Mi arriva Panorama dove leggo una pagina di tale Angelo Custode, che tratta della successione al cardinale Ruini alla presidenza della Cei. Il collega che scrive non solo non si firma con il proprio nome, ma procede per enigmi, mettendo in scena personaggi che non nomina e che il lettore dovrebbe indovinare sommando la propria malizia a quella dell’autore. Gli articoli che aveva scritto fino a oggi – a partire dal primo, che apparve se ricordo bene a fine dicembre – uno li leggeva con un certo disagio, sempre pensando all’intenzione nascosta che viene spontaneo attribuire a chi si nasconde. Ma ora siamo al colmo, io credo: un innominato che non nomina quelli di cui parla. Sarà questo gioco di specchi a distrarmi, ma pur facendo il vaticanista a tempo pieno non capisco la maggior parte delle allusioni. Che capirà un lettore casuale? Chi è – per esempio – il “vescovo importante” che ha “tre valletti permanentemente addetti alla sua casa e alla sua mensa”? Come fa Angelo Custode a sapere che “un cardinale del Nord”, anch’egli innominato, si è autocandidato a successore di Ruini inviando al papa una lettera che è arrivata insieme a una denuncia delle sue assenze dalla diocesi firmata da suoi preti? Ma Angelo Custode non si limita a dir male degli innominati, ne ha anche per tre che nomina senza esporsi, come fa il cecchino che spara restando al riparo di un muro. Il mestiere del giornalista è così folle – come un cammello che colpisce a tradimento gli uomini, direbbe Borges – che sua regola di base è che le affermazioni vengano firmate, specie quando muovono critiche, o accuse. Si riducono i rischi se uno si assume le sue responsabilità. Ma il nostro autore lancia il sasso e nasconde la mano: chi dunque custodirà il Custode?