Carlo viene rapito a diciott’anni e liberato a ventuno: sottoterra fa tre compleanni. Ha resistito 833 giorni sotto terra anche pregando:
Ho trascorso i miei giorni quasi sempre incappucciato. C’era il pericolo che entrassero da un momento all’altro. Una notte di pioggia e il pavimento ha cominciato ad allagarsi. L’acqua si è infiltrata dentro il materasso, la sentivo gelida premere sullo stomaco. Ma non potevo farci niente, piangevo e pregavo in silenzio per non farmi sentire (…)
Prima mi hanno messo uno strato di foglie sotto il materasso. Poi mi hanno permesso di cambiarmi, perché la tuta che avevo era tutta inzuppata, e hanno sistemato della paglia sulla terra del pavimento. Vedevo i topi e i serpenti strisciare per terra. Mi chiedevo se era possibile finire in un posto simile. Pensavo alla mia ragazza, l’unica in cui ormai avevo speranza, perché odiavo mio padre: i rapitori mi avevano detto che non voleva pagare (…)
I rapitori non volevano sentirmi piangere. Gli davo fastidio. Un giorno uno di loro mi ha sentito, ha aperto e mi ha rimproverato. Ma come, gli ho risposto, sei riuscito a sentirmi? E allora quello mi ha picchiato. Se lo fai un’altra volta, mi ha detto, ti ammazzo come un cane (…)
Ho pregato in silenzio Gesù. Avevo perso la fede da due o tre anni. Ho ricominciato a parlare con Dio quella sera in cui mi rigiravo nell’acqua gelida. Pregavo per poter avere una vita normale, per lavorare, stare con la mia ragazza, poter arrivare alla pensione come una persona qualsiasi. Ma dovevo farlo piano, altrimenti era la fine, anche questo dava loro fastidio. Ho fatto anche un voto. Andrò a scioglierlo con Gabriella, ma non voglio dire dove.
Carlo ha pregato e l’ha raccontato: per questo l’abbiamo messo in questo libro. Si potrebbe dire che ha fatto poco, ma l’abbiamo messo anche a nome di quei tanti che riscoprono la preghiera nel dramma e non lo raccontano.
Divo Barsotti, gran maestro spirituale ha scritto che Carlo “segregato in una solitudine atroce, ha potuto sperimentare la forza della preghiera. Liberato è apparso sì una larva ma era un uomo che risaliva dalla tomba, immagine viva del Cristo morto e risorto”. Questo commento l’abbiamo voluto riportare anche perché non mancasse il nome di Barsotti in questo capitolo (una sua dichiarazione per l’ottantesimo compleanno è nell’ottavo capitolo, Una razza di longevi) sulla preghiera: forse metà di ciò che ne so dipende da lui.
Carlo Celadon racconta la sua preghiera ai giornalisti il giorno della sua liberazione. Vedi “Avvenire”, 8 maggio 1990, p. 9.
[da “Cerco fatti di Vangelo” 1, SEI 1995]