Ad ascoltare i nomi dei nuovi martiri in terra d’Islam il pensiero e il cuore vanno a Charles de Foucauld, ucciso a Tamrasset, nel Sahara algerino, nel 1914 durante una scorreria di Tuareg. Charles è stato proclamato beato nel 2005 e la sua santità pare porsi come una calamita per la testimonianza cristiana in questa nostra epoca. Di certo il suo esempio è stato decisivo nell’alimentare l’intensità e la frequenza, lungo l’ultimo secolo, del martirio cristiano nel mondo musulmano che non è certo una novità degli ultimi decenni. Il primo posto, in questa memoria, tocca alla piccola Chiesa d’Algeria, quasi dispersa in quel mare musulmano: tra il 1994 e il 1996 essa ha avuto ben 19 martiri: religiosi, religiose, i 7 monaci di Tibhirine e un vescovo, quello di Orano, Pierre Claverie.
Un altro teatro di martirio è stata in anni recenti l’isola di Timor, nella fase (alla fine degli anni ’90) di distacco dall’Indonesia musulmana. Laggiù la Chiesa italiana ha avuto una martire nella suora canossiana Erminia Cazzaniga, originaria di Lecco, uccisa con altre persone nel massacro di Los Palos il 25 settembre del 1999. In quell’occasione le milizie anti-indipendentiste uccisero anche tre sacerdoti, un’altra suora missionaria canossiana e tre volontari della locale parrocchia.
Forse il più gran numero di martiri cristiani in terra d’Islam lo scopriremo un giorno tra i fratelli del Sudan e della Nigeria: si sta facendo via via più violento il confronto tra Islam e Cristianesimo nei paesi africani dove il mondo arabo, a dominante musulmana, confina e si mescola con quello tradizionale africano in gran parte convertito al cristianesimo. A essi vanno aggiunti i paesi incendiati dal terrorismo islamista: il Pakistan e l’Afghanistan, l’Iraq e la Somalia.
I martiri italiani in terra musulmana che hanno versato il sangue lungo il secolo XX secondo una mia indagine (che considera solo gli uccisi da musulmani o presunti tali e non tiene conto di quanti furono colpiti “da sconosciuti”) sono almeno nove, morti tra il 1908 e il 1995, in sei paesi diversi: dalla Libia alla Turchia, dalla Siria alla Palestina, dalla Somalia alle Filippine. Sei di loro sono francescani.
Il primo di questi martiri in ordine di tempo è Giustino Pacini, sacerdote francescano, superiore della missione di Derna, in Tripolitania (oggi Libia), ucciso a pugnalate – da sconosciuti – il 21 marzo 1908. Era in conflitto con le autorità della comunità musulmana locale, avendo fatto ricorso alle autorità consolari per la difesa della sua attività missionaria e avendo provocato un contro-ricorso a Costantinopoli da parte del governatore di Derna.
Altri due sacerdoti francescani dell’Ordine dei Frati Minori vengono uccisi a Muginkderesi, Turchia, il 23 gennaio 1920: sono Francesco De Vittorio, nato a Rutigliano (Bari), 37 anni e Salvatore Sabatini, nato a Pizzoli (L’Aquila), 25 anni. Vengono aggrediti in casa di un musulmano dal quale erano stati invitati a pranzo insieme a un gruppo di “orfanelli”. L’uccisione è seguita dal massacro dei bambini e di altri cristiani.
Alberto Nazzareno Amarisse, anche lui sacerdote dei Frati Minori, nato a Cave (Roma), viene ucciso in chiesa con un gruppo di fedeli da nazionalisti musulmani, a Jenigekalè, in Turchia, probabilmente il 23 gennaio 1920.
Leopardo Bellocci sacerdote dei Frati Minori, nato a Osimo (Ancona), 38 anni, missionario in Terrasanta, il 20 agosto 1920 prende il treno ad Aleppo per Gerusalemme e viene aggredito e ucciso – insieme ad altri viaggiatori cristiani – da manifestanti musulmani alla stazione di Khirbert Ghazale.
Mario Rosin sacerdote salesiano, ucciso da banditi a Beitgemal (Palestina), il 23 giugno 1938. Passa quasi tutta la sua vita (46 anni) in Palestina, dove arriva a 23 anni, ancora chierico e dove gestisce scuole, orfanatrofi e dispensari a Nazareth, Betlemme e Beitgemal.
Pietro Colombo vescovo francescano, milanese di Carate Brianza, 67 anni, ucciso a Mogadiscio, Somalia, il 9 luglio 1989: viene colpito di notte, nel cortile tra l’abitazione e la cattedrale, con un colpo d’arma da fuoco, non si sa da chi nè perché. La polizia somala attribuisce il delitto agli ambienti del fondamentalismo islamico.
Salvatore Carzedda sacerdote del Pime, ucciso a Zamboanga (Mindanao), Filippine, il 20 maggio 1992: è una splendida figura di martire del dialogo con l’Islam. Il Gesù del Corano alla luce del Vangelo è il titolo di una sua pubblicazione a sostegno di quel dialogo. Viene ucciso con colpi d’arma da fuoco mentre rientra a casa, avendo appena inaugurato un corso estivo di dialogo islamico-cristiano.
Graziella Fumagalli volontaria laica e medico, uccisa con tre revolverate alla testa di domenica a Merca, in Somalia, il 22 ottobre 1995, all’interno dell’ospedale di cui è responsabile, da un commando che si qualifica come “fondamentalista islamico”.
Sommando questi nove ai quattro di cui tratto nel resto del capitolo e a Erminia Cazzaniga nominata sopra a proposito di Timor, abbiamo un totale di 14 martiri italiani in terra musulmana.
[Settembre 2010]