“Non posso venire ma ti mando gli angeli”

Come farsi amici i messaggeri del cielo
Dico spesso alla sposa, ai figli e agli amici che gli mando gli angeli, se non posso andare di persona. Lo dico un poco scherzando e un poco no. Qualche volta mi chiedono con “quali angeli” io sia in affari e rispondo indicando l’uno o l’altro di quelli che vengono nominati nei Vangeli:
– l’angelo del “lieto annuncio” a Zaccaria;
– quello del concepimento di Maria;
– i tre che vengono inviati in sogno a Giuseppe e gli dicono che nascerà Gesù, che deve fuggire in Egitto e che può tornare in patria;
– quello che annuncia la “grande gioia” ai pastori;
– la moltitudine che – al suo seguito – canta il “gloria”;
– il gruppo che “serve” Gesù dopo il digiuno e le tentazioni;
– uno che mi è carissimo: l’angelo consolatore del Getsemani;
– l’altro che rotola la pietra il mattino di pasqua;
– i due in bianche vesti che riempiono di luce il sepolcro vuoto.
Se ho contato bene sono dieci, più la “moltitudine dell’esercito celeste” che illumina con il canto la notte della natività e gli angeli che servono Gesù nel deserto.

“Mandato a portarti
questo lieto annuncio”
Mando l’angelo del “lieto annuncio” a quanti attendono d’essere allietati, perché vivono una pena che credono senza uscita. Può trattarsi – come nel caso di Zaccaria e di Elisabetta – di sposi che non hanno figli. Personalmente non considero così terribile la mancanza dei figli, ma io – qui – non ho diritto di parola, avendone avuti  in abbondanza. Il pensiero di questo desiderio dei desideri non può non turbarmi nei giorni in cui scrivo, che sono quelli del referendum sulla fecondazione assistita.
Mi incantano le parole di Luca 1, 19: “Io sono Gabriele, che sto al cospetto di Dio e sono stato mandato a parlarti e a portarti questo lieto annuncio”. Un messaggero che va bene – io credo – per ogni prova umanamente invincibile. “Lieto annuncio” è lo stesso di buona novella, evangelion. Prego Gabriele di andare anche da quanti dicono di non credere al Vangelo.
L’angelo dell’annuncio a Maria preferisco chiamarlo “angelo del concepimento di Gesù”. Ed è Gabriele, ancora lui a un capo della scena più contemplata con gli occhi del corpo e dell’anima dai cristiani di Oriente e di Occidente. Forse l’unico tra gli angeli dei Vangeli che tutti conoscono, avendolo visto almeno in Giotto, Simone, Piero, Donatello e nelle icone orientali. O nell’Angelico,  insuperabile nel sognare gli angeli. O scolpito a Venezia sul ponte di Rialto.
Essendo Gabriele il più noto e l’unico chiamato per nome, lo indirizzo da chi sa meno, a chi non ha letto i Vangeli e a chi ha bisogno di essere risvegliato al sentimento cristiano. C’è una mezza possibilità che almeno Gabriele lo riconoscano. Il suo linguaggio è ben noto: “Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te” (ivi 1, 28).

Tre ambasciatori in sogno
per Giuseppe il giusto

Un angelo “ritto alla destra dell’altare dell’incenso” parla a Zaccaria e un altro annuncia “a una vergine che si chiamava Maria”, ma tre vengono mandati al povero Giuseppe! Mi sono convinto, col procedere della mia amicizia con gli angeli, che li devo mandare da chi ne ha più bisogno, come certo era il caso di Giuseppe il giusto.
“Mentre stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: Giuseppe, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo” (Matteo 1, 20). Ci sono momenti in cui uno nulla intende di sé e della vita, e solo un angelo può venirgli in aiuto nel sonno, o in sogno. “Il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno” dice del pane il Salmo 127 e quanto più dunque quella promessa varrà per le parole di vita. Io dico a quell’angelo: la tale mia amica è nella confusione, vai da lei nel sonno e dille “non temere”.
Chiamo “angelo dell’avvertimento” quello che “apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto” (ivi 2, 13). Un angelo adatto, io credo, ad avvertire dei pericoli i figli e le figlie di Eva che camminano inconsapevoli per il mondo, specie i giusti che mai sospettano della cattiveria altrui.
Angelo del “ritorno in patria” chiamo l’altro che “apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nel paese d’Israele, perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino” (ivi 2, 19-20). Questo “angelo del Signore” mi appare ben indicato per quanti devono tornare sui loro passi, recuperare un amico o il partner, un figlio o un fratello e non osano perché non sanno che il pericolo è cessato, che è mutato l’animo dell’altra parte, o che possono mutare il proprio.

“Ecco vi annuncio
una grande gioia”
L’angelo della nascita di Gesù è tra le statuine del presepe che faccio da trent’anni  con il più piccolo dei figli. Lo mettiamo sulla capanna, come guida dei pastori alla mangiatoia. “Non temete, ecco vi annuncio una grande gioia” (Luca 2, 10): gaudium magnum. E’ presa da qui la formula dell’annuncio del nuovo papa, “nuntio vobis gaudium magnum“.
Lo mando a chi accoglie un figlio e magari non sa che può essere comunque una grande gioia diventare padre o madre. Ma lo mando anche a chi è cristiano e pare viva tristemente la sua vocazione, perché sappia che in essa è grande gioia. A tal fine tanto lo mando agli altri quanto lo richiedo per me, questo messaggero della perfetta letizia.
“E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio e diceva: gloria” (ivi 2, 13-14). Nessuna difficoltà a muovere una “moltitudine” di angeli, invece di uno solo: provare per credere. Gli angeli del resto sono innumerevoli, come risulta anche solo da questo passo di Luca.
Li intuisco meglio come moltitudine che come singoli. Persino gli “angeli custodi” li penso al plurale. In fondo Gesù non ha detto che ne abbiano uno per ciascuno. Ha detto, a proposito dei bambini: “I loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio” (Matteo 18, 10). Gli angeli che si occupano dei bambini li immagino come le maestre indaffarate che si occupano in team degli scolari.
Una moltitudine di angeli è ben indicata per un’occasione di festa. Una mamma sorpresa dalla maternità che decide di tenere il bambino, ecco un motivo di festa grande per la quale non badare a spese. Gli angeli cantori li vedo bene intorno alle nascite, come quella volta sul campo dei pastori. Anche intorno alle culle della fecondazione assistita, perché ogni vita viene da Dio.

“Gli si accostarono
e lo servivano”
Dalla moltitudine al team: siamo arrivati agli angeli del ristoro, o della refezione. Sono quelli di Matteo 4, 11: “Allora il diavolo lo lasciò ed ecco gli angeli gli si accostarono e lo servivano”. Gran bisogno che abbiamo oggi di queste creature del catering in un mondo dove c’è più fame che mai. Aumentano le risorse ma anche le bocche e gli affamati non sono stati mai tanto numerosi sulla terra.
L’angelo consolatore del Getsemani è quello cui più spesso mi rivolgo. Non c’è chi non pianga, chi non tema la morte. Darei tutti gli altri messaggeri per tenermi questo: “Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo” (Luca 22, 43). Consola Gesù quando noi tutti l’abbiamo abbandonato. Egli dunque è adatto a tenere compagnia a chi è solo nella prova.
Ma è un tipo anche quello che tratta la morte con bella disinvoltura: “Ed ecco che vi fu un gran terremoto: un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa” (Matteo 28, 2). Una realtà abbagliante: “Il suo aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve” (ivi 28, 3). E’ bello che sieda sulla pietra. Fa bella la pietra su cui siede. Quanto lavoro per questo bonificatore dei sepolcri!
Com’è attraente la lingua dell’angelo che parla alle donne: “Non abbiate paura, voi! Non è qui. E’ risorto. Venite a vedere il luogo dove era deposto” (ivi 28, 5-6). Questo bell’amico è da mandare a quanti cedono allo spavento della tomba e alla tentazione di abbandonare la fede a motivo del continuato trionfo della morte. Essa è stata sconfitta, ci è stato detto, ma noi vediamo che il suo pungiglione continua a tormentare i viventi, donde l’importanza del messaggero inviato a rincuorare: “Non abbiate paura, voi!”

“Donna,
perché piangi?”
Noi abbiamo sempre paura di fronte alla morte e anche quando ci è dato di non sentirla – forse solo perché incapaci di avvertire due sentimenti in una volta – non troviamo il coraggio di dire a chi trema “non abbiate paura”. Quell’angelo è fatto apposta per portare quel messaggio.
La splendente presenza dei messaggeri del cielo a volte la percepiamo tra il pianto: “Mentre piangeva Maria si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: donna, perché piangi?” (Giovanni 20, 11-13).
Alla madre di Nain Gesù aveva detto un giorno di “non piangere”. Le creature di luce che domandano a Maria “perché piangi” parlano la stessa lingua, che è quella della promessa della risurrezione. Chiederemo a loro di ridirla, quella promessa, ogni volta che la nostra parola si confonde alla vista delle lacrime.
Ma è giusto che uno si trastulli con gli angeli, mentre il mondo si dilania sulla fecondazione assistita? Ho scelto per il “non voto” e chiedo all’angelo dell’avvertimento di segnalare a me e a tutti l’intero mistero della vita nascente, sia negli aspetti che sollecitano l’aiuto della scienza sia in quelli che ne sconsigliano l’invadenza.

Luigi Accattoli
Da Il Regno 12/2005

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