a testa in giù.
Quando siamo arrivati davanti al quadro della ragazza con slitta, che gli è piaciuto in modo particolare, ha suggerito anche a me di guardarlo a testa in giù per ammirare le casette alla base illuminate dalla luna.
Don Maioba, vedo che i nostri post delle 12:41 si sono sovrapposti.
Quello e’ il testo biblico di Apocalisse 21 che avevo proprio in mente.
Gesu’ viene a fare nuove le cose; non a fare nuove cose! La differenza e’ sostanziale, secondo me, proprio secondo il mistero-realta’ incarnazione.
Se Cristo fa nuove le cose, allora anche tanti aspetti della nostra vita, dovuti piu’ a fattori di carattere/personalita’, natura umana piu’ che a scelte precise o morali, diventano piu’ accettabili, diventano “piu'” umani, nella linea dell’umanita’ di Cristo che ci mostra l’amore di Dio in parole e gesti umani, non scappando da cio’ che siamo, dalla nostra realta’ ma proprio attraverso di essa! Ottimisti, pessimisti, brontoloni, “buoni”, “cattivi”, testoni, vecchi, mondo diritto e mondo al rovescio, giovani, sani ed infermi, poverta’ e disperazione, santi e peccatori,…tutto, letteralmente proprio tutto puo’ diventare “nuovo”!
Trovato Gesu’, trovato “tutto”. (vabbe’…lo so lo so…che e’ piu’ facile dirlo che….)
Se il gentile Mabuhay vorrà provare a considerare il mio commento al suo 4 gennaio 4.01 vorrei aiutarlo ad osservare meglio.
La questione del “fare nuove le cose o fare cose nuove”, è relativo alle cose cui si sott’intende. Non credo si debba intendere che Gesù venga a fare “le cose nuove,” perché la Scrittura di 2 Corinti 5.17-18 dice : – “Quindi se qualcuno è unito a Cristo, è una nuova creazione;le cose vecchie sono passate, ecco, cose nuove sono venute all’esistenza.”
E’ chiaro che se le cose vecchie sono passate non possono essere rese nuove; ma rendendole nuove sarebbero comunque cose riciclate o rimesse a nuovo, ma pur sempre vecchie, mentre la scrittura dice che le vecchie sono passate, quindi non resta che intendere che tutto ciò che sarà presente sarà una cosa interamente nuova.
A miglior e maggior conferma, si può esaminare anche la profezia di Isaia 43.18: – “Non ricordate le prime cose, e non vi volgete a considerare le cose precedenti Ecco, io faccio qualcosa di nuovo. Ora germoglierà. Voi lo conoscerete,” oppure Isaia 42.9 : – “Le prime cose, ecco, son venute, ma io annuncio cose nuove. Prima che comincino a germogliare, ve [le] faccio udire”.
Per tornare a Gesù, disse a Nicodemo (Giovanni 3.3): – “Verissimamente ti dico: A meno che uno non nasca di nuovo, non può vedere il regno di Dio”.
A conferma di ciò, Apocalisse 21 recita: – “E vidi un nuovo cielo e una nuova terra; poiché il precedente cielo e la precedente terra erano passati, e il mare non è più.”
Questo nuovo cielo e nuova terra,non si riferiscono a qualcosa di “rifatto” ma qualcosa di interamente nuovo come ricordavano le profezie: – “Poiché proprio come i nuovi cieli e la nuova terra che io sto per fare stanno dinanzi a me”, è l’espressione di Geova, “così continueranno a stare la vostra progenie e il vostro nome”.
Però se la progenie e il nome sono cose vecchie e presenti, tutta la questione ruota intorno al fatto che bisogna capire cos’è la nuova terra e il nuovo cielo, perché se si riferisse a un pianeta nuovo sarebbe in contraddizione: -“ Una generazione va e una generazione viene; ma la terra sussiste fino a tempo indefinito.” ( Ecclesiaste 1.4) – (Salmi 104.5-6) : – “Egli ha fondato la terra sui suoi luoghi stabiliti; Non sarà fatta vacillare a tempo indefinito, o per sempre.”
Si tratta quindi di capire quale significato è da attribuire al nuovo cielo e alla nuova terra e alle cose nuove (rinate) potrebbero essercene anche più di uno considerato che se ci saranno anche i resuscitati e quelli sono persone vecchie non nuove.
Saluti
Mi rivolgo anche al gentile targum55 al quale vorrei chiedere: se scusarmi in anticipo è troppo tardi, per essere scusato in orario cosa/quando dovrei scrivere ?
Con simpatia.
Ma se un bambino di quattro anni, “per vedere e capire meglio i quadri” di Chagall si mette “a testa in giù”, non è questo il segno che l’aver raffigurato il mondo sottosopra non è la rivelazione di chissà che ma un errore? Ma questo solo un bambino lo capisce.
“Voglio vedere un mondo nuovo “: peccato che non l’abbia potuto vedere.
In effetti …
Fiorenza quando si guarda e non s’intende si prova a distanziare, a piegare di lato, a rovesciare. Per quanto capisco, quello di Chagall è un tentativo di vedere. Non dunque un errore, nè una rivelazione, ma una ricerca. Il proprio di chi usa parole o segni.
concordo con Luigi.
Perché condannare sempre e comunque coloro che percorrono strade non battute?
Forse che i magi, pagani seguaci di una stella non hanno trovato Gesù? eppure i dotti sapevano dove doveva nascere…
Luigi, non ce l’avevo certo con l’artista (sarebbe proprio impossibile, per me, non amare gli artisti) ma con le masse compatte che lo applaudono: sono loro che credono di aver trovato la “rivelazione”. E’ a loro che alludevo parlando, un po’ per gioco, di “errore”.
E’ chiaro che è solo una onesta, serissima “ricerca”, quella dell’amabile Chagall: mica lo “condanno”, Maioba, anche se ammetto che, per esempio, tra lui e Malevic -con cui non andava d’accordo-, preferisco Malevic, sebbene nemmeno lui sia un abitante del “mondo nuovo”. Per lo meno, però, con l’assoluta purezza delle forme cerca di portarti nell’invisibile, cioè nel reale, piuttosto che nell’onirico.
Qui davvero è questione d’anima, di personalissimi gusti, e non ci posso fare niente se – per fare un altro esempio, cioè l’esempio degli esempi- la mia anima risponde soprattutto alle geometrie di Brunelleschi con le quali convive e il cui “nuovo” non cessa di sconvolgerla.
Maioba, “coloro che percorrono strade non battute” sono sempre e ovunque condannati. Perché questo accada, è un mistero. Ora, non è certo questo che è accaduto a Chagall. Tutto l’intenerimento generale di fronte alle sue immagini – alla sua immagine del mondo- sta a testimoniare che di scandalosamente nuovo in esse non c’è un gran che. Per questo avevo apprezzato il gesto così innocente, così astuto, di quel simpaticissimo bambino.
“tra lui e Malevic preferisco Malevic”: la signora sì che se ne intende! (dimenticando Folon)
Fiorenza io sto con il bambino. Ogni tanto dicevo a mia moglie: questo quadro bisognerebbe rovesciarlo. “Ma vai” diceva lei. Infine siamo arrivati a uno che aveva anche la firma a rovescio: cioè in alto e scritta per essere letta a testa in giù. “Qui non puoi dire nulla” è stata la mia rivincita.
Se io avessi in casa uno Chagall ogni tanto lo girerei.
Io l’avrei già venduto.
Il massimo esponente dello “chagallismo light” genovese (un must avere almeno un suo disegno, e un disco di De André nei salotti borghesi genovesi), se ne andò, in pace, quattro anni fa:
http://www.museoluzzati.it/pag.php?id=20
(Per carità, l’ho sempre apprezzato, gustato, e magari anche comprato -di recente ho adocchiato un suo Zodiaco, in tiratura limitata che sta esaurendosi velocemente..- , però: per anni è stato ‘come il prezzemolo’, e giustamente tale, anche se… Non so, Fiorenza mi ha illuminato..)
“…Luzzati, infatti, è stato definito lo Chagall italiano, sia per la sua origine ebraica, che lo costrinse in Svizzera nel periodo delle leggi razziali, sia per la sua visione poetica del mondo. Il mondo dell’infanzia è sempre stato un luogo di incontro per Luzzati, che ha realizzato anche diversi testi illustrati per bambini…”
http://www.atlantidemagazine.it/dblog/articolo.asp?articolo=674
Ricordo ancora il suo celeberrimo Flauto Magico:
http://www.youtube.com/watch?v=2c_2kZ3f2x0 .
“Alcune immagini tratte quà e là, dai disegni fantastici di Emanuele Luzzati. Con l’accompagnamento del duetto “pa-pa-pa” dal Flauto Magico di Mozart” :
http://www.youtube.com/watch?v=4JsR_iUcf4g
Ripeto, rivolgendomi in primis a Fiorenza, cercando uno sguardo d’intesa: pur apprezzando non poco sia Luzzati che De André, per anni (e ancora adesso) , sollevare anche il minimo ‘dubbio’ su queste due figure, a livello genovese, era (é) un pò come sollevarne (soprattutto un tempo) su Garibaldi o Mazzini…
“Tutto l’intenerimento generale di fronte alle sue immagini – alla sua immagine del mondo- sta a testimoniare che di scandalosamente nuovo in esse non c’è un gran che.”
Non dico che ci si debba sempre “scandalizzare”, ma… comunque il discorso florentino è chiaro, almeno per me. E a lei dedico:
http://www.youtube.com/watch?v=EOWHvIZzXPI
“Charles Warren, in un articolo del 1973 che ha avuto grande risonanza, ha ritenuto di poter dimostrare che le strutture proporzionali del mottetto fossero in relazione con le proporzioni del tempio. In seguito, Craig Wright ha mostrato che le proporzioni architettoniche attribuite da Warren al Brunelleschi sono scorrette, e ha affermato che le proporzioni usate da Dufay potrebbero piuttosto derivare dalle indicazioni bibliche sulle misure del Tempio di Salomone. Lo stesso Warren ha accettato come fondate le obiezioni di Wright, ma l’idea di una relazione diretta fra le proporzioni del mottetto e la struttura della basilica è stata recentemente riproposta[3]. Uno studio più recente propone ulteriori relazioni tra la costruzione brunelleschiana, il mottetto di Dufay e la simbologia dell’Apocalisse, il tutto visto alla luce del riferimento alla Firenze del ‘400 come la nuova Gerusalemme celeste .” (wp)
Segnalo anche: http://www.genovaspettacolare.comune.genova.it/node/528
(in realtà la proiezione -innegabilmnete spettacolare- è andata avanti sino ad oggi..)
http://farm6.static.flickr.com/5086/5261523184_0c251c2aef.jpg
(Decisamente suggestivo. “Come può infastidire?”)
Un anno fa, ho visitato, a Palazzo Ducale qui a Genova, la mostra “Otto Hofmann. La poetica del Bauhaus”.
Interessantissima davvero.
Però, fra tutto l’interessantissimissimo -molti aspetti tecnici e storici esposti, sulla poetica del movimento-, mi ha più ‘colpito’ il ‘cuore’, la sezione su “La Russia 1940-1946” , nella biografia di Hofmann:
http://www.palazzoducale.genova.it/hofmann/sezione03.html
Le immagini dal suo taccuino/lettere, mi hanno dato (e il fatto di aver avuto un nonno reduce dalla Russia, che scoppiava in lacrime quasi ogni volta che lo ricordava -anche se poi aveva socializzato con i contadini locali, e “li aveva aiutati a far partorire la mucca”, et cetera -“Sono gente buona, i Russi”, diceva..) emozioni profondissime…
“Arruolato nel 1939 nelle truppe della Wermacht, Otto Hofmann viene inviato dapprima in Francia, poi in Grecia e infine nell’estate del 1941 in Russia, dove sarà poi prigioniero fino al 1946.
Dal fronte russo, nelle pause tra una battaglia e l’altra, invia alla moglie e agli amici numerose lettere illustrate a china e acquerello: sono cronache di morte e di desolazione vissuta quotidianamente, ma rappresentano anche le sue impressioni sul paesaggio russo, rielaborato in un ambito di realismo descrittivo che non rinuncia però alle forme astratte del suo alfabeto pittorico. In una lettera del 1942 Hofmann dichiara di aver trovato un’identità comune tra la cromaticità del paesaggio russo e i quadri di Kandinskij e Chagall: la riflessione sull’arte, in mezzo a tanto orrore, lo aiuta così a evadere da una realtà da cui si sente totalmente estraneo.
Il confronto fra le poetiche illustrazioni e le crude fotografie scattate dall’artista stesso con un piccolo apparecchio fa ben comprendere quanto la pratica della pittura sia stata per lui strumento di lettura della realtà e ragione di vita: perfino in quei momenti terribili Hofmann sa trovare gli aspetti poetici del paesaggio, anche quando la penuria di materiali non gli concede che un foglio e una matita per sottrarsi alla follia della guerra.”
http://www.palazzoducale.genova.it/hofmann/sezione03.html
“Voglio vedere un mondo nuovo”. (Quel pomeriggio, Otto mi ha aiutato.)
Affascinante questo nonno “reduce dalla Russia”, Syriacus. Questo nonno che “sono gente buona, i Russi, diceva.
Come hanno potuto definire Luzzati “lo Chagall italiano” ? Sono così differenti! Felicissimi momenti con le sue figure. Il suo Pulcinella, per esempio… Geniale.
Di Brunelleschi ora mi è venuto in mente che era anche un ideatore di burle geniali, fiabesche. Antonio Manetti, che nella “Novella del Grasso legnaiolo” racconta una beffa grandiosa e divertentissima organizzata da lui, dice che la sua mente prodigiosa creava sempre opere perfette, anche quando era in gioco soltanto il puro piacere di scherzare.
Pur personalmente apprezzando von Clausewitz, Nelson e Rommel, dirò che: il nonno non era ufficiale di Cavalleria, ma un caporal maggiore conducente di mula. (E pianse quando la dovette abbandonare.) Era un contandino come i contadini con cui rudimentalmente aveva fatto amicizia. (Tipo film di Don Camillo con lui in trasferta in Russia.) Certo, partito già trentenne per il fronte in un reparto piuttosto scelto (vista la sua notevole, olimpica, prestanza fisica da salti mortali), era un fattore affermato e affidabile che avrebbe voluto presto farsi una sua propria fattoria. Ma la guerra ha spazzato via tutto, e tornato avrebbe dovuto ricostruire tutto “brick by brick”. Letteralmente: lavorando notte e giorno in una fornace da cui uscivano mattoni. Mantenne però la passione dell’agricoltura, nel tempo libero. Morì in modo triste, neurodegenerando fra gli ottanta e gli ottantacinque, dopo una vita spesa bene e dignitosamente. Ricordo ancora vari suoi ricordi, dal fronte soprattutto. Magari li ricordo male, e più li ricordo più divengono apocrifi, ma li sentivo da bambino o poco più, ascoltandoli come tale. Come quella volta che “ebbe così tanta paura -per un’esplosione- , che gli batté il cuore così tanto, che poi non ebbe più paura per il resto della guerra -o della vita-” o quando fascisti più fascisti del Duce brandirono la pistola davanti ai soldati stremati apostrofandoli “Traditori della Patria!”. O come quando sulla linea, salvò il trombettista in stato confusionario, che continuava a suonare, stranito…. Quando donò un paio di preziosi guanti di riserva ad una donna ridotta a spettro che trascinava una slitta lungo la strada, nell’inverno russo. O come quando fece amicizia con una bella donna (“ché quelle con cui andavano i commilitoni, non le avrei toccate neanche con la forca”) , forse moglie di ufficiale al fronte. Non era un santo sensu stricto. Io ho preso e non ho preso da lui… Lui era senz’altro più pragmatico. Uomo di relativamente poche parole e poca “cultura”, suo nipote non è degno di chinarsi a sciogliere le stringhe dei suoi stivali.
[Addendum sul nonno Silvio -ma il suo nome era in realtà Francesco Faustino Amilcare- : nonostante le belle donne non gli fossero indifferenti, starà a fianco -e le premorirà- per tutta la vita alla sua sempre (forse dai tempi in cui ragazzini si incontrarono a qualche truogolo o fontana) amata ” Ninen’ ” – di cui già parlai in questo luogo- , facendo da ‘ufficiale di collegamento’ fra il mondo esterno e la casa, ove lei -già mondina- fu reclusa da una bruttussima malattia, per più di mezzo secolo. Anche per questo, a fortiori, l’ultima mia frase sopra.]
[E questa è la mia metà “padana” -per far felici i Borghetii- . Quanto a quella artistico-artigiana e marinara e metalmeccanica, è per parte di padre, e del tutto “genovese” (kilometro più kilometro meno). Anche loro non male -come un pò tutti d’altronde.]
Per ringraziarti del ritratto di Francesco Faustino Amilcare, Syr, ti racconto un po’ quello che mi piace nella Novella del Manetti e che mi riporta al tema del post.
Al Grasso, uomo che “invero più presto aveva del semprice che no”, viene fatto credere che non è lui ma un altro, un certo Matteo.
“”Deh, Matteo, vatti con Dio, ch’io ho briga un mondo” gli grida Filippo Brunelleschi , che si è introdotto in casa sua, “fattosi in capo di scala” e “contrafacendo la voce del Grasso che pareva tutto lui”. E , qui, la ‘prospettiva’ dell’uomo “semprice” comincia a vacillare:
“Che vuole dire questo? e’ mi pare che costui ch’è su sia me”.
La regia della burla è talmente sottile e perfetta che coinvolge non solo la brigata degli artisti amici del Grasso (Donatello, soprattutto), ma l’intero mondo che si muove intorno a lui. Mondo ormai, per lui ,”sottosopra”.
E il povero Grasso legnaiolo pian piano si rassegna e si convince d’essere un altro, d’essere diventato Matteo.
Allo scioglimento della beffa, dalla casa di Matteo verrà riportato, mentre dorme, a casa sua e messo a letto ma “da capo a piè”, messo all’incontrario. E all’incontrario, “sottosopra”, vengono disposti, nella sua bottega, tutti i suoi oggetti, gli attrezzi del suo lavoro:
“tutta la bottega travolsono, che pareva vi fussino stati i dimoni e, trambustato ogni cosa, riserrorono la bottega”.
E’ il punto di vista, la prospettiva del Grasso che così viene, di nuovo, rovesciata e travolta. E il lettore della novella è trasportato felicemente, dalla festosità del racconto, non in un mondo capovolto ma in una più alta consapevolezza.
E’ quella più alta consapevolezza che faceva pensare a quelli tra i suoi contemporanei che “teneano un poco del semprice” che Filippo Brunelleschi fosse completamente pazzo.
La sua “più alta consapevolezza”:
Riuniti maestri “architettori”, Consoli e cittadini nell’Opera di Santa Maria del Fiore a discutere del “modo di voltar la cupola”, sentita quell’idea del Brunelleschi “che si poteva voltarla senza tanti legni e senza pilastri” “, parve a’ Consoli che Filippo avesse detto una cosa da sciocchi” e ” si volsono e li dissono che ragionassi d’altro, che quello era un modo da pazzi, come egli era”. Ma Filippo insisteva, “riscaldato nel dire”. E, “più cercava facilitare il concetto suo, ché eglino lo credessino”, più cresceva il “tenerlo una bestia”. Infine, “licenziatolo parecchie volte et alla fine non volendo partire, fu portato di peso da i donzelli loro fuori dell’audienza, tenendolo del tutto pazzo” (Giorgio Vasari)
Grazie mille, Florentia.
Lo sai quando e dove ho letto questi due ultimi tuoi interventi?
Ieri nel primo pomeriggio, dallo smartfonino, mentre ero seduto in un attimo di pausa, assorto davanti al panorama di Genova visto da Porta Siberia (nulla a che vedere con la Russia..) dietro a una grande vetrata un pò annebbiata, seduto su una panchina interna alla esposizione del Museo della Fondazione Luzzati.
http://www.museoluzzati.it/pag.php?id=3
Infatti, essendo la Divina Liturgia ucraina di solito alle 12:30 o oltre, ed essendo quella mattina -cosa che non sapevo- alle 11, ho avuto tempo, fra le 14 e le 16 passate, di visitare il Museo Luzzati -che ho a dieci minuti a piedi da casa, ma non ci ero mai stato-. Una visita nata un pò per caso, grazie a un manifesto..
Molto interessante. E non è esposto solo Luzzati.
Era su il rapporto Lele Luzzati-Italo Calvino, e le Fiabe Italiane.
L’atro artista -‘giovane’- che esponeva, ha prodotto sulle Città Invisibili di Calvino. Davvero belli i testi di quest’ultimo che corredavano certi pezzi esposti.. (E molti sarebbero ottima materia da inserire in certe discussioni, recenti o meno, su questo blog..)
Notevole anche un video realizzato nel 2005 mediante materiale originale di Luzzati, e col consenso e incoraggiamento di quest’ultimo, credo, che rappresenta immaginificamente Genova, collegandosi idealmente al dialogo fantasticamente fruttoso fra il Kublai Kan e Marco Polo..
Comunque, pur piacendomi tantissimo, mi si è confermata l’impressione di come l’espressione “more of the same” sia (felicemente, per carità) applicabile al Luzzati. (Ovvero, come si suol dire, “ce ne fosse” -magari non identico- , di quel “same”! 🙂
[Comunque, la giovine -e interessante, nella sua veste, tipicissima a Genova, “alternativa”- presente alla cassa -ma che ne sa- , mi ha detto, proprio all’inizio, rispondendo ad una mia osservazione, che “il Maestro ha voluto che non vi fossero sue opere permanentemente esposte”.
Chiaro che poi nel bookshop vengono venduti i suoi ‘greatest hits’, riprodotti o meno, ma questa è un’altra storia… Interessante, comunque, l’approccio: poiché adesso, ad esempio, unendosi in qualche modo al discorso sul Calcino delle Città Invisibili, sono esposti (nel non amplissimo spazio espositivo) inediti bozzetti/schizzi di Genova (centro storico) nell’immediatissimo dopoguerra (45-’50).]
Che bello!
Scopro adesso che c’è il video-cartoon su Genova -gratuitamente e legalmente- su YouTube!
“Voglio far loro vedere un’altra Genova”. Lele, aiutami :
Genova Sinfonia della Città di Emanuele Luzzati
(E ci riesce, o almeno trasfigura l’esistente..)
Oggi, poi , son stato (con l’antiquaria, e solo lei) alla mostra :
http://genova.mentelocale.it/28535-mediterraneo-courbet-monet-matisse-a-palazzo-ducale/
Incredibile. Da tornarci (con amica signora restauratrice, zio pittore dilettante, da solo..:) !
[Ma ora non ho tempo di magnificare certi pezzi esposti . Magari sul blogghino…
-E devo ricordarmi che il Bacio di Hayez è al Museo del Risorgimento sino a…domani. (“Da solo”..;)]
[Vedi, Flo… se guardi nel cartoon a 11:13 (quando Marco si arrabbia per l’esproprio kublaiano di deliziosa focaccia genovese – ‘asset’ vitale, per noi di Zena..) , vedrai un viso “inacidito” che ha decisamente poco del ‘tipico’ Luzzati (ma molto dei genovesi, che il Maestro ben conosceva -per usare un understatement:) : ecco, io vorrei trovare ogni tanto più di quelle espressioni -meno ‘buoniste’ di default, anche se bonariamente, diciamo- nelle sue opere… Che però, riconosco, non sarebbero altrettanto “luzzatiane” (vedi un’espressione tipica, standard, di default, dei suoi personaggi: quella, un pò ‘pulcinellesca’, dell’uomo che arranca -lo diresti che arranca, dall’espressione?- in bicicletta a 07:40).
Detto questo, ringrazio idealmente Luzzati e i realizzatori del video, per avermi consentito di trovare un ‘alter ego’ in uno dei vari Marco Polo del cartone:
guarda tra 8:20 e 9:20 -soprattutto a 8:50/53 , con ‘bocca aperta’ : ecco, lì “ci sono io” 🙂 ]
Ecco che “un mondo nuovo” l’ho visto: in “Genova. Sinfonia della Città”. Grazie,
Emanuele.
Fiabesco Syriacus che ci conduci nei tuoi luoghi incantati, che ci apri mondi, ecco che ho letto e guardato e ri-guardato, e sono ammutolita per lo stupore.
Vi “è mai accaduto di vedere una città simile a questa?”. No, noi non avevamo visto mai nulla di simile.
Emanuele e Syriacus mi hanno fatto tornare in mente le pagine che Anna Maria Ortese dedicò a Genova dove per qualche tempo andò ad abitare: “Le luci di Genova”. Sarebbero da trascrivere tutte, ma mi limito a questo breve brano:
“Non posso dire, in quei tre mesi, di aver conosciuto Genova, ch’è immensa…So unicamente questo: che mi dava fiducia, e un’emozione sotterranea, come di chi attraversa qualcosa di già conosciuto, e bello, e che però mai si potrà identificare.” (A.M.Ortese, Il mormorio di Parigi, Theoria, 1986, p.96)
Grazie ancora, Fiorenza. [Poi magari (al proposito, diciamo) ti racconterò qualcosina..]