Anna e Massimo presi da «santa incoscienza» adottano prima tre figli e poi altri due, accettando nel frattempo in affido ogni creatura bisognosa, in una gara di generosità con se stessi che li porta a compiere – con semplicità – scelte difficili. Chi pensa che non vi sia spazio per la coppia cristiana, nell’epoca delle famiglie di fatto, legga due volte questa lettera – senza trascurare l’aggiornamento che la segue – e tenga presente che di storie simili ce ne sono a migliaia nell’Italia di oggi. A metà della lettera compare una donna che consiglia i due sulla strada della generosità: Carla Zichetti. Ne parlo nel capitolo 4, “La reazione all’handicap”, perché lei è in carrozzella: qui abbiamo una riprova del lavoro di Carla, una cristiana comune che tesse rapporti, mette in contatto, svolge un ruolo di direzione spirituale spontaneo e alla pari.
Abbiamo 36 anni, siamo sposati da undici e viviamo in un paesino del Piemonte. Abbiamo sempre desiderato avere figli, naturali e adottivi. Ma a un certo punto un referto medico ci fece capire che sarebbe stato quasi impossibile averne di nostri. Il dolore e lo stupore sono durati poco, perchè avevamo chiara l’altra strada per diventare genitori: l’adozione.
Siamo partiti il 25 marzo 1993 per il Brasile, dove avremmo incontrato, a Bélem, Leonardo che allora aveva sette mesi: piccino, senza sorriso, senza espressione, sperduto. Ha dormito sulla mia pancia di mamma per due mesi, il tempo che abbiamo dovuto restare là. Il 25 maggio siamo rientrati in Italia con Leonardo: che felicità, non solo per noi, ma anche per tutte le persone che ci erano intorno!
Dopo sei mesi che Leo era con noi, abbiamo cominciato a meditare sull’affido. Capivamo la necessità di garantire un focolare a bimbi in difficoltà, ma forte era anche il timore di dover poi restituire un giorno questo figlio in affido. Abbiamo dato la nostra disponibilità seppure in punta di piedi, un po’ timorosi. I nostri genitori erano contrari. Pensavo a chi chiedere consiglio. Fu un lampo: mi venne in mente Carla Zichetti. Quella telefonata fu decisiva. Carla ci disse che «chi ama suo padre e sua madre più di me non è degno di me». E così è arrivata Sofia, nove anni.
Un affido a lungo termine, con probabilità di adozione e una valigia di problemi racchiusi nel cuore di questa bambina. I primi tempi sono stati davvero duri. Ho pianto di dolore, di fatica, di rabbia per il muro di gomma che lei si era costruito attorno per difesa, che faceva sì che niente penetrasse in lei e niente ne uscisse.
Piano piano il fiore ha iniziato a schiudersi. Anche se il processo evolutivo non è ancora terminato. E’ però una ragazzina serena, allegra e disponibile. I nostri familiari hanno capito che anche questa è una vocazione che il Signore ci ha messo nel cuore. E’ il nostro modo per servirlo, per amarlo nei bimbi soli, che affondano nella tristezza. La solidarietà è sbocciata intorno a noi. La Provvidenza non ci è mai mancata. Io sono casalinga e mamma a tempo pieno, compresa la notte e quindi lavora solo Massimo. Ma quando si è presi da una santa incoscienza i soldi non preoccupano.
Ora, dal marzo 1997, abbiamo Chiara tra le braccia, che quando è arrivata in casa nostra aveva sedici mesi. E’ nata prematura e ha avuto un’emorragia cerebrale che ha compromesso l’uso delle gambe e delle braccia. Però è una vera gioia. E’ tutta un sorriso. Ha portato serenità nella nostra famiglia. Sofia e Leo hanno visto la sua fragilità e sono diventati suoi paladini oltre che fratelli.
Anna e Massimo Laveroni
Questa lettera è del 1997 ma ecco un aggiornamento al 2007.
Dopo l’arrivo di Chiara potevamo fermarci? Non lo sapevamo: Michelino un mese e mezzo, down, era rimasto senza genitori. Senza quella scelta, oggi Michelino non sarebbe da sei anni la nostra mascotte! Sei anni pieni di travagli di natura medica (sindrome di West – forma gravissima di epilessia) che oggi ci danno tra le braccia uno splendido bambino che ancora in maniera molto primitiva vive il nostro rapporto familiare. Ma lui è il nostro Michelino speciale, amato da Leonardo, Sofia e Chiara. E adesso Michael 9 anni, italiano, da due anni in istituto con un trascorso da “strada”: potevamo tirarci indietro? No. Michael da 4 anni vive con noi. L’amore non si divide, ma moltiplica le forze per affrontare quanto accade ogni giorno. Tutti i giorni abbiamo sperimentato sulla nostra pelle il “dono” che il Signore ci ha fatto di essere accoglienti. Un’ accoglienza che non esclude niente a priori: non solo i ragazzi che abitano con noi, ma la ragazza rumena in cerca di lavoro, il ragazzino marocchino che amava giocare con Leonardo, la ragazza madre che non sapeva come trovare il latte per la propria bimba.
La lettera del 1997 me la fornì Carla Zichetti e io ne feci un articolo che apparve sull’Eco di San Gabriele nel settembre di quell’anno. Qui ho trovato l’aggiornamento.
[Giugno 2010]