Annalena Tonelli (1943-2003): volontaria e martire in terra d’Islam. Una delle più belle figure cristiane che ci siano state rivelate ultimamente dal fuoco dei nostri giorni violenti. Bella e nuova perché totalmente libera, disinteressata, evangelica.
Disinteressata anche dal punto di vista ecclesiale: non aveva nessun riconoscimento dalla comunità cattolica. E’ vissuta 34 anni tra Kenya e Somalia a titolo personale. Soccorreva il prossimo, combattendo la fame e le malattie, come un buon samaritano che non nasconde ma neanche ostenta il nome cristiano.
Un giorno capita da lei – a Borama, nel Somaliland – Ernesto Olivero, durante una delle spedizioni con cui porta aiuto ai più poveri in nome del Sermig, il “Servizio missionario giovanile” che ha fondato e dirige a Torino.
Ernesto visita l’ospedale che lei dirige, e che vive con sovvenzioni dell’Organizzazione mondiale della sanità e del “Comitato per la lotta contro la fame nel mondo” di Forlì, dove lei è nata. Vede le scuole di alfabetizzazione e quelle per sordomuti, ciechi e handicappati che lei ha realizzato, aula per aula, con gli aiuti che le mandano gli amici. Cammina con lei per le viuzze del grande villaggio di capanne e tende che è fiorito intorno all’ospedale, per ospitare le famiglie nomadi dei malati di tubercolosi, per i quali ha inventato una nuova terapia.
Infine Ernesto chiede ad Annalena: “Mi fai vedere la cappella?” “La cappella?” gli fa lei meravigliata: “Qui non ho neanche una Bibbia, perché me l’hanno rubata”. E gli spiega che laggiù a Borama, nell’estremo nord-ovest della Somalia, al confine con l’Etiopia e Djibouti, non c’è nessun cristiano, oltre a lei: “Due volte all’anno, intorno a Natale e intorno a Pasqua, il vescovo di Djibouti viene a dire la messa con me e per me”.
Dopo quelle messe, lei conservava l’Eucarestia in casa sua, autorizzata dal vescovo, fino alla nuova visita. In quella solitudine totale, ha vissuto gli ultimi otto anni, a contatto con soli musulmani. Ma la sua vita non era stata tutta solitaria. Si direbbe che la Provvidenza l’abbia condotta, per tappe, a un distacco radicale, da una situazione di partenza che era stata quasi comunitaria.
All’inizio, a Forlì, c’è l’esperienza di presidente del ramo femminile della Federazione degli universitari cattolici (Fuci), dal 1963 al 1965. Anch’io sono stato nella Fuci e immagino di averla incontrata, a Forlì, nell’autunno del 1968, in occasione di un dibattito nel quale rappresentavo la Fuci nazionale (ero nella presidenza) e Marco Boato, anch’egli fucino e poi parlamentare, parlava a nome del Movimento studentesco. Ricordo un gruppo di fucine che mi accompagnò al treno, dopo il dibattito, solidali con me nell’idea che non ci si dovesse tuffare totalmente nella politica, come aveva sostenuto il caloroso Boato.
La scelta di “povertà radicale”, per mettersi a “seguire solo Gesù Cristo e i poveri in lui”, Annalena la compie nel 1969, quando parte per il Kenya con delle compagne: “Eravamo una comunità di sette donne, in maniera e misura diversa assetate di Dio. I volti delle mie compagne erano così belli, così luminosi, che mi narravano tutto quello che il pudore impediva di comunicarci con le parole”.
Con questa comunità di volontarie vive l’intero periodo passato in Kenya, dal 1969 al 1985, quando viene espulsa dal paese, rientra in Europa e poi passa in Somalia (1987).
Anche in Somalia per quasi dieci anni collabora stabilmente e convive occasionalmente con cristiani che sono laggiù per i programmi della Cooperazione internazionale e della Caritas italiana. A Merka realizza un ospedale dove arriva a curare fino a 500 malati, la cui gestione nel 1994 passa alla Caritas italiana e direttrice ne diviene Graziella Fumagalli: un’altra nostra martire in terra d’Islam.
Quando Graziella sarà uccisa nel 1995, Annalena scriverà una lettera ai genitori di lei che è un bellissimo testo di riconoscimento del martirio dell’una da parte dell’altra che ne seguirà la sorte, ambedue uccise da spari alla testa: “Ho creato l’ospedale dove Graziella è stata uccisa. Con lei ho vissuto un mese. Graziella è il giusto che ha pagato con la vita. E’ grazie al suo sacrificio che il bene è stato fecondato”.
La lettera ai genitori di Graziella si può ora leggere in un volume della San Paolo, pubblicato a un anno dalla morte di Annalena con il titolo “Io sono nessuno”. Vita e morte di Annalena Tonelli. Il libro racconta la storia affascinante di questa cristiana del nostro tempo, così attuale e addirittura proiettata sul futuro, che Gianfranco Brunelli, che l’aveva conosciuta (anch’egli è di Forlì), ha descritto – sulla rivista il Regno – come “una cristiana di domani”. Vero tesoro del libro sono le 43 lettere riportate in appendice, insieme alla “testimonianza di Annalena”, cioè il racconto che fece di sé il 1° dicembre 2001 a un convegno del Consiglio vaticano per la pastorale della salute.
Ecco un passo della “testimonianza”: “Scelsi di essere per gli altri: i poveri, i sofferenti, gli abbandonati, i non amati che ero una bambina e così sono stata e confido di continuare a essere fino alla fine della mia vita”.
Ed ecco un passo dell’ultima lettera riportata nel volume, che ha la data dell’11 luglio 2003 ed è indirizzata all’amico Nicola Petrini: “Possa la Chiesa intera, Nicola, possa tu capire e accettare sempre anche di essere apparentemente perdenti purchè vinca l’amore: quell’amore che è verità, bontà, non violenza, perdono, fiumi di compassione”.
Nei suoi anni africani Annalena ha subito oltraggi e violenze d’ogni sorta. Derubata più volte di tutto. Guardata con disprezzo perché giovane, donna, bianca e non sposata. Aggredita con bastoni. Portata in tribunale.
Vissuta sempre in mezzo a popolazioni poverissime, veniva derubata perché creduta ricca. Lei si batteva contro l’infibulazione femminile (una specie di circoncisione delle bambine) e quell’ambiente rigidamente musulmano temeva che volesse operare conversioni. Il 5 ottobre del 2003, mentre faceva il giro serale delle corsie, nel suo ospedale di Borama, è stata uccisa da due uomini che le hanno sparato alla testa.
Miela Fagiolo d’Attilia e Roberto Italo Zanini, “Io sono nessuno”. Vita e morte di Annalena Tonelli, San Paolo 2004, pp. 220, 14 euro. Katiuscia Moltisanti, Annalena Tonelli, Messaggero 2009, pp. 175, 13 euro
[Testo pubblicato dalla Voce di Padre Pio 12/2004, aggiornato nel marzo 2010]