L’aiuto che può venire da una nipotina
Ho una nipotina che si chiama Caterina – detta Catò – e dedico questa puntata alla meraviglia con cui guarda il mondo, volendo dire che lo sguardo dei piccoli è una risorsa dell’umanità, la più sorgiva, che a ogni nascita ci soccorre. Dagli occhi degli innocenti sentiamo echeggiare il monito di Gesù: «Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei cieli» (Mt 18,3).
Quel monito lo riascolto ogni volta che prendo in mano il telefonino, perché ho messo la foto di Caterina a sfondo dello schermo: da essa lei mi guarda serena e attenta, mentre la fotografo con il cellulare, il giorno in cui compie un anno. Non ha paura, è quasi divertita. Ma soprattutto vorrebbe capire, almeno un poco, quello che sto facendo. Avverte una novità nel mio gesto ed è intenta a esso.
Bambini e innocenti di tutte le età
Ecco che cosa soprattutto mi attira, nello sguardo dei bambini: la curiosità, la loro attenzione. Un qualcosa che non è solo dei piccoli, ma è tipico loro.
I bambini quella capacità di sguardo l’hanno in dono. Noi adulti la ritroviamo quando siamo innamorati, attratti da un’amicizia, mossi da un evento o feriti dalla vita, se la ferita non ci fa cattivi. Una capacità di vedere dove guardiamo che dice disponibilità, interesse, prontezza a capire, ad ascoltare, a interagire.
Per recuperare la luce che i nostri occhi avevano da bambini e vedere e dire che vediamo, noi adulti dobbiamo uscire dalla corazza che abbiamo indossato, togliere i chiavistelli, affacciarci sul mondo e sugli altri. Vedere e farci vedere, mostrare sentimenti e cogliere il sentimento altrui. Solo i puri di cuore non hanno bisogno di tutte queste operazioni per diventare come bambini, perché sono già convertiti. Bambini e convertiti sono come gemelli.
Non so se la parola giusta è stupore, per indicare il dono d’anima che hanno i bambini e gli innocenti di tutte le età. Ma voglio indicare quella «presenza» che avvertiamo nello sguardo di chi segue un accadimento sconosciuto, o che va oltre la sua aspettativa. Rivedo gli occhi dei miei figli, la prima volta che sono venuti con me su un aereo. Penso a chi guarda con tutto se stesso e non sa dove lo porterà quello che vede. Non c’è altra immagine del volto umano che più mi affascini.
Meraviglia, sorpresa, stupefazione, incanto e incantamento, rapimento: non finirei di cercare le parole. Ma forse mi spiego meglio raccontando gli accadimenti dello stupore.
I genitori che guardano il bimbo che per la prima volta cammina. E il piccolo che cade seduto e batte le mani. Catò che si entusiasma davanti allo specchio e lancia bacetti a se stessa toccandosi la testa invece della bocca. Matilde a 4 anni quando sente suonare e poi vede arrivare Isa vestita da Babbo Natale.
Beniamino a Venezia, sulla prua del vaporetto, che guarda e domanda: «Ma qui è ancora Italia?».
Agnese e Valentino che per la prima volta vedevano fioccare la neve dal finestrino del treno, tra Foligno e Spoleto, e si giravano con gli occhi stellanti a raccontare quella meraviglia. Ancora Miriam che batteva le mani a ogni svolta dell’Aurelia che le permetteva di ritrovare il mare, il nuovo amico scoperto quella mattina.
E ancora Matilde quella sera di Natale in cui andavamo da Nettuno a Latina, nella strada già buia, in automobile e superammo un Babbo Natale che faceva la nostra stessa strada su una carrozzella tirata da un cavallo. Lei aveva sentito dire che in quella notte sarebbe venuto e ora l’aveva visto, che stava arrivando! Non parlò più per tutta la sera finché non vide i regali che «quel» Babbo Natale aveva «lasciato» sul terrazzo, facendo appena tintinnare un campanello. Non finiva di esclamare «è venuto, è venuto!».
«Lasciatevi sorprendere da Cristo»
I bambini che gridano quando aprono i doni. Chi ha figli e nipoti accumula queste felicità.
La sorpresa della piccola mendicante, che riceve una manciata di spiccioli e apre occhi e bocca per ridere al passante che glieli ha dati.
I bambini amano le sorprese. Le riscoprono gli innamorati. Farne una al giorno tiene sveglia la coppia. E in questo c’è senz’altro un insegnamento. «Lasciatevi sorprendere da Cristo» ha detto il papa ai giovani, a Colonia.
Basta una parola di Gesù a riempirmi di stupore per una giornata: «Voi siete tutti fratelli». Per lasciarmi sorprendere, almeno per qualche momento, a me basta pensare a una sua parola, una qualsiasi. Anche la più piccola: «Fanciulla, alzati!» (Lc 9,54), «Avete qui qualcosa da mangiare?» (Lc 24,41).
Non è mai a corto di meraviglie chi ha la fortuna di aver imparato a memoria un poeta o uno dei Vangeli. Insegnamento che ci viene da chi, negli anni, sa mantenere desto lo stupore. Invito a imparare quell’arte, perché saggio è colui che si stupisce. Tra chi dice che dovremmo stupirci d’ogni cosa e chi ci invita a non stupirci di nulla, io non ho incertezze e mi metto con i primi.
Mi metto anzi con i ragazzi che vanno per il mondo, a vedere i deserti e le nevi. Cercano le città più grandi per averne un più grande stupore. Non sarò certo io a dar loro torto, dal momento che la vita mi ha portato – di sua iniziativa – qua e là per il pianeta. Ma forse anche a motivo dei tanti giri per il mondo sono infine arrivato alla convinzione che non sono necessarie le grandi cose per derivarne una grande meraviglia: occorre piuttosto quella capacità di sguardo che dicevo e che basta da sola a fare grande ogni vista.
Felicità dei piccoli quando stanno davanti
Le due facce della meraviglia – di chi dice che tutto è meraviglioso e di chi non incontra nulla che meriti questo aggettivo – io le vedo come quelle di Giano, costrette a guardare in direzione opposta mentre la creatura bifronte fa la sua strada.
Giano è ognuno di noi. La faccia che sta davanti di tutto e si meraviglia, e quella che viene dietro di nulla perché crede di avere già visto. Capita che a un’età, diversa per ognuno, scatti il convincimento d’avere visto quello che meritava d’essere visto. Si sceglie allora di stare dietro, anche per non prendere vento. E mentre la prima faccia racconta, la seconda fa di sì, di sì. Ma non crede che valga la pena dare un’occhiata, o che possa accadere qualcosa di nuovo.
E non vale la scusa d’avere già visto: chi non si meraviglia alla vista del Po o dell’Etna vuol dire che non provò meraviglia neanche la prima volta che li vide. Perché chi si meravigliò facilmente ritroverà la meraviglia per cui è passato.
Felicità dei bambini quando stanno davanti.
«Finestra o corridoio?», chiedono allo sportello dell’Alitalia e io dico sempre «finestra».
Gran divertimento a vedere il mondo dall’alto: l’Argentario con le tre corde che lo legano all’Italia come la navicella alla mongolfiera, lo Stromboli che fuma sul mare, Assisi aggrappata al Subasio. Le isole della Dalmazia a specchio del mare come perle su un tavolo di vetro.
Tante volte ho visto Roma dall’aereo, ritrovando persino la via dove mi aspettavano la sposa e i figli. Una volta ho visto Gerusalemme.
«Sotto di noi a destra il monte Olimpo» dice il capitano. E uno non crede a quello che vede.
Incredibile spettacolo salendo da Antofagasta – in Cile – alla vetta delle Ande, con l’aereo che sembra sfiorare prima il deserto di Atacama poi la neve che lo ricopre come un cappello.
Gran fortuna dei genitori che vedono crescere i figli passando di meraviglia in meraviglia. E così riscoprono il mondo con gli occhi dei piccoli che il Signore ha loro affidato e ne godono lo stupore come un dono quotidiano. È forse la più grande tra le ricompense dei padri e delle madri.
Imparare ad amare a occhi aperti
Belli i bambini quando ti aiutano a fare il presepe. La statuina che li attira di più è quella del pastore che si meraviglia: ha posato a terra il cesto con le formaggelle, sta lì mezzo inginocchiato, con le braccia allargate e gli occhi spalancati.
Nella confusione dei messaggi, sarà lo spirito della meraviglia a cogliere qualcosa. «I concetti creano gli idoli, solo lo stupore conosce», diceva Gregorio di Nissa (La vita di Mosè, PG 44,377B): una frase bellissima, che piaceva un mondo a don Luigi Giussani e che gli industriosi ciellini hanno fatto conoscere a tutti.
L’innamorato che vede ingrandito negli occhi di lei il proprio stupore.
La meraviglia dell’amata che si specchia negli occhi dell’amato.
L’incanto dei due quando imparano ad amare a occhi aperti.
«Amore e maraviglia e dolce sguardo», dice Dante a nome di tutti (Paradiso XI, 77). «Maraviglia con la “a”!», dice un Benigni commosso.
Lo stupore può confinare con lo spavento: gli occhi di chi guarda un incendio che si avvicina. I bambini affascinati dai leoni allo zoo safari.
La faccia di quelli che videro Lazzaro uscire dal sepolcro.
O sorprese più quotidiane: mia meraviglia di trovare, in viaggio, persone mai viste che mi riconoscono e ricordano qualche mia parola scritta in un libro, o detta una sera in una sala.
Il vescovo Tonino Bello una settimana prima che morisse, pieno di stupore a sentire Isa che gli diceva d’averlo ascoltato in duomo a Milano e d’aver letto tutti i suoi libri: «E io neanche sapevo che c’eri!».
Quando un volto si specchia in un altro volto
Mia gioia grande a vedere le facce della folla, quando seguo i papi per il mondo. Lo spettacolo degli occhi ridenti, delle mani che salutano. Nulla m’incanta quanto un volto che riconosce un altro volto e si specchia in esso.
Che sarà Signore – nel tuo giorno – quando ritroveremo ognuno che abbiamo conosciuto, dimenticato o mai incontrato e scopriremo che tutti li conoscevamo in te!
La meraviglia che vivremo vedendo Dio. Ci è stato detto che lo vedremo faccia a faccia.
Luigi Accattoli
da Il Regno 2/2006