“Civis romanus sum”: Paolo parla come le vittime di Verre

Amici belli, il gruppo di lettori della Bibbia che si riunisce a casa mia con il nome di “Pizza e Vangelo” lunedì 11 giugno – dopodomani – legge dal capitolo 22 degli “Atti degli Apostoli” la forte rivendicazione della cittadinanza romana da parte di Paolo: “Sono romano e lo sono di nascita”. Un po’ come le vittime di Verre nella narrazione di Cicerone. Vedremo di fare luce su questa condizione di cittadino romano dell’Apostolo e sul fatto che – a differenza di Gesù – Paolo non rinuncia a difendersi quand’è accusato e quando viene portato davanti ai tribunali. La cosa è molto interessante! Nei commenti la scheda inviata ai partecipanti, il testo che leggeremo, l’invito di venirci a trovare rivolto a chi si trovi a Roma.

26 Comments

  1. Luigi Accattoli

    Nella Fortezza Antonia. Fallita l’apologia davanti alla folla dei Giudei osservanti che l’avevano cacciato dal Tempio, Paolo è di nuovo salvato dalla guarnigione romana che per sottrarlo al linciaggio lo portano nella Fortezza Antonia e minacciano di interrogarlo a colpi di flagello. A questo punto l’apostolo si dichiara cittadino romano e afferma di esserlo per nascita. Il comandante della Fortezza per conoscere “la realtà dei fatti” il giorno dopo fa condurre Paolo davanti al Sinedrio. Al capitolo 23 vedremo la nuova apologia di Paolo davanti al Sinedrio, ma per ora ci fermiamo qui, proponendoci di cavare il massimo di informazioni dalla rivendicazione della cittadinanza romana da parte di Paolo. “Io mi appello a Cesare” dirà l’apostolo al capitolo 25, chiedendo di essere giudicato da un tribunale imperiale: infatti tra i diritti del “cittadino romano” c’era quello di non essere passibile di condanna a morte, se non a seguito di un regolare processo. Quell’appello ha nel nostro brano la premessa, ovvero il fondamento giuridico.

    9 Giugno, 2018 - 23:05
  2. Luigi Accattoli

    Situazione forte di Paolo. Nel corso del capitolo 23 apprenderemo che Paolo ha in Gerusalemme una sorella e vedremo un nipote che l’aiuta a scampare da un complotto dei Giudei. Arriviamo così a farci una buona idea della situazione forte di Paolo: parla sia il greco sia l’aramaico, è “romano” di nascita, ha un parentado che lega le due patrie di Tarso e di Gerusalemme. La “passione di Paolo” è esemplata su quella di Cristo, ma Paolo non è indifeso come il Maestro e non rinuncia affatto a difendersi. Le comunità cristiane della seconda metà del primo secolo, quali sono attestate dalle narrazioni del Vangelo di Luca e degli Atti degli Apostoli, hanno già chiara la possibilità di molteplici tracciati di vita apostolica. Si può andare di villaggio in villaggio come faceva Gesù, o si può andare per capitali, come fa Paolo. Si può restare inermi di fronte alle aggressioni o ci si può difendere con ogni lecito strumento.

    9 Giugno, 2018 - 23:06
  3. Luigi Accattoli

    Atti 22, 22-30. Fino a queste parole erano stati ad ascoltarlo, ma a questo punto alzarono la voce gridando: “Togli di mezzo costui; non deve più vivere!”. 23E poiché continuavano a urlare, a gettare via i mantelli e a lanciare polvere in aria, 24il comandante lo fece portare nella fortezza, ordinando di interrogarlo a colpi di flagello, per sapere perché mai gli gridassero contro in quel modo.25Ma quando l’ebbero disteso per flagellarlo, Paolo disse al centurione che stava lì: “Avete il diritto di flagellare uno che è cittadino romano e non ancora giudicato?”. 26Udito ciò, il centurione si recò dal comandante ad avvertirlo: “Che cosa stai per fare? Quell’uomo è un romano!”. 27Allora il comandante si recò da Paolo e gli domandò: “Dimmi, tu sei romano?”. Rispose: “Sì”. 28Replicò il comandante: “Io, questa cittadinanza l’ho acquistata a caro prezzo”. Paolo disse: “Io, invece, lo sono di nascita!”. 29E subito si allontanarono da lui quelli che stavano per interrogarlo. Anche il comandante ebbe paura, rendendosi conto che era romano e che lui lo aveva messo in catene. 30Il giorno seguente, volendo conoscere la realtà dei fatti, cioè il motivo per cui veniva accusato dai Giudei, gli fece togliere le catene e ordinò che si riunissero i capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio; fece condurre giù Paolo e lo fece comparire davanti a loro.

    9 Giugno, 2018 - 23:06
  4. Luigi Accattoli

    Civis Romanus. Nella “Actio secunda” contro Verre (2, 5, 66) Cicerone riporta l’orgogliosa e ripetuta rivendicazione della cittadinanza romana da parte delle vittime di Verre: sottoposte a giudizio, facevano valere quell’appartenenza e i suoi diritti. “Legare un cittadino romano è un crimine, flagellarlo un abominio, ucciderlo quasi un parricidio”, commentava Cicerone. “Civi romanus sum”: sono cittadino romano. Sempre Cicerone riferisce di quella rivendicazione nel “De imperio Cnei Pompei” 5, 11. Il processo a Verre è del 70 avanti Cristo, la dichiarazione di cittadinanza romana da parte di Paolo è del 59 dopo Cristo. Centoventinove anni le dividono: ma dopo quel secolo e più la condizione di “cittadino romano” era ancora rara nelle province dell’Impero fuori dall’Italia. – Paolo aveva già fatto valere la sua cittadinanza romana in Atti 16, 37; e tornerà a evocarla in Atti 25, 10-12.

    9 Giugno, 2018 - 23:07
  5. Luigi Accattoli

    Siete tutti invitati. Da gennaio propongo ai visitatori del blog i testi che affrontiamo nel gruppo biblico [il gruppo c’è da 17 anni] perché chi può tra i visitatori mi dia una mano nella preparazione della lectio. Ma faccio questa segnalazione anche perché chi è a Roma o capita a Roma nei nostri lunedì venga alle nostre serate. Chi volesse esserci mi mandi un’e-mail e io gli dirò il dove e il come. Saremo felici di avere nuovi ospiti: c’è pizza per tutti. Chi non può venire provi a unirsi a noi in unità di tempo e di ruminazione delle stesse Parole.

    9 Giugno, 2018 - 23:09
  6. Beppe Zezza

    La chiave di lettura del diverso comportamento di Paolo e di Gesu’ di fronte alle accuse sta nella consapevolezza che entrambi hanno di quella che è la volontà del Padre per loro.
    Per Gesu’ di “dare la Sua vita sulla croce” , per Paolo di “rendere testimonianza fino a Roma”.

    10 Giugno, 2018 - 11:07
  7. Clodine-Claudia Leo

    Il fatto che Paolo fosse nativo di Tarso, un punto strategico dal punto di vista del commercio, col suo fiorente porto, ai confini dell’Asia e del mondo semitico, ricco di culture- città multietnica- sulle quali dominava incontrastata quella Ellenica con scuole e centri culturali in cui si respirava tanta filosofia stoica, dicevo, contribuì tantissimo alla sua formazione. Il padre Crisippo e il discepolo di questi, Zenone facevano parte della colonia ebraica di una certa rilevanza: una famiglia verosimilmente facoltosa. Di una cosa siamo certi: il futuro Apostolo, mai frequentarono scuole pagane. Guardava con disgusto le processioni di quest’ultimi, le richieste con pretese di legittimazione alle loro proposte di vita a dir poco oscene, un po’ come avviene negli odierni gay pride che inneggiano agli uteri in affitto per costruire famiglie arcobaleno. Penso che Paolo inorridirebbe nel vedere come certi sedicenti “seguaci” di Cristo non se ne sentano turbati, anzi si compiacciono di simili nefandezze.(chiudo chiosa)

    10 Giugno, 2018 - 20:10
  8. Clodine-Claudia Leo

    Certo, la cittadinanza romana ereditata da Crisippo -al nome ebraico Saul si aggiunse il cognome romano Paolo- come si usava allora dalla borghesia ebraica contò molto. Il fatto che vi si appellasse , quando nel 58 venne consegnato nelle mani del governatore Felice, a Cesarea, malgrado la difficoltà nel voler motivare giuridicamente una condanna che i Giudei volevano gli fosse inflitta proprio come fu per Nostro Signore Gesù Cristo mandò, alle lunghe il processo. Che riprese, però, due anni dopo, sotto il governatore Festo e, deferito su sua precisa richiesta al tribunale dell’imperatore testimonia il coraggio, la tempra, la fede indiscussa di questo gigante. Se si pensa che -superate le peripezie del viaggio al limite dell’umano: da Sidone a Creta a Malta- arriva nella Urbe, che ospitava una numerosa comunità di Ebrei fin dal III secolo a.C, e si mette a disposizione delle comunità cristiane, non prima di aver evangelizzato i Giudei. Ospitato per due anni dai fratelli nella fede il tutto scritto in Atti che riferiscono tutti questi fatti. Prende dimora in via Lata,presso via del Corso -i sotterranei della chiesa di Santa Maria in via Lata conservano un edificio di epoca romana (di cui incerta è la destinazione d’uso abitativa/edificio pubblico) e la cui datazione si fa risalire al periodo adrianeo (I sec. d.C.) pertanto la tradizione identifica in questo edificio la casa di san Luca, in cui a Paolo venne concesso di abitare con un soldato di guardia, nella cripta è custodita la colonna attorno alla venne incatenato sulla quale troneggia l’incisione della frase di Paolo (2 Tim 2, 9) “VERBUM DEI NON EST ALLIGATUM” , ovvero: “LA PAROLA DI DIO NON E’INCATENATA .-

    Dopo di che all’improvviso, tutto si arresta bruscamente….

    10 Giugno, 2018 - 20:12
  9. Clodine-Claudia Leo

    In realtà non sappiamo niente sulla morte di Paolo se non che subì il martirio presso le Tre fontane, a Roma ,per decapitazione ma con quale accusa? Se a Gerusalemme fu quella di turbare l’ordine pubblico a Roma?

    La morte avviene verso l’anno 64-67 a quanto sembra senza alcun rapporto con la persecuzione di Nerone forse addirittura prima che questa iniziasse. Se gli Atti, dicevo, ci forniscono un’idea di quella che fu per 20 anni la sua attività missionaria che possiamo immaginarcela leggendo i racconti , in realtà sulla condanna si avanzano delle ipotesi. Tacito, Annales, 5,44, e
    Seneca, maestro del giovane Nerone, descrissero i supplizi fatti infliggere dall’imperatore ai cristiani.
    Ma si suppone che a due anni della prigionia a cui seguì la condanna, il nostro si sarebbe allontanato da Roma: evaso avrebbe raggiunto Timoteo e, in base alle epistole Timoteo/Tito, emergerebbero alcune tappe che avrebbe condotto Paolo a passare per Creta, Efeso, la Macedonia, Filippi e Tessalonica, Nicopoli, Corinto, Mileto, Troade, dove sarebbe stato arrestato e nuovamente condotto, prigioniero, a Roma, infine,ucciso.
    Abbastanza verosimile conoscendo l’audacia e il coraggio spinto all’estremo per l’amore incandescente che nutriva per Cristo e il Vangelo..

    10 Giugno, 2018 - 20:14
  10. Clodine-Claudia Leo

    @ corrige ” Di una cosa siamo certi: il futuro Apostolo, il padre Crisippo e Zenone, mai frequentarono scuole pagane”.

    10 Giugno, 2018 - 20:19
  11. Clodine-Claudia Leo

    Un’ultima cosa, forse di nessuna utilità, ma che tuttavia a mio avviso giustificherebbe la motivazione sul perché Paolo a differenza di Gesù non rinuncia a difendersi. Penso che il motivo dipendesse da una presa di coscienza, sostanzialmente, o dalla consapevole Verità legata alla Resurrezione. Perché se è vero che nessuno degli Apostoli assistette a questo evento a Lui, invece, Cristo si rivelò in tutta la sua portata cosmica sulla via di Damasco. Non è cosa di poco conto in quanto se è vero che la morte di Gesù gettò i primi discepoli nello sconforto e nella paura, per Paolo, non credente al contrario la Resurrezione toccata con mano come si tocca un tizzone ardente rappresentò una svolta decisiva nella storia del mondo perché ha per oggetto il ristabilimento di tutte le cose nel loro ordine primordiale sconvolto dalla caduta. Cristo ha trionfato e questa certezza, che è il perno di tutta la sua predicazione tanto da fargli dire :” non c’è dunque ora nessuna condanna per coloro che sono in Cristo Gesù ” , è come entrando nell “‘uomo nuovo” avesse scrollato via assieme a quello vecchio la tirannia della carne. In questa prospettiva non c’è spazio per un probabile ” timore”, perché non a lui non preme difendere tanto sé stesso quanto quel Cristo di cui è totalmente invasato….Cristo ha preso possesso di quest’uomo…così come prende possesso di ciascuno, sostanzialmente e autenticamente nella fede.

    11 Giugno, 2018 - 10:00
  12. Clodine-Claudia Leo

    Infatti, riflettendo sui primi discepoli, questi riconobbero nella carriera di Gesù, solo due periodi separati dalla morte:quello del suo ministero terrestre e quello dell’esaltazione fino al giorno della Parusia. Paolo invece ne individua un terzo: l’INCARNAZIONE-

    Infatti: se per i cristiani di Gerusalemme, l’uomo Gesù, figlio di Davide per la carne, diviene figlio di Dio nel momento del Suo sacrificio. Per Paolo , Cristo, prima di vestire carne umana – e alla sua nascita era ben lungi dall’attribuire qualunque risvolto miracoloso men che meno eventuali “verginità- Egli è già Figlio di Dio e consustanziale al Padre, poiché “In LUi sono state fatte tutte le cose” (Col 1,16) .
    Prtanto la sua opera Redentrice non è che il secondo atto della creazione…trovo questo “svolgimento” del piano divino una intuizione tutta Paolina di grande interesse, a mio avviso.

    11 Giugno, 2018 - 10:23
  13. alphiton

    Da quanto scrive la sig. ra Leo Paolo sarebbe figlio di Crisippo, ma si tratta di una notizia priva di fondamento. La paternità di Paolo/Saulo è ignota e non sono conosciuti i motivi per cui il padre o il nonno ottennero la cittadinanza romana da lui ereditata.

    Alberto Farina

    11 Giugno, 2018 - 21:57
  14. Clodine-Claudia Leo

    Non figlio biologico, la cronologia di Paolo è tutta incerta, intendevo riferire ad paternità spirituale avendo frequentato quasi certamente la scuola filosofica di Crisippo che a detta di Senofonte era, tra gli stoici, il più seguiti dai giovani cittadini facoltosi di Tarso. E Paolo lo era, sia cittadino che facoltoso e il fatto, certo, che mai frequentò scuole pagane lo testimoniano la padronanza della lingua greca, l’ ottima retorica,il metodo della “diatriba” piuttosto che tema stoico dell’autàrcheia rintracciabile in Fil 4,12. Indizi che danno la temperatura del clima culturale tutto crisippiano in cui era immerso.
    Da questo si deduce la sua filiazione con Crisippo che è abbastanza attendibile, rintracciabile, anche, in autori coevi come Dione di Prusa.
    Anche Socrate aveva il suoi figli spirituali..

    L’unico riferimento preciso e sicuro di cui la storiografia dispone,su Paolo di Tarso e di cui siamo in possesso, ci è fornito da una iscrizione di Delfi relativa a Gallione, proconsole d’Acaia al cui tribunale di Corinto gli ebrei nel 51-52 presentarono l’accusa contro di Lui. Per il resto,paternità, parentado, la sorte della sorella o del fratelli -non si sa se di quale grado se cugini o meno, tra i quali si menziona Rufo si sa pochissimo.

    E poiché “Atti” informano di una formazione religiosa non a Tarso ma Gerusalemme “ai piedi di Gamaliele”, ebbene, anche di questa si dubita fortemente a motivo del fatto che mai mancò, il nostro , di invocare per sé titoli di nobiltà ebraica e farisaica, né del resto fa mai alcun accenno, nelle epistole, a Gamaliele.

    12 Giugno, 2018 - 8:21
  15. Clodine-Claudia Leo

    Poi sa una cosa caro farina? Trovo riduttivo che una persona “profonda” come lei sia così attenta alla paternità di Paolo di Tarso.

    Che Crisippo si attesti come padre putativo di San Paolo è fatto riconosciuto dalla storia- ma quand’anche fosse stato il padre biologico o un semplice maestro, non credo rappresenti un affare di stato.

    La grandezza di San Paolo, credo, risiede in fatti ed eventi di ben altra portata…

    12 Giugno, 2018 - 8:50
  16. alphiton

    Il problema non è che io sia attento alla paternità di Paolo di Tarso, ma di riferire quelli che tecnicamente vengono detti “realia” (notizie certe e verificate).
    Anche definirlo “padre putativo” mi sembra francamente eccessivo, se non altro per l’aspetto cronologico, visto che Paolo è posteriore di più di due secoli. Oltre tutto Crisippo si spostò da Tarso ad Atene e lì operò come filosofo. Il riferimento a Senofonte è del tutto sbagliato, essendo vissuto molto prima di Crisippo; forse si è confusa con qualche altro autore. Indubbiamente Paolo aveva una certa infarinatura di concetti e moduli espressivi della filosofia del suo tempo, in particolare dello stoicismo, ma il suo pensiero, nonostante qualche tangenza secondaria, non ha quasi nulla a che vedere con la filosofia greca, dalla quale egli prende nettamente le distanze. E nell’originalità del suo pensiero sta la sua grandezza…

    12 Giugno, 2018 - 12:58
  17. Clodine-Claudia Leo

    Guardi, farina, sappiamo perfettamente quando è nato e morto Crisippo, sappiamo anche dove nacque lui e i suoi natali, ovvero Tarso, sappiamo molto anche di Senofonte alle cui “memorabili” riflessioni su Socrate si abbeverò sia Crisippo che Zenone, che sono gli stoici a cui riferiamo in questo contesto..

    Mentre, al contrario , di Paolo non conosciamo né la data di nascita né quella di morte: è vissuto sotto l’impero di Augusto? (29 a. c -14 d.c) o di Tiberio (14-17) di Caligola (37-41) di Claudio (41-54) o di Nerone (54-68)? Come vede le date riportate hanno solo un valore ipotetico. Quando è nato Paolo, ce lo dica lei? il 10 dopo Cristo?

    Come vede, a fronte di ciò mi sembra evidente, e sarebbe ridicolo anche rammentarglielo, che all’appellativo di Padre putativo, che lei giustamente contesta, ha un valore di riferimento puramente fittizio, nominale, virtuale, spirituale…evidentemente.

    Bene ha fatto tuttavia a chiarirlo ed io vorrei chiarire qualcosa a lei, Farina:
    Paolo non aveva, come lei asserisce “una certa infarinatura di concetti e moduli espressivi ecc” , ma una profonda conoscenza della religiosità e cultura ellenistica e precisamente nelle sue forme orientali, nei “misteri” e nei sistemi di pensiero gnostico o addirittura pregnostico.. Concetti come : pneuma, gnosis, sophia, come pure l’ispirazione chiaramente dualista della sua antropologia -con opposizione fondamentale tra spirito e carne e le corrispondenti categorie di “spirituale ” e “psichico” o “carnale” (1 Corinzi 15,44)…
    Per non parlare della cosmologia, il trattato sulle “potenze” di questo mondo, ed tante altre nozioni di filosofia fondamentale apprese presso la scuola e i seguaci degli stoici facenti riferimento a Crisippo di Tarso e alla sinagoga ellenistica.
    D’altra parte, siccome lei Farina adora mettere i puntini sopra le “i” saprà che era contemporaneo di Filone per quanto con questi non condivise alcun pensiero tuttavia il concetto di Logos (astratto in filone) diventa per Paolo il Cristo storico. Potrei proseguire all’infinito nell’antologia…ma non serve. Mi fermo qui

    Le dico solo, Farina, come vede, che Paolo non abbia nulla a che vedere con la filosofia greca lo dice lei, ma non la storia, purtroppo per lei…

    12 Giugno, 2018 - 14:16
  18. Clodine-Claudia Leo

    Lei ha fatto bene a rettificare Farina …ci mancherebbe. Ho riferito di Crisippo in modo improprio per certi aspetti, anche se intendevo dire quanto in rettifica, a fronte della sua giusta osservazione. So di avere per formazione – ma probabilmente è un mio limite – una memoria selettiva, ovvero la tendenza a dare rilievo a quanto di un argomento ritengo cogente a detrimento di altro. Amo andare alla polpa, ma penso che sia buona anche la scorza.

    Cordiali saluti

    Leo

    12 Giugno, 2018 - 15:58
  19. alphiton

    Da Dizionario di Paoloe delle sue Lettere
    Voce: Filosofia
    Redattore: T. Paige

    “Sommario – E’ possibile che Paolo abbia usato un vocabolario filosofico per i suoi fini apologetici e didattici; egli non era però condizionato dal contenuto o dal metodo delle filosofie in voga. Come uomo del suo tempo era informato delle correnti intellettuali, ma la sua preoccupazione non era […] quella di conciliare il suo messaggio con la filosofia. Per l’apostolo ilvangelo era l’unico strumento per la sapienza divina”

    Mi sembra confermato l’uso puramente strumentale di terminologia, concetti, generi letterari di marca filosofica da parte di Paolo. Lei fa una grande confusione fra correnti filosofiche, religioni antiche, concezioni antropologiche, perdendo di vista l’incommensurabile diversità del messaggio di chi predicava Gesù, “scandalo per i Giudei, stoltezza per i Greci”.

    Quanto alla cronologia, pur sussistendo molti dubbi ed essendo state formulate molte teorie, il periodo che va dalla conversione, databile intorno al 33, alla morte deve essere durato circa trent’anni.

    12 Giugno, 2018 - 16:16
  20. Victoria Boe

    Gentile alphiton, mi consenta di dirle in tutta sincerità che io aderisco più facilmente a chi ama “andare alla polpa” pur ritenendo buona anche “la scorza”, piuttosto che a un dizionario filosofico che lei ingenuamente va a consultare.
    Stia attento, caro Albero Farina.
    Qui ci sono pozzi di scienza che potrebbero metterla in difficoltà nonostante “la memoria selettiva”.

    12 Giugno, 2018 - 17:04
  21. Clodine-Claudia Leo

    Tutto sommato Farina, il sommario non dice il falso -non conosco il testo citato- ma neppure del tutto il vero.
    Non sono io che faccio confusione, malgrado la memoria selettiva mi spinga ad andare alla polpa e scartare la scorza.
    Il problema purtroppo è a monte. Nessuno può contestare che ci troviamo davanti ad una eccezionale personalità, però attenzione, il paolinismo -constatazione che non è come sembra un truismo- è essenzialmente l’opera di Paolo. Ma lei converrà, Farina, che anche il più originale dei geni creatori è, in qualche modo, legato al suo tempo e all’ambiente in cui è vissuto, o no!? il problema dunque consiste nel ricercare le influenze che hanno contribuito a modellare il pensiero dell’apostolo o che, in maniera ancor più precisa, gli hanno fornito per qualche aspetto l’inquadramento generale e il materiale di base. Non si può ridurre tutto e dire (ma nessun ricercatore o storico serio lo farebbe) come dice lei, Farina, ” che egli fa un uso strumentale delle terminologie”, perché veramente dice una bestemmia, abbia pazienza.
    Ora, anche a me capita di dire frescacce ma questa è esagerata.

    Intanto la difficoltà in questa direzione, che è notevole, e a tutt’oggi al centro di discussioni e vivaci dibattiti spesso falsati sia un senso che nell’altro da degli a-priori confessionali o filosofici: ci viene proposta un’immagine di Paolo a seconda che a tratteggiarla siano i cattolici, i protestanti, gli ebrei, o gli agnostici piuttosto che i liberali, pertanto le divergenze -più che tra me e lei Farina che lasciano il tempo che trovano- non nascono da posizioni ideologiche degli addetti ai lavori quanto invece, in buona parte, riflettono la complessità dell’apostolo e quella dell’humus in cui è vissuto cresciuto e del quale si è nutrito e ricevuto l’imprinting.

    Se volgiamo aprire un serio confronto, apriamolo, ma così, volerlo spiegare artificiosamente come fa lei: bianco/nero scandalo/stoltezza, isolando l’Apostolo dal suo contesto storico è scorretto ed è una sciocchezza Farina. Non si fa! E’ opera vana. Bisogna invece cercare di comprenderlo proprio in rapporto a quel contesto storico nella sua globalità….

    12 Giugno, 2018 - 17:58
  22. alphiton

    Vista la sua profonda conoscenza di San Paolo, non si è nemmeno accorta che il binomio stoltezza /scandalo è proprio dell’apostolo (1 Cor, 1, 22-23). Se c’è qualcuno che fa confusione dal punto di vista storico è proprio lei col suo calderone in cui mette insieme Crisippo (padre putativo di Paolo vissuto 2 secoli prima!), Filone d’Alessandria, i culti misterici ed orientali, la gnosi e quant’altro.
    La ricostruzione storica si fa con serietà e rigore non mettendo insieme capre e cavoli. Il tema è comprendere se il pensiero di Paolo è un mix di contributi disparati tratti dalla cultura del suo tempo, o se l’apostolo, pur servendosi di tali contributi sia riuscito a creare un pensiero originale. E’ Paolo stesso con la famosa affermazione di cui sopra: “I Giudei chiedono segni, i Greci cercano sapienza, noi annunciamo Cristo crocifisso,
    scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani”. che rivendica l’alterità del suo pensiero rispetto al giudaismo e alla cultura greco / ellenistica. D’altronde se non ci fosse stata tale alterità, il pensiero di Paolo si sarebbe presto esaurito come tante correnti filosofiche e religioni del tempo. Poi facendo degli studi seri, si può e di deve verificare, con acribia e rigore storico, di che cosa si sia servito Paolo nelle sue formulazioni dottrinali, senza però dimenticare che “Cristo crocifisso” è il nucleo delle stesse. Non credo di avere altro da aggiungere.

    12 Giugno, 2018 - 19:07
  23. Clodine-Claudia Leo

    Forse non ha capito Farina,non c’è alcun bisogno, anzi, è del tutto banale che lei rivendichi la celebre locuzione, so perfettamente chi , quando è stata detta , il contesto e l’intero corollario.

    A me non piace il suo modo spicciolo di liquidare la questione. Per quanto mi riguarda seguo un metodo di studio che non è affatto un “calderone”, forse lo è per lei che ragiona a compartimenti stagni, io, al contrario, concepisco la storia come una concatenazione di pensieri, persone, ed eventi.

    Intanto se si deve parlare civilmente, visto che ci stiamo confrontando, inizi a non offendere io NON l’ho offesa e gradirei che certe considerazioni se le tenga per sé. GRAZIE!

    -e questo innanzi a tutto- visto che accenna all’acribia e al rigore storico ci sarà, credo, una genesi del pensiero dell’Apostolo, e questa da cosa prescinde scusi.

    Intelligenza mi fa dire che trovandosi, il nostro – ebreo, fariseo e nello stesso tempo nato in una città che era un centro importante di vita religiosa e intellettuale del paganesimo- al punto d’incontro di notevoli influssi. Credo che una impronta un’idea o ideologia alla quale opporre Cristo l’avrà maturata, o no!?
    Continua a parlare di alterità senza specificare rispetto a cosa.Fatico a capirla.
    Una certezza ci sorregge, il disprezzo per il paganesimo e per ogni forma di sincretismo. Lei insiste,continuando a sbagliare clamorosamente, sull ‘alterità del pensiero di Paolo rispetto alla cultura ellenica e giudaica.

    Ma io insisto e le ripeto che non è così.

    Non si accorge che lo dice lei stesso, non ne è consapevole? MI dispiace. Rifletta:
    Quando lei dice che “Cristo crocifisso è nucleo della sua predicazione”. Mi scusi, ma,l’idea di una vittima che si sostituisce ai colpevoli e che assume su di sé i peccati dei quali è innocente, non deriva direttamente dal pensiero ebraico? il sacrificio del Cristo prefigurato nell’agnello pasquale, non si lega nel suo profondo significato al rito del capro espiatorio? e per la teologia dei sacramenti? e suoi riti, dal battesimo all’Eucaristia? nella loro radice sono forse riti ebraici…Dove pensa che abbia intuito, l’Apostolo, la concezione di morte e resurrezione del Cristo. Dove quel : Non potete bere alla coppa del Signore e alla coppa dei demoni, prendere parte alla tavola del Signore e alla tavola dei demoni” (! Cor. 10,21), non è forse con questi termini pregni di cultura ellenica che di fronte ai misteri pagani proclama il mistero cristiano?

    Altre cose già dette che sembra le siano entrate in un orecchio e uscite dall’altro. Come fa non considerare nel pensiero di Paolo le difficoltà che non hanno nulla a che fare con una mia presunta “confusione” ma sono insite nello stesso Paolismo che più che un’amalgama è piuttosto una contrapposizione tra concezioni ebraiche e idee della cultura ellenica . Penso alla opposizione radicale tra la carne e lo spirito del tutto estranea al pensiero ebraico, stesso circa a presenza del demonio, per converso insegnare l’idea della Resurrezione del corpo ai suoi discepoli greci creerà non poche difficoltà tanto che negli Atti 17,31-32 vediamo che la sua missione tra gli ateniesi fallisce.

    Come vede, se un confuso c’è qui, è lei caro Farina., non io, che in proposito ho nozioni più che chiare.

    Non credo di avere, almeno con lei, e non solo, altro da dire.

    12 Giugno, 2018 - 20:56
  24. Clodine-Claudia Leo

    @ “Forse non ha capito Farina,non c’è alcun bisogno, anzi, è del tutto banale che lei rivendichi la celebre locuzione, so perfettamente chi , quando è stata detta , il contesto e l’intero corollario”

    Riferimento (1 Cor, 1, 22-23).

    12 Giugno, 2018 - 21:02
  25. alphiton

    L’alterita’ del messaggio di Paolo è confermata dal fatto che esso non fu accolto né dai Giudei né dalla cultura ellenistica.

    18 Giugno, 2018 - 21:25

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