«Io non cerco vendetta, né mi compiaccio della sofferenza degli altri. Per me gli ex brigatisti sono persone e non reati. Sono contraria al fine pena mai, il carcere deve mirare alla riabilitazione e credo che Guagliardo abbia pagato, con 28 anni di carcere, il debito con la società. Quello che ha fatto a me è un’altra cosa, è su un altro piano e appartiene a me. Non abbiamo parlato di perdono, è una parola che mi infastidisce, riduce tutto a vuote formule e spettacolo, lui non l’ha chiesto né io l’avrei dato. Mi ha detto: davanti a te mi sento in colpa»: così Sabina Rossa, figlia di Guido Rossa (sindacalista all’Italsider di Genova, ucciso dalle Brigate Rosse nel 1979) e deputato del Pd, parla di uno degli attentatori del padre in un’intervista al Corriere della Sera del 16 ottobre 2008.
Nel 2008 Sabina è andata dal magistrato per attestare il proprio incontro con l’attentatore, al quale era stata negata la libertà condizionale: «Avergliela rifiutata è un’ingiustizia». Il magistrato l’aveva rifiutata perché l’ergastolano avrebbe dimostrato «un’assenza di reale attenzione» per le vittime. «Non è vero – dice Sabina – io l’ho incontrato nella cooperativa dove lavora in semilibertà, credo nel suo ravvedimento e lo voglio testimoniare. Ha scelto il silenzio, per tanti anni, perché non si pensasse che chiedeva perdono per tornaconto, per ottenere dei vantaggi. Me lo ha spiegato. Anzi, la prima volta che per telefono gli ho chiesto di incontrarlo mi ha detto di no per questo motivo. Gli ho scritto che me lo doveva, che non poteva tirarsi fuori: con me, ho scritto, non te lo puoi permettere. Mi richiamò lui. Volevo sapere perché quello che doveva essere un ferimento era diventato un omicidio. Ma su questo non mi seppe rispondere. Ci siamo dati del tu. Mi ha detto: io sono quello che ha sparato alle gambe. Gli ho risposto: non ti preoccupare, lo so».
«Trovo che sia una forzatura prevedere – come fa la legge – l’incontro delle vittime con gli ex terroristi prima di concedere certi benefici. È qualcosa di molto pesante chiederci una cosa simile. Ma visto che la legge c’è, allora è giusto che ci stiano a sentire e il nostro parere deve contare. Non lo penso soltanto per Guagliardo. Sono già andata a parlare con un giudice perché concedesse la libertà condizionale a un altro ex terrorista». Ha ottenuto un risultato? «Sì». Si trattava di Luca Nicolotti, uno dei capi della colonna Br di Genova, ex responsabile dell’Italsider, la fabbrica dove Guido Rossa era delegato sindacale.
In altra intervista all’Unità del 20/06/2005 Sabina aveva detto: “Nel faccia a faccia con i brigatisti non ho provato odio. Agli incontri sono sempre andata da sola. E’ stata una prova importante, l’ho superata, ora sono molto più serena, più forte”. Alla domanda se si tratti di “perdono” Sabina risponde: “Se quando una persona non odia più e riesce ad avere una sorta di dialogo, questo equivale a un perdono, allora sì”.
Qui un’intervista più recente. Vedi il volume Guido Rossa, mio padre, scritto da Sabina in collaborazione con il giornalista Giovanni Fasanella, Bur, Milano 2006.
[Giugno 2010]