Ho richieste da parrocchie per animare incontri “sinodali” in vista dell’apporto che le Chiese locali devono dare al “processo sinodale” triennale avviato da Francesco il 10 ottobre scorso e che culminerà nell’assemblea universale che si riunirà a Roma nell’ottobre 2023. Si tratta del Sinodo sulla sinodalità che – secondo uno schema nuovo, sta avendo una prima fase che ha come protagoniste le Chiese locali e andrà fino al prossimo 15 agosto. E’ a essa che devono dare un contributo anche le parrocchie. Nei commenti metto alcuni spunti informativi per aiutare chi può a darmi una mano.
Che fare in parrocchia per il Sinodo: chiedo spunti in vista di conferenze
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Il Sinodo sulla sinodalità potrebbe essere il capolavoro di Papa Francesco, che venerdì compie 85 anni. Questo Sinodo sarà il più lungo nella durata, il più vasto nel coinvolgimento, il più nuovo nelle modalità e non solo rispetto alle tre assemblee già convocate da Bergoglio, ma rispetto a tutta la storia dei sinodi che si sono tenuti fino a oggi, a partire dal Vaticano II : insomma, un Sinodo dei Sinodi, che nelle intenzioni del Papa argentino dovrebbe dare una scossa alla vita della Chiesa – che oggi appare per più aspetti indebolita – e spingerla a riprendere con lena la sua missione nel mondo.
“La Chiesa di Dio è convocata in Sinodo”: con queste parole solenni si apre il Documento preparatorio pubblicato il 7 settembre insieme a un vademecum operativo: due strumenti elaborati dalla Segreteria Generale del Sinodo dei vescovi per l’animazione della prima fase dell’itinerario sinodale. Il documento preparatorio ha lo scopo di guidare la prima fase di ascolto e consultazione del Popolo di Dio nelle Chiese particolari, mentre il vademecum è concepito come “un manuale” che offre “sostegno pratico” nell’impresa di preparare e riunire il popolo di Dio: fornisce fonti liturgiche e bibliche, preghiere online, esempi di recenti eventi sinodali, un vocabolarietto di termini per il processo da attivare.
https://www.vaticannews.va/it/vaticano/news/2021-09/testo-letto-in-italiano.html
https://www.synod.va/content/dam/synod/document/common/vademecum/IT-Vademecum-Full.pdf
Questa è l’intestazione ufficiale dell’impresa: “Percorso sinodale triennale per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”. L’obiettivo dell’iniziativa è stato così definito da Francesco alla vigilia del giorno di avvio, il 9 ottobre scorso: “Incamminarci non occasionalmente ma strutturalmente verso una Chiesa sinodale: un luogo aperto, dove tutti si sentano a casa e potranno partecipare”.
Il Sinodo sulla sinodalità è straordinario a tutti gli effetti. Non ha un tema fuori di sé, come gli altri Sinodi, che hanno trattato, per citare i più recenti, gli argomenti dei giovani, della famiglia, della nuova evangelizzazione, ma ha a tema la costruzione di una “Chiesa sinodale”: cioè ispirata al camminare insieme, perché la parola greca Sinodo questo significa.
Chiesa sinodale: ovvero comunionale, partecipata, valorizzante la collegialità e la consiliarità, attenta a promuovere il ruolo di tutte le componenti, laici e donne compresi. Capace di offrire a ciascuno – in particolare a chi si trova ai margini – “l’opportunità di esprimersi e di essere ascoltato”. Senza lasciare fuori dai riflettori nessun aspetto della vita comunitaria, interrogando tutti su tutto, compresi i modi e le strutture dell’esercizio del potere. Facendo emergere “pregiudizi e prassi distorte che non sono radicate nel Vangelo”. Queste sono espressioni del documento preparatorio.
Dieci parole. Quel documento suggerisce di partire da un’occhiata alla propria realtà: “Come il ‘camminare insieme’ si realizza oggi nella vostra Chiesa particolare?” A guida di quell’occhiata il documento propone dieci parole chiave per stimolare a una trattazione appropriata della “sinodalità vissuta”.
I compagni di viaggio: chi fa parte di quella che definiamo “la nostra Chiesa”, come pure chi sono i “compagni” al di fuori del perimetro ecclesiale o lasciati ai margini.
Ascoltare: i giovani, le donne, i consacrati, gli scartati, gli esclusi.
Prendere la parola: chiedersi se all’interno della comunità e dei suoi organismi viene promosso “uno stile comunicativo libero e autentico, senza doppiezze e opportunismi”.
Celebrare: in che modo preghiera e liturgia ispirano e orientano effettivamente il “camminare insieme” e come si promuove la partecipazione attiva dei fedeli.
Corresponsabili nella missione: come la comunità sostiene i propri membri impegnati in un servizio, ad esempio, nella promozione della giustizia sociale, dei diritti umani, della casa comune.
Dialogare nella Chiesa e nella società: ripensare i luoghi e le modalità di dialogo nelle Chiese particolari, con le Diocesi vicine, con comunità religiose e movimenti, con le istituzioni, con chi non crede, coi poveri.
Con le altre confessioni cristiane: che rapporti si intrattengono, con quali frutti, quali difficoltà.
Autorità e partecipazione: come viene esercitata l’autorità nella Chiesa particolare, quali sono le pratiche di lavoro in équipe, come si promuovono i ministeri laicali.
Discernere e decidere: con quali procedure e quali metodi si prendono decisioni; come si articola il processo decisionale, con quale trasparenza e quali assunzioni di responsabilità.
Formarsi alla sinodalità: uno sguardo sulla formazione offerta a coloro che rivestono ruoli di responsabilità nella comunità cristiana, per renderli meglio capaci di ascoltarsi a vicenda e dialogare.
Chiedo ai visitatori di darmi una mano in vista degli incontri parrocchiali ai quali sono invitato: che si sta facendo nelle loro parrocchie, che pensano si dovrebbe fare, che idea si sono fatti di questa iniziativa presa da Francesco. Sono tutto orecchi.
Caro Luigi.
Ti dico la mia idea che mi permetto di “prendere” da Santa Madre Teresa di Calcutta la quale come sai meglio di me era solita vivere l’Adorazione tre ore al giorno prima di “immergersi” tra i poveri di Calcutta. Così le sue consorelle a tutt’oggi.
Adorazione Eucaristica nelle Parrocchie ognuno secondo i propri tempi, ma minimo un’ora in silenzio per poi passare alla trattazione del tema della sinodalità e dei punti del documento sinodale.
Tale Adorazione è preferibile sia preceduta da una spiegazione da parte di un sacerdote o religioso ben formato sul tema e sia unita alla Confessione da svolgersi in altro momento.
Man mano che i fedeli prendono “confidenza” si proponga l’Adorazione notturna.
Un abbraccio.
https://gpcentofanti.altervista.org/sinodalita-autentica-o-mero-fare/
Non posso che considerare false, nella realta’ dei fatti, queste parole “una Chiesa capace di offrire a ciascuno “l’opportunità di esprimersi e di essere ascoltato”, quando con il Motu Proprio Traditionis Custodes il papa ha volontariamente tagliato fuori ed emarginato tutta una fetta di fedeli cattolici, coloro che si rifanno alla Tradizione e alla Santa Messa secondo l’antico rito, non offrendo di fatto loro alcuna opportunita’ di esprimersi e di essere accettati all’ interno della Chiesa, opportunita’ che invece era stata offerta dalla sapienza lungimirante di un vero pastore, papa Benedetto XVI .
Ascoltare giovani e donne , e’ solo retorica ,conosco giovani e donne , che in quanto “categorie” questa Chiesa dice di voler ascoltare, che per il fatto solo che vogliano seguire la Messa secondo l’antico rito, sono esclusi da ogni dialogo e da ogni ascolto, all’interno delle parrocchie. Chiunque non sia omologato al pensiero ” moderno” dominante oggi nella Chiesa e’ di fatto piu’ emarginato di qualche decennio fa.
A Fabrizio Scarpino. Quanto alla preghiera i documenti preparatori insistono sul momento dell’orazione che dovrebbe aprire e accompagnare ogni incontro o fase giubilare. In particolare il Vademecum [se ne parla al primo commento] propone una Preghiera per il Sinodo – Adsumus Sancte Spiritus – che qui riporto, rinviando al commento che segue la nota che la presenta.
Siamo davanti a Te, Spirito Santo,
mentre ci riuniamo nel Tuo nome.
Con Te solo a guidarci,
fa’ che tu sia di casa nei nostri cuori;
Insegnaci la via da seguire
e come dobbiamo percorrerla.
Siamo deboli e peccatori;
non lasciare che promuoviamo il disordine.
Non lasciare che l’ignoranza ci porti sulla strada sbagliata
né che la parzialità influenzi le nostre azioni.
Fa’ che troviamo in Te la nostra unità
affinché possiamo camminare insieme verso la vita eterna
e non ci allontaniamo dalla via della verità
e da ciò che è giusto.
Tutto questo chiediamo a te,
che sei all’opera in ogni luogo e in ogni tempo,
nella comunione del Padre e del Figlio,
nei secoli dei secoli.
Amen.
Preghiera per il Sinodo: Adsumus Sancte Spiritus. Ecco la nota con cui il Vademecum sinodale presenta la preghiera riportata al commento precedente:
Ogni sessione del Concilio Vaticano II iniziava con la preghiera Adsumus Sancte Spiritus, le prime parole dell’originale latino, che significano: “Noi stiamo davanti a Te, Spirito Santo”, una preghiera che è stata storicamente usata nei concili, nei sinodi e in altre assemblee della Chiesa per centinaia di anni e che è attribuita a Sant’Isidoro di Siviglia (560 circa – 4 aprile 636). Mentre intraprendiamo questo processo sinodale, questa preghiera invita lo Spirito Santo ad operare in noi affinché possiamo essere una comunità e un popolo di grazia. Per il cammino sinodale dal 2021 al 2023, proponiamo la seguente versione semplificata1, affinché qualsiasi gruppo o assemblea liturgica possa
recitarla più facilmente.
Grazie Luigi.
Rif. ore 15.14 – Tradizione e Messa
Mi rifaccio, come tutti i cattolici, alla Tradizione (sono dentro la Tradizione) e vivo la Eucaristia come da descrizione di Giustino, un “canone” più antico , sapiente e lungimirante di formulari venuti dopo e, per fortuna, abbandonati nelle parti più caduche. Non sono emarginato da nessuno.
Rif.15,14
Amigoni dice perfettissimamente.
Aggiungo solo due note.
La prima: che l’emerito, quando fu papa, sia stato pastore sapiente, non c’è dubbio alcuno: faceva, d’altro canto , il papa. Che le frange residuali dell’anticoncilio abbiamo cercato di strumentalizzare ogni suo detto e fatto ( la questione di cui si parla, in primis) è altrettanto fuor di dubbio. Salvo restare con il palmo di naso con cui sono restati al momento del gran rifiuto di Benedetto. In questa fettolina ribelle- che poi, banalmente, questo è, ultima di una miriade di precedenti nella storia – la volontà di autoemarginarsi è stata ed è evidentissima e costitutiva. Tant’è che la decisione dell’allora papa non fece che rinfocolarla e ringalluzzirla. A costoro non sta per nulla a cuore l’unità e la concordia nella Chiesa. Costoro, banalmente, vorrebbero cancellare il Concilio. Partita persa: sia la loro, sia quella di chi sogna di “recuperarli” alla unità. Sorta di ” no vax” della chiesa, e difatti molto frequentemente , essi stessi no vax veri, ontologicamente.
La seconda. Ogni diocesi ha, specificamente individuati dal vescovo, alcuni delegati dal vescovo per le celebrazioni eucaristiche con l’uso del Missale Romanum del 1962, autorizzati a celebrare secondo tale rito in un luogo appositamente individuato. Chi si sente mancare l’aria e il terreno sotto i piedi senza la celebrazione della Messa in cotali modalità liturgiche, puo’ agevolmente giovarsene. Non risulta sia prevista una pena corporale o comminata una scomunica. Compresi i giovani e le donne, naturalmente.
Stop, fine del discorso.
Ora, mi pare – nei fatti – che della dimensione comunitaria, quella della parrocchia, ad esempio, a loro importi un beneamato tubo, privilegiando al contrario dei ( legittimissimi per carità, ognuno ha i suoi) gusti personali. Non è l’unico caso peraltro. Basta pensare a quanti la domenica peregrinano a seguire il tal reverendo o il tal altro,” perché a me piace tantissimo” e altre facezie. Ti piacerà tantissimo, sei libero di seguire lui, ma della tua comunità di appartenenza te ne frega decisamente pochissimo.
Gente che si autoemargina, per giunta con la spocchia di essere- loro sì- nel giusto.
Tanto per chiarezza.
Rif. 15 Dicembre, 2021 – 22:01
Padre Luigi, una curiosità: nelle messe della domenica lei celebra veramente secondo quanto prescritto dal messale corrente ?
Mi riferisco in particolare al punto 40 dell’Ordinamento Generale del Messale Romano.
https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/ccdds/documents/rc_con_ccdds_doc_20030317_ordinamento-messale_it.html#Importanza_del_canto
Se si, una piacevole sorpresa. Una mosca bianca, direi.
Un possibile scongelo propiziato dal prossimo Sinodo.
Persin papa Benedetto (lettera ai vescovi del 10 marzo 2009) rimproverava che “non si può congelare l’autorità magisteriale della Chiesa all’anno 1962”, cioè all’anno di inizio del Concilio. Occorre però riconoscere che il Messale di Pio V non si è bloccato al 1570, ma ha camminato accogliendo modifiche e aggiunte, fino ad accettare la grandissima riforma liturgica di Pio XII sul triduo pasquale e “annessi disciplinari” (messa vespertina, modifica del digiuno eucaristico). Il Vetus Ordo è un po’ meno vecchio, e ben più riformato, di qual che vogliono far credere i super cultori di quel messale. Per dirla con papa Benedetto: non si può congelare la Messa della grande Chiesa al 1570 o al 1962. Se il Sinodo facesse recuperare al V.O. qualche anno perso ultimamente, saremmo tutti contenti.
Se è per questo, Benedetto XVI / Ratzinger riguardo alla Liturgia antecedente il Concilio è stato ancora più esplicito:
“erano quasi due liturgie parallele: il sacerdote con i chierichetti, che celebrava la Messa secondo il Messale, ed i laici, che pregavano, nella Messa, con i loro libri di preghiera, insieme, sapendo sostanzialmente che cosa si realizzava sull’altare. Ma ora era stata riscoperta proprio la bellezza, la profondità, la ricchezza storica, umana, spirituale del Messale e la necessità che non solo un rappresentante del popolo, un piccolo chierichetto, dicesse “Et cum spiritu tuo” eccetera, ma che fosse realmente un dialogo tra sacerdote e popolo, che realmente la liturgia dell’altare e la liturgia del popolo fosse un’unica liturgia, una partecipazione attiva, che le ricchezze arrivassero al popolo; e così si è riscoperta, rinnovata la liturgia.” Discorso ai Sacerdoti romani, 14 febbraio 2013
E ancora:
“Bisogna riconoscere che la celebrazione della vecchia liturgia spesso si era trasformata in qualcosa di troppo individualistico e privato, e che di conseguenza la comunione tra sacerdote e popolo era insufficiente. Provo grande rispetto per i nostri vecchi che durante la liturgia recitavano le orazioni contenute nei loro libri di preghiera, ma non si può certo considerare questo come l’ideale di una celebrazione liturgica” ( Discorso pronunciato in occasione del decennale del motu proprio Ecclesia Dei)
Senza dimenticare che 2147 Padri conciliari su 2151 (99,8%) hanno approvato un documento (la Sacrosanctum Concilium) in cui si dice testualmente:
“Perché il popolo cristiano ottenga più sicuramente le grazie abbondanti che la sacra liturgia racchiude, la santa madre Chiesa desidera fare un’accurata riforma generale della liturgia (cioè del Messale del 1962). Questa infatti consta di una parte immutabile, perché di istituzione divina, e di parti suscettibili di cambiamento, che nel corso dei tempi possono o addirittura devono variare, qualora si siano introdotti in esse elementi meno rispondenti alla intima natura della liturgia stessa, oppure queste parti siano diventate non più idonee. In tale riforma l’ordinamento dei testi e dei riti deve essere condotto in modo che le sante realtà che essi significano, siano espresse più chiaramente e il popolo cristiano possa capirne più facilmente il senso e possa parteciparvi con una celebrazione piena, attiva e comunitaria.”
Quindi, carte autorevoli alle mano mi pare chiaro che il Messale del 1962 NON possa essere la risposta alla (oggettiva) crisi della liturgia.
Però, piuttosto di screditare chi ha cercato rifugio nel VO, i sacerdoti dovrebbero interrogarsi sul perché di quel bisogno, fare una profonda autoanalisi e vedere se stanno realmente applicando il nuovo Messale, oppure una sua caricatura.
E’ questo il senso della mia domanda delle 19:06.
Rispondendo nel merito alla questione centrale posta da Luigi: se la domanda è ” che fare in parrocchia per il Sinodo”?, la risposta è: trovare i modi, tutti insieme, per cui i parrocchiani che lo vogliano, in coordinamento tra di loro e con il parroco, vivano AL DI FUORI della parrocchia stessa il loro essere cristiani.
Punto irrinunciabile: la Chiesa, dalla parrocchia in su, NON è lì per farsi carico delle mie (no stre) esigenze e delle mie (nostre ) aspettative. Sono io (noi) che devo farmii carico delle esigenze e delle aspettative di chi sta fuori. E non come cavolo mi sghiribizza, se no , di che comunità faccio parte. Vade retro, battitori liberi.
Dopo di che, si inizia a ragionare.
Buona uscita a tutti.
E che sia vera e definitiva. Per intendersi : non la consueta scampagnata di una giornata, di un pellegrinaggio, della partecipazione a una attività e stop. Tutte robe belle e benedette e che devono continuare, ma che incidono come il dito nel mare. Non scambiamo le ciliegine con la sostanza della torta, please.